Rettifica plusvalenza immobiliare per gravi indizi di evasione

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La Corte di Cassazione è intervenuta di recente con una nuova decisione in tema di rettifica della plusvalenza immobiliare, confermando il già consolidato precedente orientamento: non va considerato il valore di mercato dell'immobile o del terreno; l'accertamento va fatto in presenza di gravi indizi di evasione.

Quando si parla di plusvalenza immobiliare si fa riferimento al profitto che il proprietario può ottenere rivendendo l’immobile che risulta essere più costoso di quanto è stato acquistato. In pratica consiste nella differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di rivendita e non è imponibile.

Negli anni la Corte di Cassazione è più volte intervenuta sulla questione della rettifica della plusvalenza immobiliare, stabilendo che l’accertamento deve essere compiuto sull’esistenza di gravi motivi di evasione. Ciò che va verificato è la plusvalenza diversa e maggiore di quella conseguita con l’incasso del prezzo pattuito in contratto. Di recente si è espressa con una nuova sentenza che conferma gli orientamenti precedenti. Di seguito i dettagli.

Accertamento plusvalenza immobiliare

Già in precedenza la Corte di Cassazione aveva stabilito che, sulla base del D.Lgs. 147 del 2015, non può procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile, azienda o terreno solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro. Questa possibilità era ammessa prima del citato provvedimento, e il contribuente aveva l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato col valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore.

La nuova disciplina prevede invece il maggiore corrispettivo non si può presumere solo sulla base del valore di mercato. L’Amministrazione fiscale deve individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria.

Rettifica plusvalenza immobiliare: la recente decisione della Cassazione

Con l’ultima ordinanza n. 17796 del 2024 la Cassazione si è allineata alle precedenti interpretazioni giurisprudenziali, confermando lo stesso concetto delle passate pronunce.

Nel caso di specie con avviso di accertamento l’Agenzia delle entrate aveva ripreso a tassazione ai fini IRPEF in capo al cedente la maggior plusvalenza generata da un maggior valore accertato, ai fini dell’imposta di registro, per la cessione onerosa di un terreno edificabile.

Il contribuente aveva presentato ricorso alla Cassazione impugnando la decisione della CTR ritenendo che la stessa aveva determinato il maggiore reddito imponibile ai fini Irpef solo sulla base del valore accertato ai fini dell’imposta di registro, senza esaminare le eccezioni e le difese che sul punto la parte aveva proposto. In pratica la plusvalenza era stata determinata basandosi sul valore di mercato del terreno oggetto della questione.

La Cassazione ha ritenuto fondati i motivi dell’impugnazione ravvisando nella decisione della Corte d’Appello la contrarietà nei confronti della consolidata giurisprudenza di legittimità. La stessa ha poi precisato che la base imponibile della plusvalenza immobiliare è diversa da quella dell’imposta di registro, con la conseguenza che il valore di un terreno ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente attribuito alla plusvalenza da tassare ai fini Irpef.

Alla luce di ciò ai fini di un’eventuale contestazione di evasione delle imposte dirette, devono almeno ricorrere degli indici fattuali gravi, precisi e concordanti per affermare che il contribuente abbia effettivamente realizzato dalla cessione di un terreno una plusvalenza diversa e maggiore di quella conseguita con l’incasso del prezzo pattuito in contratto.

La Cassazione ha quindi fatto leva intanto sull’incomprensibile automatismo con cui la CTR aveva determinato la plusvalenza immobiliare, senza considerare il suindicato principio, e senza nemmeno prendere in considerazione le eccezioni sollevate dal contribuente contro le pretese dell’erario. Inoltre quanto chiarito dal giudice di legittimità trova fondamento normativo all’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015, disposizione di interpretazione autentica degli articoli 58, 68, 85 e 86 del TUIR.

In definitiva la decisione di secondo grado è stata cassata per tutte le suindicate motivazioni.

Conclusioni

Un nuovo ricorso in materia di plusvalenza immobiliare è stata l’occasione con cui la Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento consolidato con riguardo alla rettifica e alla determinazione del profitto a seguito di cessione di immobile, azienda o terreno.

Il principio di base stabilito è quello secondo cui non è possibile presumere l’esistenza di un maggior corrispettivo derivante dal trasferimento d’azienda o cessione di immobile o terreno esclusivamente sul valore accertato ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale. La CTR è tenuta ad individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, per supportare adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente. Indizi, questi, che supportino adeguatamente il diverso prezzo della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.

Allegate le prove, anche presuntive, graverà poi al contribuente, mediante la produzione di prove contrarie, contraddire alle risultanze probatorie raccolte dalla Agenzia.

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Sabrina Maestri
Sabrina Maestri
Classe 1986, vogherese, aspirante consulente del lavoro. Appassionata di giornalismo, scrivo da anni per portali di informazione e testate giornalistiche online occupandomi di temi legati al mondo del lavoro, al fisco e bonus fiscali.
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