Il mancato od omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti, per redditi di lavoro dipendente, entro i termini stabiliti per Legge, prevede per il datore di lavoro (o committente), l’applicazione di un sistema sanzionatorio amministrativo consistente nell’addebito di somme aggiuntive, a titolo di sanzioni, che maturano in relazione al ritardo nel versamento, la cui misura percentuale, in rapporto al capitale non versato, cambia in relazione alla tipologia di omissione.
Di seguito tutte le informazioni utili sul regime sanzionatorio amministrativo e penale, anche in relazione ai chiarimenti forniti dall’INPS.
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Omessi versamenti INPS: la normativa
Il datore di lavoro è tenuto ad operare ritenute previdenziali sui compensi corrisposti ai lavoratori dipendenti. La trattenuta avviene direttamente in busta paga del lavoratore. Si tratta delle ritenute previdenziali, solitamente pari al 9,19%, a carico del lavoratore che si vanno ad aggiungere agli ulteriori contributi a carico dello stesso datore di lavoro.
Questi importi devono essere versati congiuntamente utilizzato l’apposito codice tributo DM10 da utilizzare nel modello F24. Il versamento contributivo deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello di maturazione (trattenuta). La ritenuta previdenziale, quindi, è una somma di denaro della retribuzione del lavoratore dipendente che viene trattenuta direttamente in busta paga, dal datore di lavoro. Questi, è tenuto ad effettuare il versamento di queste somme periodicamente. Il mancato versamento all’INPS di questi importi rappresenta una forma di appropriazione indebita da parte del datore di lavoro. Tale omissione può anche tramutarsi in una fattispecie di reato (che approfondiremo in un paragrafo dedicato).
L’applicazione di sanzioni amministrative in relazione all’omesso versamento dei contributi INPS è stata oggetto di regolamentazione dapprima da parte della Legge n. 48/1988, e poi dalla successiva Legge n. 662/1996. Entrambe queste prime regolamentazioni sono state ormai superate. Oggi, il regime sanzionatorio legato alle inadempienze contributive è disciplinato dalla Legge n. 388/2000, la quale, oltre ad avere una particolare portata innovativa, rispetto al precedente regime, fornisce un netto criterio distintivo tra omissione ed evasione contributiva.
Omissione ed evasione contributiva
Per omissione contributiva si intende il mancato o ritardato pagamento dei contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie (articolo 116, comma 8, lettera a), della Legge n. 388/2000).
Costituisce evasione contributiva, invece, quella connessa a registrazioni non effettuate o a denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero. Tale ipotesi si verifica quando “il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate” (articolo 116, comma 8, lettera b), della Legge n. 388/2000).
Omessi versamenti Inps: le sanzioni amministrative applicabili
Le sanzioni amministrative legate agli omessi versamenti Inps per lavoro dipendente, si applicano in caso di omesso o il ritardato pagamento dei contributi previdenziali obbligatori da parte del datore di lavoro. La sanzione amministrativa è commisurata in base alla tipologia di violazione commessa.
La Legge n. 388/2000, con l’obiettivo di favorire l’eliminazione del lavoro dipendente irregolare, ha rideterminato, come segue, le sanzioni, a carico del datore di lavoro che non provvede, entro il termine stabilito, al pagamento di contributi o premi previdenziali ed assistenziali o vi provvede in misura inferiore a quella dovuta:
- Nel caso di omissioni contributive il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa, calcolata in ragione d’anno, pari al tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema (ex tasso ufficiale di riferimento) maggiorato di 5,5 punti fino ad un massimo del 40% dell’importo dei contributi dovuti e non versati alle scadenze di legge (sanzione civile pari, al 8,0% in ragione d’anno = tasso di interesse (per il 2024) del 2,50%, maggiorato di 5,5 punti);
- Nel caso di evasione contributiva il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pari, calcolata in ragione d’anno, al 30% il cui ammontare non può essere, in ogni caso, superiore al 60% dell’importo della stessa contribuzione non versata entro la scadenza di legge.
Tuttavia, nel caso in cui il datore di lavoro presenti una denuncia spontanea la situazione debitoria prima di contestazioni o richieste da parte dell’ente impositore e, comunque, non oltre i 12 mesi dalla scadenza del debito contributivo, provvedendo a versare quanto dovuto entro i 30 giorni successivi a quello della denuncia spontanea, la sanzione civile sarà la medesima di quella prevista nel caso di omissione (sanzione civile pari, al 5,55% in ragione d’anno = tasso di interesse dello 0,05% (ipotizzato) maggiorato di 5,5 punti).
Inadempienze da oggettive incertezze
Infine, vi è un’ulteriore ipotesi sanzionatoria legata agli omessi versamenti Inps, legati a contributi e premi dovuti su redditi di lavoro dipendente. Trattasi dell’ipotesi disciplinata dal comma 10 dell’articolo 116 della Legge n. 388/2000, ovvero per le inadempienze contributive derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il pagamento sia effettuato entro i termini fissati dall’ente impositore, la sanzione amministrativa è pari al tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema maggiorato di 5,5 punti percentuali fino a un massimo del 40% dei contributi non corrisposti alla scadenza (sanzione civile pari, al 8,0%, in ragione d’anno = tasso del 2,50% (per il 2024), maggiorato di 5,5 punti).
Tale regime sanzionatorio, prevede quindi la possibilità di stabilire criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni fino alla misura dell’interesse legale, in caso di mancato o ritardato versamento dovuto a:
- Oggettive incertezze interpretative;
- Concorrenza di un fatto doloso di un soggetto terzo, denunciato entro i termini, tre mesi;
- Crisi, riorganizzazione/ristrutturazione aziendale.
Il regime è applicato anche alle aziende sottoposte a procedure concorsuali e agli enti no profit. La riduzione va richiesta con apposita domanda da presentarsi all’Inps e prevede una riduzione della sanzione fino alla misura degli interessi legali, al massimo maggiorati del 50%.
Sanzioni penali: omesso versamento di ritenute previdenziali
Le sanzioni penali (articolo 3, comma 6, del D.Lgs. n. 8/2016) per il datore di lavoro sono costituite dal reato di omesso versamento, che si ravvisa solo in presenza di un dolo generico (il quale si realizza quando si pone in essere la condotta tipica incriminata dalla norma). La fattispecie sanzionatoria riguarda qualsiasi condotta illecita del datore di lavoro che operi le ritenute previdenziali previste dalla legge sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che lavorano alle sue dipendenze, senza provvedere al dovuto versamento all’INPS.
L’omesso versamento di ritenute previdenziali, per la quota a carico del lavoratore ed operate sulla retribuzione riconosciuta a quest’ultimo (comprese le trattenute ai pensionati che lavorano):
- Se di importo superiore a 10.000 euro annui è punito con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro;
- Se di importo pari o inferiore a 10.000 euro annui comporta la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro non diffidabile. Tale fattispecie è stata dequalificata in illecito amministrativo.
L’azienda non è in ogni caso punibile se provvede al versamento entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica del provvedimento di accertamento della violazione. La denuncia di reato, in questi casi, deve essere predisposta dopo il versamento tardivo o decorso il termine di tre mesi. Vedasi sul punto le informazioni contenute nel messaggio numero 3516 del 27-09-2022 dell’INPS. Il messaggio, facendo riferimento alle indicazioni ministeriali, evidenzia che nella determinazione della sanzione amministrativa volta a colpire il mancato versamento di ritenute non trova applicazione la regola della determinazione della misura ridotta della sanzione prevista in generale dalla legge n. 689/1981, che potrebbe portare ad una misura ridotta della sanzione di euro 16.666 e, quindi, superiore a quella minima di euro 10.000 prevista dal citato art. 3, comma 6, da considerare norma speciale rispetto alla predetta legge.
IMPORTO DI RITENUTE PREVIDENZIALI EVASE | FATTISPECIE SANZIONATORIA |
---|---|
< 10.000 euro | Sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro non diffidabile |
> 10.000 euro | Reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro |
Le ritenute previdenziali possono comunque essere compensate con eventuali somme anticipate in busta paga per conto dell’INPS nel caso in cui i contributi carico ditta si presentino inferiori rispetto al valore delle prestazioni anticipate. In questa fattispecie, la compensazione può essere effettuata, tuttavia esclusivamente limitatamente all’importo di eccedenza delle prestazioni anticipate sui contributi.
Ai fini della determinazione della soglia di 10.000 euro annui individuati come discrimine per l’identificazione della fattispecie di illecito penale o amministrativo, si precisa che l’arco temporale da considerare per il controllo sul corretto adempimento degli obblighi contributivi è quello che intercorre tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre di ciascun anno (anno civile). Per quanto riguarda, invece, l’individuazione dell’arco temporale di riferimento per determinare il superamento o meno della soglia dei 10 mila euro è necessario tenere in considerazione che:
- Si deve prendere a riferimento i contributi di competenza del mese di dicembre (da versare entro il 16 gennaio dell’anno successivo)
- Fino ad arrivare fino a quelli relativi al mese di novembre (con scadenza di versamento il 16 dicembre).
Il valore soglia di euro 10.000 deve, quindi, essere determinato rispetto al periodo dell’anno solare ricomprendendo in esso tutte le omissioni accertate anche se riferite alle diverse Gestioni previdenziali nelle quali può essere rilevata la fattispecie dell’omissione delle ritenute ed indipendentemente dallo stato gestionale di ciascuna denuncia.
In ogni caso la fattispecie di reato sussiste soltanto se a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate non risulta un saldo attivo a favore del datore di lavoro e, comunque, a fronte di una effettiva corresponsione della retribuzione ai dipendenti. Questo sia per quanto riguarda i collaboratori coordinati e continuativi, sia i lavoratori agricoli, interessando, tale normativa, sia l’articolo 1, comma 1172, della Legge n. 296/2006 che ha esteso la fattispecie illecita dell’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. n. 463/83, convertito nella Legge n. 638/83, all’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori subordinati in agricoltura, quanto l’articolo 39 della Legge n. 183/2010 che ha esteso l’illecito all’omesso versamento delle ritenute operate sui compensi dei titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della Legge n. 335/1995 (Circolare Inps n. 71 del 4 maggio 2011).
Domande frequenti
Il termine di prescrizione per il versamento ed il recupero dei contributi è di 5 anni salvo che il lavoratore o i suoi superstiti facciano denuncia all’INPS dell’esistenza di un rapporto di lavoro a nero, nel qual caso il termine viene esteso a 10 anni. Legge n. 335/95.
Il versamento dei contributi deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è scaduto l’ultimo periodo di paga: il datore di lavoro è infatti sia civilmente sia penalmente responsabile dell’obbligo di tale versamento.
Per le sanzioni civili, nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, di cui alla lettera a) del comma 8 dell’articolo 116 della legge n. 388/2000, la sanzione civile è pari all’8,00% in ragione d’anno (tasso del 2,5% maggiorato di 5,5 punti).
Il lavoratore ha la possibilità di verificare la propria situazione contributiva, in relazione ai contributi versati dal datore di lavoro, accedendo al proprio cassetto previdenziale. Sul sito INPS è possibile accedere ai Servizi online e, dopo aver inserito Codice fiscale e PIN, si va nell’area Servizi al Cittadino e infine è possibile accedere all’estratto conto personale.