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Indebita compensazione dei contributi INPS

Indebita compensazione dei contributi INPS: la Cassazione si pronuncia in favore alla configurazione del reato di cui all'art. 10 quater del D.Lgs. 74/2000 anche con riferimento alla compensazione dei contributi INPS.

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La giurisprudenza delle corte di Cassazione, si è pronunciata nella recente pronuncia del 31 agosto 2021 n. 32389, circa il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti o non spettanti con riferimento ai contributi INPS. Tale fattispecie prevede l’incriminazione della condotta di coloro che utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti. In tal modo, il contribuente omette di versare imposte dirette ed IVA. Invero, la disposizione si applica con riferimento a tutte le somme per cui il pagamento è necessario il modello F24.

La fattispecie incriminatrice, prevista all’articolo 10 quater del decreto legislativo numero 74 del 2000, ad avviso della recente posizione assunta dagli Ermellini, trova applicazione anche con riferimento ai contributi previdenziali dell’INPS. In specie, ha disposto la condanna a 1 anno e 3 mesi di reclusione, con riferimento al ricorrente. Quest’ultimo avrebbe omesso di versare somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti per un ammontare complessivo di:

  • 131.238,00 euro per l’anno 2011
  • euro 129.068,00 per il 2012.

Il ricorrente, inoltre, aveva anche occultato le scritture contabili e documenti di cui è obbligatoria la conservazione, al fine di non consentire la ricostruzione dei redditi ed evadere le imposte.

Vediamo cosa c’è da sapere sul reato di indebita compensazione dei contributi INPS.


Cos’è il reato di indebita compensazione

L’indebita compensazione è un reato previsto dall’ordinamento penale italiano all’articolo 10 quater del decreto legislativo numero 74 del 2000. Esso si configura ogniqualvolta il contribuente non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione dei crediti d’imposta inesistenti o non spettanti, per un importo superiore ai 50.000,00 euro annui. Esso fa riferimento, nello specifico, a tutti i contributi che devono essere versati mediante modello F24.

In particolare, la norma dispone:

è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs.n. 241/1997, crediti non spettanti per un importo annuo superiore a cinquantamila euro. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs.n. 241/1997, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro”.

Distinzione crediti inesistenti e non spettanti

Prima di procedere all’analisi della fattispecie incriminatrice, con riferimento ai contributi INPS, esaminiamo la distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti.

A tal proposito sono:

  • Non spettanti, da riscontrarsi nei casi in cui il credito stesso pur essendo certo per esistenza ed ammontare risulta non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile) in compensazione (secondo la Cassazione penale sentenza n. 3367/2014);
  • Inesistente, se manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo del credito, la cui inesistenza non possa essere riscontrata con i controlli automatizzati (Circolare Agenzia entrate n. 31/E del 23 dicembre 2020).

Tipologie di compensazione

Il reato di indebita compensazione opera con riferimento sia alla compensazione verticale che orizzontale. Ma con riferimento a tale distinzione, cosa si intende?

  •  compensazione orizzontale si ha quando il credito considerato viene utilizzato per compensare un debito relativo a imposte di natura diversa, ad esempio quando si utilizza il credito IVA per compensare il debito Irpef o Inps. Essa è detta anche esterna, in quanto consiste nella compensazione tra debiti e crediti di diversa natura e risultanti nei confronti di diverse tipologie di Enti. Tale compensazione viene effettuata mediante la presentazione obbligatoria del modello F24.
  •  compensazione verticale, invece, si realizza quando il credito fiscale viene utilizzato per compensare un debito della stessa natura. Sempre in via esemplificativa, rimanendo al caso dell’IVA quando il contribuente decide di utilizzare il 6099 per compensare il debito del I trimestre dell’anno. In pratica essa consiste nel riporto di un credito ad un periodo successivo al fine di ridurre, mediante detrazione, un debito sorto o che sorgerà nel medesimo periodo. 

Elementi del reato di compensazione indebita

Il reato di indebita compensazione dei crediti inesistenti o non dovuti si realizza mediante l’esercizio di una condotta specifica descritta dalla norma di cui all’art. 10 quater del D.Lgs 74 del 2000. Come abbiamo evidenziato nel precedente paragrafo, la condotta integra reato sia se è una compensazione orizzontale che verticale.

La condotta di compensazione, rappresenta la componente fraudolenta insita nella fattispecie di cui all’art. 10 quater, che si identifica come un quid pluris rispetto alla fattispecie di semplice omesso versamento. Essa si distingue dalla fattispecie, invece, contemplata all’art. 10 ter. In questo diverso caso è punito l’omesso versamento IVA, quando taluno  non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale.

Anche in tal caso è prevista una soglia di punibilità. L’omissione deve superare un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta. 

Il reato di cui all’art. 10 quater, inoltre, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e, non in quello della successiva dichiarazione dei redditi. 

In presenza di più compensazioni nello stesso periodo d’imposta, la rilevanza penale scatta alla data in cui il contribuente compensa crediti inesistenti o non spettanti i quali, sommati alle operazioni precedenti, eccedono la soglia di legge.

La Cassazione sui contributi INPS

La Corte di Cassazione, recentemente, si è poi pronunciata sulla configurabilità del reato de quo con riferimento ai contributi INPS. Sul punto la corte ha asserito che .a giurisprudenza di legittimità ha, con orientamento oramai consolidato, affermato che il reato di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 riguarda l’omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento debba essere utilizzato il modello F24.

La corte argomenta, in primo luogo, evidenziandol’ampliamento delle ipotesi di compensazione in ambito tributario previste dall’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997.

Il testo normativa stabilisce che contribuenti devono eseguire versamenti unificati di:

  • imposte,
  • contributi previdenziali e assistenziali,
  • premi INAIL
  • e di altre somme a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti.

A tal fine possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce periodiche contributive. L’orientamento prevalente della Suprema corte, ha ritenuto che il reato di indebita compensazione possa configurarsi sia in caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”.

In specie quest’ultima fattispecie concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere ad oggetto tutte le somme dovute che possono essere inserite nell’apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali.

La ratio della normativa

Tale giurisprudenza ravvisa la ratio della disposizione in esame nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria.

La condotta incriminata prevede dunque la materiale redazione di un documento ideologicamente falso idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto avere luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito. Ed è evidente che, in questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’Iva.

La violazione si realizza anche laddove siano coinvolte anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale. Infatti il mancato pagamento degli stessi, attraverso lo strumento della compensazione, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta.

In sintesi, la Corte, così argomentando, sottolinea che anche nel caso di compensazione di contributi INPS, si configura il reato di cui all’art. 10 quater. Ciò, infatti, è desumibile proprio dalla circostanza che si viene a concretizzare lo stesso evento dannoso e in contraddizione rispetto ai principi dell’ordinamento.

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