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Matrimonio estero e monitoraggio fiscale

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Validità del matrimonio estero effettuato da soggetti fiscalmente residenti in Italia. Conseguenze e adempimenti ai fini della disciplina sul monitoraggio fiscale delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. Le problematiche legate all’atto di matrimonio estero e la relativa trascrizione in Italia ai fini degli obblighi di monitoraggio fiscale delle attività finanziarie detenute all’estero.


In questo contributo intendo andare ad approfondire un particolare aspetto legato alle conseguenze che si hanno in caso di matrimonio contratto all’estero. In particolare, per quanto riguarda la disciplina sul monitoraggio fiscale per soggetti fiscalmente residenti in Italia.

L’articolo 4 del DPR n. 917/86 (TUIR), al comma 1, lettera a), prevede che “i redditi dei beni che formano oggetto della comunione legale di cui agli artt. 177 e seguenti del Codice civile sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto o per la diversa quota stabilita ai sensi dell’art. 210 dello stesso Codice”. Questa previsione implica che i coniugi devono indicare, in dichiarazione annuale, i redditi derivanti dai beni ricadenti nella comunione legale nella misura del 50% ciascuno (o della differente quota da essi stabilita), indipendentemente dalla titolarità formale sugli stessi.

Regime della comunione legale dei coniugi

La comunione legale è regolata nel Codice civile agli artt. 177 e seguenti. Si tratta del naturale regime patrimoniale dei soggetti che abbiano stipulato un contratto di matrimonio, salvo la manifestazione, da parte loro, di voler regolare i rispettivi rapporti patrimoniali secondo il regime della separazione dei beni o secondo una comunione che non preveda una suddivisione della stessa in parti uguali, ma secondo percentuali differenti. Questa scelta deve essere manifestata attraverso la stipula di una c.d. convenzione matrimoniale“, la quale deve assumere la forma dell’atto pubblico. Pertanto, qualora i coniugi non abbiano optato diversamente, i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla comunione legale dei beni.

La sussistenza della comunione legale è pubblicizzata attraverso la trascrizione dell’atto di matrimonio nei registri dello stato civile. Qualora, invece, i coniugi abbiano eventualmente stipulato una convenzione per derogare alla comunione legale, essa deve essere annotata sull’atto di matrimonio trascritto.

Una delle difficoltà derivanti da queste previsioni può sorgere in ipotesi di soggetti che abbiano contratto matrimonio estero al di fuori dell’Italia, benché siano ivi residenti. Non è mia intenzione entrare nel dettaglio degli aspetti legali della questione. Tuttavia, è importante chiedersi ed approfondire se in caso di matrimonio contratto all’estero è possibile beneficiare della previsione recata dall’articolo 4, lettera a), del DPR n. 917/86. Inoltre, è opportuno approfondire quali potrebbero essere le corrette modalità di compilazione della dichiarazione dei redditi qualora detengano all’estero attività finanziarie o investimenti patrimoniali ricadenti in comunione dei beni. In particolare, la prima questione da porsi riguarda il riconoscimento e la validità dell’atto di matrimonio formato all’estero e, qualora esso sia riconosciuto, quale sia la legge che lo regola.

Trascrizione del matrimonio contratto all’estero

La trascrizione del contratto di matrimonio, nei registri dello stato civile, assolve la funzione di rendere l’atto opponibile a terzi. In questi termini si deve parlare di pubblicità notizia che scaturisce dall’annotazione dell’atto di matrimonio contratto all’estero. L’annotazione ha la funzione di rendere conoscibile a chiunque ne abbia interessi gli atti (ed i relativi fatti) ivi pubblicizzati. Tale annotazione produce nell’ordinamento le medesime conseguenze sia qualora sia stato annotato, sia qualora non lo sia stato.

Per quanto riguarda gli aspetti legali, affinché possa esserci la “circolazione” in Italia dell’atto di matrimonio contratto all’estero, è necessario che venga effettuata la legalizzazione dell’atto davanti a un notaio e il successivo deposito presso l’archivio notarile. Una volta depositato, l’atto può essere attuato, come per esempio trascritto.

Riflessi fiscali dell’atto di matrimonio contratto all’estero

Se i coniugi possiedono beni o attività finanziarie all’estero, potrebbero essere tenuti a compilare il quadro RW nella dichiarazione dei redditi, indicando gli investimenti e le attività detenute all’estero. Prendendo a riferimento le considerazioni di natura civilistica sinora evidenziate, guardando al matrimonio contratto all’estero, è possibile individuare i seguenti profili legati all’aspetto fiscale:

  • Se i coniugi residenti in Italia hanno diversa cittadinanza o più cittadinanze comuni, dal momento che la legge che sottende la loro unione è quella italiana (ai sensi della DIP, art. 29, comma 2), e che essa stabilisce che il naturale regime patrimoniale sia la comunione legale, essi dovranno applicare l’art. 4 del DPR n. 917/86 e dichiarare i redditi, in essa rientranti, nella misura del 50% ciascuno. In questa ipotesi, in linea teorica, se i coniugi non vogliono derogare al naturale regime patrimoniale previsto dal Codice civile, non risulta necessario (benché lo si possa considerare più che opportuno) trascrivere l’atto di matrimonio. Esso, infatti, è riconosciuto valido dall’ordinamento indipendentemente dalla sua registrazione e, in quanto tale, opponibile a terzi senza particolari formalità;
  • Qualora i coniugi, viceversa, abbiano la medesima cittadinanza straniera, il loro regime patrimoniale sarà regolato secondo quanto previsto dalla loro comune legge estera (ex art. 29, comma 1, DIP), il quale, per essere opposto a terzi (ai sensi della DIP, art. 30, comma 3) dovrà essere annotato nel registro dello stato civile attraverso la trascrizione dell’atto di matrimonio. Viceversa, in caso di mancata registrazione, il matrimonio è comunque riconosciuto valido, ma il relativo regime patrimoniale è difficilmente opponibile a terzi.

Obblighi di monitoraggio fiscale sugli investimenti esteri dei coniugi

La compilazione del quadro RW nella dichiarazione dei redditi in Italia riguarda la detenzione di attività finanziarie e investimenti all’estero. Questo quadro serve per monitorare la detenzione di beni e attività all’estero da parte dei residenti fiscali italiani. Se due coniugi residenti in Italia hanno un atto di matrimonio estero, ciò non implica automaticamente l’obbligo di compilare il quadro RW. Tuttavia, se a seguito del matrimonio estero detengono beni o attività finanziarie all’estero (ad esempio, conti correnti, immobili, partecipazioni societarie, ecc.), allora potrebbero avere l’obbligo di compilare il quadro RW.

È importante notare che la mera esistenza di un atto di matrimonio estero non genera di per sé l’obbligo di compilare il quadro RW. L’obbligo scatta solo se ci sono beni o attività all’estero detenuti dai coniugi che rientrano nelle categorie previste dalla normativa italiana.

Una volta individuata l’applicabilità dell’articolo 4 del DPR n. 917/86 – in un caso automaticamente, qualora i coniugi abbiano diverse cittadinanze o più di una di esse in comune (poiché è prevista l’applicazione della legge italiana); nell’altro caso indirettamente, qualora i loro rapporti patrimoniali siano regolati da legge straniera (ricordando l’opportunità della registrazione in Italia dell’atto) -, è possibile chiedersi in merito a un particolare aspetto del regime dichiarativo e valutare le implicazioni derivanti dall’adempimento agli obblighi di monitoraggio fiscale.

Se, sulla base dell’articolo 4, i coniugi stranieri residenti in Italia devono dichiarare i redditi dei beni ricadenti in comunione secondo la rispettiva ripartizione legale o convenzionale, della medesima ripartizione si dovrebbe tener conto ai fini della compilazione del quadro RW. Le difficoltà sorgono a causa della mancanza di una espressa indicazione in tal senso.

Le indicazioni di prassi

Nella Circolare n. 38/E/2013, difatti, è specificato al paragrafo 1.1 che: “Se le attività finanziarie o patrimoniali sono in comunione o cointestate, l’obbligo di compilazione del quadro RW è a carico di ciascun soggetto intestatario con riferimento all’intero valore delle attività e con l’indicazione della percentuale di possesso”. In questo senso, è pur vero che la circolare non si esprime nello specifico in merito alla eventuale sussistenza del regime di comunione legale tra i coniugi, ma esso parrebbe essere ricompreso nel richiamo effettuato dall’amministrazione alle generale “comunione”. Un’ulteriore difficoltà potrebbe emergere in relazione alla locuzione “soggetto intestatario”, in quanto essa sembrerebbe riferirsi solamente al titolare formale. In realtà detta locuzione sta a indicare non solo quest’ultimo, ma anche il titolare effettivo, ossia, nello specifico, il coniuge non titolare formale degli investimenti e/o delle attività.

Nella Circolare n. 45/E/2010 dell’Agenzia delle Entrate, inoltre, quest’ultimo aspetto sembrerebbe trattato più nello specifico. In detto documento, infatti, gli obblighi di monitoraggio sono estesi, attraverso un richiamo della giurisprudenza di legittimità, a chi ha la disponibilità o la possibilità di movimentazione delle attività estere. In particolare nella circolare si accenna al conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi, al conto corrente intestato a un soggetto residente, sul quale vi è delega di firma a un altro soggetto residente e, infine, al caso in cui la titolarità formale dei beni sia in capo a un trust interposto.

Non è possibile riscontrarvi esplicite indicazioni in ordine alla comunione tra i coniugi. A partire da detti elementi sembrerebbe però potersi concludere – anche considerando il dato normativo ex D.L. n. 167/90, art. 4, comma 1, per cui soggiacciono agli obblighi di monitoraggio coloro “che detengano investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria” e coloro che “pur non essendo possessori diretti” ne “siano titolari effettivi” – che, in ipotesi di comunione tra i coniugi, debbano entrambi in dicare nel quadro RW l’intero valore dei beni e, inoltre, la relativa quota di detenzione a prescindere dalla titolarità formale.

Nel rispetto delle nuove modalità di compilazione del quadro RW, occorrerà segnalare altresì il codice corrispondente ai quadri reddituali (ossia, a seconda della tipologia di reddito, RL, RM, RT) in cui sono stati inseriti gli eventuali redditi derivanti dai cespiti oggetto del monitoraggio. Detti redditi derivanti dagli attivi esteri ricadenti nella comunione tra i coniugi, ai sensi dell’art. 4 del TUIR, qualora ne ricorrano le condizioni per l’applicabilità, dovranno essere dichiarati secondo la medesima quota percentuale legale o convenzionale della comunione stessa, indicata, per l’appunto, anche nel quadro RW.

Conclusioni

La normativa fiscale italiana pone particolare attenzione alla detenzione di beni e attività all’estero da parte dei residenti fiscali italiani. Questo controllo si traduce nella necessità di compilare il quadro RW della dichiarazione dei redditi in presenza di determinate condizioni. Tuttavia, è fondamentale comprendere che non è l’atto di matrimonio estero in sé a generare tale obbligo, ma piuttosto la detenzione di beni o attività all’estero che rientrano nelle categorie previste dalla legge. In un mondo sempre più globalizzato, dove le persone possono avere legami e interessi in diversi paesi, è essenziale essere informati e consapevoli delle proprie responsabilità fiscali. La consulenza di un esperto può fare la differenza nel garantire la corretta adesione alle normative e nel prevenire possibili sanzioni.

Domande frequenti

Che cos’è il quadro RW?

Il quadro RW è una sezione della dichiarazione dei redditi italiana dove i residenti fiscali devono dichiarare la detenzione di attività finanziarie e investimenti all’estero.

Un matrimonio celebrato all’estero implica automaticamente la compilazione del quadro RW?

No, la mera celebrazione di un matrimonio all’estero non implica l’obbligo di compilare il quadro RW. L’obbligo scatta solo se si detengono beni o attività all’estero che rientrano nelle categorie previste dalla normativa.

Quali beni o attività devono essere dichiarati nel quadro RW?

Conti correnti, immobili, partecipazioni societarie, e altre attività finanziarie detenute all’estero che superano determinate soglie di valore.

Se ho un conto corrente all’estero aperto prima del matrimonio, devo dichiararlo nel quadro RW?

Sì, se sei un residente fiscale italiano e il conto supera le soglie previste, devi dichiararlo, indipendentemente dalla data di apertura.

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