Al giorno d’oggi per molte madri conciliare l’ambito lavorativo con quello familiare, non risulta semplice. Sono sempre molti gli impegni ai quali una madre e un padre devono provvedere, soprattutto se sono prossimi alla nascita di un figlio.
Per la madre come per il padre si tratta di un periodo bello, ma impegnativo, si pensi alla madre e ai suoi continui impegni tra il lavoro, le visite mediche, i dolori e la stanchezza che si accumula, rimanendo nell’ottica di una gravidanza senza problematiche, ma si pensi a tutte le madri che hanno dovuto continuare a lavorare fino a pochi mesi prima della nascita del figlio perché costrette dal datore di lavoro, perché nonostante il nostro ordinamento tuteli in buona parte le madri lavoratrici, ci troviamo sempre in una situazione di stallo.
Da un lato le pressioni del datore di lavoro, dall’altra la paura della madre di non poter decidere liberamente come gestire il suo periodo di maternità, a seguito delle continue pressioni.
Cosa può fare una madre lavoratrice? Quali sono le tutele che gli spettano?
Innanzitutto possiamo dire che una lavoratrice donna che si trova in uno stato di gravidanza ha diritto di usufruire di un periodo di astensione obbligatoria che va dai 2 mesi prima della gravidanza fino a 3 mesi dopo, con la possibilità di poter richiedere dopo il periodo di astensione obbligatoria anche un periodo di ulteriori 6 mesi di astensione facoltativa, in questo ultimo periodo la retribuzione che il datore di lavoro corrisponde alla lavoratrice sarà ridotta).
Quindi la madre ha la possibilità di poter usufruire di 9 mesi di fermo senza perdere la propria retribuzione, ma subendo eventualmente una diminuzione della stessa.
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Periodo tutelato dal licenziamento
La madre lavoratrice nel periodo di maternità gode di una tutela contro il licenziamento che si estende per tutto il periodo di maternità stesso, e fino al compimento del primo anno di vita del bambino, ad eccezione di alcuni casi:
- Giusta causa ovvero colpa grave che ne giustifica il licenziamento;
- cessazione dell’azienda;
- Mancato superamento del periodo di prova;
- Scadenza del termine nel contratto a tempo determinato.
Licenziamento e dimissioni
La madre quindi escluse le cause sopra esposte, non potrà essere licenziata nel periodo di maternità e fino al primo anno di vita del bambino. Ci sono situazioni invece per le quali è la madre stessa a voler lasciare il proprio posto di lavoro, una volta trascorsi i 9 mesi previsti dalla legge, per potersi dedicare alla crescita del figlio qualora si ritenga che lo stesso non possa essere lasciato ad altri, ma che sia la madre o il padre ad occuparsene direttamente. Talvolta perché non sempre ci sono i nonni a cui poterli lasciare o semplicemente tate da permettersi di pagare. In questo caso la madre lavoratrice ha la possibilità di presentare le dimissioni volontarie.
Visti gli innumerevoli casi di “finte dimissioni della madre” su forzatura del datore di lavoro, il nostro ordinamento ha previsto l’obbligo di convalida delle dimissioni della madre.
Cosa prevede l’obbligo di convalida delle dimissioni?
La madre che si dimette entro l’anno di vita del bimbo deve rassegnare le sue dimissioni in sede protetta, ovvero convalidando la stessa presso gli uffici territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (ITL).
L’obbligo di convalida è previsto anche nel caso della lavoratrice durante il periodo di gravidanza e dalla madre come dal padre entro i tre anni di vita del bambino. La procedura da seguire nel caso di dimissioni con obbligo di convalida è la medesima sia se presentata dalla madre che dal padre, prendiamo ad esempio la neo mamma.
Per prima cosa la lavoratrice ha l’obbligo di presentare una lettera di dimissioni al datore di lavoro, in tal caso non è richiesto alcun preavviso da parte della lavoratrice e conseguentemente nessuna indennità di mancato preavviso dovrà essere erogato dalla neomamma al datore di lavoro. Dopo aver consegnato la lettera di dimissioni, la lavoratrice potrà presentarsi direttamente agli uffici dell’ITL dichiarando:
- I dati anagrafici dell’azienda per la quale lavora
- La volontà di dimettersi
- I motivi della dimissione
La procedura è più complicata in queste situazioni, proprio perché il nostro legislatore cerca di offrire una tutela ampia alle giovani madri lavoratrici che si trovano in qualche modo costrette a lasciare il posto di lavoro in virtù delle pressioni del datore di lavoro.
In questo modo la donna ha modo di presentarsi personalmente in un ufficio dichiarando presumibilmente il vero delle proprie volontà.
L’obbligo di convalida spetta anche alla madre entro il terzo anno di vita del bimbo, ma in questo caso le tutele normative sono meno forti, in questo caso la madre non si può licenziare in tronco, ma dovrà rispettare i termini ordinari di preavviso inoltre non avrà la possibilità di richiedere la disoccupazione Naspi, a differenza della madre che si dimette entro l’anno di vita del bimbo.
Dimissioni entro un anno e diritto alla Naspi: requisiti
Come abbiamo detto poco fa, le tutele per la madre entro il primo anno di vita del bambino sono maggiori rispetto ad altre. La Naspi solitamente spetta solo in caso di dimissioni non volontarie (ovvero licenziamento da parte dell’azienda).
Le due eccezioni che prevedono il diritto alla Naspi sono:
- Dimissioni per giusta causa;
- Dimissioni entro l’anno di età del bambino.
La possibilità di poter richiedere l’indennità di disoccupazione Naspi spetta se la madre lavoratrice si trova entro il primo anno di età del bambino e se vengono rispettati i seguenti requisiti:
- La lavoratrice deve aver svolto almeno 30 giorni di lavoro nell’ultimo anno;
- Deve aver maturato almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 4 anni.
Se la madre gode di questi requisiti ha la possibilità, dopo il periodo di astensione di 6 o 9 mesi provvedere a dimettersi senza perdere la Naspi e senza dover dare il preavviso al proprio datore di lavoro, anzi in tal caso sarà il datore di lavoro a pagare la relativa indennità. L’indennità prevista non è fissa, ma varia a seconda del CCNL applicato.
Preavviso
Entro il primo anno di vita del bambino la madre non ha l’obbligo di dare alcun preavviso così come previsto dall’ art. 55 del T.U. sulla maternità; D.Lgs n. 151/2001. Non pagherà nessuna indennità di mancato preavviso, ma sarà il datore stesso a dover erogare l’indennità alla neomamma. In tutti gli altri casi di dimissioni da parte della madre lavoratrice è previsto il normale obbligo di preavviso all’azienda.
Padre
Tutte le cose dette finora valgono anche per il padre, la legge tutela le due figure genitoriali in pari modo.
Dovrà quindi anche lui seguire la procedura speciale per le dimissioni, non ha l’obbligo di rispettare il preavviso e ha diritto alla Naspi.