L’Italia ha un ordinamento per tutelare l’ingiusto licenziamento da parte dei datori di lavoro, infatti il dipendente può essere licenziato solo nel momento in cui ci sia una giusta causa o un motivo piuttosto importante. Se non si dovessero presentare nessuna di queste situazioni, allora l’atto commesso viene considerato un licenziamento illegittimo, il quale può sfociare e trasformarsi in licenziamento nullo ed il datore di lavoro dovrà reintegrare il dipendente oltre a pagare le mensilità mancate.

Il licenziamento è un atto unilaterale mediante il quale il datore di lavoro pone fine al rapporto di lavoro. Nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro può licenziare il lavoratore solo in presenza di giusta causa o giustificato motivo.

Nei contratti a tempo determinato non è previsto un termine del rapporto lavorativo anticipato, salvo particolari casi, questo perché una scadenza della fine del contratto è già inclusa.

Vediamo quindi l’attivazione del licenziamento su contratti a tempo indeterminato, dove il lavoratore può impugnare l’atto e decidere di contestarlo davanti ad un giudice che stabilirà l’illegittimità dell’azione intrapresa dal datore di lavoro.

In alcuni casi il licenziamento è nullo specialmente quando non rientra nelle norme previste dalla legge.

Il licenziamento è considerato nullo:

  • Se viene intimato a fronte di un divieto legale di licenziamento;
  • Se sulla base dei generali principi civilistici sulla nullità degli atti e dei contratti, il licenziamento è contrario a norme imperative di legge

Motivi di ritorsione, discriminazione, a causa di un matrimonio o in via orale sono le principali azioni che prevedono un divieto sul licenziamento del lavoratore.

Nel momento in cui il giudice dichiara che la cessione del contratto lavorativo rientra fra le categorie di licenziamento nullo, il datore di lavoro dovrà provvedere ad un reintegro nell’organico e dovrà pagare le retribuzioni mancate, come se avesse sempre lavorato, dal momento del licenziamento fino all’integrazione. Inoltre, anche i contributi di previdenza sociale ed assistenziali saranno a carico del datore di lavoro.


Licenziamento

Il licenziamento è l’atto con cui, il datore di lavoro recede unilateralmente dal contratto di lavoro. Sulla base di quanto disposto dalla L. n. 604 del 15 luglio 1996, dello Statuto dei lavoratori e della L. n. 108 del 11 maggio 1990, il datore di lavoro può licenziare un dipendente soltanto per giusta causa, per giustificato motivo (oggettivo o soggettivo) oppure un licenziamento collettivo.

Il rapporto di lavoro può estinguersi, alla pari degli altri rapporti di durata, per recesso delle parti. In particolare, licenziamento è l’atto con il quale l’azienda, pone fine, unilateralmente, dal rapporto di lavoro, a prescindere dalla volontà del dipendente.

Viceversa, in caso di dimissioni, la volontà di interrompere il rapporto di rapporto è del soltanto dipendente.

Lo scopo di questo articolo è capire la differenza tra il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo oggettivo o soggettivo nel licenziamento individuale.. Le ragioni devono essere espresse nella lettera di licenziamento.

Il licenziamento è nullo se:

  • Se viene intimato a fronte di un divieto legale di licenziamento;
  • Se sulla base dei generali principi civilistici sulla nullità degli atti e dei contratti, il licenziamento è contrario a norme imperative di legge

Quando il licenziamento è nullo

Il licenziamento è l’atto unilaterale che prevede una cessione del contratto lavorativo da parte del datore di lavoro.

Nel momento in cui pensate che non ci sia una ragione valida a sostegno della lettera di licenziamento ricevuta, si può decidere di passare ad un’azione legale che vedrà la presenza di un giudice e sarà lui a stabilire l’illegittimità del licenziamento, andando persino ad annullarlo qualora rientrasse nelle seguenti categorie:

  • licenziamento orale, non c’è la presenza di una prova scritta ed il licenziamento avviene totalmente in via orale;
  • licenziamento discriminatorio: determinato da ragioni che possono essere sia di genere, di età, orientamento sessuale, fede religiosa o sindacale, disabilità fisiche;
  • licenziamento ritorsivo: quando un lavoratore esercita un suo diritto e viene licenziato solo ed unicamente per averne usufruito;
  • licenziamento per superamento del periodo di comporto: qualora il lavoratore in malattia non avesse superato il periodo massimo ma riceve comunque il licenziamento;
  • licenziamento per trasferimento d’azienda o di un ramo di essa;
  • licenziamento per rifiuto: il dipendente non accetta di passare ad un part-time;
  • licenziamento per periodi di “non recedibilità” previsti dalla legge: maternità, paternità, di congedo di matrimonio, ecc;

Cosa fare in caso di licenziamento nullo

Una volta presa la decisione di opporsi al licenziamento fornito dal datore di lavoro, il dipendente deve inviare una contestazione entro 60 giorni dalla ricezione del licenziamento.

Avrà 180 giorni per presentarsi nella cancelleria del tribunale e depositare il ricorso necessario.

Ovviamente prima di procedere bisogna assicurarsi di avere tutte le prove necessarie a favore della vostra causa.

Licenziamento nullo: tutele e diritti

A determinare i diritti dei lavoratori, e alla decisione di quali formule di risarcimento devono essere introdotte, è la Corte Costituzionale e il Decreto Dignità, i quali hanno stravolto il contratto a tutela crescenti e la disciplina di illegittimo, secondo la sentenza 194/2018.

È infatti così che è stata presa la decisione di rivisitare le tutele sul licenziamento illegittimo e nullo in base alla grandezza dell’azienda. Vengono infatti suddivisi secondo quanti dipendenti lavorano, inferiori di 15 ed oltre i 15.

Per quanto riguarda i licenziamenti nulli, i provvedimenti sono uguali per entrambi i casi, ed essi prevedono:

  • Reintegrazione nel posto di lavoro: il lavoratore può richiedere un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
  • Versamento dei contributi previdenziali: partono dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.
  • Indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto l’aliunde perceptum.
NB: l’importo minimo per poter richiedere la formula di risarcimento deve essere pari a 5 mensilità.

Licenziamento nullo, illegittimo e inefficace

Queste formule di licenziamento potrebbero sembrare sinonimi ma, in realtà, posseggono delle leggere e sottili differenze.

Il licenziamento illegittimo possiamo definirlo come l’insieme più grande che include sia il nullo sia l’inefficace. È quindi da considerare un licenziamento illegittimo quando manca una giusta causa o un motivo giustificato.

Il licenziamento inefficace, invece, lo abbiamo quando avviene in forma orale o senza il rispetto della procedura prevista dalla legge. Si parla quindi di licenziamento senza motivazione.

Licenziamenti come si svolgono

Le differenze nella formula di termine del contratto lavorativo fra datore di lavoro e dipendente sono piuttosto importanti e sostanziali.

Dove al dipendente basta una lettera di dimissioni, la quale non richiede nessun obbligo di spiegazione o elenco dei motivi per cui si è deciso di licenziarsi, il datore di lavoro deve fornire una lettera di licenziamento dove spiega le ragioni della sua decisione ed esse devono avere una giusta causa o un motivo giustificato oggettivo o soggettivo.

Nel primo caso viene intimato sul posto, senza nessun preavviso. Solitamente succede quanto un lavoratore ha commesso una violazione della legge o del contrato di lavoro che non permette il continuo rapporto lavorativo.

Nel secondo caso, invece, il dipendente viene avvisato con un preavviso. Ovviamente alla base deve sempre essere un comportamento scorretto o grave da parte del lavoratore, la maggior parte delle volte è perché viene intaccato rapporto di fiducia costruito.

Motivo Soggettivo VS Motivo Oggettivo

Rientrano nella categoria di licenziamenti considerati “più leggeri” ovvero meno gravi dove in entrambi i casi c’è bisogno di un preavviso.

Come detto prima, si tratta di licenziamenti soggettivi quando un dipendente compie un’azione che porta irrevocabilmente alla perdita del rapporto di fiducia costruito, ma non solo:

  • inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore;
  • continui ritardi;
  • carcerazione preventiva del dipendente;
  • detenzione per condanna passata in giudicato;
  • assenza per malattia prolungata o superamento del “comporto”

Si tratta invece di licenziamenti oggettivi quando:

  • c’è una riduzione del personale;
  • impossibilità di trasferimenti di cantieri alla fine dei lavori;
  • soppressione del ruolo lavorativo per mancanza di altro lavoro o ruoli simili;
  • fallimento o liquidazione dell’azienda;
  • fine dell’attività dell’azienda o di una sua filiale;
  • soppressione del posto di lavoro perché antieconomico;
  • riorganizzazione dell’azienda per una gestione più economica;
  • altri motivi previsto dal CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro).

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Tania Silini
Classe 1993, diplomata in arte e comunicazione presso il Liceo Decio Celeri di Lovere, ho conseguito poi dei corsi di Digital Marketing e Coding svolti a Londra. Appassionata da sempre di scrittura e dopo varie esperienze all'estero ho deciso di collaborare con alcuni progetti editoriali interessanti. In particolare, mi occupo di aggiornamenti di fiscalità nazionale per il portale Fiscomania.com, dove pubblico contenuti ed approfondimenti legati alle persone fisiche, agevolazioni fiscali e bonus.

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