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Prolungamento della maternità: quali soluzioni

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Le madri lavoratrici in Italia hanno diverse opzioni per estendere il loro periodo di maternità al di là del congedo di maternità obbligatorio, ognuna con caratteristiche specifiche che si adattano a diverse esigenze e situazioni.

Il congedo di maternità è un istituto previsto dal nostro ordinamento che permette alle madri di assentarsi dal posto di lavoro per un periodo che può essere obbligatorio o facoltativo, senza incorrere nel pericolo di perdere il proprio posto di lavoro. Tuttavia, in alcuni casi è possibile, con varie modalità, ottenere un prolungamento della maternità (ovvero di astensione da lavoro).

Se sei una lavoratrice in dolce attesa, sono molteplici le responsabilità e le preoccupazioni che ti accompagneranno in questo percorso, soprattutto se oltre che rivestire il ruolo di neo mamma, rivesti anche quello di donna lavoratrice. 

Non è un caso che, la gravidanza, da un punto di vista datoriale, sia un periodo dettato da incertezze e mancanza di forza lavoro, che l’azienda andrà a subire, si andrà così incontro a scelte che il datore di lavoro dovrà prendere per sopperire alle mancanze dettate da questo accadimento. 

Il congedo di maternità e come prolungarlo

Solitamente quando la madre usufruisce del congedo di maternità, il datore di lavoro, deve cercare di colmare la sua assenza attraverso l’assunzione di una figura che la sostituisca oppure incrementando la forza lavoro già presente, trasformando ad esempio dei contratti di lavoro part time, aumentando le ore

Molto spesso, il rientro, è accompagnato da un senso di frustrazione che sicuramente sentirai a seguito di tutta la tensione dovuta, in parte per la nuova esperienza da neo mamma, in parte perché riprendere a lavorare dopo un periodo di pausa non è mai semplice. 

Ti chiedi se il tempo passato lontano dall’ambiente lavorativo sia sufficiente per poterti permettere di riprendere in maniera ottimale, se i bisogni del figlio appena nato sono talmente grandi da non consentire un rientro sano. 

Devi sapere che ad ogni madre lavoratrice è previsto un periodo di congedo di maternità al quale segue un’estensione a tale periodo. Vediamolo più nel dettaglio.

Il periodo di astensione obbligatorio per maternità

Il congedo di maternità prevede un periodo minimo di 5 mesi a cavallo tra prima e dopo il parto, dove la madre può astenersi dal prestare la propria attività lavorativa. Durante tutto il periodo del congedo di maternità obbligatorio, le madri ricevono un’indennità pari all’80% della retribuzione che è a carico dell’INPS.

Il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sancisce la disciplina del congedo di maternità prevedendo per l’appunto un periodo massimo di congedo pari a 5 mesi, questi possono essere così fruiti a cavallo del parto ovvero: 

  • 2 mesi prima la data presunta del parto e continua 3 mesi dopo, si parla di congedo di maternità ordinario
  • 1 mese prima la data presunta del parto e continua 4 mesi dopo che deve essere autorizzata dal medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale e dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

Altrimenti il congedo di maternità può essere usufruito per intero dopo il parto, per cui avremo il congedo di maternità nei 5 mesi successivi al parto, anche in tal caso si rende necessaria la valutazione di un medico specialista. 

Come funziona la maternità anticipata?

Qualora la circostanza lo rende necessario, il medico potrebbe dichiarare l’astensione obbligatoria prima del periodo di maternità obbligatoria. Potrebbe essere il caso, quindi, di una lavoratrice a cui il medico fa partire il periodo di maternità già dal primo, secondo o terzo mese di gravidanza. L’astensione anticipata come il congedo obbligatorio sono dei diritti indisponibili per la lavoratrice ciò significa che in nessun caso l’astensione può essere oggetto di rinuncia. 

Come funziona il prolungamento della maternità?

L’istituto del congedo prevede inoltre la possibilità, in determinate situazioni, di prevedere un’estensione del periodo di congedo obbligatorio, l’estensione si può prorogare fino ad un massimo di 7 mesi dopo il parto.

Questa condizione di vantaggio è prevista in determinati casi specifici. Per cui, chi rientra in questa condizione, ha la possibilità di usufruire di un periodo di congedo più ampio rispetto a quello di tante altre neo mamma, che si trovano costrette a rientrare in azienda.

Il requisito fondamentale è valutare il grado di rischio dell’attività che svolgi in azienda, se questa viene considerata come un’attività “a rischio” che potrebbe mettere in pericolo la tua salute e quella del neonato, e se non fosse possibile per il tuo datore cambiare la tua mansione, allora potresti richiedere l’estensione del congedo di maternità. 

La richiesta puoi presentarla subito dopo la nascita del bambino, compilando e inviando una domanda alla direzione territoriale del lavoro, saranno le autorità competenti a valutare il tuo caso e decidere se rientri tra le attività a rischio oppure no. 

Di seguito il link per poter accedere al modello “DOMANDA DI ESTENSIONE DEL CONGEDO DI MATERNITA ai sensi dell’art. 17 del D.L.vo 26.03.01 n. 151 e s.m.i.2. 

Generalmente vengono considerati lavori a rischio quelli che prevedono il sollevamento di carichi pesanti, stare in piedi per oltre il 50% dell’orario lavorativo,l’esposizione a sostanze chimiche dannose, ad agenti biologici, a radiazioni ionizzanti.

Il congedo facoltativo

Terminato il periodo di congedo obbligatorio, o estensione qualora previsto, del congedo obbligatorio, è prevista la possibilità, di poter richiedere un periodo di astensione facoltativo. Si tratta dell’istituto del congedo parentale, previsto sia per la madre che per il padre. 

Può essere richiesto dopo il termine del congedo di maternità obbligatorio e fino al compimento dei 12 anni del bambino per lavoratrici dipendenti. Il diritto all’astensione facoltativa, prevede un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, trascorso il periodo di astensione obbligatoria, ovvero quello usato durante la gravidanza.

Per chi si trova ad essere l’unico genitore, il congedo si estende fino a 11 mesi di congedo entro 12 anni di vita o dall’ingresso in famiglia. Prima della riforma il periodo previsto era di 10 mesi. La riforma ha modificato anche i mesi spettanti dell’indennità in caso di un “solo” genitore.

  • Prima della riforma 6 mesi indennizzabili entro 6 anni di vita o dall’ingresso in famiglia;
  • Dopo la riforma 9 mesi indennizzabili entro i 12 anni di vita o dall’ingresso in famiglia.

Congedo facoltativo per gli autonomi iscritti alla gestione separata Inps

Nel caso in cui tu non fossi lavoratrice dipendente, ma bensì lavoratrice autonoma iscritta alla Gestione separata Inps, la spettanza del periodo di astensione è la seguente:

  • 3 + 3 mesi da fruire entro i 12 anni di vita o dall’ingresso in famiglia.

Terminati i periodi previsti dalla normativa, relativi al congedo obbligatorio e facoltativo, la normalità dei fatti sarebbe quella di tornare effettivamente sul posto di lavoro, riprendere ad esercitare la propria prestazione lavorativa. 

Ti ricordo che durante il congedo di maternità vige il divieto per il datore di lavoro di poter licenziare fino al compimento di 1 anno di età del bambino, previsto dall’art. 54 del decreto legislativo 151/2001, poi modificato dal decreto legislativo 115/2003.

Terminata la fruizione dei periodi di congedo, c’è un’ulteriore possibilità di astensione dal posto di lavoro, ovvero la possibilità di richiedere un periodo di aspettativa non retribuita.

Divieto di licenziamento 

È illegittimo il licenziamento della madre lavoratrice, entro il primo anno di vita del bambino questo lo sancisce l’art. 54 del Decreto legislativo n. 151/2001. Il testo normativo prevede appunto il divieto di licenziamento, qualora sussista il requisito oggettivo che si manifesta nella comprovata gravidanza della lavoratrice.

Il divieto si applica anche nel caso in cui il licenziamento sia avvenuto senza che il datore di lavoro fosse a conoscenza dello stato di gravidanza della donna. 

La lavoratrice madre licenziata ha diritto al reintegro nel posto di lavoro e al pagamento di tutte le retribuzioni dalla data del licenziamento fino al rientro in azienda.

In alternativa al rientro in azienda, può chiedere l’indennità sostitutiva della reintegra, oltre a tutti gli stipendi maturati nel frattempo.

Aspettativa non retribuita

A seguito di motivi gravi, c’è la possibilità di poter richiedere un periodo di aspettativa non retribuita, la richiesta dovrà essere presentata al datore di lavoro, e dovrà contenere le motivazioni che spingono a tale richiesta. L’aspettativa non retribuita è disponibile fino al primo anno di vita del bambino e viene richiesta solamente in caso di forte necessità o di eventi particolari. 

Qualora le motivazioni gravi venissero meno, si interrompe il periodo di aspettativa non retribuita, nel caso di concessione da parte del datore di lavoro. 

La possibilità di estendere il periodo di astensione dal lavoro sussiste, qualora siano comprovati i gravi problemi familiari derivanti dalla nascita oppure dalla presenza di patologie gravi nel bambino. Per cui hai la possibilità, nel caso versi in una situazione grave, di poter richiedere al tuo datore di lavoro, di valutare la richiesta di astensione non retribuita.

Come ho già accennato sarà necessario presentare al datore di lavoro, o all’ufficio che gestisce il personale, e che opera per conto del datore di lavoro, una richiesta scritta. Il datore di lavoro avrà tempo 10 giorni per potersi esprimere in merito alla vicenda e comunicare la scelta al dipendente. 

Qualora il datore di lavoro decida di  concederti il periodo di astensione, per tutta la durata del periodo, non potrai essere soggetta a licenziamento e inoltre il datore di lavoro non potrà ritrattare l’accordo preso. 

L’eventuale diniego o la proposta di rinvio ad un periodo devono essere motivati in basa a ragioni organizzative che non consentono la tua sostituzione in azienda.  

La domanda può essere riesaminata su tua richiesta entro i successivi venti giorni. 

Permessi per allattamento

Ti ricordo che alle neo mamme sono riconosciuti i permessi per allattamento del figlio che consentono di assentarsi dal posto di lavoro, i permessi sono usufruibili entro l’anno di vita del bambino, per cui sarà necessario determinare se rientrerà ancora nel tempo utile per il loro utilizzo. 

I permessi spettano alle madri con contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, la differenza di utilizzo è intrinseca al tipo di contratto in essere, ovvero se sia un contratto di lavoro full time o part time, per cui l’INPS prevede la corresponsione dei permessi in funzione all’orario di lavoro. 

I riposi sono corrisposti in 2 ore al giorno, se l’orario giornaliero è pari o superiore alle 6 ore, altrimenti in 1 ora al giorno se l’orario giornaliero è inferiore alle 6 ore

La retribuzione spettante a seguito di richiesta dei permessi è sempre pari al 100% della busta paga spettante.

Se usufruisci delle 2 ore di permesso giornaliere, hai la possibilità di scegliere se utilizzare le ore in maniera continuativa oppure con una pausa di utilizzo tra l’una e l’altra. 

Come presentare domanda?

Se ad usufruire dei permessi per allattamento sarà direttamente la madre, quest’ultima dovrà presentare domanda direttamente al proprio datore di lavoro, quindi all’azienda stessa, altrimenti se si tratta del padre questo è tenuto a presentare domanda sia al datore di lavoro che all’INPS attraverso i canali autorizzati:

  • Online sul portale dell’Istituto al servizio “Indennità per riposi giornalieri per padri e madri dipendenti”
  • Chiamando il Contact center al numero 803.164 da rete fissa oppure da rete mobile allo 06.164.164
  • Tramite i servizi offerti dagli enti di patronato

Nel caso di soggetti per cui l’indennità è liquidata direttamente dall’Istituto stesso, a prescindere dalla madre o dal padre, la richiesta sarà presentata esclusivamente all’INPS, secondo i canali sopra descritti.

Conclusioni

In conclusione, le madri lavoratrici in Italia hanno diverse opzioni per estendere il loro periodo di maternità al di là del congedo di maternità obbligatorio, ognuna con caratteristiche specifiche che si adattano a diverse esigenze e situazioni.

Permessi per l’allattamento rappresentano una soluzione immediatamente successiva al congedo di maternità, offrendo flessibilità oraria per consentire alle neomamme di prendersi cura del proprio bambino. Questi permessi, garantiti per legge, dimostrano l’impegno del legislatore italiano a supportare l’allattamento materno, essenziale per la salute del neonato.

L’aspettativa non retribuita è un’altra opzione che permette alle madri (e ai padri) di prolungare il periodo lontano dal lavoro per occuparsi dei propri figli. Sebbene questa soluzione non preveda una retribuzione, offre la possibilità di dedicare più tempo ai bambini nei primi anni di vita, mantenendo il posto di lavoro.

Il congedo parentale, infine, rappresenta una risorsa preziosa per i genitori che desiderano trascorrere più tempo con i loro figli nei primi anni. Benché il congedo sia parzialmente retribuito, rappresenta un equilibrio tra il sostegno finanziario e il bisogno di cura del bambino, riconoscendo l’importanza del ruolo genitoriale nel primo sviluppo del bambino.

Queste opzioni riflettono la consapevolezza e l’impegno dell’Italia nel sostenere le famiglie durante un periodo così fondamentale della vita. È importante, tuttavia, che i genitori si informino adeguatamente sui loro diritti e sulle procedure per accedere a queste misure, in modo da poter fare scelte informate che meglio si adattano alle loro necessità e a quelle dei loro bambini.

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    Andrea Baldini
    Andrea Baldinihttps://fiscomania.com/
    Laurea in Economia Aziendale nel 2014 presso l'Università degli Studi di Firenze. Collabora stabilmente nella redazione di Fiscomania nel ambito fiscale. Appassionato da sempre di Start-up, ha il sogno di diventare business angel per il momento opera come consulente azienda nel mondo delle Start up. [email protected]
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