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Decadenza agevolazione prima casa: le sanzioni e come evitarle

Fisco NazionaleDecadenza agevolazione prima casa: le sanzioni e come evitarle

La decadenza dall'agevolazione prima casa, le sanzioni del 30%, il termine triennale per i controlli e la procedura per evitare l'applicazione delle sanzioni.

L’acquirente decade dai benefici fiscali usufruiti in sede di acquisto dell’immobile: in caso di mendacità delle dichiarazioni previste dalla legge, rese in sede di registrazione dell’atto o in caso di mancato trasferimento della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile entro 18 mesi dell’acquisto, o per vendita prima dei cinque anni dall’acquisto.

In caso di perdita dell’agevolazione prima casa: è dovuta la differenza tra l’imposta di registro in misura ordinaria e le imposte corrisposte per l’atto di trasferimento, una sanzione pari al 30% delle stesse imposte e il pagamento degli interessi di mora se la cessione è soggetta a IVA, è dovuta la differenza d’imposta non versata (ossia la differenza tra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata), una sanzione pari al 30% della differenza medesima e il pagamento degli interessi di mora.

Ipotesi di decadenza dall’agevolazione prima casa

L’agevolazione legata all’acquisto della prima casa decade, al verificarsi di varie situazioni che andiamo di seguito a riepilogare. Si tratta delle seguenti:

  1. L’abitazione è venduta prima del trascorrere dei 5 anni dalla data di acquisto. Tale condizione subisce una deroga allorquando si riacquisti un altro immobile, anche a titolo gratuito, da adibire ad abitazione principale. È necessario, per soddisfare tale requisito, che vi sia l’effetto traslativo della proprietà, e non il mero compromesso;
  2. Non sia soddisfatto il requisito della residenza entro i 18 mesi dall’acquisto;
  3. Entro l’anno dall’acquisto del nuovo immobile non viene venduto quello già posseduto, acquistato con le agevolazioni.

Decadenza parziale se si vende una porzione dell’appartamento

In caso di vendita parziale di una quota dell’immobile per il quale erano state riconosciute le agevolazioni prima casa, la decadenza del relativo beneficio fiscale opera non integralmente, ma solo per la parte di prezzo corrispondente al diritto parziario, alla pertinenza o alla porzione di immobile ceduti. 

Nella Risoluzione n. 31/E/2006 l’Agenzia delle Entrate ha affrontato il problema della cessione a titolo oneroso di una parte della casa e di un box pertinenziale acquistati usufruendo del benefici prima casa. Il caso riguarda la cessione effettuata prima che siano decorsi cinque anni dall’acquisto, come richiesto dal citato articolo 1 della Tariffa a pena di decadenza. La cessione, tuttavia, non riguardava l’intero immobile ma solo una porzione della stessa, in modo da lasciare un appartamento di dimensioni inferiori, ma comunque idoneo alle esigenze abitative della famiglia dell’interpellante.

L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che tale soggetto non decade dall’agevolazione per la parte di casa che resta nella sua quota di proprietà, mentre la decadenza opera per la porzione di casa oggetto dell’alienazione. Per la stessa deve essere versata la differenza d’imposta dovuta, oltre alle sanzioni al 30 per cento, come previsto dalla nota II-bis dell’articolo 1 della tariffa, parte prima, del DPR n. 131/86.

La sanzione del 30%

In particolare, se i requisiti richiesti per l’agevolazione sono insussistenti fin dall’inizio, oppure sono venuti meno successivamente, la legge prevede un meccanismo sanzionatorio particolarmente severo per il contribuente. In questi casi il contribuente acquirente dell’immobile che ha usufruito indebitamente dell’agevolazione prima casa è tenuto a versare, nel primo periodo di imposta utile, tutte le somme risparmiate grazie al beneficio fiscale. A questo importo si deve aggiungere gli interessi maturati e ad una sanzione amministrativa aggiuntiva, pari al 30% delle somme così calcolate.

In pratica, in caso di agevolazione non spettante oltre al versamento della differenza tra il 2% ed il 9% di imposta di registro (o dell’Iva tra il 4% ed il 10%) devono essere versati anche gli interessi di mora e le sanzioni amministrative pecuniarie di importo pari al 30% della maggiore imposta dovuta.

L’Agenzia delle Entrate una volta verificata l’irregolarità notifica la contestazione al contribuente attraverso un atto, l’avviso di liquidazione, in cui viene indicato l’importo della maggiore imposta dovuta (Iva o registro) e delle sanzioni amministrative dovute (del 30%). Quindi, in caso di notifica di un avviso di liquidazione relativa alla perdita dell’agevolazione prima casa le voci che troverai sono le seguenti:

  • Il differenziale tra l’imposta versata in misura ridotta con quella ordinaria;
  • La sanzione del 30% sulla somma dell’imposta di cui prima;
  • Gli interessi legali dovuti dal momento del riconoscimento del beneficio, secondo i tassi previsti.

Gli importi così indicati devono essere liquidati nel termine di 60 giorni dalla notifica. Altrimenti, l’avviso di liquidazione diventa esecutivo e l’agente della riscossione può mettere in atto le azioni esecutive per la riscossione del credito.

Prescrizione dell’azione di accertamento

E’ opportuno verificare, prima di correre ai ripari, che non siano decorsi i termini prescrizionali per l’azione di accertamento ai fini dell’imposta di registro. Per questa tipologia di tributo non valgono i soliti termini di decadenza relativi alle altre imposte. In questo caso il termine di decadenza dell’accertamento è indicato dall’art. 76 del Testo Unico n. 131/1986 che impone agli Uffici accertatori di verificare l’esistenza di eventuali violazioni entro il termine di tre anni anni. Entro tale termine gli uffici hanno la possibilità di accertare se il contribuente abbia rispettato le condizioni previste per ottenere l’agevolazione.

La sentenza della Corte di Cassazione del 31 luglio 2018 n. 20265, specifica che il termine triennale previsto in capo all’Agenzia delle Entrate per poter recuperare le somme in caso di revoca dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa decorrono dallo scadere dell’anno successivo alla vendita. Tale momento, quindi, non coincide con il momento della registrazione dell’acquisto dell’immobile.

Presentazione istanza da parte del contribuente

Il soggetto che si trovi nelle condizioni di non poter o di non voler rispettare l’impegno assunto, con l’applicazione dell’agevolazione prima casa, può evitare la procedura sopra indicata relativa applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. In questi casi, i più frequenti sono sicuramente la rivendita dell’immobile prima dei cinque anni dall’acquisto e il mancato trasferimento della residenza nell’immobile, il soggetto può evitare l’applicazione delle sanzioni.

In questi casi, il soggetto ha la possibilità di comunicare il proprio intendimento di voler sanare la situazione di irregolarità all’Amministrazione Finanziaria. A tal fine, il contribuente che non intende adempiere all’impegno profuso e che, ove previsto, non intenda procedere ad un nuovo acquisto di immobile con questa agevolazione (in caso di rivendita nei cinque anni del primo immobile), ha la possibilità di presentare un’apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso il quale è stato registrato l’atto di vendita dell’immobile acquistato con l’agevolazione. Tramite questa comunicazione, il contribuente evita di versare le sanzioni in misura piena ed ha la possibilità di usufruire del ravvedimento operoso. Si tratta della possibilità di sanare autonomamente la propria posizione, prima della notifica di azioni di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Da quel momento il ravvedimento operoso è inibito. Andiamo ad analizzare, di seguito, il funzionamento di questo istituto.

L’istituto del ravvedimento operoso per la riduzione delle sanzioni

Per evitare la sanzione per l’agevolazione prima casa è necessario presentare apposita istanza all’Agenzia delle Entrate. Questo, consentirà al contribuente di poter aderire all’istituto del ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, che dispone, al comma 1, che:

La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza

Il successivo comma 3 del medesimo articolo, inoltre, prevede che nei casi in cui la liquidazione debba essere eseguita dall’Ufficio, il ravvedimento si perfeziona con l’esecuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’avviso di liquidazione. Si ritiene, pertanto, che non esista alcuna causa ostativa all’applicabilità del ravvedimento anche per le ipotesi di perdita dall’agevolazione.

La convenienza del ravvedimento

Qualora il contribuente abbia venduto l’abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa prima del quinquennio e non abbia intenzione di riacquistare entro i successivi 12 mesi dalla vendita altra abitazione da adibire ad abitazione principale può avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso. Questo avviene presentando un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate presso cui è stato registrato l’atto. Questo dovrà essere fatto entro i 12 mesi dalla vendita.

L’Agenzia delle Entrate provvederà a “riliquidare” le imposte da applicare all’atto come se il contribuente non avesse mai richiesto e beneficiato dell’ agevolazioni per la prima casa. In questo modo il contribuente dovrà versare all’Erario la differenza delle imposte ma eviterà di pagare la sanzione.

Ravvedimento operoso in ipotesi di mancato trasferimento della residenza nel Comune

L’istituto del ravvedimento operoso potrà essere utilizzato anche dal contribuente che abbia acquistato un immobile con agevolazioni prima casa non intenda o non possa più trasferire la residenza nel Comune entro i 18 mesi. Qualora non sia ancora trascorso il termine di 18 mesi per il trasferimento della residenza, l’acquirente che non potrà rispettare l’impegno assunto avrà la possibilità di revocare la dichiarazione formulata nell’atto di acquisto dell’immobile. Questo, come nel caso precedente avverrà presentando apposita istanza all’ufficio presso il quale l’atto è stato registrato.

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