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Holding estera: come si individua la residenza fiscale?

I criteri per identificare la residenza fiscale di una holding di partecipazioni estera: le problematiche riguardanti l'esterovestizione.

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Come si determina la residenza fiscale di una holding di partecipazioni? la normativa fiscale nazionale sul tema e le disposizioni antielusive di cui all’art. 73, co.5-bis del TUIR. L’importanza del luogo dove vengono prese le decisioni aziendali per la determinazione della residenza fiscale di una società holding di partecipazioni in ambito internazionale.


Il tema della residenza fiscale delle società è sicuramente di particolare interesse, per le ripercussioni che può avere in termini fiscali. In questo report ho deciso di occuparmi delle problematiche legate all’individuazione della residenza fiscale di una società holding di partecipazioni operante all’interno di un gruppo societario che opera in un ambito multinazionale. Per individuare la residenza fiscale della società, in questi casi, è indispensabile considerare la peculiare attività (non operativa) posta in essere dalla stessa. Se da un lato, infatti, non è possibile limitare la libertà di stabilimento, dall’altro è necessario tenere in considerazione la normativa antielusiva nazionale, la quale pone determinati requisiti per l’individuazione della residenza estera di una holding di partecipazioni. Qualora questo tipo di requisiti non trovi riscontro, ovvero quando la localizzazione estera è data da ragioni di mero risparmio fiscale si da luogo al fenomeno della esterovestizione, di cui all’articolo 73 del DPR n. 917/86 (TUIR). È proprio su questi aspetti che è opportuno andare ad analizzare la fattispecie.

Holding di partecipazioni estera e residenza fiscale

La determinazione della residenza fiscale di una società holding di partecipazioni è un aspetto cruciale per la gestione delle questioni fiscali e legali. La residenza fiscale è il luogo in cui una società è soggetta a tassazione. Attraverso questo report voglio analizzare quali siano le specificità riconducibili alla particolare attività posta in essere da una società holding di partecipazioni. Specificità che devono essere necessariamente ed incontrovertibilmente considerate al fine di non incorrere in errate valutazioni che indurrebbero a ritenere che la stessa può essere residente in Italia. Quello che voglio dire è che, in fattispecie come questa, non è possibile utilizzare gli ordinari criteri di individuazione della residenza fiscale di una società.

I criteri di collegamento di una società operativa non possono essere acriticamente impiegati per individuare la residenza delle diverse società holding di partecipazioni. Non è raro, infatti, che in alcuni casi sia la stessa Amministrazione finanziaria ad utilizzare i criteri di collegamento di società operative per individuare la residenza fiscale di società holding passive. Per questo motivo è opportuno andare ad analizzare in modo completo la situazione e dirimere eventuali dubbi in merito.

HOLDING DI PARTECIPAZIONI
Una società holding di partecipazioni è un’entità aziendale che ha come principale attività quella di possedere quote o azioni di altre società, piuttosto che produrre beni o fornire servizi. La holding detiene un controllo significativo, e talvolta totale, sulle società delle quali possiede le azioni, e spesso le gestisce indirettamente attraverso la proprietà delle loro azioni.
LIBERTA’ DI STABILIMENTO
La libertà di stabilimento è uno dei principi fondamentali del mercato unico dell’Unione Europea e trova la sua base giuridica negli articoli 49 e 54 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Questo principio permette ai cittadini dell’UE e alle imprese di stabilirsi e svolgere la propria attività economica in qualsiasi Stato membro dell’UE.

Le specificità della holding di un gruppo multinazionale

Il punto di partenza per individuare le peculiarità di una holding è l’articolo 73 del DPR n. 917/86. In relazione alla sede dell’amministrazione e all’oggetto sociale, quali requisiti richiesti per individuare la residenza fiscale occorre fare alcune precisazioni. Infatti, il patrimonio delle società holding è principalmente costituito da attività immateriali, le partecipazioni societarie. Questo aspetto fa sì che venga a mancare, concretamente, quel radicamento con il luogo di insediamento, assunto come base per la corretta individuazione della residenza fiscale. È inevitabile, quindi, che vi sia un collegamento tenue della holding di partecipazioni con il territorio di riferimento. L’effetto fisiologico è la mancata necessità di particolari strutture e o personale utili all’esercizio dell’attività sociale.

Per questo motivo il criterio di collegamento principale da considerare per individuare la residenza fiscale di queste società deve essere la sede dell’amministrazione, dell’oggetto dell’attività e del “place of effective management“. Diversamente, ossia applicando acriticamente i suindicati criteri, agendo come si stesse analizzando una società c.d. operativa, si giungerebbe, necessariamente, a risultati non veritieri.

Considerazioni specifiche per le holding di partecipazioni

  • Distribuzione dei dividendi: La residenza fiscale della holding influenzerà le regole relative alla tassazione dei dividendi ricevuti e distribuiti;
  • Pianificazione fiscale: La struttura della holding e la sua residenza fiscale dovrebbero essere considerate nell’ambito di una strategia di pianificazione fiscale complessiva;
  • Controllo e proprietà: La proprietà effettiva e il controllo della holding possono essere fattori rilevanti nella determinazione della residenza fiscale.

Holding di partecipazioni ed assenza di struttura amministrativa ed operativa

L’aspetto peculiare che caratterizza le holding passive è che queste operano in assenza di una rilevante operatività ed un realtà strutturata. Questo perché, in generale, la relativa attività si esaurisce in via generale:

  • Nella mera detenzione di partecipazioni societarie;
  • Nell’incasso di dividendi;
  • Nello sfruttamento delle potenzialità reddituali degli assets posseduti (incasso di canoni, royalties, etc);
  • Nella partecipazione alle assemblee delle controllate.

Utilizzare, quindi i criteri di collegamento per individuare la residenza fiscale della holding farebbe pervenire sicuramente ad un risultato non corretto. Questo in quanto la sede dell’amministrazione potrebbe essere erroneamente ed apoditticamente individuate nel luogo di residenza del socio-società, essendo quest’ultimo il soggetto che ha il potere di determinare le politiche sociali del gruppo. Pertanto, la residenza di tale soggetto potrebbe portare a ritenere che nello stesso luogo vi sia anche la residenza della società controllata, indipendentemente dal Paese nel quale siano deliberate le decisioni. Ciò però vorrebbe dire perdere la realtà sostanziale di questa situazione. Mediante questo approccio si tenderebbe a semplificare il dettato normativo, arrivando a risultati non coerenti con la realtà. Questo, di fatto, è l’errore che si ottiene andando a collegare il soggetto estero (titolare effettivo) alla residenza della holding estera, la quale potrebbe essere attratta ad una obbligazione tributaria in Italia, non dovuta.

Questa interpretazione formale della normativa in esame alimenta una sorta di automatismo. Cosa che potrebbe indurre a ritenere che tutte le consociate holding di una multinazionale siano residenti nello stato di stabilimento della capogruppo. Al fine di individuare la residenza fiscale di una holding di partecipazioni rileva una valutazione complessiva inerente la funzione esercitata, oltre che la collocazione del patrimonio gestito.

La residenza fiscale di una holding di partecipazioni

Ai fini dell’individuazione della residenza fiscale della holding è prioritaria l’individuazione del luogo ove si pone in essere la gestione ordinaria della società (holding). Ovvero, è necessario prendere a riferimento il luogo in cui gli amministratori realizzano con continuità e stabilità la gestione aziendale ordinaria. Questo deve essere il principale criterio di collegamento idoneo ad individuare la sede dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 73 del DPR n. 917/86. Quest’ultimo, con riferimento ai gruppi multinazionali, appare come l’unico criterio idoneo ad individuare il luogo ove si realizza l’attività principale e sostanziale della società.

Questo criterio di collegamento, risulta particolarmente delicato da attuare nel caso di società holding passive di partecipazioni. Nel caso di queste società, che si limitano alla detenzione di partecipazioni senza svolgere all’estero alcuna attività, la dimostrazione di prova contraria richiesta dall’articolo 73 comma 5-bis, del DPR n. 917/86 può essere complessa.

L’articolo 73 comma 5-bis, del DPR n. 917/86, infatti, prevede una presunzione relativa di residenza fiscale in Italia per le società estere, che controllano società di diritto italiano, oppure con management residente in Italia. Al fine di superare questa presunzione relativa è necessario che la società holding estera dia dimostrazione della sua residenza fiscale estera. In pratica, si assiste ad una inversione dell’onere della prova. In queste fattispecie non è l’Amministrazione a dover dimostrare la residenza fiscale italiana della società. Al contrario, la residenza fiscale è considerata automaticamente in Italia, fino a dimostrazione di prova contraria.

Nel caso della holding estera con partecipazioni in società italiane la dimostrazione di prova contraria richiesta dall’articolo 73 comma 5-bis può dimostrarsi particolarmente complessa ed onerosa. Questo stante la mancanza, all’estero, di una struttura organizzativa apprezzabile da parte della holding. Questo non ne permette, infatti, una certa localizzazione del luogo di amministrazione. Tuttavia, l’esterovestizione, in questi casi, deve essere accertata sulla base di elementi certi, senza forzare la liberà di stabilimento delle imprese, ne la fisiologica attività di direzione e coordinamento da parte della controllante.

Come funziona l’inversione dell’onere della prova per le holding estere?

Ai sensi dell’art. 73, co. 5-bis del TUIR prevede che, salvo prova contraria, si considera residente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di enti o società che detengono partecipazioni di controllo, ex art. 2359, co. 1 c.c., nei soggetti di cui alle lettere a) e b), comma 1, se, in alternativa:

  • Sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, cod. civ., da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
  • Sono amministrati da un CdA, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

In pratica, il punto di partenza è che la società esteri controlli una società italiana. Si tratta del caso tipico della holding estera che controlla una società operativa residente. L’inversione dell’onere della prova, tuttavia, opera solo se risulta soddisfatta una delle due condizioni alternative previste dalla norma, ossia un controllo della holding da parte di soggetti fiscalmente residenti in Italia, oppure la presenza nella holding di un consiglio di amministrazione prevalentemente composto da soggetti fiscalmente residenti in Italia. Ora, ipotizzando che questa seconda condizione non si verifichi, rimane pressoché insoluta la prima condizione in quanto risulterebbe allo scopo irrilevante intestare la partecipazione a persone fisiche o a una società. La valutazione, in base al successivo comma 5-ter, deve essere fatta alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Inoltre, al fine di evitare manovre elusive attraverso il frazionamento delle quote in ambito familiare, il medesimo comma prevede che per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.

Per questo motivo la detenzione di una holding non residente da parte di soci residenti in Italia può rivelarsi fiscalmente problematica, soprattutto in relazione ad una attività operativa che una holding di partecipazione non svolge e che, nel caso, i soci sono chiamati a dimostrare per superare la presunzione di residenza fiscale italiana della società. Per questo motivo, tutte le volte in cui vi è una mera attività di gestione di partecipazioni è opportuno che la holding inizi a fornire anche servizi di vario tipo (amministrativi, legati, fiscali, gestionali, etc) verso le proprie società controllate, in modo da superare le presunzioni, sicuramente più complesse, legate alla residenza fiscale si società statiche. Questa considerazione, seppur complessa da applicare, può aiutare a trovare soluzioni operative per la dimostrazione di residenza fiscale effettiva di società estere che controllano società italiane.

La residenza fiscale di una holding: giurisprudenza

Con particolare riferimento alle holding estere di detenzione passiva delle partecipazioni, appare indispensabile comprendere i limiti di operatività di tale tipologia societaria e la tutela ad essa fornita dal principio di libertà di stabilimento. In ambito europeo, la stessa Corte di Giustizia, infatti, evidenzia che la libertà di stabilimento è posta a tutela di tutte le attività economiche e, quindi, anche di quelle di mera gestione delle partecipazioni. Così come anche confermato dalla giurisprudenza nazionale di merito e di legittimità.

Il caso della holding in Lussemburgo

In particolare, la CTP di Reggio Emilia ha affrontato, con la sentenza n. 2 febbraio 2018, il caso di una holding con sede in Lussemburgo che si contestava essere stata localizzata all’estero solo per fruire di vantaggi fiscali. La CTP, nell’accogliere le ragioni del ricorrente, ha statuito, in conformità alle precedenti pronunce della Suprema Corte e, in particolare, al precedente Dolce & Gabbana, che la scelta di localizzazione in un dato Paese per fruire di vantaggi fiscali non è in sé sindacabile. Fatto salvo il caso in cui si sia al cospetto di un trasferimento fittizio e, dunque, di una costruzione di puro artificio. Nel caso di specie, i giudici hanno ricostruito che la gestione delle partecipazioni è attività esercitabile in qualunque Stato, senza necessità di personale dipendente.

Il caso della sub-holding francese

La Cassazione, con le sentenze nn. 27112; 27113; 27115 e 27116 del 28 dicembre 2016, ha affrontato il tema della residenza fiscale delle holding di partecipazioni pure. Le holding pure, in buona sostanza, sono quelle prive di alcuna attività operativa. La Corte ha analizzato il caso di una sub-holding francese controllata da una capogruppo USA e controllante una società figlia residente. La Corte ha affermato quanto segue:

il giudice di merito ha preso in esame, ritenendoli dirimenti nel senso della sussistenza dell’abuso, elementi fattuali in realtà non pertinenti alla fattispecie … non ha preso in esame, per contro, un aspetto decisivo di causa, costituito dalla verifica di compatibilità di tali elementi fattuali con la peculiarità pacificamente rivestita dalla natura e funzione della società contribuente (holding, ovvero sub-holding, pura)

Secondo la Cassazione

le valide ragioni economiche, ovvero extra-fiscali, idonee ad escludere l’intento elusivo dell’operazione possono consistere anche nel conseguimento di vantaggi non direttamente economici e reddituali, ma strutturali e di miglior organizzazione aziendale. Regola che può attagliarsi alla dislocazione territoriale della società, operative e non, all’interno di un vasto gruppo multinazionale con interessi in aree molto lontane e diverse da quella di residenza della capogruppo (…). In tale situazione, non sono stati dal giudice di merito enucleati i fatti contrari – se non attraverso i già indicati indici di operatività, pero` non decisivi per le dette ragioni (…)

Infatti, la circostanza che l’attività economica della società madre non residente consista nell’amministrazione di beni economici delle sue società figlie. Oppure, che i redditi di tale società madre derivino esclusivamente da tale amministrazione non può, di per sé, determinare l’esistenza di una costruzione puramente artificiosa, priva di qualsiasi effettività economica.

La tesi dell’Amministrazione finanziaria

Da ciò ne discende che l’accertamento di una ricostruzione sulla corretta individuazione della residenza fiscale implica, caso per caso, l’effettuazione di una valutazione complessiva. Questo in ordine alle caratteristiche organizzative, economiche, e/o politiche strategiche e di gestione, riconducibili al gruppo di appartenenza della società. L’Amministrazione finanziaria italiana sembra non tenere particolarmente in considerazione, almeno con la prassi di riferimento, le pronunce giurisprudenziali sopra riportate. In effetti, nonostante con la Circolare n. 32/E/2011 viene affermato che la non presenza fisica significativa nello Stato di insediamento non può di per sé essere indice di fattispecie abusive. Nella successiva Circolare n. 6/E/2016, anche se nella trattazione di un tema diverso, l’Agenzia delle entrate assume una posizione di maggiore rigidità. Nel dettaglio, viene affermato che le holding possono dirsi prive di sostanza economica se, per esempio, detengono una struttura organizzativa leggera e sono prive di effettiva attività e di una reale consistenza. Infine, con la risposta a interpello n. 164/E/2023 l’Agenzia delle Entrate conferma il fatto che la presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia di cui all’art. 73, co. 5-bis del TUIR riguardi le società holding di partecipazioni non residenti. Il documento non affronta la documentazione utile a dimostrare l’effettiva funzione esercitata all’estero, non essendo oggetto di interpello.

Conclusioni e consulenza fiscale online

Il tema della esterovestizione assume una particolare connotazione nel caso delle holding e delle sub-holding di partecipazioni. Infatti, appare evidente che, in questi casi, occorra tenere, nella dovuta considerazione, la fisiologica assenza di strutture logistiche, in termini di personale e di asset materiali e immateriali.

Per un verso non è possibile che una holding estera consista in un mero strumento di artifizio. Per un altro verso, non è neppure possibile aspettarsi particolari e articolate strutture societarie, che vadano molto oltre un singolo o pochi dipendenti e contratti di servizi che garantiscano, in outsourcing, la gestione delle limitate funzioni aziendali. Peraltro, soprattutto nel caso delle sub-holding estere di partecipazioni, occorre tenere nella dovuta considerazione anche la circostanza che il normale esercizio, all’interno di un gruppo anche multinazionale, dei poteri di direzione e coordinamento comprime le attività svolte. Limitandole, del tutto normalmente, alla mera gestione delle partecipazioni e all’incasso dei relativi dividendi. In questo senso si tende a riconoscere queste circostanze anche al fine di verificare la contestabilità di una fattispecie di esterovestizione. Per questo motivo, come sopra accennato può essere utile valutare lo svolgimento concreto di attività operative da parte della società di gestione di partecipazioni non residente.

Da ultimo, si ritiene che una qualche considerazione vada, in questi casi, sviluppata in ordine alla applicabilità dell’art. 73, comma 3, del DPR n. 917/86 alle holding. Questo valutando anche il disposto del successivo comma 5-bis. Tale disposizione pone particolare rilevanza alla composizione, prevalentemente estera, del patrimonio della holding. In questa prospettiva, anche per evidenti ragioni di coerenza sistematica è necessario attribuire il giusto valore, ai fini di una contestazione di esterovestizione. Questo anche alla prevalenza estera ovvero nazionale del patrimonio gestito. Le possibili contestazioni sulla residenza fiscale delle holding, infatti, essendo particolarmente complesse richiedono particolare attenzione, soprattutto in fase di pianificazione della struttura del gruppo multinazionale che si intende creare. Intervenire successivamente potrebbe essere complesso e potrebbe non consentire il superamento della problematica legata alla possibile contestazione di residenza fiscale estera fittizia.

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Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.

Domande frequenti

Cosa determina la residenza fiscale di una holding di partecipazioni?

La residenza fiscale è generalmente determinata da fattori come la sede legale, la sede amministrativa, il luogo di effettiva gestione, e il centro dei principali interessi economici. Ogni paese ha specifiche regole e criteri per stabilire la residenza fiscale delle società.

Perché è importante determinare correttamente la residenza fiscale di una holding?

La residenza fiscale influisce su dove e come la holding è tassata. Determinare la residenza fiscale corretta è essenziale per assicurare la conformità fiscale, ottimizzare la tassazione dei redditi globali, e prevenire la doppia imposizione.

Come influisce la residenza fiscale sulla tassazione dei dividendi?

La residenza fiscale determina le regole applicabili alla tassazione dei dividendi ricevuti e distribuiti dalla holding, inclusi eventuali crediti d’imposta, esenzioni o aliquote ridotte previste da trattati fiscali internazionali.

Come influenzano i trattati fiscali internazionali la residenza fiscale di una holding?

I trattati fiscali possono influenzare la modalità di tassazione delle entrate della holding (come interessi, dividendi e plusvalenze) nei paesi in cui opera, e possono fornire meccanismi per evitare o mitigare la doppia imposizione.

Cosa succede se una holding è residente fiscale in più di un paese?

In caso di doppia residenza fiscale, i trattati fiscali internazionali possono fornire regole per determinare la residenza fiscale effettiva ai fini fiscali. Questo può implicare l’applicazione di test specifici, come il luogo di effettiva gestione.

Quali sono le implicazioni della residenza fiscale per la pianificazione fiscale internazionale?

La residenza fiscale è un elemento chiave nella pianificazione fiscale internazionale, influenzando la struttura delle operazioni transfrontaliere, l’ottimizzazione del carico fiscale globale, e la conformità con le leggi fiscali internazionali e nazionali.

Come le regole anti-elusive influenzano la residenza fiscale delle holding?

Le regole anti-elusione, come le norme BEPS dell’OCSE, possono imporre restrizioni e obblighi aggiuntivi alle holding, influenzando la strutturazione delle operazioni internazionali e la scelta della localizzazione delle entità del gruppo.

Quali sono le sfide comuni nella gestione della residenza fiscale di una holding internazionale?

Le sfide possono includere la gestione della conformità fiscale in più giurisdizioni, l’ottimizzazione della tassazione dei flussi finanziari transfrontalieri, la mitigazione dei rischi di doppia imposizione, e l’adattamento alle normative fiscali in continua evoluzione.

Come può una holding gestire efficacemente le questioni relative alla residenza fiscale?

È consigliabile adottare un approccio proattivo, che può includere una pianificazione fiscale strategica, una rigorosa conformità fiscale, e la consultazione regolare con professionisti fiscali per navigare attraverso la complessità delle leggi fiscali internazionali e nazionali.

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