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Nomadi digitali: come ottenere il visto per lo smart working in Italia

NewsNomadi digitali: come ottenere il visto per lo smart working in Italia

L'Italia ha finalmente accolto i nomadi digitali, cittadini extra comunitari che svolgono attività altamente specializzate girando il mondo. Ora questi professionisti potranno richiedere un visto speciale di soggiorno per lavorare in smart working anche nel nostro Paese. Scopriamo i requisiti di reddito, e non solo, per ottenere il visto.

Negli ultimi anni, si è registrato un notevole aumento di una nuova pratica nel contesto lavorativo: il nomadismo digitale. Questa tendenza, sempre più diffusa tra professionisti altamente qualificati, spesso provenienti da paesi al di fuori dell’Unione Europea, permette loro di unire l’attività lavorativa alla passione per i viaggi, trasferendo agevolmente il proprio luogo di lavoro in varie destinazioni internazionali. Questi professionisti, che possono essere sia liberi professionisti che dipendenti di aziende con sede all’estero, sfruttano appieno le tecnologie digitali che consentono di lavorare agevolmente da remoto.

Dopo quasi due anni di attesa, anche l’Italia ha regolamento la condizione dei cosiddetti nomadi digitali, che potranno finalmente richiedere il visto per lo smart working nel nostro Paese. Grazie al via libera congiunto di quattro ministeri – Interno, Farnesina, Turismo e Lavoro – questa nuova categoria di lavoratori può godere di una regolamentazione chiara e di requisiti ben definiti per ottenere il permesso speciale di soggiorno per lavorare in modalità smart working. È giunto il momento di analizzare i requisiti per potervi accedere e le modalità per fare richiesta.

Visto per lo smart working: scatta lo spartiacque dei 90 giorni?

Per soggiorni inferiori ai 90 giorni, i nomadi digitali, che siano lavoratori autonomi o dipendenti di un’impresa con sede all’estero, devono ottenere il visto di ingresso e il permesso di soggiorno specificamente designato. È importante sottolineare che, in questa fase, non è richiesto alcun nulla osta provvisorio, allo scopo di semplificare la procedura per i professionisti digitali che intendono operare in Italia per brevi periodi.

Tuttavia, la vera novità scatta una volta superati i 90 giorni di soggiorno. Per periodi superiori a novanta giorni, i nomadi digitali possono continuare a lavorare in Italia, con il visto per lo smart working,  senza dover rientrare nelle quote annuali riservate ai lavoratori extracomunitari. Questo apre nuove opportunità per i professionisti digitali che desiderano stabilirsi nel nostro Paese e contribuire al suo sviluppo economico, senza dover affrontare eccessive burocrazie o restrizioni di soggiorno.

Visto per lo smart working: i requisiti di reddito e di alloggio

Per ottenere il visto per lo smart working in Italia, i requisiti di reddito e di alloggio giocano un ruolo fondamentale. La richiesta del visto impone che i lavoratori dispongano di un reddito annuo almeno triplo del livello minimo per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, che si attesta intorno ai 28.000 euro annui. Questo requisito è essenziale per assicurare una certa stabilità finanziaria durante il soggiorno nel Paese. Inoltre, è obbligatorio essere coperti da un’assicurazione sanitaria valida per tutto il periodo del soggiorno sul territorio italiano, allo scopo di garantire l’accesso alle cure mediche e al ricovero ospedaliero.

Ma i requisiti per i nomadi digitali che vogliono lavorare in Italia in modalità smart working non si fermano qui. Devono anche dimostrare di avere a disposizione un proprio alloggio e di aver accumulato almeno sei mesi di esperienza lavorativa come nomadi digitali o lavoratori da remoto. Queste disposizioni sono fondamentali per assicurare che i nomadi digitali possano integrarsi in modo responsabile nella società italiana e contribuire in modo positivo alla vita economica e sociale del Paese.

Nomadi digitali: la richiesta del permesso di soggiorno

Per ottenere il permesso di soggiorno come nomade digitale, i lavoratori devono seguire una procedura dettagliata. Inizialmente, è necessario presentare all’ufficio diplomatico-consolare competente una dichiarazione firmata dal datore di lavoro, accompagnata dalla copia del documento di identità del richiedente. Successivamente, il lavoratore deve recarsi direttamente presso la questura della provincia in cui si trova entro otto giorni lavorativi dall’arrivo in Italia. Una volta lì, sarà richiesto di presentare la documentazione originale fornita al momento della domanda del visto, autenticata dalla rappresentanza diplomatica.

Il permesso di soggiorno, indispensabile per lavorare in modalità smart working in Italia, avrà una validità massima di un anno, con possibilità di rinnovo annuale, e verrà emesso utilizzando solo mezzi tecnologicamente avanzati. Riporterà la specifica dicitura “nomade digitale – lavoratore da remoto”. Oltre alla documentazione standard, il richiedente dovrà dimostrare di non aver subito condanne per specifici reati nei cinque anni precedenti, tra cui favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia, emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, reclutamento di persone per la prostituzione o sfruttamento di minori in attività illecite, e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Per quanto riguarda gli adempimenti fiscali, il codice fiscale sarà generato e comunicato direttamente dalla questura al momento del rilascio del permesso di soggiorno. I nomadi digitali potranno inoltre richiedere una Partita IVA all’Agenzia delle Entrate, previa comunicazione da parte della questura del rilascio del visto. Tuttavia, il lavoratore sarà soggetto alle leggi fiscali vigenti, con possibilità di scambio di informazioni fiscali tra l’Italia e altri Paesi riguardo alla situazione fiscale del richiedente. In caso di violazioni fiscali, l’Agenzia informerà direttamente la questura competente.

Infine, è importante notare che il visto potrebbe essere negato o revocato se il datore di lavoro è stato condannato negli ultimi cinque anni. Allo stesso modo, il permesso di soggiorno potrebbe essere revocato se il lavoratore o l’azienda non rispettano gli obblighi fiscali e contributivi.

Conclusione

Con l’apertura alle nuove forme di lavoro, l’Italia accoglie i nomadi digitali offrendo loro la possibilità di lavorare in modalità smart working nel nostro Paese attraverso un visto dedicato. Questa categoria di lavoratori deve rispettare una serie di requisiti, tra cui un reddito annuo di circa 28.000 euro, assicurazione sanitaria e alloggio adeguato.

Anche il processo per ottenere il permesso di soggiorno, della durata di un anno, è ben delineato e richiede la presentazione di documenti autenticati, oltre all’attestazione di assenza di condanne per reati specifici. Grazie a questo decreto, che stabilisce regole chiare e trasparenti, si rende l’esperienza lavorativa più accessibile a coloro che desiderano unire la loro professione alla scoperta di nuovi luoghi e culture

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    Elena Lamperti
    Elena Lamperti
    Laureata in Scienze del Lavoro e Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi di Milano. Appassionata da sempre di economia e diritto del lavoro, racconta con parole semplici questo mondo, in costante evoluzione.
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