La liquidazione coatta amministrativa è una procedura alternativa al fallimento, che presuppone la partecipazione dell’autorità amministrativa, solo in via residuale dell’autorità giudiziaria.
La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale, alternativa al fallimento. Trova applicazione a particolari categorie di imprese individuate dalla legge. Tra di esse si annoverano le imprese di assicurazione, le banche, le società cooperative, le agenzie territoriali per la casa (ex istituti case popolari), i consorzi obbligatori, le società fiduciarie e di revisione, le sim, le sicav e le sgr, ed altre ancora. La differenza principale tra liquidazione coatta e fallimento attiene alla partecipazione dell’autorità giudiziaria.
Infatti, il fallimento è una procedura che si svolge integralmente nell’ambito giurisdizionale, assolvendo l’autorità giudiziaria anche ai compiti di natura amministrativa.
Quindi, la liquidazione amministrativa prevede l’intervento dell’autorità giudiziaria solo per l’accertamento di determinate situazioni. Infatti, in questa procedura, l’autorità giudiziaria si limita all’accertamento dello stato di insolvenza, all’approvazione del concordato, all’esame delle impugnazioni proposte. Le altre fasi sono svolte dall’autorità amministrativa o ad organi da questi nominati.
La liquidazione coatta amministrativa è un istituto nato per far fronte alle esigenza della PA. Ad oggi, invece, trova applicazione anche ad imprese come quelle di assicurazione e bancarie, società cooperative, società fiduciari, di intermediazione mobiliare, di gestione dei fondi comuni di investimento, società di investimento. Tale istituto consiste in una procedura concorsuale disposta dall’Autorità amministrativa, volta alla liquidazione del patrimonio di particolari categorie di imprese e comporta l’eliminazione dell’impresa dal mercato. Può essere determinata da molti fattori, tra cui, lo stato di insolvenza dell’impresa.
Nonostante tale istituto si trovi in numerose leggi speciali emanate prima e dopo l’attuale legge fallimentare, la disciplina portata dal r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito, “l. fall.”), negli artt. da 194 a 215 è l’unica trattazione organica e completa della procedura.
Gli organi della procedura di liquidazione coatta
Alla procedura della liquidazione partecipano i seguenti organi:
- il commissario liquidatore;
- l’autorità di vigilanza;
- il comitato di sorveglianza.
Commissario liquidatore
Il commissario liquidatore svolge un ruolo determinante, infatti assume una posizione giuridica e funzioni analoghe a quelle del curatore del fallimento.
Il commissario liquidatore assume il ruolo di pubblico ufficiale. Egli provvede all’amministrazione del patrimonio e la gestione dell’impresa durante la liquidazione. Riceve in consegna il patrimonio, a seguito dell’inventario. Devono essere consegnati anche le scritture contabili e agli altri documenti dell’impresa, dall’imprenditore o dagli amministratori della società.
Può compiere da solo tutti gli atti di ordinaria amministrazione mentre deve essere autorizzato dall’autorità di vigilanza per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Deve esercitare le sue funzioni con diligenza e personalmente pur potendo avvalersi di tecnici e di persone retribuite.
Il commissario agisce compiendo atti amministrativi e negoziali: a seconda della natura, i loro vizi (ndr. violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere) sono impugnabili avanti il giudice amministrativo o ordinario.
Al commissario si applicano gli artt. 32, 37 e 38, comma 1; l. fall. (art. 199, cit. ult. comma):
- l’art. 37 stabilisce che il tribunale può revocare il commissario su proposta del giudice delegato o del comitato di sorveglianza;
- l’art. 38 stabilisce che il commissario adempie ai doveri del suo ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
Autorità di vigilanza
L’autorità di vigilanza, invece, riassume in sé le funzioni del comitato dei creditori, del giudice delegato e del Tribunale. Egli svolge l’attività di gestione e vigilanza sulla procedura (art. 201, l. fall.). Può provvedere alla nomina, revoca, surroga del commissario liquidatore, nomina il comitato di sorveglianza, sovraintende ed autorizza la liquidazione e ripartizione dell’attivo, autorizza le azioni di responsabilità contro gli amministratori della società, autorizza la presentazione del concordato da parte del debitore e, in caso di risoluzione o di annullamento, adotta i provvedimenti del caso.
Dunque, in sintesi, sovraintende alle operazioni di liquidazione.
Comitato di sorveglianza
Il comitato di sorveglianza è composto da tre o cinque esperti nel ramo di attività esercitata dall’impresa scelti possibilmente, ma non necessariamente dai creditori, costituisce un organo consultivo. Il comitato, infatti, dà il suo potere in ordine agli atti di straordinaria amministrazione e in ordine alla continuazione dell’esercizio dell’impresa.
Fa un rapporto semestrale all’autorità di vigilanza sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione.Dà parere con carattere vincolante sulle vendite in blocco dei mobili e su quelle degli immobili.
Il rinvio fatto dall’art. 201, l. fall. alla disciplina sugli effetti del fallimento fa ritenere alla dottrina che il comitato debba autorizzare il commissario al subentro nei contratti pendenti.
La procedura
Una delle principali funzioni svolte dalla pubblica amministrazione è quella di esaminare e verificare l’esistenza dei presupposti per procedere alla liquidazione coatta. La legge attribuisce ai creditori e agli altri soggetti interessati la facoltà di procedere a presentare istanza alla PA e a comunicare le eventuali circostanze necessarie.
Dunque, il ruolo principale è assunto dalla Pa che svolge l’attività di valutazione prodromica all’emanazione del provvedimento di liquidazione coatta. Laddove la Pa resti inerte o rifiuti di provvedere, potranno essere esercitati rimedi avverso la decisione della pubblica amministrazione.
Mentre, si ricorre all’autorità giudiziaria quando è necessario dichiarare lo stato di insolvenza. In particolare deve trattarsi di un’impresa privata, in questo caso sia i creditori che l’autorità di vigilanza hanno diritto di presentare istanza all’autorità.
Si impone alla pubblica amministrazione la instaurazione della procedura concorsuale necessaria per la realizzazione dei loro crediti.
Anche laddove venga in evidenza un interesse generale, le ragioni di pubblico interesse non possono importare il sacrificio dei diritti dei creditori dell’impresa. Quindi, la PA è tendenzialmente tenuta ad emanare il provvedimento di liquidazione, salvo che siano lesi i diritti dei terzi.
Se vengono lesi i diritti dei terzi allora la liquidazione è obbligatoria anche per la pubblica amministrazione che è tenuta ad adottare il relativo provvedimento.
Dato il rilievo pubblicistico che l’impresa assume, la legge esige che il Tribunale prima di dichiarare lo stato di insolvenza senta, oltre al debitore, l’autorità governativa alla quale è demandata la vigilanza sull’impresa.
Ovviamente, la necessità di sentire la Pubblica Amministrazione non vale ad attribuire al Tribunale il potere di esimersi dal dichiarare lo stato di insolvenza nel caso in cui questo sussista.
Fase di apertura della procedura
La liquidazione coatta amministrativa prevede l’adozione di un provvedimento che ordina la liquidazione dell’impresa. Questo presuppone un decreto emesso dal Ministro o dall’autorità pubblica che vigila sull’impresa (art. 195, l. fall.). Tale provvedimento è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed iscritto nel registro delle imprese.
Come dicevamo in precedenza, è necessario che il decreto di apertura sia preceduto (o seguito) dalla sentenza del tribunale ordinario che accerta lo stato d’insolvenza. Ricordiamo poi che la legittimazione a chiedere la dichiarazione dello stato d’insolvenza spetta ai creditori o all’autorità di vigilanza. E’ possibile proporre reclamo contro la la sentenza. Questo può essere presentato da qualunque interessato alla corte d’appello.
La struttura del procedimento è modellata su quella dell’analogo giudizio che precede la dichiarazione di fallimento.
Se la dichiarazione d’insolvenza è precedente al decreto di apertura della procedura, la sentenza è comunicata all’autorità amministrativa affinché disponga la liquidazione L’accertamento giudiziale dell’insolvenza non è una dichiarazione di fallimento alla quale non segua la procedura fallimentare, ma individua una procedura concorsuale diversa.
Effetto della sentenza non è quello di aprire il concorso, ma quello di autorizzare i provvedimenti conservativi del patrimonio e di imporre alla pubblica amministrazione l’apertura del concorso e di rendere applicabili determinate norme della procedura fallimentare.
Accertamento del passivo e dell’attivo
La prima fase è l’accertamento del passivo e dell’attivo compiuto dal commissario liquidatore. Questo provvederà ad una valutazione sulla base di scritture contabili e dei documenti dell’impresa. I creditori non devono presentare la domanda di insinuazione al passivo. Il commissario provvederà alla ripartizione dell’attivo tra i creditori conosciuti dal commissario.
Solo se il creditore sia pretermesso o il suo credito non sia stato riconosciuto dal commissario liquidatore nella misura dovuta sorge la necessità di una domanda di riconoscimento del credito. Dovrà essere domandata entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione.
Analogo sistema è seguito per quel che riguarda i terzi che abbiano diritto di far valere domande di rivendicazione, separazione o restituzione di cose mobili possedute dall’impresa:
- i terzi devono presentare domanda nei termini e forme indicate, affinché il commissario riconosca il loro diritto;
- in base alle domande presentate si forma un elenco dei crediti ammessi e respinti;
- il commissario forma l’elenco delle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili accolte o respinte nel termine di novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione;
- deposita l’elenco presso la cancelleria del Tribunale, in tal modo l’elenco diventa esecutivo.
Entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito debbono essere proposte le impugnazioni contro l’ammissione di altrui crediti.
Prima dell’ultimo riparto, il commissario liquidatore deve sottoporre all’autorità di vigilanza il bilancio finale di liquidazione e il piano di riparto tra i creditori.
Al bilancio deve allegare una relazione del comitato di sorveglianza.