Non si arresta il percorso travagliato del redditometro. O meglio, nelle scorse ore è arrivato lo stop ufficiale di Maurizio Leo dopo neanche 48 ore dal decreto che apportava novità. Dopo le polemiche però l’atto è stato ritirato e verrà sottoposto a modifiche. Le forze dell’opposizione parlano di fallimento del Governo Meloni, ma cosa sappiamo esattamente sul redditometro?
Di certo si tratta di un sistema di monitoraggio che risale ad oltre 50 anni fa, che quindi non può essere imputato in toto a questo Esecutivo, subendo interventi vari nel corso dei governi che si sono succeduti. E ora con il recente stop cosa cambierà a tutti gli effetti? Come verranno effettuati i controlli sul reddito? Di seguito i dettagli.
La storia del redditometro
Nato nel 1973, è stato codificato in norma primaria dal governo Renzi nel 2015 e abrogato nel 2018 dal Conte 1, per poi tornare nel 2019 quando, su richiesta della Corte dei Conti, è stato istituito un tavolo al ministero dell’Economia “per definire un nuovo decreto attuativo che rispetti la privacy e garantisca il contribuente“: decreto arrivato tre anni dopo con Leo. Questa, in sintesi, la storia che ha attraversato il redditometro.
Se volessimo dargli una definizione si tratta di quello strumento di accertamento sintetico del reddito del contribuente, ricavato per via induttiva dalla sua capacità di spesa. Come ha ulteriormente specificato Ernesto Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, il redditometro “è uno strumento residuale che però non è mai stato eliminato, solo sospeso in attesa di indicatori più attendibili a tutela dei cittadini onesti. Viene usato quando non abbiamo alcun elemento per ricostruire i redditi degli evasori totali, che non presentano la dichiarazione, ma hanno una significativa capacità di spesa.”
Decreto sul redditometro: cos’è successo negli ultimi giorni
Il 21 maggio il viceministro Maurizio Leo aveva annunciato il ‘ripristino’ del redditometro (sebbene di fatto mai abrogato nel corso degli anni precedenti ma solo sospeso in attesa dell’individuazione di appositi criteri definitori) tramite un decreto ministeriale. Il provvedimento era stato firmato il 7 maggio ma pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 maggio. Avrebbe introdotto nuove regole per far funzionare il vecchio strumento dell’Agenzia delle Entrate per comparare le spese di un contribuente con il suo reddito dichiarato, e così individuare eventuali somme evase nel caso di incoerenza tra i due valori.
Il nuovo decreto ministeriale avrebbe introdotto 56 voci specifiche di spesa tracciabili dall’Agenzia, tra cui quelle per l’abbigliamento, i generi alimentari, il costo del mutuo o dell’affitto, le bollette, le spese per i mezzi di trasporto di proprietà (rate della macchina o costo dell’assicurazione), ma anche quelle per l’acquisto di borse e valigie, o il pagamento di alberghi e ristoranti.
Ne sono seguite polemiche e scontri all’interno della compagine governativa di maggioranza, destando il malcontento in particolare di Lega e Forza Italia, contrari a questo meccanismo di controllo perché ritenuto lesivo della privacy dei cittadini e delle cittadine.
A questo punto la Premier Meloni ha deciso di sospendere le previsioni sul redditometro rassicurando che non sarebbe stato introdotto un ‘grande fratello fiscale’ che metta le mani nelle tasche degli italiani. Insomma, a pochi giorni dalle elezioni europee, Meloni cerca di mettere una ‘toppa’ allo scivolone del viceministro Leo. Dopo l’annuncio della Premier intanto è arrivato l’atto formale che ferma l’entrata in vigore del nuovo redditometro.
Redditometro: ora come cambieranno i controlli?
Con l’annunciato stop i controlli previsti con le nuove regole del redditometro non partiranno. Sono previste modifiche che arriveranno con uno dei decreti attuativi della delega fiscale. L’intenzione è quella di concentrarsi solo sui grandi evasori, e quindi sulla ricostruzione del reddito che vada principalmente a colpire chi nasconde totalmente (o quasi) i redditi al Fisco. Per riprendere quanto affermato da Giorgia Meloni, gli sforzi saranno concentrati esclusivamente nello stanare “nullatenenti che girano col Suv e vanno in vacanza con lo yacht“.
La base di partenza su cui andare a ricostruire il redditometro è rappresentata dalla ricchezza di informazioni di cui il Fisco già dispone: quasi 200 banche dati. Nella delega fiscale si parla inoltre di interoperabilità e di intelligenza artificiali. Il decreto attuativo dovrà quindi riuscire ad andare in questa direzione, senza andare a colpire i contribuenti onesti.
Conclusioni
L’atto di indirizzo firmato nelle scorse ore da Maurizio Leo blocca l’entrata in vigore del redditometro così come era stato impostato nelle scorse settimane. Il provvedimento originario aveva destato critiche da Forza Italia e Lega, da sempre contrari a queste forme di controllo nei confronti dei cittadini. Ciò che veniva lamentato dai molti esponenti all’interno della stessa compagine di maggioranza era l’adozione di uno strumento ‘inquisitorio’, quando invece si dovrebbe optare per un fisco ‘amico’ dei contribuenti.
Si attende dunque ora il decreto attuativo alla delega fiscale con cui si continuerà nella lotta agli evasori senza passare però attraverso uno strumento che leda la privacy dei cittadini onesti. Per ora comunque tutto resta sospeso fino a dopo le elezioni europee, in cui il tavolo riprenderà.