Donazioni pre-rientro in Italia: rischi fiscali e revocatoria

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Come le donazioni a familiari effettuate prima del rientro fiscale in Italia possono diventare prova di intento elusivo: timing, dolo generico vs specifico e strategie di difesa.

La decisione di rientrare in Italia dopo anni all’estero porta con sé non solo questioni pratiche e familiari, ma anche importanti implicazioni fiscali. E quando un espatriato, nei mesi precedenti al rientro, effettua donazioni significative a familiari, questa tempistica può sollevare sospetti da parte dell’Amministrazione finanziaria. Non si tratta di paranoia: la giurisprudenza tributaria è piena di casi in cui il Fisco ha contestato donazioni effettuatestrategicamente” prima del cambio di residenza fiscale.

La domanda che molti professionisti si sentono rivolgere è sempre la stessa: “Ho vissuto dieci anni a Londra, ora torno in Italia. Prima del rientro, posso donare l’appartamento a mio figlio?” La risposta non è semplice, perché il timing di quella donazione può trasformare un legittimo atto di liberalità familiare in un’operazione sospetta agli occhi del Fisco.

Il contesto: perché il rientro preoccupa (e perché si dona prima)

Quando un cittadino italiano riacquista la residenza fiscale in Italia dopo un periodo all’estero, si trova immediatamente esposto a una serie di obblighi e controlli fiscali che durante l’espatrio erano assenti o limitati. L’Amministrazione finanziaria avrà piena visibilità sul suo patrimonio mondiale, potrà richiedere la compilazione del quadro RW per le attività finanziarie estere, applicare l’IVAFE sui depositi e conti esteri, e soprattutto potrà verificare la coerenza tra redditi dichiarati durante l’espatrio e patrimonio posseduto al momento del rientro.

Questo scenario genera comprensibili timori. Un professionista che ha lavorato per anni negli Emirati Arabi, dove non esiste imposizione sui redditi, torna in Italia con un patrimonio consistente. Come dimostrerà al Fisco che quel patrimonio deriva da redditi lecitamente prodotti e non tassati in Italia? Anche se tutto è regolare, la prospettiva di dover giustificare ogni incremento patrimoniale può risultare ansiogena.

Ed è qui che nasce la tentazione di “alleggerire” il patrimonio prima del rientro. Donare immobili ai figli, trasferire liquidità ai genitori anziani, intestare partecipazioni societarie al coniuge. Operazioni che, se fossero state fatte in altri momenti della vita, sarebbero considerate normali gesti di liberalità familiare. Ma quando vengono concentrate nei mesi immediatamente precedenti il cambio di residenza fiscale, acquisiscono una coloratura diversa.

Il Fisco non è ingenuo. Sa benissimo che alcuni contribuenti cercano di ridurre il patrimonio visibile” prima di rientrare in Italia, proprio per limitare l’esposizione a controlli e accertamenti. E quando individua questo schema, può agire in due direzioni: contestare l’intento elusivo delle donazioni e, nei casi più gravi, esercitare l’azione revocatoria per recuperare i beni donati.

Il timing come elemento indiziario

Nella valutazione della legittimità delle donazioni pre-rientro, la variabile temporale assume un’importanza decisiva. Non è tanto il fatto di aver donato che crea problemi, quanto il momento in cui lo si è fatto rispetto alla decisione di rientrare in Italia.

Immaginiamo due scenari paralleli. Nel primo, un manager italiano che lavora in Germania da otto anni dona nel 2020 un appartamento alla figlia che si sposa. Nel 2023 decide di tornare in Italia per seguire un’opportunità professionale. Il secondo scenario, è quello in cui lo stesso manager nel 2022 inizia a valutare il rientro in Italia, ne parla con consulenti fiscali per capire le implicazioni, e nel febbraio 2023 dona l’appartamento alla figlia. A marzo 2023 trasferisce effettivamente la residenza in Italia.

Dal punto di vista civilistico, entrambe le donazioni sono identiche. Ma dal punto di vista dell’analisi fiscale, cambiano completamente natura. Nel primo caso, la donazione risponde a un evento familiare specifico (matrimonio) e avviene tre anni prima del rientro, quando probabilmente la decisione non era ancora stata presa. Nel secondo caso, la donazione avviene a ridosso del rientro, dopo che è iniziato il processo di pianificazione del trasferimento.

Prossimità temporale della donazione al rientro in Italia

Il criterio da evidenziare e da ricordare è che la prossimità temporale tra donazione e cambio di residenza fiscale costituisce un elemento indiziario di intento elusivo. Non è una prova definitiva, ma sposta l’onere probatorio: sarà il contribuente a dover dimostrare che la donazione rispondeva a esigenze familiari genuine e non alla volontà di sottrarre patrimonio alla futura vigilanza del Fisco italiano.

Quanto “vicino” è troppo vicino? Non esiste una risposta univoca, ma nella prassi professionale si considera particolarmente rischiosa la finestra dei sei-dodici mesi precedenti il rientro. Donazioni effettuate un anno prima o più hanno maggiori possibilità di essere considerate fisiologiche, soprattutto se supportate da motivazioni familiari credibili. Donazioni effettuate poche settimane o mesi prima del cambio di residenza sono invece molto esposte a contestazioni.

Il dolo generico nel contesto del rientro

Quando l’Agenzia delle Entrate decide di contestare una donazione pre-rientro attraverso l’azione revocatoria ordinaria, deve superare un ostacolo probatorio significativo: dimostrare il consilium fraudis nella sua componente di dolo generico. Ma cosa significa concretamente in questo contesto?

Il dolo generico richiede la prova che il donante, al momento della donazione, era consapevole di star compiendo un atto che avrebbe pregiudicato le ragioni di un futuro creditore. Nel caso del rientro in Italia, questo si traduce nel dimostrare che l’espatriato sapeva di avere situazioni fiscali problematiche che sarebbero emerse al rientro in Italia, e ha donato proprio per mettere al riparo il patrimonio dalla futura aggressione del Fisco.

Gli elementi di prova del dolo generico

La prova di questo dolo generico può essere costruita attraverso diversi elementi indiziari:

La pianificazione documentata del rientro. Se emerge che il contribuente aveva già preso contatti con consulenti fiscali, aveva iniziato a valutare opportunità lavorative in Italia, aveva prenotato traslochi internazionali, tutto questo dimostra che la decisione del rientro era già presa quando ha effettuato le donazioni. La donazione non può quindi essere considerata un evento casualmente precedente al rientro, ma diventa parte di una strategia consapevole.

La concentrazione temporale di più donazioni. Se nei mesi precedenti il rientro vengono effettuate più donazioni verso diversi familiari, questo schema difficilmente può essere giustificato con mere coincidenze di eventi familiari. Una serie di liberalità concentrate in un breve periodo appare più come un programma di dismissione patrimoniale che come normali gesti di generosità familiare.

La tipologia dei beni donati. Donare beni di particolare valore o facilmente aggredibili dal Fisco (immobili, liquidità, titoli) è più sospetto che donare beni affettivi o di modesto valore. Un imprenditore che dona ai figli le quote della sua società estera pochi mesi prima di rientrare in Italia deve aspettarsi domande.

L’assenza di motivazioni familiari credibili. Se la donazione non coincide con eventi come matrimoni, nascite, avvio di attività professionali dei beneficiari, diventa più difficile giustificarla come normale solidarietà familiare. Una donazione apparentemente immotivata a ridosso del rientro alimenta i sospetti.

Esempio di situazione critica

Nella mia esperienza professionale, ho assistito un cliente in una situazione emblematica. Aveva lavorato per dodici anni in Arabia Saudita nel settore oil&gas, accumulando un patrimonio significativo. Nel 2021 aveva donato al figlio maggiore un appartamento a Milano. Nel 2022 aveva donato alla figlia alcune partecipazioni in una società lussemburghese. A gennaio 2023 aveva trasferito la residenza in Italia. L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito di un controllo, aveva scoperto queste donazioni e aveva avviato un’azione revocatoria sostenendo che erano finalizzate a ridurre il patrimonio visibile prima del rientro.

Siamo riusciti a dimostrare che la donazione del 2021 coincideva con il trentesimo compleanno del figlio (da sempre ritenuto in famiglia un momento per ricevere un patrimonio importante) e che la donazione del 2022 era legata al matrimonio della figlia. Inoltre, il cliente aveva mantenuto in Italia altri immobili e disponibilità finanziarie ampiamente sufficienti a coprire eventuali debiti fiscali.

Quando il credito fiscale non esiste ancora: le donazioni ante factum

Uno degli aspetti più insidiosi delle donazioni pre-rientro riguarda la natura stessa del credito fiscale che si vorrebbe eludere. Al momento della donazione, l’espatriato è ancora residente all’estero, non ha obblighi fiscali verso l’Italia, e quindi tecnicamente non esiste alcun “credito” del Fisco da cui proteggersi. Come può allora il Fisco contestare un’operazione finalizzata a sottrarsi a un credito non ancora esistente?

La risposta sta nella natura stessa del dolo generico richiesto per l’azione revocatoria sugli atti anteriori al credito. Come abbiamo visto, questo dolo consiste nella consapevolezza anticipata che l’atto avrebbe pregiudicato futuri creditori. È proprio il caso delle donazioni pre-rientro: il contribuente dona sapendo che al rientro in Italia potrebbero emergere pretese fiscali (per redditi non dichiarati, per valutazioni su plusvalenze, per contestazioni su residenza fiscale effettiva in anni precedenti), e intende prevenire che quel patrimonio possa essere aggredito.

Questo rende ancora più importante l’elemento della pianificazione documentata. Se il Fisco riesce a provare che il contribuente, al momento delle donazioni, aveva già avviato un confronto con consulenti fiscali sui rischi del rientro, allora dimostra che la consapevolezza c’era. Il contribuente sapeva che rientrando in Italia si sarebbe esposto a controlli e possibili accertamenti, e ha agito di conseguenza.

Prendiamo, ad esempio, un professionista che aveva lavorato per anni in Svizzera come frontaliere, ma secondo il Fisco avrebbe dovuto essere considerato fiscalmente residente in Italia. Prima di “regolarizzare” il rientro ufficiale in Italia, aveva donato alla moglie un immobile di pregio in Canton Ticino. Il Tribunale aveva accolto la revocatoria ritenendo che, anche se formalmente non esisteva ancora un accertamento fiscale, il contribuente era consapevole della propria posizione irregolare e aveva donato proprio per mettere al sicuro quel bene dalla futura pretesa italiana.

Le donazioni effettuate all’estero: giurisdizione e recuperabilità

Una questione ulteriore riguarda la natura e il luogo delle donazioni. Spesso gli espatriati effettuano donazioni mentre sono ancora residenti all’estero, seguendo le regole locali. Un italiano residente a Dubai dona al figlio un appartamento a Londra seguendo le procedure britanniche. Un manager a Singapore trasferisce liquidità sui conti svizzeri dei genitori. Queste operazioni sono perfettamente legittime secondo le leggi del paese dove vengono effettuate.

Il problema sorge quando il donante rientra in Italia e il Fisco italiano decide di contestare quelle operazioni. L’azione revocatoria italiana può raggiungere beni situati all’estero? La risposta è complessa e dipende da diversi fattori: la natura del bene, gli accordi internazionali, la collaborazione tra autorità fiscali.

Per quanto riguarda gli immobili all’estero, l’azione revocatoria può dichiarare inefficace la donazione, ma per recuperare materialmente il bene sarà necessario attivare procedure di riconoscimento ed esecuzione della sentenza italiana nel paese dove si trova l’immobile. Questo può essere molto complesso e costoso, tanto che spesso il Fisco rinuncia.

Per quanto riguarda le somme di denaro o i titoli finanziari, se al momento dell’azione revocatoria i beni sono ancora all’estero e intestati al donatario residente all’estero, il recupero diventa praticamente impossibile per il Fisco. Se invece i beni sono rientrati in Italia o il donatario è residente fiscale italiano, il recupero è più agevole.

Questo spiega perché molti espatriati pensano di poter “risolvere” il problema donando beni esteri a familiari che rimangono all’estero. L’idea è: “Dono l’appartamento di Londra a mio fratello che vive a Londra. Il Fisco italiano non potrà mai recuperarlo“. Tecnicamente può essere vero in termini di recupero materiale, ma questo non elimina le conseguenze fiscali per il donante in Italia.

Infatti, anche se il bene non può essere materialmente recuperato, la donazione può essere considerata fiscalmente rilevante in Italia. Se emerge nell’ambito di un accertamento (ad esempio attraverso lo scambio automatico di informazioni CRS, o attraverso controlli sul quadro RW), il contribuente dovrà comunque pagare l’imposta di donazione, eventuali sanzioni per omessa dichiarazione, e potrebbe essere soggetto a ulteriori accertamenti sul patrimonio complessivo.

Il principio di capacità contributiva

Oltre all’azione revocatoria, esiste un altro profilo di rischio per le donazioni pre-rientro: la contestazione della capacità contributiva. L’Amministrazione finanziaria, nell’ambito di accertamenti sintetici o redditometrici, può chiedersi: come ha fatto il contribuente a donare beni di quel valore se i redditi dichiarati erano inferiori?

Un espatriato rientra in Italia e nei successivi anni dichiara redditi modesti (ad esempio, un impiego part-time o una pensione). Ma emerge che pochi mesi prima del rientro aveva donato ai figli beni per un valore complessivo di 800.000 euro. Il Fisco può utilizzare questo dato per presumere che durante gli anni all’estero il contribuente aveva prodotto redditi non dichiarati, e contestare gli anni ancora accertabili.

Questo è un rischio che va oltre la revocatoria: anche se la donazione rimane valida e non viene dichiarata inefficace, può comunque diventare un elemento di prova in un accertamento fiscale più ampio. Il contribuente dovrà dimostrare la provenienza lecita di quei beni, magari esibendo dichiarazioni fiscali estere, contratti di lavoro, estratti conto che documentino la formazione progressiva del patrimonio.

Nella consulenza pre-rientro, questo aspetto viene spesso sottovalutato. Ci si concentra sul “mettere al sicuro” i beni attraverso donazioni, senza considerare che quelle stesse donazioni possono poi diventare la prova di un patrimonio non giustificato rispetto ai redditi dichiarati. È un classico caso in cui il tentativo di proteggersi crea nuovi problemi.

Prima di effettuare donazioni in vista del rientro in Italia, è essenziale predisporre una completa documentazione sulla formazione del patrimonio. Contratti di lavoro esteri, buste paga, dichiarazioni fiscali estere, atti di vendita, estratti conto: tutto quello che può dimostrare che il patrimonio donato deriva da redditi lecitamente prodotti e tassati (o non tassabili) nel paese di residenza.

Il ravvedimento operoso

Per alcuni espatriati che hanno situazioni fiscali pregresse non regolari, la presentazione di dichiarazioni dei redditi sfruttando il ravvedimento operoso potrebbe essere uno strumento da valutare. Se un contribuente sa di aver avuto per anni conti esteri non dichiarati, o di aver mantenuto la residenza fiscale italiana in modo fittizio, potrebbe valutare di regolarizzare la posizione prima del rientro formale. Soprattutto a partire dal 2024, dove è possibile regolarizzare in autonomia anche situazioni di dichiarazione omessa.

Il ravvedimento operoso consente di far emergere le irregolarità, pagare le imposte dovute con sanzioni ridotte, ed evitare conseguenze anche penali. Fatto questo, il rientro in Italia avviene con una posizione “pulita” e le eventuali donazioni successive hanno meno probabilità di essere contestate.

In alcuni casi, la strategia ottimale può essere mista: ravvedimento per regolarizzare le situazioni più esposte (conti esteri non dichiarati, redditi omessi), e legittime donazioni familiari per il resto del patrimonio, ben distanziate temporalmente dal rientro e ben motivate.

La costruzione della difesa: elementi probatori essenziali

Quando un espatriato che ha effettuato donazioni pre-rientro si trova a dover giustificare quelle operazioni di fronte al Fisco (o in un eventuale giudizio revocatorio), la qualità della documentazione diventa decisiva. Non basta dire “l’ho fatto per aiutare mio figlio“. Serve una narrazione credibile supportata da prove concrete.

  • Documenti sulla formazione del patrimonio: Dichiarazioni fiscali estere di tutti gli anni di espatrio, contratti di lavoro, buste paga, bonus aziendali, atti di compravendita di immobili, estratti conto che documentino i flussi finanziari. L’obiettivo è dimostrare che il patrimonio donato si è formato legittimamente durante gli anni all’estero.
  • Motivazioni familiari delle donazioni: Inviti di matrimonio, certificati di nascita, contratti preliminari di acquisto casa del figlio beneficiario, atti costitutivi di società avviate dal figlio. Tutto ciò che può dimostrare che la donazione rispondeva a un’esigenza familiare specifica e non a una strategia di protezione patrimoniale.
  • Cronologia della decisione di rientro: Email, offerte di lavoro, comunicazioni con agenzie immobiliari italiane. Paradossalmente, può essere utile dimostrare che la decisione di rientrare è stata presa DOPO le donazioni, o comunque che le donazioni erano già programmate per motivi indipendenti dal rientro.
  • Capienza patrimoniale residua: Situazione patrimoniale complessiva al momento del rientro, con evidenza che dopo le donazioni il patrimonio residuo era comunque significativo. Questo contrasta la tesi che le donazioni fossero finalizzate a svuotare il patrimonio.

Consulenza fiscale online

Il rientro in Italia dopo anni all’estero è un momento delicato che richiede pianificazione accurata, non improvvisazione. Le donazioni familiari effettuate in prossimità del cambio di residenza fiscale sono esposte a contestazioni, non perché siano illegittime in sé, ma perché il loro timing può rivelare un intento di protezione patrimoniale anticipata rispetto ai futuri controlli fiscali.

La differenza tra una donazione legittima e una donazione contestabile sta spesso in pochi mesi di anticipo, nella presenza di motivazioni familiari documentabili, nella capienza patrimoniale residua, nella completezza della documentazione sulla formazione del patrimonio. Non esistono garanzie assolute, ma una pianificazione consapevole può ridurre drasticamente i rischi.

La tentazione di “mettere al sicuro” il patrimonio donandolo ai familiari prima di rientrare è comprensibile, ma può rivelarsi controproducente se diventa essa stessa la prova di un intento elusivo. Molto meglio investire in una consulenza fiscale preventiva approfondita, che valuti tutti i rischi del rientro, predisponga la documentazione necessaria, suggerisca eventuali regolarizzazioni attraverso e pianifichi eventuali donazioni con tempistiche e modalità meno esposte a contestazioni.

Il patrimonio legittimamente formato all’estero non ha nulla da temere dal Fisco, a patto che sia adeguatamente documentato e che il rientro sia gestito con trasparenza. Le donazioni familiari possono far parte di questa pianificazione, ma devono essere genuine espressioni di solidarietà familiare, non strumenti di difesa da controlli fiscali temuti.

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    Fonti

    • Codice Civile, artt. 2901-2903
    • D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), artt. 2-3
    • D.L. 28 giugno 1990, n. 167
    • D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346
    • Cassazione Civile, sentenza n. 13446/2013
    • Cassazione Civile, sentenza n. 23907/2019
    • Circolare Agenzia delle Entrate n. 304/E/1997
    • Circolare Agenzia delle Entrate n. 3/E/2025
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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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