Con la sentenza n. 3386 del 6 febbraio 2024, la Corte di cassazione ha confermato l'obbligo di applicare l'imposta di registro a una società di diritto britannico, sottoposta a un avviso di liquidazione per un importo superiore. La Corte ha stabilito che la società, pur apparentemente operante all'estero, aveva il suo centro principale di interessi effettivamente in Italia.
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La sentenza della Corte di cassazione n. 3386 del 6 febbraio 2024 solleva una questione di rilievo relativa all’esterovestizione in ambito fiscale. Il caso in esame affronta un avviso di liquidazione dell'imposta di registro notificato al ricorrente in seguito al conferimento di beni immobili situati in Italia a favore di una società con sede legale a Londra, nell'ambito di un aumento di capitale da essa deliberato.
Inizialmente, l'atto era stato assoggettato a un'imposta di registro fissa, seguendo le disposizioni agevolative dell'art. 4, nota IV, della parte I della tariffa allegata al DPR n. 131 del 1986. Questa normativa prevede agevolazioni nel caso in cui la società destinataria del conferimento abbia sede legale o amministrativa in un altro Stato membro dell'Unione Europea. Per approfondire: "Conferimento di immobile in società estera: aspetti fiscali".
L'Amministrazione finanziaria, tuttavia, ha un'opinione divergente e ritiene che l'atto debba essere soggetto a un'imposta di registro proporzionale. Secondo la sua interpretazione, la società operava solo apparentemente all'estero, avendo in realtà in Italia il suo centro principale di interessi.
In questo contesto, entrano in gioco i criteri dell'art. 73 del TUIR per determinare la residenza di una società, che risultano essere applicabili anche nell'ambito dell'imposta di registro. Nel caso specifico, la Corte di cassazione ha confermato la validità dell'applicazione dell'esterovestizione anche per l'imposta di registro.
Esaminiamo ora nel dettaglio gli sviluppi e le dinamiche specifiche della sentenza della Corte di cassazione n. 3386 del 6 febbraio 2024.
Esterovestizione, cosa s'intende
L’esterovestizione, nota anche come "foreign dressed companies", si riferisce a società o gruppi societari che, attraverso l'uso di strategie di pianificazione fiscale internazionale, decidono di costituire entità aziendali all'estero, normalmente verso mete che permettono di beneficiare di tassazioni più basse.
Il trasferimento effettivo delle attività in un altro Stato, sebbene non costituisca di per sé un comportamento elusivo o abusivo, deve essere gestito in modo trasparente e conforme alle normative internazionali per garantire la legittimità dell'operazione.
Nel caso in cui una società simuli la propria residenza all'estero per evitare l'applicazione del regime tributario italiano, interviene il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Questo testo affronta tale pratica attraverso una presunzione: la società viene considerata residente in Italia a meno che non fornisca prove concrete in senso contrario.
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