Lavoratori impatriati con società all’estero: i rischi

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L’accesso al regime degli impatriati può essere compromesso se si mantengono incarichi amministrativi in società estere, con il rischio di perdere le agevolazioni fiscali o di vedere la società riqualificata come residente italiana.

Il ritorno in Italia imprenditori che hanno costituito società all’estero presenta delle complessità fiscali che richiedono una pianificazione accurata. Il regime degli impatriati, disciplinato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/2023, offre significative agevolazioni fiscali, ma l’accesso al beneficio può essere compromesso dalla modalità con cui vengono gestiti i rapporti con le società estere.

La problematica principale riguarda il rischio di riqualificazione fiscale della società estera come residente italiana, con conseguenze che vanno ben oltre la perdita delle agevolazioni previste dal regime degli impatriati. La soluzione richiede una strutturazione attenta dei ruoli e delle responsabilità, bilanciando l’esigenza di mantenere il controllo del business con la necessità di preservare i benefici fiscali.

Il regime degli impatriati: condizioni e limitazioni territoriali

Il regime agevolato degli impatriati si applica ai redditi di lavoro dipendente, assimilati e di lavoro autonomo prodotti in Italia, purché l’attività lavorativa sia prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato (art. 5). Questa condizione territoriale rappresenta il primo ostacolo per chi mantiene ruoli attivi in società estere.

I compensi degli amministratori si considerano prodotti nel territorio dello Stato solo se corrisposti da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti (art. 23, comma 2, lett. b) del TUIR). Conseguentemente, i compensi erogati da società estere per incarichi amministrativi non beneficiano delle agevolazioni previste dal regime degli impatriati, essendo considerati redditi di fonte estera.

Questa limitazione impone una valutazione strategica sulla convenienza economica del trasferimento, considerando che spesso i compensi da amministratore rappresentano una componente significativa del reddito complessivo. Naturalmente, in linea teorica delle possibilità di effettuare un’organizzazione diversa al business (improntandolo sull’Italia), potrebbero consentire di trovare una soluzione alternativa, ma deve essere attentamente valutata in un’ottica di pianificazione fiscale complessiva dell’impatriato.

Il rischio della sede di direzione effettiva

Il vero pericolo per chi rientra in Italia mantenendo ruoli amministrativi in società estere è rappresentato dalla possibile riqualificazione della società come residente italiana. L’art. 73, comma 3 del TUIR (sull’esterovestizione societaria) stabilisce che sono considerati residenti gli enti che hanno la sede di direzione effettiva nel territorio dello Stato.

La sede di direzione effettiva è identificata nel luogo dove si svolge la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società nel suo complesso. Come chiarito dalla Circolare Assonime n. 15 del 30 luglio 2024, il riferimento è al livello apicale di governance, individuabile nel luogo in cui gli amministratori assumono le decisioni strategicamente rilevanti.

La riqualificazione della società come residente italiana comporterebbe conseguenze drastiche: mentre il reddito dell’amministratore entrerebbe nell’ambito di applicazione del regime agevolato, tutto il reddito prodotto dalla società, sia in Italia che all’estero, verrebbe attratto a tassazione italiana secondo le ordinarie aliquote. Il tutto con l’applicazione di sanzioni pesanti, da omessa dichiarazione (art. 1 del D.Lgs. 471/97).

Strategie di mitigazione: la delega amministrativa

Una soluzione operativa consiste nel delegare il ruolo di amministratori a soggetti terzi nominati all’estero, che assumerebbero le decisioni strategiche e la gestione ordinaria. In questo scenario, la persona trasferita in Italia conserverebbe il solo ruolo di supervisione e monitoraggio tipico della funzione di socio, purché tale attività non sconfini in atti gestori.

Questa strutturazione richiede una documentazione accurata dei poteri delegati e delle responsabilità trasferite, oltre a una chiara separazione tra le funzioni di controllo societario e quelle di gestione operativa. È fondamentale che le decisioni strategiche ed operative vengano effettivamente assunte all’estero, con evidenze documentali che comprovino tale circostanza.

Il socio impatriato potrebbe quindi fatturare prestazioni di consulenza alla società estera in qualità di lavoratore autonomo. I redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate in Italia sono infatti considerati prodotti nel territorio nazionale (art. 23, comma 1, lett. d) del TUIR) e quindi agevolabili, pur dovendo attentamente valutare il requisito della residenza estera del committente. Soluzione, questa, ad esempio, da valutare in alternativa alla possibilità di costituire una holding in Italia, dove l’impatriato potrebbe ricevere un compenso per la sua attività di amministratore.

Il rischio di stabile organizzazione personale

La strategia della consulenza presenta tuttavia ulteriori insidie. Non è possibile escludere la configurazione di una stabile organizzazione personale in Italia qualora il soggetto, fatturando prestazioni di carattere commerciale, concluda contratti in nome della società estera (art. 162, comma 6 del TUIR).

La giurisprudenza di Cassazione ha interpretato in modo ampio il concetto di partecipazione attiva alla stipula di contratti. Le Sentenze nn. 7689/2002, 10925/2002, 8488/2010 e 36679/2022 hanno chiarito che il potere di concludere contratti include anche la partecipazione a fasi qualificate delle trattative, rendendo difficile evitare la qualificazione di agente dipendente.

L’esclusione della qualifica di agente dipendente richiederebbe che il soggetto agisca nell’ambito della propria attività ordinaria (“ordinary course of business“, art. 162, comma 7 del TUIR), circostanza difficile da dimostrare quando sussiste un rapporto di controllo societario.

Considerazioni operative

La pianificazione del rientro deve considerare diversi elementi operativi. In primo luogo, è necessario valutare la sostenibilità economica del regime degli impatriati considerando l’eventuale esclusione dei compensi da amministratore dal beneficio fiscale.

Dal punto di vista organizzativo, la nomina di amministratori terzi all’estero richiede la identificazione di soggetti qualificati e affidabili, con competenze adeguate alla gestione del business. È consigliabile prevedere meccanismi di reporting dettagliati che consentano al socio di mantenere il controllo senza compromettere la separazione delle funzioni.

La documentazione contrattuale riveste importanza cruciale. I contratti di consulenza devono essere redatti con particolare attenzione alla definizione delle prestazioni, evitando riferimenti che possano configurare poteri decisionali o rappresentativi. È opportuno limitare le attività a funzioni di supporto tecnico o consulenza specialistica, escludendo qualsiasi partecipazione alle trattative commerciali.

La valutazione caso per caso

Ogni situazione richiede una valutazione specifica che consideri la natura del business, la struttura societaria, i flussi reddituali e le prospettive di sviluppo. In alcuni casi, potrebbe essere preferibile mantenere la residenza estera per un periodo aggiuntivo, completando la riorganizzazione della governance prima del trasferimento.

Alternative da considerare includono la cessione delle partecipazioni prima del rientro, la trasformazione del business in una struttura compatibile con il regime degli impatriati o l’adozione di veicoli societari italiani che consentano di beneficiare delle agevolazioni mantenendo il controllo del business estero (vedi l’esempio fatto della holding).

La tempistica rappresenta un elemento critico: le modifiche alla struttura di governance devono essere implementate prima del trasferimento della residenza in Italia, per evitare che l’Amministrazione finanziaria possa contestare la sostanza delle operazioni. Per questo motivo la pianificazione del rientro deve essere affrontata con il dovuto anticipo, per evitare possibili contestazioni.

La mancata considerazione dei rischi fiscali può comportare conseguenze economiche superiori ai benefici ottenibili. Per questo è fondamentale adottare un approccio prudente e conservativo.

Consulenza online sul regime impatriati

Se stai valutando il rientro in Italia e possiedi società o incarichi all’estero, non lasciare nulla al caso. La complessità della normativa sui lavoratori impatriati richiede un’analisi personalizzata della tua situazione specifica per identificare la strategia più vantaggiosa.

Offriamo consulenze online specializzate per professionisti e imprenditori che intendono accedere al regime degli impatriati, con particolare focus sulla gestione dei rapporti con società estere. Durante la consulenza analizzeremo insieme la tua struttura societaria, valuteremo i rischi fiscali e definiremo un piano di rientro ottimale che preservi i benefici del regime agevolato.

Metteremo la nostra esperienza per valutare il progetto di rientro ed i vari scenari che si possono presentare.

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Federico Migliorini
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Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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