Sempre più spesso sentiamo parlare di Metaverso, questa nuova realtà virtuale completamente immersiva nella quale chiunque può accedere attraverso un proprio avatar creato ad hoc.

Senza scendere troppo nei particolari, dato che ne abbiamo già parlato in maniera più approfondita in articoli precedenti, quello che oggi ci interessa analizzare sono le opportunità, ma soprattutto i rischi, che questo nuovo “mondo” può rappresentare per il settore della proprietà intellettuale, in particolar modo per i marchi.

La registrazione del marchio

Come abbiamo già avuto modo di vedere il marchio identifica essenzialmente un segno distintivo utilizzato in una determinata attività o settore e idoneo a distinguere i prodotti o servizi di un determinato soggetto da quelli di altri presenti sul mercato. Nel nostro ordinamento la disciplina riguardante i marchi è regolamentata dal Codice della Proprietà Industriale (“CPI”), introdotto con il D. Lgs. 30/2005, nonché in alcune norme del codice civile e codice penale oltre che, chiaramente, da alcune Convenzioni internazionali di cui l’Italia fa parte.

Attraverso la registrazione del marchio viene quindi conferito al titolare del marchio un diritto esclusivo al suo utilizzo e questo consente altresì di impedirne l’uso da parte di altre imprese o di soggetti terzi non titolati. Il titolare di un marchio registrato acquisisce poi non solo il diritto sull’utilizzo di un determinato segno per prodotti o servizi specifici (peraltro in maniera esclusiva), ma acquisisce anche un titolo a proteggere lo stesso dal rischio di “confusione” che altri segni simili concorrenti e presenti sul mercato potrebbero ingenerare nei consumatori e che potrebbero potenzialmente procurare un danno reputazione al titolare del marchio stesso e alla propria brand identity.

Attraverso la registrazione quindi il marchio acquisisce un certo valore, talvolta anche commerciale e quindi economico, ma soprattutto una effettiva tutela.

L’importanza della protezione del marchio nel Metaverso

La registrazione del marchio è fondamentale anche qualora la propria attività non si riduca ai confini nazionali e si decida di sfruttarlo in mercati esteri, questo perché, essendo il marchio un elemento importante nell’attività di una impresa, la sua tutela deve essere esercitata in maniera adeguata.

Alla luce di quanto sopra appena detto è facilmente intuibile come la necessità di una forte e precisa protezione sia necessaria anche per tutte quelle aziende e/o soggetti che intendano spendere il proprio marchio in una realtà virtuale come quella rappresentata appunto dal Metaverso.

In questi casi quindi l’azione più opportuna da fare, prima di iniziare ad utilizzare il marchio in detta realtà, sarà quella di affidarsi ad un professionista fortemente specializzato nella registrazione dei marchi affinché attraverso tale figura si possa procedere opportunamente ad una registrazione in tal senso, conferendo quindi al marchio la giusta protezione e garantendone altresì una adeguata tutela che metta al riparo il marchio stesso da possibili utilizzi illegittimi.

Metaverso, marchi e prime controversie

Molti brand, soprattutto nel mondo della moda, non hanno perso la grande e potenziale occasione rappresentata dal mondo dal Metaverso e hanno provveduto a registrare il proprio marchio affinché lo stesso fosse spendibile anche in questa nuova realtà virtuale.

L’aspetto fondamentale al quale prestare attenzione in proposito sarà quindi proprio rappresentato dalla corretta registrazione del marchio, alla luce della digitalizzazione (e quindi della “dematerializzazione”) del prodotto.

Una prima erronea analisi e/o una registrazione non corretta condurrebbero infatti al rischio più che concreto di un utilizzo illegittimo del marchio nel Web 3.0. Neppure a dirlo infatti sono già sorti in merito dei contenziosi negli Stati Uniti d’America che hanno visto come protagonisti marchi molto noti, tra i quali Nike e Hermes.

Allo stato attuale difatti, ove vi è un’assenza di chiarezza circa la regolamentazione di una efficace tutela sui marchi e più in generale sulla proprietà industriale, il rischio concreto potrebbe essere, proprio come capitato alla famosa società americana di sportswear e alla casa di moda francese, quello di incorrere in un utilizzo illegittimo del marchio o in uno sfruttamento illegittimo della loro affermata notorietà nel mondo reale. Circa i casi sopracitati, Nike ed Hermes, le vicende concernevano rispettivamente:

  • nel caso di Nike, l’azienda americana denunciava che la piattaforma di e-commerce StockX, attraverso la vendita di NFT, stesse violando l’utilizzo del marchio della società, giacché lo stesso era stato utilizzato senza alcun preventivo consenso da parte di quest’ultima. Questa vicenda ha certamente più che mai evidenziato i limiti (e i rischi) collegati al mondo del Metaverso, così come oggi concepito, nonchè il rischio in cui possono incorrere i vari brand che decidano di affacciarsi in questo modo privi della benché minima tutela;
  • nella notissima vicenda che ha riguardato la casa di moda francese Hermes invece l’azienda ha citato in giudizio un’artista che, senza il consenso della stessa, aveva messo all’asta un gran numero di NFT raffiguranti la famosa borsa “Birkin”. L’azienda francese si determinava quindi nel denunciare l’artista che aveva messo in vendita detti sfruttando la notorietà del marchio Hermes proprio per violazione dei propri diritti sullo stesso.

Verso le prime regolamentazioni: il parere dell’EUIPO

Alla luce di queste controversie e delle molteplici richieste rivolte all’EUIPO (l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale) circa la possibilità registrare il proprio marchio con il proposito di poterlo spendere poi all’interno del Metaverso, l’Ufficio in questione ha pubblicato un parere con specifico riguardo all’approccio che i paesi dell’Unione Europea dovranno tenere circa la registrazione dei marchi che dovranno poi essere spesi nel “formato” Non-Fungible-Token (NFT).

In virtù dell’assenza di una (certa) classe compatibile agli NFT, i brand che vogliano registrare il marchio nel Metaverso sono costretti a ricorrere a classi merceologiche già esistenti ed eventualmente compatibili. Tra le classi maggiormente adottate in proposito si annoverano la classe 9 (computer software), la 35 (pubblicità), la 36 (servizi finanziari, monetari, bancari), la 41 (divertimento; attività sportive e culturali) e la 42 (progettazione e sviluppo di computer e di programmi per computer).

L’Ufficio Europeo si è in particolare concentrato sulla classe 9, sostenendo che i prodotti virtuali rientrano nella classe 9 perché sono trattati come contenuti digitali o immagini. Tuttavia, mancando tale dicitura di per sé di chiarezza e precisione, il termine “prodotti virtuali” deve essere ulteriormente specificato chiarendo il contenuto al quale detti prodotti virtuali si riferiscono (ad esempio prodotti virtuali scaricabili, ovvero abbigliamento virtuale).

L’EUIPO si è poi di conseguenza soffermata sugli NFT, concentrandosi in particolare sulla loro definizione, coniando quest’ultimi come: “file digitali scaricabili autenticati da token non fungibili”, specificando altresì che non ci si potrà limitare ad inserire la sola classe 9 nella definizione di cui sopra, ma dovranno essere specificate anche le tipologie di elemento digitale che gli NFT autenticano. Questa scelta sembra essere dettata proprio dalla natura degli NFT, in quanto certificati digitali unici (o autentici) registrati in una blockchain.

Con riferimento invece ai servizi relativi a prodotti virtuali e NFT, per il momenti sembrerebbe essere stata confermata l’applicazione dei principi generali già consolidati in materia.