La pace contributiva consiste in un’agevolazione ai fini del calcolo dei contributi pensionistici. Essa consente di coprire periodi di aspettativa e inoccupazione, oppure i mesi trascorsi tra un lavoro ed un altro.

Le regole sul calcolo agevolato dell’onere, infatti, saranno attuate in via sperimentale con riferimento al triennio 2019-2021. Ricordiamo a tal proposito, che il decreto n. 4 del 2019 ha posto come  scadenza per presentare la relativa domanda al giorno 31 dicembre 2021.

Dopo tale data, infatti, non sarà più possibile accedere al beneficio.

Introdotta in via sperimentale per il triennio 2019/2021, consiste nella possibilità di detrazione dei costi per il 50 per cento.

Essa, è inoltre riconosciuta in cinque quote annuali, ed è circoscritta nei confronti di coloro che non hanno effettuato alcun versamento retributivo antecedente al 1996.

Vediamo cosa c’è da sapere sulla pace contributiva.


Cos’è la pace contributiva?

Con pace contributiva si intende un nuovo istituto mediante il quale sarà possibile procedere al riscatto di periodi in cui non si sono versati contributi.

La pace contributiva consente di coprire periodi di aspettativa e inoccupazione, oppure i mesi trascorsi tra un lavoro ed un altro.

L’operazione, inoltre, consentirà di accedere ad un diverso e più vantaggioso criterio di calcolo dell’onere da corrispondere.

Le regole sul calcolo agevolato dell’onere, infatti, saranno attuate in via sperimentale con riferimento al triennio 2019-2021. Come poc’anzi asserito, la scadenza per presentare la relativa domanda è fissata al 31 dicembre.

Il presente istituto è stato introdotto per la prima volta con il DL n. 4 del 2019, il quale, tra le altre cose, ha anche previsto in via sperimentale l’introduzione della c.d. Quota 100, figura vicino ormai alla pensione. La normativa consente, dunque, alle parte di provvedere a riscattare i periodi di mancato versamento dei contributi con una cifra scontata.

In tal caso, infatti, si applicheranno i medesimi oneri previsti per gli inoccupati.

Tale opportunità è, però, limitata a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996. Ad essi si consente di recuperare fino a 5 anni i contributi, per il periodo compreso tra il 1996 e il 29 gennaio 2019, purché per suddetto periodo non vigesse un obbligo di versamento dei contributi.

Si differenzia, dunque, dal riscatto degli anni universitari, in quanto, essendo una misura a regime, opera sempre, non prevedendo limiti ultimi, quindi è attivabile anche successivamente alla scadenza del 31 dicembre 2021.

A tal proposito, ricordiamo ad esempio quanto comunicato dall’INPS di recente:

“l’accesso alla facoltà di riscatto dei corsi universitari di studi con le modalità cosiddette “agevolate”, di cui al citato comma 5-quater dell’articolo 2 del D.lgs n. 184/1997, è invece misura a regime attivabile, al perfezionamento delle condizioni prescritte, anche negli anni successivi.”

Regime agevolato della pace contributiva

La pace contributiva, come dicevamo, prevede un regime agevolato di calcolo dei contributi da versare.

Introdotta in via sperimentale per il triennio citato, consiste nella possibilità di detrazione dei costi per il 50 per cento.

Essa, è inoltre riconosciuta in cinque quote annuali, ed è circoscritta nei confronti di coloro che non hanno effettuato alcun versamento retributivo antecedente al 1996.

Ricordiamo, infatti, che a far data dal 1996 parte l’applicazione del metodo contributivo di calcolo delle pensioni.

Per i lavoratori del settore privato, l’onere per il riscatto può anche essere devoluto al datore di lavoro.

In tal senso si prevede che potranno essere destinati i premi di produzione spettanti al lavoratore stesso.

Il versamento può essere adempiuto sia in un’unica soluzione, ma il lavoratore che ricorre alla pace contributiva potrebbe anche prediligere il metodo della rateizzazione.

In questo secondo caso, non potranno essere previste più di 120 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a euro 30, senza applicazione di interessi per la rateizzazione.

In alcune occasioni, inoltre, la legge esclude il metodo della rateizzazione.

Ad esempio, questa non verrà concessa ove sia necessario procedere alla immediata liquidazione della pensione diretta o indiretta.

Altrettanto accade, se i contributi devono essere valutati ai fini dell’accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontarie.

Laddove, tale ultima evenienza si realizzi dopo la concessione della rateizzazione, questa viene revocata e il contribuente è tenuto a versare il residuo in un’unica soluzione.

Alla data del saldo dell’onere l’INPS provvede all’accredito della contribuzione e ai relativi effetti.

Come presentare la domanda?

La domanda di accesso alla pace contributiva deve essere presentata all’INPS.

Per procedere a tale operazione dovrai far ricorso al c.d. il modello AP135.

Oltre al contribuente, l’onere può essere adempiuto anche dai parenti e affini o, come dicevamo poc’anzi, dal datore di lavoro per i dipendenti del settore privato.

Destinatario dell’istanza è l’ Ufficio INPS competente per territorio. La comunicazione potrà essere effettuata mediante:

  • presentazione diretta allo sportello, con firma apposta in presenza del dipendente addetto o con allegata copia di un documento di identità in corso di validità;
  • tramite fax;
  • con raccomandata A/R con allegata copia di documento di identità in corso di validità;
  • mediante invio con Posta elettronica certificata (PEC) del richiedente, all’indirizzo PEC dell’Ufficio INPS, unitamente alla copia digitalizzata di un documento di identità in corso di validità.

A chi è rivolta la pace contributiva?

L’INPS in un recente messaggio ha inoltre specificato coloro che potranno beneficiare della pace contributiva. Nel messaggio n. 106 del 13 maggio, si legge che potranno accedere al beneficio:

  • gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti ed alle forme sostitutive ed esclusive;
  • gli iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
  • e gli iscritti alla Gestione separata che siano privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione.

Il richiedente, oltre a dover dimostrare l’anzianità contributiva a partire dal 31 dicembre 1995, e di essere iscritto ad una delle citate assicurazioni previdenziali, dovrà anche dimostrare di non ricevere un trattamento pensionistico diretto, in qualsiasi gestione pensionistica obbligatoria.

Accesso alla pensione


La pace contributiva può quindi servire ad aumentare il numero di anni di contribuzione.

Ciò comporta, che questi anni saranno computati negli anni di contribuzione necessari per accedere alla pensione.

Potresti allora andare in pensione prima del tempo?

Non sempre l’anticipo del momento della pensione è proporzionale agli anni che si riscattano.

In tal senso, infatti, la pace contributiva serve con certezza solo a chi ha iniziato a lavorare intorno ai 24 anni.

Tale conseguenza è esclusa invece con riferimento a coloro che hanno iniziato la loro attività lavorativa dopo i 30 anni non è possibile anticipare il momento della pensione attraverso questo strumento.

Tuttavia, ricordiamo che questo non è l’unico beneficio che deriva dalla pace contributiva. Anzi il principale è quello di consentire di accrescere il valore dell’assegno pensionistico

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