La rivalutazione delle pensioni è un meccanismo fondamentale per adeguare gli importi degli assegni al costo della vita, preservando il potere d’acquisto dei pensionati. Per il 2025, sono previste modifiche significative nei criteri di perequazione, con variazioni che interesseranno diverse fasce di reddito pensionistico. In questo articolo, analizzeremo dettagliatamente gli aumenti previsti, le modalità di calcolo e le novità normative, fornendo una guida completa per comprendere l’impatto di queste modifiche sul tuo assegno pensionistico.
Le novità sulle pensioni, inoltre, sono legate alle novità della Legge di Bilancio, con importanti incentivi verso l’anticipo pensionistico e l’utilizzo della previdenza complementare.
Indice degli Argomenti
Cos’è la rivalutazione delle pensioni?
La rivalutazione, o perequazione automatica, è il processo attraverso il quale gli importi delle pensioni vengono adeguati annualmente in base all’inflazione. Questo adeguamento è essenziale per garantire che i pensionati mantengano il loro potere d’acquisto nonostante l’aumento dei prezzi dei beni e servizi. L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) calcola l’indice dei prezzi al consumo, per famiglie di operai ed impiegati (FOI), che serve da riferimento per determinare la percentuale di incremento delle pensioni.
Percentuale di rivalutazione per il 2025
Per l’anno 2025, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha stabilito una percentuale di rivalutazione provvisoria dello 0,8%. Questo significa che, a partire dal 1° gennaio 2025, gli importi delle pensioni subiranno un incremento basato su questa percentuale, con variazioni applicate in base alle diverse fasce di reddito pensionistico.
Meccanismo di perequazione per fasce di reddito
Il sistema di perequazione per il 2025 prevede tre fasce di reddito, con incrementi differenziati:
- Pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo INPS (fino a € 2.394,44 lordi mensili): rivalutazione al 100% dello 0,8%;
- Pensioni tra 4 e 5 volte il minimo (€ 2.394,45 – € 2.933,06 lordi mensili): rivalutazione al 90% dello 0,8%, equivalente allo 0,72%;
- Pensioni oltre 5 volte il minimo (oltre € 2.933,06 lordi mensili): rivalutazione al 75% dello 0,8%, pari allo 0,6%.
Questo meccanismo a scaglioni garantisce una distribuzione più equa degli aumenti, con una maggiore attenzione alle pensioni di importo inferiore.
In caso di deflazione (inflazione negativa), teoricamente le pensioni dovrebbero rimanere invariate.
Esempi pratici di calcolo degli aumenti
Per comprendere l’impatto concreto della rivalutazione, ecco alcuni esempi:
- Pensione di € 1.000 lordi mensili:
- Aumento dello 0,8%: € 1.000 x 0,8% = € 8
- Nuovo importo mensile: € 1.008
- Pensione di € 2.500 lordi mensili:
- Per i primi € 2.394,44: aumento dello 0,8% = € 2.394,44 x 0,8% = € 19,16
- Per i restanti € 105,56: aumento dello 0,72% = € 105,56 x 0,72% = € 0,76
- Aumento totale: € 19,16 + € 0,76 = € 19,92
- Nuovo importo mensile: € 2.519,92
- Pensione di € 3.200 lordi mensili:
- Per i primi € 2.394,44: aumento dello 0,8% = € 2.394,44 x 0,8% = € 19,16
- Per la fascia € 2.394,45 – € 2.933,06 (€ 538,62): aumento dello 0,72% = € 538,62 x 0,72% = € 3,88
- Per i restanti € 266,94: aumento dello 0,6% = € 266,94 x 0,6% = € 1,60
- Aumento totale: € 19,16 + € 3,88 + €1,60 = € 24,64
- Nuovo importo mensile: € 3.224,64
Aumenti per le pensioni minime
Le pensioni minime beneficeranno di un incremento aggiuntivo del 2,2% per il 2025, oltre alla rivalutazione standard dello 0,8%. Questo porta l’aumento complessivo al 3%, con un incremento di circa € 18 mensili, elevando l’importo minimo a circa € 616,67.
Rivalutazione definitiva
La rivalutazione definitiva delle pensioni, che avviene ogni anno a gennaio, è un processo cruciale per aggiornare gli importi degli assegni pensionistici sulla base dell’inflazione reale registrata nell’anno precedente. Questo aggiornamento consente di correggere eventuali discrepanze tra gli importi provvisori applicati e i dati ufficiali definitivi pubblicati dall’ISTAT.
A gennaio dell’anno in corso, l’INPS applica una rivalutazione basata su una stima provvisoria dell’inflazione, determinata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Successivamente, entro la fine dell’anno (solitamente a novembre), l’ISTAT pubblica i dati definitivi sull’andamento dei prezzi al consumo, indicando il tasso reale d’inflazione dell’anno precedente.
Nel gennaio successivo, l’INPS procede a ricalcolare gli importi delle pensioni sulla base del tasso di inflazione reale. Se l’inflazione reale è superiore a quella stimata, i pensionati ricevono un adeguamento positivo (arretrati). Se inferiore, gli importi non vengono ridotti, ma il dato reale sarà considerato per la rivalutazione provvisoria dell’anno successivo.
Esempio numerico
Supponiamo che la rivalutazione provvisoria del 2025 sia stata dello 0,8%, ma che l’inflazione reale registrata sia dell’1,2%. Ecco come viene gestita:
- Gennaio 2025 (Riv. provvisoria):
- Pensione lorda di € 1.000 → Incremento: € 1.000 × 0,8% = € 8
- Nuovo importo: € 1.008
- Gennaio 2026 (Riv. definitiva):
- Inflazione reale: 1,2%
- Incremento definitivo: € 1.000 × (1,2% – 0,8%) = € 4 di arretrati per ogni mese del 2025
- Arretrati totali: € 4 × 12 = € 48, corrisposti a gennaio 2026.
La rivalutazione delle pensioni nel 2024
Nel 2024, le pensioni hanno subito una rivalutazione del 5,4%, determinata sulla base dell’inflazione registrata nell’anno precedente. Questo adeguamento ha avuto un impatto differenziato a seconda dell’importo delle pensioni percepite, seguendo un meccanismo a fasce stabilito dal governo.
Per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo INPS, pari a 2.271,76 euro lordi mensili, è stata applicata una rivalutazione piena del 5,4%. Ciò significa che una pensione di 1.000 euro è aumentata di 54 euro, portando l’importo mensile a 1.054 euro. Per le pensioni comprese tra quattro e cinque volte il minimo (da 2.271,76 euro a 2.839,70 euro), la rivalutazione è stata dell’85%, corrispondente a un incremento del 4,59%. Ad esempio, una pensione di 2.500 euro è aumentata di circa 114,75 euro, raggiungendo 2.614,75 euro mensili.
Per le fasce superiori, gli aumenti sono stati progressivamente ridotti:
- Tra cinque e sei volte il minimo (da 2.839,70 euro a 3.407,64 euro): riv. del 53%, pari a un incremento del 2,86%.
- Tra sei e otto volte il minimo (da 3.407,64 euro a 4.543,52 euro): riv. del 47%, equivalente a un aumento del 2,54%.
- Tra otto e dieci volte il minimo (da 4.543,52 euro a 5.679,40 euro): riv. del 37%, corrispondente a un incremento del 2%.
- Oltre dieci volte il minimo (oltre 5.679,40 euro): riv. del 22%, pari a un aumento dell’1,19%.
La rivalutazione delle pensioni nel 2023
Nel 2023, la rivalutazione delle pensioni è stata particolarmente significativa a causa dell’elevata inflazione registrata nel 2022. L’ISTAT ha determinato un tasso di rivalutazione del 7,3%, applicato secondo un nuovo schema a sei fasce introdotto dalla Legge di Bilancio 2023.
Le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo INPS, ossia fino a 2.101,52 euro lordi mensili, hanno beneficiato di una rivalutazione piena del 7,3%. Ad esempio, una pensione di 1.500 euro è aumentata di 109,50 euro, raggiungendo 1.609,50 euro mensili.
Per le fasce superiori, gli aumenti sono stati modulati come segue:
- Tra quattro e cinque volte il minimo (da 2.101,52 euro a 2.626,90 euro): riv. dell’85%, pari a un incremento del 6,205%.
- Tra cinque e sei volte il minimo (da 2.626,90 euro a 3.152,28 euro): riv. del 53%, corrispondente a un aumento del 3,869%.
- Tra sei e otto volte il minimo (da 3.152,28 euro a 4.203,04 euro): riv. del 47%, equivalente a un incremento del 3,431%.
- Tra otto e dieci volte il minimo (da 4.203,04 euro a 5.253,80 euro): riv. del 37%, pari a un aumento del 2,701%.
- Oltre dieci volte il minimo (oltre 5.253,80 euro): riv. del 32%, corrispondente a un incremento del 2,336%.
Conclusioni
Controlla l’importo del cedolino di gennaio e confrontalo con l’anno precedente per accertarti che la rivalutazione sia stata correttamente applicata. Per dubbi sugli importi o per calcoli più complessi, è utile rivolgersi a un esperto o accedere al proprio fascicolo previdenziale sul sito INPS. Gli importi rivalutati potrebbero poi impattare sulla tassazione IRPEF.