Il patto di famiglia è un contratto con il quale l’imprenditore, ancora in vita, ha la possibilità di disporre della futura successione della propria impresa. L’obiettivo è quello di poter assegnare la stessa al legittimario che ritiene essere in possesso di maggiori capacità e competenze in modo da poterne garantire la continuità futura.
Indice degli Argomenti
- Disciplina civilistica del patto di famiglia
- Caratteristiche dell’accordo
- Patto di famiglia assimilabile alla donazione
- Stipula per atto notarile
- Obiettivo: agevolare il passaggio generazionale d’impresa
- Presenza dei legittimari
- La liquidazione delle quote di legittima
- Esclusione dalle azioni di collazione e riduzione
- Lo scioglimento del patto
- Lo svantaggio dell’azione revocatoria
- Disciplina fiscale del patto di famiglia
- Esempio di passaggio generazionale di azienda
- Considerazioni finali e consulenza online
Disciplina civilistica del patto di famiglia
Il patto di famiglia è un contratto disciplinato dall’art. 768-bis c.c. secondo il quale:
Si tratta di un contratto, con il quale l’imprenditore, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, trasferisce, in tutto o in parte, la propria azienda o le partecipazioni sociali ad uno o più discendenti. Possiamo dire, quindi che l’istituto trova la sua naturale collocazione tra gli atti che possono essere utili come strumenti per arrivare ad un passaggio generazionale di impresa.
Caratteristiche dell’accordo
La norma prevede all’interno dello stesso schema due fattispecie che si distinguano in relazione a:
- Soggetto cedente (che, nel primo caso, è un imprenditore e, nel secondo caso, è un titolare di partecipazioni societarie) ed
- Oggetto del trasferimento (che, nel primo caso, è un’azienda o un ramo di essa e, nel secondo caso, è una quota sociale).
Volendo schematizzare possiamo dire che si tratta di contratto plurilaterale (a carattere familiare) con il quale l’imprenditore decide autonomamente di trasferire, in tutto o in parte, l’azienda o le partecipazioni societarie ad uno o più discendenti. Ovviamente si tratta dei discendenti dell’imprenditore che si siano dimostrati idonei alla gestione dell’impresa.
Patto di famiglia assimilabile alla donazione
Quindi alla stipulazione del contratto devono necessariamente partecipare, oltre al disponente ed ai discendenti assegnatari, anche il coniuge e gli altri legittimari del disponente (che sono i figli e gli ascendenti, secondo gli articolo 536 e ss. del c.c.). In particolare, devono partecipare “coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore” (art. 768-quater, comma 1 del c.c.).
Appare dunque chiaro come il patto di famiglia possa essere inquadrato come una forma di donazione, con il vantaggio della non assoggettabilità a riduzione e, quel più conta, a collazione di quanto percepito dai contraenti. Si tratta, quindi, di un contratto inter vivos ad effetto traslativo immediato (e non alla morte dell’imprenditore disponente).
Stipula per atto notarile
Ai sensi dell’art. 768-ter cc, deve essere stipulato per atto pubblico e quindi attraverso la presenza di un notaio, a pena di nullità. All’atto devono essere presenti il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione dell’imprenditore.
Obiettivo: agevolare il passaggio generazionale d’impresa
Funzione della disciplina è quella di garantire, attraverso la stipula dei patti di famiglia, il passaggio generazionale e la continuità dell’impresa (esercitata direttamente, con l’azienda, o indirettamente, con il possesso delle partecipazioni). Tutto questo derogando al principio generale di divieto di patti successori contenuto nell’art. 458 del c.c. La portata innovativa dei patti di famiglia è in buona parte determinata dalla “disattivazione dei meccanismi di tutela” previsti dal sistema a favore dei familiari, ossia la riduzione e la collazione.
Si prevede espressamente che “quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione” (art. 768-quater, ultimo comma del c.c.) e si ritiene che la previsione si riferisca sia a quanto ricevuto dagli assegnatari, sia alle attribuzioni a favore dei legittimari esclusi. Il che rende il ricorso ai patti di famiglia sicuramente più sicuro, dal punto di vista giuridico rispetto alla donazione di azienda o di partecipazioni. Questo anche se risulta, d’altra parte, più complesso definire l’accordo che porta alla redazione del patto, proprio per la presenza di una pluralità di soggetti e di interessi coinvolti. I soli discendenti possono essere destinatari del trasferimento rientrando quindi i figli, i nipoti, i pronipoti, mentre sono sicuramente esclusi il coniuge, i fratelli ed i discendenti dei fratelli.
Presenza dei legittimari
L’art. 768-quater, primo comma, c.c. afferma che “Al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore”. La stipula dell’accordo, redatto in forma di atto pubblico, a pena di nullità, richiede in particolare la presenza, dal notaio:
- Il soggetto che nella qualità di imprenditore titolare di un azienda o di partecipazioni sociali trasferisce l’azienda od un ramo di essa ovvero le partecipazioni sociali;
- I discendenti assegnatari del bene oggetto del patto;
- I legittimari non assegnatari, ovvero il coniuge, anche legalmente separato senza addebito della separazione, i figli se vivi o in alternativa i loro discendenti, sia legittimi o naturali che adottivi o legittimati.
In caso di legittimari sopravvenuti, l’articolo 768-sexies, comma 1 del c.c., prevede solo una tutela di tipo obbligatorio. Infatti, questi soggetti possono chiedere “ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma” corrispondente alla loro quota. Si tratta, in particolare, di nascituri non concepiti, figli naturali riconosciuti, coniuge sopravvenuto. In questo modo l’azienda passa ai discendenti assegnatari, garantendo agli altri, il rispetto della loro quota successoria attraverso il pagamento di una somma di denaro.
La liquidazione delle quote di legittima
Su questo presupposto, il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni ai soggetti titolati, senza corrispettivo e per volontà unanime, fa maturare in capo agli altri partecipanti al contratto il diritto alla liquidazione delle quote di “legittima“, in denaro ovvero in natura, salvo rinuncia totale o parziale. Scopo evidente dello strumento è quello di realizzare un meditato passaggio generazionale alla guida dell’impresa, centrando taluni obiettivi diversamente preclusi: da un lato, come già segnalato, il patto di famiglia opera in deroga al divieto dei patti successori. Dall’altro, quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione, ai sensi dell’art. 768-quater comma 4 c.c., con conseguente (auspicata) definitività dell’assetto concordato.
In pratica, attraverso questo tipo di contratto è possibile garantire il passaggio generazionale dell’impresa, assicurando una garanzia patrimoniale a tutti i soggetti legittimari. Infatti, gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, se questi non rinunciano, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote, ex art. 536 e ss. del c.c. In alternativa è ammessa la possibilità di convenire che la liquidazione avvenga in natura (art. 768-quater, comma 2 del c.c.).
Calcolo della quota di legittima attraverso la valutazione dell’azienda
La base di calcolo, per determinare il valore delle quote dei legittimari, è rappresentata dai beni attribuiti all’assegnatario a seguito del patto. Ai fini dell’individuazione del valore della azienda può essere opportuno, predisporre una perizia da allegare all’atto notarile.
Il legittimario può rinunciare alla quota, oppure si può prevedere un pagamento dilazionato, oltre che, come detto, una attribuzione in natura. Il contratto può anche assegnare direttamente i beni dal disponente ai legittimari non assegnatari. Beni che, in base al valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti. Tale assegnazione può altresì essere disposta con successivo contratto che deve però essere dichiarato espressamente collegato al primo. Atto cui devono intervenire i medesimi soggetti che hanno partecipato al contratto precedente o coloro che li abbiano sostituiti.
Nozione di azienda
È possibile, con il patto di famiglia, trasferire in tutto o in parte l’azienda. Allo scopo di meglio chiarire il significato della norma in esame, si ricorda che la nozione di azienda è fissata, dall’art. 2555 c.c. che la definisce come: “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa“.
Partecipazioni rilevanti
Le partecipazioni rilevanti ai fini di questo contratto sono le seguenti:
- Partecipazioni in società semplice: sono rilevanti le partecipazioni che attribuiscono il potere di amministrazione;
- Partecipazioni in società in nome collettivo: sono rilevanti le partecipazioni che attribuiscono il potere di amministrazione;
- Partecipazioni in società in accomandita semplice: sono rilevanti le partecipazioni che attribuiscono al socio accomandatario i poteri gestori, mentre sono generalmente escluse le partecipazioni dell’accomandante;
- Partecipazioni in società a responsabilità limitata: sono rilevanti le partecipazioni di maggioranza idonee a garantire al socio un potere di indirizzo;
- Partecipazioni in società per azioni: sono rilevanti le partecipazioni di maggioranza idonee a garantire al socio un potere di indirizzo;
- Partecipazioni in società in accomandita per azioni: sono generalmente rilevanti le partecipazioni del socio accomandatario.
Esclusione dalle azioni di collazione e riduzione
L’ultimo comma dell’art. 768-quater c.c. prevede che “quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione“. In particolare, l’effetto della stipulazione del contratto comporta il fatto che i legittimari non assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni non potranno esperire l’azione di riduzione per lesione della legittima, per l’assegnazione dell’azienda o delle attribuzioni percepite da altri legittimari. Inoltre, i legittimari non assegnatari e gli assegnatari non potranno richiedere la collazione in sede di divisione ereditaria per quanto ricevuto a seguito del patto di famiglia.
Che cos’è la collazione?
La collazione è rappresentata dall’obbligo, gravante sugli eredi che concorrano nella stessa successione ereditaria, di conferire alla massa attiva del patrimonio ereditario le liberalità ricevute in vita dal defunto, in modo da dividerle con gli altri coeredi in proporzione alle rispettive quote. Ciò al fine di non creare squilibri tra le proporzioni delle quote spettanti, per legge o testamento, ad ogni erede.
Che cos’è l’azione di riduzione?
L’azione di riduzione, invece, è lo strumento con cui l’erede legittimo dimenticato o leso può agire in giudizio per ottenere la quota che gli compete. Durante la propria esistenza, infatti, ognuno è libero di svolgere le attività giuridiche che preferisca, con il solo limite, però, che le disposizioni effettuate mediante donazione o testamento non possono ledere la cosiddetta “quota di legittima” spettante agli stretti congiunti, che la legge qualifica come “legittimari“.
Lo scioglimento del patto
Secondo quanto disposto dall’art. 768-septies c.c. lo scioglimento del patto può essere effettuato con una di queste due diverse modalità, ovvero:
- Realizzazione di un diverso contratto: i contraenti che avevano redatto il patto possono scioglierlo o modificarlo con un nuovo contratto dotato delle stesse caratteristiche del patto originario. È richiesta la partecipazione al nuovo contratto estintivo o modificativo di tutte le parti che avevano sottoscritto il primo patto, motivo per cui si può escludere che tale contratto possa attuarsi oltre l’apertura della successione del disponente;
- Se il patto lo prevede ogni componente può esercitare il recesso, comunicando agli altri contraenti la volontà di sciogliere il vincolo. Tale comunicazione deve essere certificata da un notaio. Il mancato rispetto di tali formalità rende il recesso inefficace.
Lo svantaggio dell’azione revocatoria
Il patto di famiglia può essere oggetto di azione revocatoria, atteso che il contratto determina un atto di disposizione patrimoniale che risulta revocabile ove sussistano le condizioni di cui all’art. 2901 c.c. Questo significa, quindi, che per una reale efficacia il patto necessita di un percorso quinquennale per scongiurare una possibile azione revocatoria. Questo aspetto rappresenta uno dei principali svantaggi di questo elemento di tutela del patrimonio.
Disciplina fiscale del patto di famiglia
Sotto il profilo fiscale, le operazioni derivanti all’applicazione di questo accordo sono generalmente neutre.
Effetti ai fini delle imposte sui redditi
Considerata la struttura e gli effetti giuridici del patto di famiglia la prima fattispecie che viene in rilievo è quella del trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni societarie dal disponente al beneficiario/assegnatario.
Soggetto | Profili di esenzione/imposizione |
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Disponente | Dal punto di vista del disponente, non possono emergere plusvalenze in capo all’imprenditore/disponente che trasferisce la propria azienda, per effetto dell’articolo 58 del TUIR. Norma, questa che garantisce la neutralità del trasferimento, con conservazione del valore fiscale dell’azienda in capo al beneficiario. Analoga soluzione deve affermarsi con riferimento al soggetto che trasferisce le proprie partecipazioni societarie. Questo considerato che la produzione di redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. c), TUIR) richiede che la cessione delle partecipazioni societarie avvenga “a titolo oneroso“. (1) |
Assegnatario | Per ciò che riguarda la posizione del beneficiario/assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie, l’imposizione è teoricamente ipotizzabile solo qualora tale soggetto sia imprenditore e si possa sostenere che l’attribuzione afferisca alla sfera imprenditoriale e non a quella personale. |
Legittimari non assegnatari | Con riferimento alla liquidazione dei legittimari partecipanti al patto (o prevista da successivo contratto), pare potersi affermare il rilievo impositivo, in capo all’assegnatario (o anche in capo al disponente per le attribuzioni effettuate direttamente a favore dei legittimari). Questo però solo qualora sia previsto il trasferimento di beni di impresa e non, invece, la liquidazione in denaro. |
(1) – Una ipotesi in grado di generare reddito tassabile, in capo al disponente, potrebbe essere quella dell’imprenditore che trasferisca, separatamente dalla propria azienda, le partecipazioni societarie realizzando, in questo modo, la fattispecie impositiva di “destinazione a finalità estranee” (articoli 85 e 86 del TUIR). In questa ipotesi, tuttavia, vi potrebbe essere l’applicazione del regime di parziale esenzione della participation exemption ricorrendo le condizioni previste dall’articolo 87 del TUIR.
Effetti ai fini delle imposte indirette
Nel settore dell’imposizione indiretta è presente la sola disposizione tributaria che menziona l’istituto del patto di famiglia. Si tratta dell’articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. n. 346/1990. Norma introdotta dall’articolo 1, comma 78, Legge n. 296/2006 e modificata dall’articolo 1, comma 31, Legge n. 244/2007.
Fattispecie | Descrizione |
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Esenzione da imposta di successione/donazione | La norma prevede il non assoggettamento ad imposta sulle successioni e donazioni dei trasferimenti di azienda (e rami di azienda) e di partecipazioni societarie di controllo, effettuati a favore di discendenti e coniuge, “anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768-bis e seguenti del codice civile”. |
Il trasferimento di aziende e di partecipazioni sociali dal disponente all’assegnatario può, dunque, non essere assoggettato ad imposta a condizione che l’assegnatario continui l’esercizio dell’impresa (tramite l’azienda) o mantenga il possesso delle quote (o il controllo se si tratta di società di capitali) per un periodo non inferiore ai cinque anni. La disposizione, di chiaro stampo agevolativo, si muove evidentemente nella direzione di considerare tali attribuzioni quali atti tendenzialmente ricompresi nell’area dell’imposta citata e, quindi, quali atti liberali o, comunque, a titolo gratuito.
Patti di famiglia contenenti beni immobili ed imposte indirette
Quando il passaggio dei beni prevede un trasferimento di beni immobili o di diritti reali immobiliari, devono essere applicate le imposte ipotecaria e catastale con le aliquote ordinarie del 2% (art. 1, Tariffa, D.Lgs. n. 347/1990) e 1% (art. 10, D.Lgs. n. 347/1990). Anche per queste imposte, tuttavia, in caso di trasferimento di azienda agevolato ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, comprendente beni immobili, l’imposizione non si realizzerebbe per effetto del rinvio contenuto nell’art. 1, comma 2 e art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 347/1990 alle volture e le formalità relative ai trasferimenti di cui all’art. 3, D.Lgs. n. 346/1990 (Così R.M. 23.11.2007, n. 341/E).
Esempio di passaggio generazionale di azienda
I patti di famiglia sono un valido strumento utile a pianificare in anticipo il passaggio generazionale, specialmente nelle aziende familiari. Prendiamo il caso di un’azienda familiare che si trova di fronte all’impossibilità di accedere a finanziamenti bancari, in quanto l’istituto non vede chiaro il futuro dell’azienda legata ai soci (genitori) senza che sia stato ancora pianificato il futuro aziendale con l’ingresso del figlio nella società.
La compagine societaria di partenza della società era così composta: il 70% delle partecipazioni erano in mano ai due genitori, titolari dell’azienda, mentre il restante 30% è di spettanza del figlio. In questa situazione l’istituto bancario non si assume la responsabilità di erogare il finanziamento vedendo incerto il futuro dell’azienda. In una situazione come questa il patto di famiglia è uno strumento valido da utilizzare per pianificare il passaggio delle partecipazioni societarie per garantire al figlio il futuro controllo dell’azienda.
Attraverso la stipulazione del patto di famiglia i genitori hanno ceduto al figlio una quota del 60% delle partecipazioni societarie, facendosi restare il restante 10%. Inoltre, il padre ha ceduto la quota quota di azioni in nuda proprietà. In questo modo il figlio è arrivato a detenere il 90% delle quote societarie, mentre il restante 10% in nuda proprietà (che, al momento della successione diventeranno di piena proprietà). Possiamo riassumere che attraverso questo tipo di accordo è possibile raggiungere una serie di obiettivi aziendali:
- È stato programmato il futuro passaggio generazionale dell’azienda familiare;
- L’azienda ha migliorato la sua immagine verso gli stakeholder esterni, che possono pensare di erogare finanziamenti nel lungo periodo;
- L’operazione non è stata fiscalmente rilevante, facendo leva sulla disposizione che non prevede l’assoggettamento ad imposte di successione o donazione se il passaggio delle quote consente la prosecuzione della gestione aziendale per almeno cinque anni.
Considerazioni finali e consulenza online
Per la propria struttura giuridica e gli effetti disegnati dal Codice civile, i patti di famiglia risultano lo strumento senza dubbio più idoneo a realizzare il passaggio generazionale di impresa. Questo in quanto il patto prevede la partecipazione di tutti i soggetti interessati ed evita la possibilità che la futura successione del disponente determini una situazione di incertezza nelle attribuzioni effettuate.
Al tempo stesso, però, le condizioni soggettive ed oggettive che caratterizzano lo strumento sono chiaramente definite e non in grado di comprendere tutte le forme di passaggio generazionale. Inoltre, proprio la regola della necessaria partecipazione dei diversi soggetti interessati può determinare, a livello applicativo, notevoli difficoltà nella redazione del patto.
Nonostante non sia oggetto di specifiche disposizioni il regime tributario appare tutto sommato definito nelle imposte dirette. Questo in quanto replica quello ben noto della donazione di azienda e di partecipazioni societarie. Inoltre, non sembrano poter avere rilevanza fiscale le attribuzioni ai legittimari. Nelle imposte indirette, esso appare importante ad incentivante la possibilità di applicazione della norma di esenzione prevista in materia di imposta sulle successioni e donazioni (oltre che per le imposte ipo-catastali). Tuttavia, risulta ancora non del tutto definita la questione della tassazione delle attribuzioni ai beneficiari.
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