Negli ultimi vent’anni, i grattacieli di Amsterdam e Rotterdam hanno visto moltiplicarsi le insegne di prestigiose multinazionali. Non si tratta solo di sedi operative, ma di vere e proprie holding strategiche che controllano imperi economici globali. Cosa rende i Paesi Bassi così attraenti per i giganti dell’industria e della finanza? La risposta va oltre il semplice vantaggio fiscale e affonda le radici in un sistema giuridico-societario unico nel panorama europeo. Dopo aver approfondito il regime fiscale delle holding in Olanda, vediamo di seguito le ragioni che hanno portato i Paesi Bassi ad essere un hub internazionale.
Indice degli Argomenti
- La “participation exemption“: il jolly fiscale olandese che fa la differenza
- La rete globale dei trattati fiscali
- Il caso emblematico di Fiat Chrysler: quando il controllo vale più del risparmio fiscale
- Command and control: come gestire un impero con capitali limitati
- Azioni a voto multiplo e loyalty shares: gli strumenti del potere societario
- Le reazioni internazionali e i tentativi di arginare la “fuga verso l’Olanda”
- La competizione fiscale nell’era della trasparenza
- Consulenza fiscalità internazionale
La “participation exemption“: il jolly fiscale olandese che fa la differenza
È come avere un lasciapassare doganale per i capitali. Il regime di “participation exemption” permette alle holding di ricevere dividendi dalle controllate senza ulteriori tassazioni. Questo meccanismo, che si applica quando la holding detiene almeno il 5% del capitale della società partecipata, rappresenta un vantaggio competitivo senza pari rispetto ad altre giurisdizioni europee. Nel 2023, secondo dati della Banca Centrale Olandese, i flussi di dividendi transitati attraverso holding olandesi hanno superato i 180 miliardi di euro, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente.
Cos’è la partecipation exemption in Olanda
La participation exemption è un regime fiscale che esenta da tassazione i dividendi e le plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate in altre società. In buona sostanza, quando una holding olandese riceve dividendi dalle sue controllate, o quando vende azioni realizzando una plusvalenza, questi proventi non vengono tassati nei Paesi Bassi.
Per qualificarsi per la participation exemption in Olanda, devono essere soddisfatti alcuni requisiti:
- Soglia minima di partecipazione: La holding deve possedere almeno il 5% del capitale nominale della società partecipata. Questa soglia è relativamente bassa rispetto ad altri paesi, rendendo il regime accessibile anche per partecipazioni minoritarie ma significative;
- Partecipazioni in società operative: La partecipazione non deve essere detenuta come mero investimento finanziario. Questo requisito è soddisfatto automaticamente se la società partecipata è soggetta a un’imposta sui redditi societari con un’aliquota di almeno il 10% secondo gli standard olandesi;
- Test degli asset: Se la società partecipata non soddisfa il test del motivo, l’esenzione può comunque applicarsi se meno del 50% degli asset della società partecipata sono costituiti da investimenti passivi a bassa tassazione.
Esempio
Immaginiamo una holding olandese che controlla filiali operative in vari paesi, tra cui Italia, Germania e Stati Uniti. Quando queste filiali generano profitti e li distribuiscono alla holding sotto forma di dividendi, in molti paesi questi dividendi sarebbero soggetti a una seconda tassazione (la cosiddetta “doppia imposizione“).
In Olanda, grazie alla participation exemption, questi dividendi entrano nelle casse della holding completamente esenti da imposte. Analogamente, se la holding decidesse di vendere una delle sue partecipazioni realizzando una plusvalenza, anche questa sarebbe esente da tassazione.
La rete globale dei trattati fiscali
Con oltre 90 trattati contro la doppia imposizione attualmente in vigore, i Paesi Bassi vantano una delle reti più capillari al mondo. Per una multinazionale che opera in decine di paesi, questo si traduce in un risparmio annuale che può raggiungere centinaia di milioni di euro. Non sorprende che nel periodo 2018-2023, secondo l’ufficio statistico olandese CBS, oltre 250 multinazionali abbiano trasferito le proprie holding nei Paesi Bassi, con un flusso particolarmente significativo dal Regno Unito post-Brexit.
Il caso emblematico di Fiat Chrysler: quando il controllo vale più del risparmio fiscale
Quando nel 2014 Fiat si fuse con Chrysler per dar vita a FCA (Fiat Chrysler Automobiles), la scelta di stabilire la sede legale nei Paesi Bassi rispondeva a esigenze che andavano oltre l’ottimizzazione fiscale. L’aspetto determinante fu la possibilità di emettere diverse categorie di azioni con diritti di voto differenziati. Questo permise alla famiglia Agnelli, attraverso la holding Exor, di mantenere il controllo effettivo pur possedendo solo il 29% del capitale.
La struttura adottata da FCA, con sede legale ad Amsterdam e residenza fiscale a Londra, ha fatto scuola. Nel quinquennio successivo, altre dodici aziende italiane quotate hanno seguito lo stesso percorso, trasferendo la propria sede legale nei Paesi Bassi mentre mantenevano le attività operative in Italia.
Command and control: come gestire un impero con capitali limitati
La combinazione di vantaggi fiscali e flessibilità societaria permette di creare strutture di “command and control” estremamente efficienti. Una holding olandese può controllare un gruppo con attività per decine di miliardi impiegando capitali relativamente contenuti. È una leva finanziaria applicata al potere decisionale.
Nel caso Stellantis, nato dalla fusione tra FCA e PSA nel 2021, la famiglia Agnelli continua a esercitare un’influenza determinante pur possedendo, attraverso Exor, solo il 14,4% del capitale. Un caso analogo è quello di LVMH, il colosso del lusso controllato da Bernard Arnault, la cui struttura societaria include holding strategiche nei Paesi Bassi che consentono un controllo capillare con investimenti ottimizzati.
Nel 2024, secondo uno studio di PwC, il 78% delle multinazionali con sede nei Paesi Bassi ha implementato sistemi di voto differenziato, contro il 12% delle omologhe tedesche e il 7% di quelle francesi.
Un’altra peculiarità sono le “loyalty shares“, azioni che acquisiscono maggior peso decisionale se mantenute per un periodo prolungato, tipicamente due o tre anni. È un meccanismo che premia gli investitori di lungo termine e scoraggia la speculazione, ma nella pratica, rafforza ulteriormente la posizione degli azionisti storici.
Il diritto societario olandese consente di creare azioni con diritti di voto non proporzionali al capitale investito. In pratica, un’azione può valere 5, 10 o persino 20 voti. Questo consente agli imprenditori fondatori di raccogliere capitali sui mercati senza perdere il controllo decisionale.
Le reazioni internazionali e i tentativi di arginare la “fuga verso l’Olanda”
Non tutti guardano con favore a questi meccanismi. Il progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) dell’OCSE, lanciato nel 2013 e costantemente aggiornato, mira proprio a contrastare queste pratiche.
Anche l’Unione Europea ha cercato di arginare il fenomeno. Nel 2023, la direttiva anti-elusione fiscale (ATAD 3) ha introdotto nuovi requisiti di sostanza economica per le holding, rendendo più difficile costituire società prive di reale attività.
Sotto pressione internazionale, i Paesi Bassi hanno progressivamente modificato alcune caratteristiche del proprio sistema. L’aliquota fiscale sui redditi da proprietà intellettuale è stata innalzata dal 7% al 9%. Inoltre, dal 2024 il Paese ha implementato registri pubblici per la trasparenza della proprietà effettiva delle società.
Nonostante queste modifiche, l’attrattività complessiva del sistema olandese rimane forte. Nel solo 2024, secondo dati dell’Agenzia olandese per gli investimenti esteri, 47 multinazionali hanno stabilito nuove holding nel paese, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente.
La competizione fiscale nell’era della trasparenza
In un contesto di crescente pressione per la trasparenza fiscale e la responsabilità d’impresa, i vantaggi puramente fiscali tendono a ridimensionarsi. Il futuro dell’attrattività olandese dipenderà sempre più dagli aspetti di diritto societario. La possibilità di strutturare holding con sistemi di voto differenziato continuerà a rappresentare un vantaggio competitivo difficilmente replicabile.
Altre giurisdizioni, come Singapore e Dubai, stanno tentando di replicare il modello olandese, combinando vantaggi fiscali con flessibilità societaria.
Per l’Italia, che ha visto numerose aziende trasferire le proprie holding nei Paesi Bassi, la sfida è duplice: da un lato adeguare la normativa societaria per renderla più flessibile, dall’altro evitare una competizione fiscale al ribasso che eroderebbe ulteriormente la base imponibile.
Consulenza fiscalità internazionale
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