I lavoratori dipendenti che intendono usufruire dell’agevolazione legata ai lavoratori impatriati in Italia devono presentare un’apposita autocertificazione al datore di lavoro. Questo documento è davvero molto importante, in quanto rappresenta l’assunzione di responsabilità del lavoratore in relazione alla presenza dei requisiti richiesti dalla norma. La responsabilità, indirettamente, è data dal fatto che l’Agenzia delle Entrate non prevede controlli preventivi, e quindi un errore del lavoratore sui requisiti che ha autocertificato potrebbe “costare” l’agevolazione.
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Lavoratori impatriati in Italia
L’attuale normativa di riferimento per l’agevolazione impatriati è data dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23, il quale ha cancellato la precedente normativa (art. 16 D.Lgs. n. 147/15). La ratio di questa norma quello di incentivare il rientro in Italia di lavoratori (con requisiti di elevata qualificazione e specializzazione) che hanno trascorso all’estero almeno tre anni. Questa agevolazione, di carattere strutturale, consente un notevole risparmio di imposta ai beneficiari. Rispettando i requisiti dettati dalla norma è, infatti, possibile avere una tassazione al 50% del reddito (o 40% in caso di figli minori). Tuttavia, tale agevolazione non deve essere confusa con l’agevolazione conosciuta come “rientro dei cervelli” (D.L. n. 78/10), che riguarda esclusivamente l’attività di ricercatori e docenti.
L’agevolazione ha durata a partire dall’annualità di acquisizione della residenza fiscale italiana e per i quattro anni successivi.
Autocertificazione al datore di lavoro per l’agevolazione
La prassi dell’Agenzia delle Entrate (vedasi Circolare n. 17/E/17, Parte II, § 4 e Circolare n. 33/E/2020) legata alla precedente norma agevolativa, prevede che il lavoratore presenti un documento al datore di lavoro.
In particolare, il lavoratore dipendente, con datore di lavoro italiano, deve presentare a questi una specifica richiesta sotto forma di “autocertificazione“. Si tratta di un documento in carta libera con il quale il lavoratore si assume la responsabilità di dichiararsi idoneo (in possesso dei requisiti) richiesti dall’agevolazione.
Il fatto che la domanda per questa agevolazione venga effettuata sotto la forma certificativa, piuttosto che come domanda non è irrilevante. Autocertificare, infatti, significa che il lavoratore si assume in prima persona la responsabilità sulla presenza dei requisiti richiesti per l’agevolazione.
Deve essere evidenziato, tuttavia, che come per la precedente versione dell’agevolazione, anche quella attuale (art. 5 D.Lgs. n. 209/23) non fa alcuna menzione di richiesta scritta. Tuttavia, deve ritenersi ipotizzabile adottare la stessa procedura precedentemente indicata legata alla prassi dell’Agenzia.
La richiesta di rimborso come alternativa
L’alternativa alla comunicazione preventiva al datore di lavoro è la richiesta di rimborso. Questa procedura passa attraverso la possibilità di richiedere l’agevolazione solo in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. In questa sede verrebbe chiesto il rimborso delle maggiori imposte trattenute durante l’anno dal datore di lavoro. Questo, in relazione alla richiesta, in quel momento dell’agevolazione. Questa posizione, che per l’Agenzia doveva essere solo un canale secondario di richiesta (vedasi la Circolare n. 33/E/2020) è stato, invece accolto dalla giurisprudenza di merito (C.T. Prov. Milano n. 4779/1/21). In questa sede i giudici hanno indicato che l’Amministrazione finanziaria non avrebbe potuto indicare limitazioni non previste dalla norma.
Inoltre, questo tipo di scenario potrebbe comportare minori tempi di attesa sui controlli dell’Amministrazione finanziaria sui requisiti dell’agevolazione. Infatti, in caso di richiesta di rimborso il controllo avviene in quella sede, con tempi solitamente più brevi per il contribuente.
Autocertificare per anticipare l’agevolazione
La presentazione dell’autocertificazione al datore di lavoro, rimane, comunque, il canale preferenziale. Questo, in quanto, consente di anticipare la fruizione del beneficio. Infatti, il datore di lavoro con il documento del lavoratore ha la possibilità di far fruire dell’agevolazione il lavoratore sin dalla busta paga successiva (Circolare n. 33/E/20). Questo, al posto di attendere la richiesta in dichiarazione dei redditi.
Per approfondire: Mancanza di interpello probatorio dell’agevolazione impatriati.
Elementi obbligatori
L’autocertificazione che il lavoratore deve consegnare al proprio datore di lavoro non ha una forma prestabilita ma deve contenere alcuni elementi obbligatori. Mi riferisco ai seguenti:
- Le generalità del contribuente (nome, cognome, data di nascita);
- Il codice fiscale;
- L’indicazione della data di effettivo rientro in Italia (generalmente la data corrisponde a quella di ripresa della residenza in Italia e contestuale cancellazione dall’AIRE);
- Il primo periodo di richiesta (primo anno di residenza fiscale italiana del lavoratore);
- L’eventuale prima assunzione in Italia (da indicare solo in caso di più assunzioni successive o di più rapporti di lavoro dipendente);
- L’impegno a comunicare tempestivamente ogni variazione della residenza o del domicilio prima del decorso del termine per la fruizione dell’agevolazione;
- La presenza dei requisiti richiesti dall’agevolazione, quindi, ex art. 5 del D.Lgs. n. 209/23, i seguenti:
- Di non essere stati fiscalmente residenti in Italia nei 3 periodo di imposta precedenti il trasferimento (oppure nei 6 o 7 periodi di imposta precedenti se la prestazione è in favore del medesimo soggetto estero o in favore di un soggetto appartenente allo stesso gruppo);
- L’attuale residenza in Italia;
- L’impegno a risiedere fiscalmente in Italia per i successivi 4 anni;
- L’effettuazione dell’attività lavorativa prevalentemente in Italia (per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di ciascun periodo di imposta);
- Il possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione ex D.Lgs. n. 108/12 e D.Lgs. n. 206/07;
- Il fatto di non beneficiare contemporaneamente delle agevolazioni previste dall’art. 44 del D.L. n. 78/10 e dell’art. 24-bis del TUIR.
Ulteriore indicazione in caso di rientro con figli minori
Per ottenere l’agevolazione maggiorata con detassazione al 60% del reddito (imponibile al 40%), il lavoratore deve aggiungere che, durante il periodo di fruizione dell’agevolazione, il figlio minore di età (o anche adottato) è residente nel territorio dello Stato italiano.
Ricezione della domanda da parte del datore di lavoro
I datori di lavoro (sostituti di imposta ex art. 23 del DPR n. 600/73) sono tenuti, dal momento della ricezione dell’autocertificazione, a presentare le ritenute sul 50% (o sul 40% in caso di figli minori residenti) delle somme e dei valori imponibili IRPEF, di cui all’articolo 51 del TUIR. L’obbligo da parte del datore di lavoro inizia solo a partire dal momento di ricezione del documento da parte del ricercatore o docente. Infatti, l’agevolazione riguarda i compensi da lavoro dipendente corrisposti dal periodo di paga successivo al ricevimento della richiesta, o dal primo periodo di paga successivo all’acquisizione della residenza fiscale italiana.
L’agevolazione viene applicata sino a comunicazione di interruzione, oppure sino alla cessazione del rapporto di lavoro. In ogni caso, il datore di lavoro, ogni anno è tenuto ad effettuare eventuale conguaglio tra le ritenute effettuate e quelle dovute con l’agevolazione. Il datore di lavoro non è tenuto ad applicare i benefici quando il lavoratore comunica il trasferimento della residenza o del domicilio all’estero.
Autocertificazione presentata in ritardo al datore di lavoro
Un aspetto importante dell’agevolazione, spesso sottovalutato, è cosa accade se il lavoratore impatriato presenta in ritardo la domanda al datore di lavoro. Pensa al caso di un soggetto rientrato in Italia a febbraio, che acquista residenza fiscale italiana nello stesso anno. Ipotizziamo che questo ricercatore abbia iniziato attività lavorativa a marzo dello stesso anno. Tale soggetto, per dimenticanza, non presenta domanda di agevolazione al datore di lavoro, se non nell’anno successivo a quello di acquisto della residenza fiscale.
In questo caso il datore di lavoro è tenuto ad applicare l’agevolazione, ma solo per l’anno in corso ed i successivi quattro. Il primo anno, ove il ricercatore non ha fruito dell’agevolazione, non può essere recuperato, tramite busta paga. L’unica speranza per il lavoratore è di essere ancora in tempo ad autocertificare direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.
L’agevolazione in commento, infatti, si applica dall’anno di acquisto della residenza fiscale e nei quattro successivi. Quindi, la non richiesta immediata dell’agevolazione comporta la perdita dei mesi non agevolati.
Bozza di esempio di autocertificazione agevolazione lavoratori impatriati
Di seguito puoi trovare il link ad un documento redatto come esempio con i riferimenti previsti.
Quella che puoi scaricare è una bozza di esempio per arrivare a predisporre la propria documentazione. Ogni soggetto è chiamato a valutare attentamente la propria situazione e modificare il documento nei punti necessari. Inoltre, considerata l’importanza di questa agevolazione ed il fatto che non avviene da parte dell’Agenzia delle Entrate un controllo preventivo il consiglio è di prestare molta attenzione alla verifica dei requisiti richiesti prima di presentare la domanda per l’agevolazione. |
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L’agevolazione legata ai lavoratori impatriati deve essere richiesta dal lavoratore al proprio datore di lavoro. Se hai letto questo articolo e desideri approfondire gli aspetti legati all’applicazione di questa agevolazione, contattami!
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