L’operazione del trasferimento di sede all’estero di una società italiana comporta una serie di valutazioni di carattere civilistico e fiscale da effettuare. Non si tratta di una operazione semplice, e nemmeno di una operazione che si vede effettuare quotidianamente. In particolare, dal punto di vista tributario, la possibile perdita della potestà impositiva da parte del Paese di provenienza ha portato i Governi ad introdurre forme di “exit taxation“. Si tratta di forme di tassazione che sono volte a disincentivare questo tipo di operazioni e per questo sono considerate dalla Corte di Giustizia UE come incompatibili con la normativa tributaria comunitaria.
Per quanto riguarda l’Italia, proprio la necessità di uniformarsi alla normativa comunitaria ha portato il Legislatore a modificare la disciplina del trasferimento estero di sede di una società italiana. Come detto, la ratio di questa norma è quello di disincentivare gli imprenditori italiani a trasferire all’estero la sede della propria impresa prevedendo delle forme di tassazione importanti. Andiamo ad analizzare, quindi, in questo contributo, senza alcuna pretesa di esaustività quali sono le principali peculiarità che il trasferimento estero di sede di una società italiana può comportare.
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Trasferimento all’estero della sede di una società italiana: aspetti civilistici
Il comma 3, dell’articolo 25 della Legge n. 218/95 dispone quanto segue:
La norma fissa i seguenti criteri di collegamento tra l’ordinamento italiano e quello dello Stato estero:
- Le società sono disciplinate dalla Legge dello Stato, nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione della società. La legge italiana risulta comunque applicabile con i necessari adattamenti nel caso in cui la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività sia in Italia;
- Il trasferimento della sede legale indicata nello statuto è efficace solo se posta in essere conformemente agli ordinamenti dello Stato di provenienza e dello Stato di destinazione.
Di conseguenza la continuità giuridica della società è condizionata alla ammissibilità del trasferimento nei due ordinamenti. Sul punto deve essere chiarito che una società estera che abbia trasferito in Italia la propria sede legale diviene società di diritto italiano senza necessità di costituirsi ex novo. Questo a condizione che il trasferimento della predetta società sia ammesso dalla Legge dello Stato in cui si è costituita. Le medesime regole valgono per il trasferimento all’estero di una società italiana. Alcuni ordinamenti, infatti, non consentono che una società costituita secondo il diritto nazionale possa trasferire all’estero la propria sede sociale imponendo la dissoluzione o la liquidazione del soggetto.
Trasferimento all’estero della sede di Spa
Nell’ambito della normativa relativa alle società per azioni il codice civile disciplina indirettamente il trasferimento della sede sociale all’estero. In particolare si deve fare riferimento alle seguenti disposizioni:
- L’articolo 2369, comma 5 del c.c., prevede che nel caso di trasferimento estero della sede sociale è necessario il consenso in seconda convocazione di tanti soci che rappresentino almeno più di 1/3 del capitale sociale;
- L’articolo 2437 del c.c. avente ad oggetto la disciplina del diritto di recesso nelle società per azioni elenca la deliberazione riguardante il trasferimento della sede all’estero. Questo come atto che legittima l’esercizio del diritto di recesso da parte di coloro che non vi hanno concorso.
Di fatto, queste disposizioni di carattere civilistico sono volte a fornire sostanza a questo tipo di operazione che deve essere avallata da almeno 1/3 del capitale sociale della società, lasciando comunque la possibilità di esercitare il diritto di recesso al socio non consenziente (ed alle minoranze).
Adempimenti al registro delle imprese per il trasferimento di sede all’estero
Naturalmente il trasferimento estero della sede di società in altri Paesi UE costituisce modifica dell’atto costitutivo e come tale deve essere iscritta nel Registro delle Imprese. E’ il notaio estero che è chiamato a verificare la correttezza di tutti gli adempimenti posti in carico alla società che si trasferisce. Gli adempimenti variano a seconda che vi sia un trasferimento in un Paese UE o meno:
- In caso di Paese UE deve esserci, la notifica al Registro Imprese come modifica dell’atto costitutivo. Successivamente deve avvenire la cancellazione della società dal Registro delle Imprese da perfezionarsi dopo che la società risulti correttamente costituita all’estero:
- In caso di Paese extra-UE il notaio che riceve la delibera deve verificare la compatibilità della decisione assunta con la normativa del Paese prescelto. Seguiranno poi le stesse formalità previste in caso di trasferimento estero della sede in Paese UE.
Il trasferimento all’estero della sede di una società italiana: disciplina fiscale
La disciplina fiscale collegata al trasferimento estero della sede è dettata dall’articolo 166 del DPR n. 917/86 (TUIR). Questa disposizione prevede quanto segue:
La norma in commento prevede l’emersione di plusvalori latenti sul complesso aziendale, dettati dal “realizzo al valore normale dei componenti del complesso aziendale“. Pertanto, si assiste ad una imponibilità delle plusvalenze emerse dalla valutazione degli assets aziendali oggetto del trasferimento. L’imprenditore italiano che vuole trasferire all’estero la sede della sua impresa, quindi, è chiamato ad una importante attività di “valutazione aziendale” volta a far emergere plusvalori latenti attraverso l’identificazione del valore normale degli assets aziendali.
L’unica esimente concessa dalla normativa riguarda la casistica in cui gli assets aziendali vengano fatti confluire in una stabile organizzazione nel territorio dello Stato dell’azienda trasferita all’estero. In questo caso all’estero viene trasferita soltanto la sede sociale lasciando gli assets italiani all’interno di una stabile organizzazione italiana. Di fatto questa soluzione consente il trasferimento della sede all’estero lasciando gli assets in Italia che continueranno a produrre ricchezza, reddito e tassazione in Italia.
Inutile affermare che la ratio della norma è quella di evitare che i soggetti trasferiscano la residenza della società all’estero, eliminando qualsiasi collegamento con il territorio italiano.
Effetti realizzativi del trasferimento all’estero della sede sociale: casi di applicazione
La disposizione relativa agli effetti realizzativi al valore normale dei componenti dell’azienda di cui all’articolo 166 comma 1 del DPR n. 917/86 trova applicazione nei seguenti casi:
- Trasferimento all’estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali, ai sensi dell’articolo 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa;
- Trasferimento della residenza all’estero che comporta la perdita della residenza nel territorio italiano. La residenza all’estero dovrebbe determinarsi in applicazione dell’articolo 4 della Convenzione contro le doppie imposizioni applicabile;
- In assenza sul territorio italiano di una stabile organizzazione della società trasferita. Stabile organizzazione nella quale far confluire i componenti dell’azienda o del complesso aziendale. La sussistenza di una stabile organizzazione in Italia deve determinarsi ai sensi dell’articolo 5 del Modello di convenzione OCSE. In questo caso la presenza della stabile esclude l’effetto realizzativo al valore normale del trasferimento estero di sede.
Trattamento dei fondi in sospensione di imposta
Il secondo comma dell’articolo 166 del DPR n .917/86 disciplina il trattamento che deve essere applicato ai fondi in sospensione di imposta. Tale disposizione prevede in caso di trasferimento estero di sede che tali fondi inclusi quelli tassabili in caso di distribuzione iscritti nell’ultimo bilancio prima del trasferimento di residenza sono assoggettati a tassazione nella misura in cui non sono stati ricostituiti nel patrimonio contabile della predetta stabile organizzazione.
Trattamento delle perdite pregresse
Il comma 2-bis dell’articolo 166 del DPR n. 917/86 disciplina il trattamento delle perdite pregresse. In particolare, le perdite generatesi fino al periodo di imposta anteriore a quello da cui ha effetto il trasferimento estero di sede non compensate con i redditi prodotti fino a tale periodo sono computabili in diminuzione del reddito della stabile organizzazione. Questo ai sensi dell’articolo 84 e alle condizioni indicate dall’articolo 181. L’articolo 181 dispone quanto segue:
La norma, pone un doppio vincolo al riporto delle perdite fiscali pregresse:
- Prevede che le perdite pregresse siano deducibili in proporzione al patrimonio netto della società incorporata che è effettivamente attribuito alla stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato;
- Estende alle operazioni di fusione e scissione transfrontaliere i limiti di cui all’articolo 172 comma 7 del DPR n. 917/86.
Pertanto, è necessario in primo luogo determinare le perdite riportabili in considerazione del patrimonio netto confluito nella stabile organizzazione e successivamente applicare i limiti previsti dall’articolo 172 comma 7 del DPR n. 917/86.
Tassazione delle plusvalenze latenti al momento del realizzo
Secondo le disposizioni indicate la tassazione delle plusvalenze latenti alla data del trasferimento estero della sede di una società italiana può essere sospesa. La sospensione riguarda i trasferimenti avvenuti in Paesi UE e la stessa resta valida sino al momento del realizzo degli elementi patrimoniali. La sospensione degli effetti del realizzo dei componenti dell’azienda è un regime opzionale attivabile in alternativa al regime ordinario. Regime che prevede l’immediata tassazione delle plusvalenze latenti.
Casi di sospensione dalla tassazione delle plusvalenze
Alle imprese commerciali italiane che trasferiscono la loro residenza in altri Stati UE è consentita la facoltà di ottenere una sospensione dalla tassazione di plusvalenze latenti. Si tratta della sospensione dal realizzo al valore normale delle plusvalenze emerse dal trasferimento estero. Questa opzione può essere attivata nei seguenti casi:
- Trasferimento della residenza fiscale in uno Stato UE o SEE inclusi nella lista di cui all’articolo 168-bis del DPR n. 917/86;
- Trasferimento della residenza fiscale in uno degli Stati indicati al precedente punto. Questo a condizione che l‘Italia abbia stipulato con detti Stati un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione di debiti tributari;
- Assenza, sul territorio italiano, di una stabile organizzazione della società trasferita, nella quale far confluire i componenti dell’azienda. L’assenza di una stabile organizzazione in Italia determina l’effetto realizzativo al valore normale.
La sospensione non trova applicazione nel caso in cui il trasferimento della residenza all’estero non sia definitivo ed effettivo. Oppure nel caso in cui quando l’impresa decide di trasferire la propria residenza all’estero, mantenendo nello Stato Italiano una stabile organizzazione. In questo caso rimane il collegamento con lo Stato italiano che consente a quest’ultimo di esercitare la propria potestà impositiva sulla stabile organizzazione.
Prassi ministeriale
Con il Decreto 2 luglio 2013 il Ministero dell’Economia ha fornito le indicazioni previste dall’articolo 166, comma 2-quater del DPR n. 917/86. Il provvedimento attuativo rende disponibile la sospensione anche nel caso di trasferimento all’estero di una stabile organizzazione presente in Italia. La sospensione opera fino al momento in cui si considerano realizzati gli elementi dell’azienda trasferita. Naturalmente seguendo le regole italiane. Nel decreto è indicato che la sospensione non può riguardare:
- I maggiori e i minori valori dei beni di cui all’articolo 85 del DPR n. 917/86;
- I fondi in sospensione di imposta di cui al comma 2 dell’articolo 166 del DPR n. 917/86 non ricostituiti nel patrimonio contabile della stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato;
- Gli altri componenti positivi e negativi che concorrono a formare il reddito dell’ultimo periodo di imposta di residenza in Italia. Ivi compresi quelli relativi ad esercizi precedenti e non attinenti a cespiti trasferiti.
Per quanto riguarda le perdite, queste se non utilizzate, compensano prioritariamente il reddito dell’ultimo periodo di residenza in Italia. L’eccedenza unita alla eventuale perdita di tale periodo compensa la plusvalenza da tassare.
Pagamento dell’imposta sulle plusvalenze
Secondo quanto disposto dal Decreto le imposte oggetto di sospensione devono essere versate nell’esercizio di realizzo degli elementi dell’azienda trasferiti. Per le partecipazioni diverse da quelle dell’articolo 85 del DPR n. 917/86 la riscossione avviene oltre che in sede di cessione, anche nell’esercizio di distribuzione degli utili o delle riserve di capitali. In alternativa al versamento dell’imposta nell’esercizio di realizzo le plusvalenze il pagamento delle stesse può avvenire ratealmente.
La rateazione avviene in quote costanti con riferimento all’esercizio in cui ha efficacia il trasferimento e nei quattro successivi. Rate maggiorate degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 241/97. Tale normativa riguarda le imposte sui redditi e non l’IRAP. Il trasferimento di sede, infatti, è un’operazione di natura straordinaria che non avvera il presupposto giuridico dell’imposta regionale. Per il pagamento delle imposte sono richieste particolari garanzie al contribuente. Garanzia che dovrà tener conto dell’ammontare delle imposte sospese e prevedere soglie di esenzione per importi di modesta entità.
Indicazioni nel Quadro TR del modello Redditi SC
Nel quadro TR del modello Redditi SC devono essere fornite indicazioni sul trasferimento di residenza all’estero. I componenti dell’azienda o del complesso aziendale che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato si considerano realizzati al valore di mercato (in precedenza al valore normale), determinato con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza, tenendo conto delle indicazioni contenute nel decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze in tema di prezzi di trasferimento (Dm 14 maggio 2018). In alternativa al versamento dell’imposta dovuta sul reddito nei termini ordinari, le società e gli enti possono optare per il versamento dell’imposta dovuta in cinque rate annuali nel rispetto delle condizioni del 9, articolo 166, del TUIR.
Nella colonna 3 del rigo TR2 va indicato l’ammontare dell’imposta rateizzata calcolata sull’importo di colonna 2. La rateizzazione può riguardare non solo l’IRES ma anche le altre imposte addizionali o maggiorazioni; infatti, se nella colonna 1 è stato indicato il codice 1, la tassazione si riferisce all’IRES e tale importo deve essere indicato nel quadro RN per la determinazione dell’imposta a debito, colonna 1 del rigo RN23.
Nel quadro devono essere fornite le seguenti indicazioni:
- La sospensione del versamento dell’imposta dovuta sulla plusvalenza unitariamente determinata anche distintamente per ciascuno dei cespiti, non confluiti nella stabile organizzazione residente. A tal fine la plusvalenza è riferita a ciascun cespite o componente trasferito in base al rapporto tra il suo maggior valore e il totale dei maggiori valori trasferiti;
- Il versamento rateale dell’imposta anche relativa a ciascun cespite. Le quote dovute sono maggiorate degli interessi nella misura prevista dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 241/97.
L’opzione può essere esercitata indicando l’ammontare della plusvalenza sospesa e della corrispondente imposta sospesa negli appositi righi. L’obiettivo è quello di monitorare l’applicazione del regime di cui all’articolo 166 del DPR n. 917/86 data la possibilità di optare per la sospensione della riscossione.
La procedura di trasformazione transfrontaliera
La trasformazione transfrontaliera è la procedura di trasferimento della sede di una società dall’Italia all’estero e all’inverso. In particolare, con la Direttiva 2019/2121/Ue sono state disciplinate diverse operazioni straordinarie transfrontaliere.
Con questa procedura una società trasferisce la propria sede all’estero e si assoggetta alla legge vigente nel Paese di destinazione. Secondo quanto previsto dall’art. 6, co. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 19/23, si tratta di un’operazione con la quale una società:
L’effetto di questa disposizione è quello di andare a sottoporre la società alla legge regolatrice di un altro Stato rispetto a quella alla quale è soggetta e di trasferire la sede sociale, quale elemento materiale in base al quale è determinata la legge nazionale ad essa applicabile, nel territorio dello Stato di destinazione e nel rispetto di tale nuova legge. Di fatto, attraverso questo tipo di operazione straordinaria internazionale si ha un trasferimento dall’Italia all’estero della sede legale di una società.