Il regime dei residenti non domiciliati nel Regno Unito è un regime fiscale territoriale, applicabile da parte di soggetti che possiedono alcune caratteristiche, e che prevede una tassazione di tipo territoriale dei redditi per un determinato periodo di tempo. Ho già affrontato i dettagli di questo regime fiscale in un articolo di approfondimento dedicato: “Residente non domiciliato UK: come funziona?“. Adesso, invece, voglio approfondire un concetto importante ovvero le conseguenze fiscali che si possono avere con l’Italia, adottando un regime fiscale come quello dei residenti non domiciliati.

Trasferirsi in Inghilterra è il sogno di molti. Che sia per motivi di studio, di lavoro, o per realizzare il proprio sogni, sono tantissime le persone che ogni anno partono a dall’Italia per raggiungere l’Inghilterra. Sicuramente se anche tu stai leggendo questo articolo, è perché un pensierino ce l’hai fatto! Ma attenzione però, non bisogna commettere l’errore di trasferirsi senza considerare le implicazioni fiscali che un trasferimento di residenza all’estero può comportare.

L’Inghilterra, e Londra in particolare hanno un fascino speciale che le deriva forse dall’essere il nodo finanziario di tutta l’Europa, ed anche il crocevia di tante vite provenienti da tutto il mondo. In questo contributo voglio fornirti un aiuto concreto per individuare le problematiche fiscali esistenti per effettuare un trasferimento di residenza nel Regno Unito, evitando di commettere errori, che possono portarvi a noie davvero fastidiose con l’Amministrazione fiscale italiana. Tutto questo in relazione alla possibile applicazione del regime dei residenti non domiciliati nel Regno Unito.

Per guidarvi nelle giuste procedure da effettuare partiamo proprio da un esempio concreto di cosa non fare per trasferirsi in Inghilterra.

Trasferimento di residenza e domicilio in inghilterra

I cittadini inglesi che sono nati in Inghilterra, lavorano in Inghilterra e svolgono la loro vita ordinaria in Inghilterra hanno la residenza e il domicilio in Inghilterra. Questa condizione nel diritto inglese viene chiamata “ordinary residence“. Prima di tutto, occorre premettere che nel Regno Unito l’anno fiscale inizia il 6 Aprile e termina il 5 Aprile dell’anno successivo. Una persona è considerata residente fiscalmente in UK per un anno fiscale se supera positivamente uno dei seguenti fattispecie:

  1. E’ effettivamente presente fisicamente in Gran Bretagna per almeno 183 giorni nell’anno fiscale;
  2. Detiene un’abitazione a disposizione, in affitto o come ospite presso amici, per più di 91 giorni consecutivi nell’anno fiscale e vi soggiorna un minimo di 46 giorni anche non consecutivi.

Nel calcolare i giorni trascorsi nello Stato, una persona è considerata presente se è fisicamente in Gran Bretagna alla mezzanotte di ciascun giorno. In pratica, per il diritto anglosassone il domicilio è l’intenzione di una persona di risiedere stabilmente in un luogo a tempo indeterminato. Ogni individuo acquisisce il domicilio di origine alla nascita e di solito è quello del padre oppure quello della madre quando non è sposata. Il domicilio di origine rimane tale sino a che un individuo non decide volontariamente, ponendo in essere azioni che lo dimostrino, di volerlo spostare. Quindi, prima che il domicilio di origine sia sostituito con il nuovo, ci deve essere una chiara evidenza che la persona ha intenzione di trasferirsi in quel luogo in maniera permanente e che ha piani di non fare mai ritorno nel luogo in cui aveva il domicilio di origine.

Un soggetto che ha deciso di trasferirsi in Inghilterra, dopo aver trasferito la propria residenza in Gran Bretagna, in occasione della dichiarazione dei redditi che deve essere presentata entro il 31 Gennaio (in riferimento ai redditi dell’anno procedente), può scegliere l’opzione c.d. “resident but not domicilied“. Lo status di residente non domiciliato è quindi una scelta del dichiarante che non richiede prerequisiti e viene accordato a chiunque a condizione che non sia cittadino britannico. Occorre evidenziare, tuttavia, come regimi fiscali particolari come quello in commento possono comportare problematiche legate all’effettivo trasferimento di residenza fiscale dal paese di partenza del soggetto espatriato (come vedremo più avanti).

Come trasferirsi in Inghilterra e vedersi arrivare un accertamento

Per capire cosa non bisogna fare per trasferirsi correttamente in Inghilterra, partirò da un esempio concreto arrivatoci via mail da parte di Andrea, un nostro lettore. Eviterò riferimenti diretti, ma ti racconterò la sua storia.

Andrea è un professionista italiano, residente in Italia, con clientela prevalentemente italiana, che ha deciso di trasferirsi in Inghilterra per ragioni legate alla sua attività e sfruttare un particolare regime fiscale ivi vigente, conosciuto come regime di  resident but not domiciled. Ebbene, Andrea dopo essersi trasferito in Inghilterra e, nonostante aver passato più di 183 giorni in loco, riceve finalmente la residenza inglese.

Ottenuta la residenza fiscale inglese, Andrea è riuscito nel suo obiettivo: poter adottare il regime del resident but not domiciled. Questo particolare regime fiscale, è uno dei motivi per cui molti personaggi famosi dello sport e dello spettacolo, ma anche molte imprese e professionisti decidono di trasferirsi in Inghilterra ogni anno, con l’obiettivo di risparmiare le imposte dovute sui loro redditi.

Andrea, entusiasta della possibilità di applicare questo regime emette la sua prima fattura in Italia, verso i suoi ordinari clienti, sicuro di poter godere di questo nuovo regime fiscale (che gli consentirebbe di non pagare le imposte sui redditi percepiti fuori dai confini inglesi).

L’amara sorpresa

L’Amministrazione fiscale italiana non ha modificato le sue pretese nei confronti di Andrea, nonostante lui si fosse ormai convinto di non avere più niente a che vedere, a livello fiscale, con il Fisco italiano. Niente di più sbagliato!!! Andrea si vede notificare un invito a fornire spiegazioni sulla mancata presentazione della sua dichiarazione dei redditi in Italia. Andrea sconcertato, non credeva di dover presentare la dichiarazione dei redditi in Italia, in quanto essendo residente in Gran Bretagna. Ma qual è lo sbaglio commesso da Andrea?

Andrea non demorde e decide assieme al suo avvocato, chiamato per avere consulenza sulla questione, di leggersi la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Inghilterra. Entrambi, con brutta sorpresa si accorgono che nella Convenzione è riportato che, secondo tale trattato non viene considerato residente ai fini fiscali di un determinato Paese chi è tenuto a pagare le imposte solo sui redditi generati in loco (come Andrea, per questo particolare regime fiscale).

La residenza fiscale nelle convenzioni OCSE contro le doppie imposizioni

Le convenzioni OCSE contro le doppie imposizioni, come quella stipulata tra Italia e Inghilterra prevedono che il generale “criterio di residenzanon trovi applicazione con riguardo ai soggetti imponibili nel supposto stato di residenza (in questo caso l’Inghilterra) esclusivamente per redditi derivanti da fonti ivi situate. In pratica, il criterio di residenza, secondo le convenzioni contro le doppie imposizioni, non si rende applicabile ai soggetti che pagano le tasse solo sui redditi provenienti da fonti ivi situate. Quindi, in questo caso, non si verificherebbe una condizione di doppia imposizione, in quanto Andrea non è assoggettato ad alcuna imposizione secondo il regime del Resident but not domiciled.

Detta in termini ancora più semplici: se ti trasferisci in Inghilterra e adotti tale regime fiscale rischi di dover continuare a pagare le tasse in Italia. Lo sbaglio di Andrea è lo stesso che commettono molti, per questo andiamo ad individuare insieme come è possibile evitare tutto questo ed effettuare un corretto trasferimento all’estero.

Il concetto di residenza

Il concetto di residenza ai fini fiscali ha una connotazione diversa rispetto all’ambito civilistico. Da un punto di vista civilistico, la residenza è il luogo ove si abita materialmente. La residenza fiscale, invece, identifica il Paese ove il contribuente, sia esso persona fisica o società, risulta essere residente, e quindi il Paese ove egli è tenuto a dichiarare tutti i redditi percepiti durante il periodo di imposta. Secondo quanto disciplinato dal DPR n. 917/86 (TUIR), ai commi 1 e 2, dell’articolo 2, la soggettività passiva ai fini Irpef dei contribuenti, persone fisiche, si ha al verificarsi di questa fattispecie:

“si considerano residenti nel territorio dello Stato le persone fisiche che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”

Residenza fiscale: le condizioni

L’articolo 2, almeno per quanto riguarda le persone fisiche, può essere considerato come uno dei principi cardine del nostro ordinamento tributario, in quanto ha l’obiettivo di identificare quali sono i soggetti che devono obbligatoriamente sottostare alla disciplina delle imposte sui redditi (in questo caso all’Irpef). La residenza fiscale, quindi, viene riconosciuta quando, per la maggior parte del periodo di imposta e cioè per più di 183 giorni all’anno, il soggetto soddisfa almeno uno sei seguenti requisiti:

  •  E’ iscritto all’anagrafe della popolazione residente, presso i vari Comuni;
  •  Ha fissato in Italia il proprio domicilio (ovvero il centro vitale dei propri affari, e dei propri interessi morali, familiari o sociali);
  •  Ha stabilito in Italia la propria residenza (la propria dimora stabile in un luogo, con l’intenzione di rimanervi).

Sulla base del principio di residenza fiscale è fissata poi il principio della c.d. “worldwide taxation“, secondo cui i contribuenti residenti fiscalmente in Italia, sono tenuti a dichiarare in Italia tutti i redditi, ovunque essi siano prodotti o percepiti. Al contrario i soggetti che non risultano essere residenti fiscalmente in Italia dovranno ivi dichiarare soltanto i redditi percepiti in Italia.

Le condizioni sopra citate, per verificare la residenza in Italia, sono alternative tra loro, nel senso che, è sufficiente che ricorra anche una sola di esse perché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia (e quindi dichiari qui tutti i redditi posseduti, indipendentemente dal luogo nel quale siano stati prodotti). Al contrario, se invece, un soggetto non possiede alcuna delle caratteristiche sopra citate, non sarà considerato residente fiscalmente in Italia, e pertanto sarà chiamato a dichiarare e quindi tassare nel nostro Paese soltanto i redditi ivi percepiti.

Per approfondire: “Residenza fiscale delle persone fisiche“.

Il concetto di domicilio

Il domicilio è un concetto diverso e molto più sfumato per certi versi rispetto alla residenza. Ha a che fare con l’insieme degli interessi che il soggetto ha in un Paese. Laddove sono situati i suoi interessi principali è presente anche il domicilio. Esso è il centro degli interessi economici e familiari di un soggetto.

Ad esempio, Andrea aveva un lavoro in Inghilterra, quindi se avesse passato in loco oltre 183 giorni all’anno si sarebbe visto riconosciuto anche il domicilio in Inghilterra. Questa è ad esempio la condizione in cui si trovano i cittadini inglesi che sono nati in Inghilterra, lavorano in Inghilterra e svolgono la loro vita ordinaria in Inghilterra. Costoro hanno la residenza e il domicilio in Inghilterra. Questa condizione nel diritto inglese viene chiamata ordinary residence.

Il soggetto che rientra nella categoria del residente ordinario (ordinary residence) non gode di nessun regime fiscale agevolato e paga le imposte sul reddito personale, comprese tra il 20% e il 45%. Inoltre si pagano le imposte su tutti i redditi, sia quelli generati in Inghilterra che quelli generati all’estero (“worldwide taxation“). Non vi è alcuna differenza tra redditi prodotti all’estero e redditi prodotti in territorio inglese. In questo caso ti rendi conto che trasferirsi in Inghilterra non sempre conviene, in quanto tutti i tuoi redditi sarebbero comunque tassati, anche quelli percepiti in Italia. Naturalmente, però, il vantaggio potrebbe essere dato da un’aliquota di tassazione inferiore rispetto a quella italiana!

Concetto di: “Resident but not domiciled

Ai fini della tassazione dei soggetto residenti ma non domiciliati l’Inghilterra ha adottato un particolare regime fiscale, quello che Andrea voleva adottare. Per capire bene di cosa  si tratta dobbiamo partire da un concetto fondamentale, il domicilio, così come definito in Inghilterra. Qui, infatti, esistono ben tre tipi di domicilio:

  • Domicilio di origine (“domicile of origin“);
  • Domicilio di scelta (“domicile of choice“);
  • Domicilio presunto ai fini delle imposte sulle donazioni (“Deemed domicile for inheritance tax purposes only“).

Quando Andrea si è trasferito in Inghilterra, non aveva ancora il domicilio in Inghilterra, in quanto non ha ivi trascorso oltre 183 giorni in Inghilterra nel corso dell’anno. Con questo “status” da lui cercato Andrea, secondo il diritto inglese, ha la possibilità di pagare le tasse solo sui redditi generati all’interno del territorio inglese (regime del “resident but not domicilied“). Di conseguenza, il soggetto che applica il regime “resident but not domiciled” gode di un imposizione fiscale molto agevolata nella misura in cui abbia redditi di fonte non Inglese (come Andrea, che aveva redditi di fonte Italiana) che deposita in istituti di credito all’estero. In pratica per avere diritto a questa condizione dovresti avere un conto bancario all’estero (es. Lussemburgo), e la residenza fiscale in Inghilterra. Questa norma è stata realizzata proprio per incentivare l’immigrazione di persone che volevano godere di un regime fiscale agevolato. Si trattava di redditi che comunque non sarebbero mai stati tassati dal Regno Unito quindi non è considerata una perdita di gettito erariale per il governo inglese.

Il caso di Andrea

Andrea, volendo applicare questo particolare regime fiscale agevolato inglese c.d. “resident but non domiciled” non ha tenuto conto del fatto che la convenzione OCSE contro le doppie imposizione non garantisce l’applicazione del criterio di “residenza fiscale” (che abbiamo visto) ai soggetti che tassano i loro redditi esclusivamente in loco, come nel caso di questo particolare regime fiscale adottato da Andrea. Per questo motivo le difese di Andrea sono state vane e si è trovato giustamente a dover pagare i redditi in Italia, con l’aggravante di sanzioni amministrative (dal 160% al 320% dell’imposta dovuta e non versata) ed interessi. Si tratta delle sanzioni previste in caso di quelle di omessa dichiarazione, con l’aumento di 1/3 in quanto si tratta di redditi di fonte estera.

Consigli per trasferirsi all’estero in modo sicuro

In definitiva, cosa possiamo trarre di positivo dall’esperienza di Andrea? Che se volete trasferirvi all’estero, in questo caso trasferirsi in Inghilterra, e soprattutto se lo fate per adottare un regime fiscale agevolativo, chiedere il consulto di un esperto in materia di fiscalità internazionale è se si vogliono evitare errori, o il rischio di un accertamento fiscale.

E’ indubbio che sono sempre più gli italiani che scelgono di fissare all’estero la propria residenza fiscale, spinti da motivi economici, lavorativi o personali, oppure semplicemente per minimizzare il gravoso carico fiscale presente nel nostro Paese. Purtroppo però tale fattispecie, quando il trasferimento sia soltanto fittizio, costituisce una delle principali tipologie di evasione fiscale internazionale, così come sottolineato dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 257/E/2013.

Procedura da seguire per trasferirsi in Inghilterra

Nel caso in cui stiate per effettuare il trasferimento all’estero, in Inghilterra, per lavoro o anche solo per avventura, per periodi più o meno lunghi, è necessario seguire le seguenti regole per non avere spiacevoli inconvenienti di natura fiscale.

Affidarsi a un professionista

Chi intende andarsene dal nostro Paese per cercare fortuna all’estero, in questo caso chi vuole trasferirsi in Inghilterra, non vuole certamente avere noie con il Fisco italiano. Per questo è importante non improvvisare, ma chiedere la consulenza di un dottore Commercialista esperto in fiscalità internazionale che sappia indirizzarvi analizzando la vostra situazione, specialmente se avete una partita Iva o una società ancora attiva in Italia. Si tratterà di pagare una consulenza, ma sarà sicuramente un costo minore rispetto a quello di dover riparare ed instaurare un contenzioso fiscale con l’Amministrazione finanziaria.

Cancellazione dall’Anagrafe

Ricordatevi che fino a quando non vi cancellate dall’anagrafe della popolazione residente, anche se risiedete da tempo all’estero, per l’Amministrazione fiscale italiana siete ancora residenti fiscalmente in Italia, con tutti gli obblighi dichiarativi conseguenti. Questo vuole dire che se ci si vuole spostare all’estero per periodi superiori ai 365 giorni (in questo caso trasferirsi in Inghilterra) è fondamentale cancellarsi dall’anagrafe della popolazione residente al fine di spostare all’estero la vostra residenza, ed evitare di dover pagare imposte anche in Italia. E’ sempre possibile beneficiare comunque, di un credito di imposta per evitare la doppia imposizione di redditi, ma ottenere quanto prima la residenza fiscale estera è importante.

Iscriversi all’AIRE

Conseguenza inevitabile del punto precedente è l’iscrizione tra l’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE). Dal momento in cui sarà in vigore questa iscrizione, e sarai iscritto per almeno 183 giorni nell’anno solare, si può essere considerati fiscalmente residenti all’estero. Ai sensi dell’art. 2 del TUIR, l’iscrizione AIRE è soltanto un requisito formale del trasferimento di residenza all’estero. Oltre al requisito formale è necessario anche verificare i requisiti sostanziali del trasferimento, come lo spostamento all’estero del proprio domicilio e della residenza.

Dichiarazione dei redditi

Ricordati che se mantieni in Italia redditi, o immobili, i redditi di fonte italiana, questi devono comunque essere soggetti a tassazione italiana. In tali casi, quindi, si rende necessario presentare la dichiarazione dei redditi. Per i soggetti che non percepiscono redditi da lavoro dipendente in Italia, è obbligatorio presentare il modello Redditi P.F., con l’indicazione di tutti i redditi percepiti in Italia. Questo anche se hai già spostato la tua residenza fiscale all’estero: in questo caso in Italia vengono tassati solo i redditi ivi prodotti (ex art. 3 del TUIR). Ricorda sempre che l’Amministrazione finanziaria ha otto anni di tempo per accertare la tua situazione fiscale in caso di non presentazione della dichiarazione dei redditi (mentre si scende a sei anni se la dichiarazione dei redditi viene presentata).

Spostamenti in Italia

L’Amministrazione fiscale italiana tende a effettuare molti controlli al fine di smascherare soggetti che fingono di effettuare il trasferimento della residenza all’estero, al solo fine di evadere la tassazione italiana. Per questo tenere traccia di ogni vostro spostamento o soggiorno in Italia diventa fondamentale per dimostrare all’Amministrazione finanziaria che voi risiedete effettivamente all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta.

In tutti questi casi, se state programmando o volete effettuare il trasferimento della residenza, per lavorare all’estero in maniera stabile e duratura, non dovete commettere l’errore di trascurare l’attenta valutazione degli aspetti fiscali legati a questa vostra scelta di vita. Anzi, programmare l’aspetto fiscale sarà per voi uno degli aspetti più impegnativi, ma se fatto con i giusti accorgimenti vi permetterà di stare tranquilli in caso di eventuali successivi controlli. Tracciare i propri spostamenti in Italia è sicuramente uno degli accorgimenti da tenere.

Trasferimento di residenza all’estero: consulenza fiscale

Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi sull’argomento. Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.

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