È arrivato il via libera definitivo dell’IRES premiale (mini IRES), il decreto attuativo è stato firmato dal ministero dell’Economia e delle Finanze. E’ una misura introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 (art. 1, co. 436 ss) per incentivare gli investimenti e l’occupazione e prevede una riduzione dell’aliquota IRES dal 24% al 20% per le aziende. L’aliquota IRES ridotta è quella legata alla dichiarazione dei redditi 2026 (relativa al 2025).
Al momento sembra che l’agevolazione sarà in vigore per un solo anno, salvo proroghe successive (legate al reperimento dei fondi nelle prossime leggi di bilancio).
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Cos’è l’IRES premiale?
L’IRES premiale consiste nella temporanea riduzione dell’aliquota IRES dal 24% al 20% al verificarsi di determinati requisiti. Premia le imprese che patrimonializzano gli utili, realizzano investimenti qualificati e incrementano l’occupazione, senza il ricorso ad ammortizzatori sociali.
E’ un intervento sperimentale, volto a stimolare le imprese a investire nell’acquisto di nuovi macchinari, impianti e tecnologie innovative, in nuove assunzioni, in ricerca, sviluppo e innovazione di prodotto e processo, in sostenibilità ambientale, per aiutare le aziende a diventare più “green” e ridurre il loro impatto sull’ambiente.
Chi può beneficiarne?
Possono beneficiarne società di capitali, cooperative, mutue assicuratrici, enti commerciali e stabili organizzazioni di soggetti esteri. E’ rivolta anche agli enti non commerciali, ma solo sul reddito d’impresa derivante da attività commerciale (con obbligo di contabilità separata). Sono esclusi i soggetti in liquidazione o in procedure concorsuali liquidatorie, le società non operative, quelle in regimi forfetari speciali (tonnage tax, reddito agrario, ecc.) e alcune altre casistiche particolari.
Requisiti
Per poterne beneficiare l’impresa non deve aver utilizzato la cassa integrazione nel biennio 2024-2025, tranne che per la causale prevista dall’articolo 11, lettera a), del D.Lgs. n. 148/15, ovvero in presenza di situazioni dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali.
L’azienda deve dimostrare una stabilità del personale, con un livello di occupazione nel 2025 pari o superiore alla media del triennio 2022-2024.
Occorre che nel 2025 l’impresa assuma nuovi dipendenti o stabilizzi i contratti esistenti, incrementando almeno dell’1% il personale rispetto al 2024 (ex art. 4 del D.Lgs. n. 216/23, legato alla super deduzione del 120% per nuove assunzioni, valida fino al 2027) e comunque pari ad almeno una unità. Questo obbligo garantisce che le aziende mantengano il loro impegno verso i lavoratori, fornendo stabilità al mercato del lavoro e incentivando politiche di crescita interna. Tale incremento può avvenire attraverso nuove assunzioni o stabilizzazioni contrattuali.
In pratica, per questo requisito occorre confrontare il numero dei dipendenti a tempo indeterminato a fine 2025 con la media del 2024 e che il calcolo va fatto considerando anche i decrementi delle altre società italiane del gruppo.
Per l’esercizio 2024 l’utile deve essere accantonato, per almeno l’80% del suo importo, ad apposita riserva (intestata alla norma agevolativa). Pertanto, l’agevolazione esclude le società che chiudono con un risultato negativo, almeno questo è quello che appare dalla lettura della relazione tecnica che ha preso a riferimento i soli bilanci delle società in utile.
L’azienda, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2025 ed il 31 ottobre 2026 (termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al 2025), deve aver effettuato investimenti, presso strutture ubicate in Italia, in beni materiali ed immateriali con caratteristiche 4.0 e 5.0.
Questi investimenti favoriscono l’adozione di tecnologie innovative e migliorano la competitività sul mercato globale. In particolare, le imprese devono effettuare investimenti per un importo pari al maggiore tra il 24% dell’utile 2024 (ovvero il 30% dell’80%, il minimo accantonato a riserva) e il 24% dell’utile del 2023. Al momento non vi sono chiarimenti utili per capire gli effetti per le imprese che hanno chiuso il 2023 in perdita.
La Transizione 4.0 e 5.0 rappresenta un pilastro fondamentale per l’accesso all’IRES Premiale. Gli investimenti in tecnologie innovative, come l’automazione industriale, l’intelligenza artificiale e le soluzioni energetiche avanzate, sono incentivati attraverso questa misura fiscale. In particolare, l’adozione di beni materiali e immateriali capaci di migliorare i processi produttivi e l’efficienza energetica è cruciale per accedere agli sconti previsti.
Questi strumenti tecnologici non solo migliorano la produttività, ma rappresentano un vantaggio competitivo per le aziende italiane nel contesto internazionale. L’integrazione con i programmi di sviluppo sostenibile dell’Unione Europea rafforza ulteriormente l’impatto positivo di queste misure.
Riduzione dell’IRES in base agli investimenti
Aliquota IRES | Requisiti Soddisfatti | Utili Reinvestiti |
---|---|---|
24% | Nessuno | Nessuno |
22% | Parziale | 20% |
20% | Tutti | 30% |
Crediti fiscali e incentivi cumulabili
Misura | Percentuale Deduzione | Beneficiari |
---|---|---|
Super Deduzione | 120% | Nuove assunzioni |
Transizione 4.0 | Variabile | Investimenti tecnologici |
Mini IRES | 4% | Requisiti soddisfatti |
L’IRES premiale può essere cumulato con altri incentivi previsti dai programmi dell’Unione europea e con il credito di imposta per investimenti nella zona economica speciale (ZES) del Mezzogiorno.
La somma dei benefici non può superare il 100% del costo dell’investimento agevolato. Non è cumulabile, invece, con il credito d’imposta Industria 4.0.
Cause di decadenza
Il beneficio viene revocato se la quota di utile accantonata al netto delle perdite viene distribuita entro il secondo esercizio successivo al 2024 oppure i beni agevolati sono dismessi, ceduti o delocalizzati all’estero entro 5 anni dall’acquisto, salvo sostituzione con beni analoghi o superiori.
In caso di decadenza, l’impresa deve restituire la differenza d’imposta.