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Lavoro all’estero: deduzione dei contributi previdenziali

Fiscalità InternazionaleLavoro all’estero: deduzione dei contributi previdenziali

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17747 del 2024, si è espressa in merito alla deducibilità dei contributi previdenziali e assistenziali versati all’estero da parte di un lavoratore italiano. Secondo quanto stabilito dagli Ermellini, questi contributi possono essere dedotti dal reddito complessivo italiano, anche se non sono deducibili quando si determina il reddito da lavoro dipendente con le retribuzioni convenzionali. Tale sentenza offre spunti significativi per i lavoratori italiani all’estero, in particolare in termini di fiscalità e di deducibilità dei contributi.

Ma procediamo per gradi. 

Il caso

La fattispecie concreta esaminata dalla Corte di Cassazione riguarda un lavoratore italiano, R.G., che nell’anno d’imposta 2012 lavorava in Svizzera. Nella dichiarazione dei redditi in Italia, R.G. ha indicato i contributi previdenziali versati in Svizzera per un totale di 36.163 euro. Tuttavia, durante un controllo, l’Agenzia delle Entrate richiedeva al lavoratore di fornire la documentazione sui contributi versati. Le certificazioni svizzere mostravano che tali contributi erano stati inclusi nella base imponibile su cui erano state calcolate le imposte svizzere. L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che i contributi avessero comportato un risparmio fiscale non dovuto e ha provveduto a emettere una cartella di pagamento per recuperare l’imposta. Il lavoratore ha impugnato la cartella di pagamento dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Bologna. La CTP inizialmente ha rideterminato l’imposta dovuta. In sede di appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) dell’Emilia-Romagna stabiliva che i contributi versati in Svizzera dovevano essere integralmente dedotti dal reddito imponibile in Italia.

Le norme sulla deducibilità

Secondo l’Agenzia delle Entrate, i redditi da lavoro dipendente all’estero devono essere determinati con retribuzioni convenzionali, definite annualmente dal Ministero, che non permettono la deducibilità dei contributi obbligatori. Ciò in virtù dell’art. 51 co. 8-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che disciplina la determinazione del reddito da lavoro dipendente per i lavoratori italiani che prestano la loro attività lavorativa all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto. Questo metodo di calcolo mira a semplificare la determinazione del reddito per i lavoratori all’estero, utilizzando parametri standardizzati invece di considerare ogni singola voce di reddito e di spesa. Di conseguenza, secondo l’Agenzia delle Entrate, i contributi non potevano essere dedotti dal reddito complessivo. 

D’altro canto, il lavoratore R.G. sosteneva che in virtù dell’art. 10 co. 1 lett. e) del TUIR, i contributi previdenziali e assistenziali devono essere dedotti dal reddito complessivo, anche se non deducibili per la determinazione dei singoli redditi. Tale interpretazione punta a una lettura più sistematica e inclusiva delle norme fiscali, oltre a riflettere il principio di equità fiscale, secondo cui le spese obbligatorie per la previdenza e l’assistenza devono essere sottratte dal reddito tassabile, in quanto rappresentano costi necessari sostenuti dal contribuente. 

La decisione della Corte

La Corte di Cassazione, nella sentenza n.17747 del 2024,  ha optato per un’interpretazione sistematica delle norme, stabilendo che, in assenza di una norma che escluda esplicitamente la deducibilità dei contributi previdenziali dal reddito complessivo, questi devono essere dedotti dal reddito complessivo del contribuente. La Corte ha spiegato che le norme sulla determinazione del reddito complessivo fungono come “norme di chiusura” del sistema fiscale, permettendo di arrivare al calcolo finale dell’imposta dovuta. Questo principio assicura che tutti gli elementi che contribuiscono alla determinazione del reddito complessivo siano considerati, garantendo una corretta e completa valutazione fiscale.

In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che, anche se i contributi previdenziali non sono deducibili nella determinazione del reddito di lavoro dipendente con le retribuzioni convenzionali, essi devono essere dedotti dal reddito complessivo secondo l’art. 10 co. 1 lett. e) del TUIR. Tale principio assicura che i lavoratori italiani all’estero possano beneficiare di una corretta deducibilità dei contributi previdenziali, indipendentemente dal metodo di calcolo del reddito da lavoro dipendente.

Conclusione

La sentenza della Corte di Cassazione rappresenta un’importante evoluzione nella giurisprudenza fiscale italiana. Conferma che i contributi previdenziali versati all’estero sono deducibili dal reddito complessivo, anche se non deducibili per la determinazione del reddito da lavoro dipendente con le retribuzioni convenzionali.
Tale approdo giurisprudenziale ha diverse conseguenze per i lavoratori italiani all’estero:

  1. Maggiore chiarezza normativa: la decisione offre maggiore chiarezza sulle norme fiscali applicabili ai contributi previdenziali versati all’estero. Stabilisce che questi contributi devono essere dedotti dal reddito complessivo, chiarendo un aspetto che in precedenza era oggetto di interpretazioni diverse.
  2. Protezione per i lavoratori italiani all’estero: questa sentenza tutela i diritti dei lavoratori italiani all’estero, assicurando che possano beneficiare della deducibilità dei contributi previdenziali anche quando lavorano in paesi con sistemi fiscali diversi. Questo è particolarmente importante in un contesto di crescente mobilità internazionale del lavoro.
  3. Impatto sulla pianificazione fiscale: i consulenti fiscali dovranno considerare questa sentenza nella pianificazione fiscale per i loro clienti che lavorano all’estero. La deducibilità dei contributi previdenziali versati all’estero potrà influire significativamente sul calcolo del reddito complessivo e, di conseguenza, sull’imposta dovuta in Italia.

In conclusione, la Corte sottolinea l’importanza di un’interpretazione sistematica e inclusiva delle norme fiscali, che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti per la determinazione del reddito complessivo e dell’imposta dovuta. La Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, in assenza di una norma esplicita che escluda la deducibilità, i contributi previdenziali devono essere dedotti dal reddito complessivo, garantendo così la corretta applicazione delle norme fiscali italiane in un contesto internazionale.

Domande frequenti

In quali casi i contributi previdenziali versati all’estero non possono essere dedotti?

Secondo l’art. 51, co. 8-bis del TUIR, i redditi da lavoro dipendente all’estero determinati con retribuzioni convenzionali non permettono la deducibilità dei contributi obbligatori. Tuttavia, la Corte ha stabilito che questi contributi devono comunque essere dedotti dal reddito complessivo.

Qual è la differenza tra deducibilità dal reddito complessivo e deducibilità per la determinazione dei redditi specifici?

La deducibilità dal reddito complessivo riguarda l’insieme dei redditi di una persona e permette di sottrarre determinate spese dal totale del reddito imponibile. La deducibilità per la determinazione dei redditi specifici si applica invece solo a specifiche categorie di reddito, come il reddito da lavoro dipendente, e segue regole particolari.

Cosa devono fare i lavoratori italiani all’estero per usufruire della deducibilità dei contributi previdenziali?

I lavoratori devono indicare i contributi previdenziali versati all’estero nella loro dichiarazione dei redditi in Italia e fornire la documentazione necessaria per dimostrare l’avvenuto pagamento. È consigliabile consultare un consulente fiscale per assicurarsi di seguire correttamente le procedure e le normative vigenti.

Questa sentenza si applica retroattivamente?

La sentenza si riferisce specificamente al caso esaminato, ma stabilisce un principio giuridico che può essere applicato ad altri casi simili. Tuttavia, per casi specifici riguardanti anni fiscali passati, è consigliabile consultare un consulente fiscale per valutare l’applicabilità della sentenza.

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Giorgia Dumitrascu
Giorgia Dumitrascu
Laureata in Giurisprudenza presso l’Universitá "La Sapienza" di Roma con tesi specialistica in diritto processuale penale, si è perfezionata presso il medesimo Ateneo nella Scuola di Specializzazione per Professioni Legali (SSPL), conseguendo il Diploma di Specializzazione equipollente al Dottorato di Ricerca. Avvocato, abilitata a 28 anni, presso la Corte d'Appello di Roma, è titolare del proprio Studio professionale. Svolge attività professionale nell'ambito del diritto civile e del diritto di famiglia mettendo al centro del proprio lavoro, l’ascolto del cliente.
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