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Dimissioni nei contratti a tempo determinato: come funzionano

Fisco NazionaleFiscalità del lavoroDimissioni nei contratti a tempo determinato: come funzionano

I contratti a tempo determinato hanno già una scadenza prestabilita e pertanto non prevedono la possibilità di recedere anticipatamente, ovvero di dare le dimissioni. Di conseguenza, non prevedono nemmeno un preavviso.

Il contratto a tempo determinato è per sua definizione un rapporto di lavoro che prosegue fino ad una certa data e una volta raggiunta si risolve automaticamente, a meno che l’azienda non decida di effettuare una proroga del contratto ovvero di trasformare il contratto a tempo indeterminato. Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato, nel quale è prevista una durata predeterminata, attraverso l’indicazione di un termine. La durata massima è fissata in dodici mesi e può essere elevata a ventiquattro mesi solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  • Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  • Esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • Necessità connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Qualora venisse superato l’anno, in automatico in contratto diventa a tempo indeterminato. Le dimissioni del lavoratore assunto con contratto a tempo determinato sono regolamentate in modo molto ristretto dal codice civile e vengono ammesse solo in pochi e rari casi.

Il contratto a termine non può quindi avere una durata superiore a 24 mesi, comprensiva di proroghe e/o per effetto di più contratti, fatte salve diverse previsioni dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Per il raggiungimento dei ventiquattro mesi sono considerati anche i periodi relativi a missioni in somministrazione effettuate dal lavoratore presso lo stesso datore di lavoro/utilizzatore, aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale. La proroga è possibile fino ad un massimo di quattro volte, indipendentemente dal numero dei rinnovi. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

Questa forma di contratto è disciplinata dal c.d. codice dei contratti contenuta nel Jobs Act, D.Lgs. n. 81/2015. Nel luglio 2018 ha visto una revisione dei termini con il D.L. n. 87/2018 conosciuto chiamato anche Decreto Dignità, il quale è andato ad intervenire maggiormente sulle durate massime, possibili proroghe, causali, sui termini di impugnazione e sulla contribuzione.

Come funzionano le dimissioni nel contratto a tempo determinato? E’ possibile dare le dimissioni nel contratto a tempo determinato?

Le dimissioni del lavoratore assunto con contratto a tempo determinato sono regolamentate in modo molto ristretto dal codice civile e vengono ammesse solo in pochi e rari casi.

Una delle principali ragioni per cui la rescissione del rapporto lavorativo viene approvata sono le famose dimissioni per giusta causa, ovvero quando il datore di lavoro si comporta in modo molto grave a discapito del dipendente, non permettendo a quest’ultimo di proseguire nelle sue mansioni.

Proroga e rinnovo del contratto a tempo determinato

I rinnovi dei contratti a tempo determinato non sono una novità, anzi, finché si può il datore di lavoro allunga la collaborazione, sia per un fatto di comodità sia per una questione di risorse da usare nell’insegnare ad una nuova persona il ruolo.

Sono previsti degli intervalli temporali da rispettare prima del rinnovo di un nuovo contratto, ed essi sono:

  • 10 giorni, per un contratto inferiore ai 6 mesi;
  • 20 giorni, oltre i sei mesi di attività continua.

Se questa norma non dovesse venire rispettata, il secondo contratta si trasforma in modo automatico in un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Inoltre, un diritto di precedenza può venir applicato nel momento in cui il datore di lavoro aprisse nuove assunzioni in modo indeterminato.

Per usufruire di questo servizio, il lavoratore dovrà presentare una richiesta scritta entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato.

Differenze dai contratti a tempo indeterminato

Molte volte viene scelta la formula dei contratti a tempo determinato per aziende che hanno picchi di lavoro alti ma non possono garantire una continuità lavorativa a tutti i dipendenti, quindi vengono scelte e predilette le categorie a tempo.

I diritti per i lavoratori assunti in formula di tempo determinato sono gli stessi, infatti, in base alla posizione, risultano sullo stesso piano dei colleghi con contratti a tempo indeterminato.

Differiscono, però, nella formula di dimissione o licenziamento: il tempo indeterminato ha la possibilità di dimettersi, ovviamente rispettando il preavviso di dimissioni richiesto.

Per i tempi determinati, invece, la storia si complica perché la durata totale del rapporto ha già una fine, e quindi, di formula si è preso un impegno a collaborare fino al termine pattuito dal contratto.

Stessa storia vale per i licenziamenti da parte datore, nel primo caso deve comunque essere un preavviso, per non lasciare a piedi il dipendente, nel secondo, invece, il proprietario ha le mani legate, ovvero non può licenziare prima della scadenza del contratto, per le stesse ragioni sopra elencate.

Come funzionano le dimissioni per i contratti di lavoro a tempo determinato

Già da contratto il termine ultimo è indicato, quindi le ufficiali dimissioni per i contratti a tempo determinato non prevedono alcuna comunicazione da parte sia del lavoratore sia del datore.

Qualora ci fosse la presenza di un periodo di prova, le condizioni cambiano leggermente, entrambe le parti possono decidere di terminare il contratto nel giorno stesso durante questo arco di tempo. Non sono necessarie motivazioni e non incomberete in sanzioni.

Viene inoltre prevista la possibilità di recidere il contratto in anticipo a patto che si raggiunga un accordo unilaterale, sia passato il periodo di prova e ci siamo delle gravi motivazioni alla base.

Dimissioni contratto a tempo determinato per giusta causa

Come anticipato prima, si può scegliere di terminare il contratto a tempo determinato prima della sua data di scadenza ma solo per giuste cause. Qualora non ci sia la presenza di una giusta causa, il lavoratore dovrà incombere in conseguenze. In questo caso il lavoratore non è obbligato a fornire un preavviso al datore di lavoro.

La procedura

Nel momento in cui un dipendente decide di dare le dimissioni del contratto a tempo determinato per giusta causa i passaggi da fare sono prettamente semplici e schematici.

Prima di tutto deve inviare le dimissioni in modo telematico sfruttando i moduli che troverete su sito www.cliclavoro.gov.it, dove potrete svolgere l’invio anche in modo autonomo sfruttando il portale che richiede lo SPID. I patronati, consulenti del lavoro o sindacati possono essere un appoggio e aiuto in casa preferiste “viaggiare sicuri”.

La richiesta verrà inviata al datore di lavoro via PEC e all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Da tenere a mente, oltre al controllo della correttezza dei dati inseriti, bisogna selezionare l’opzione “dimissioni per giusta causaindicando poi il giorno in cui le inviate e il vostro ultimo turno in azienda.

C’è sempre la possibilità di revocare le dimissioni entro sette giorni dall’invio sfruttando lo stesso metodo utilizzato per la formulazione della domanda.

Quali sono i comportamenti che rientrano nelle dimissioni per giusta causa

Il dipendente che decide di rescindere il contratto per giusta causa dovrà controllare fra i seguenti punti ed assicurarsi che ci sia effettivamente un fallo da parte del datore di lavoro, altrimenti le dimissioni del contratto a tempo determinato restano nulle e si rischia di incombere in sanzioni.

  • Mancanza o ritardo nella consegna del pagamento;
  • Mancato versamento dei contributi previdenziali;
  • Mobbing;
  • Consistente riduzione delle mansioni, tali da pregiudicare le conoscenze professionali del dipendente;
  • Molestie sessuali da parte del datore di lavoro;
  • per comportamento ingiurioso del superiore gerarchico;
  • quando il datore pretende prestazioni illecite dal lavoratore.

Il risarcimento: cosa aspetta al lavoratore

Nel momento che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro accetta le dimissioni del contratto a tempo determinato per giusta causa, il lavorato ha il diritto di un risarcimento danni che verrà rimborsato tramite busta paga.

Per calcolarlo vengono considerate la retribuzione totale fino al termine del contratto, nel quale vengono inclusi anche tredicesima ed eventuale quattordicesima nel caso fosse presente.

Ricordiamo che, qualora dovessero presentarsi i problemi sopra elencati durante il periodo di prova, non sarà necessario ricorrere alla formulazione di licenziamento ma basterà presentare le proprie dimissioni verbalmente, dove non è necessario fornire giustificazioni o motivazioni della vostra scelta.

Ovviamente, per assicurarvi di avere le spalle coperte è meglio fornire una prova scritta dove indicate il vostro ultimo giorno effettivo.

Dimissioni a contratto a tempo determinato senza giusta causa

Se nel caso opposto vi trovate a consegnare il vostro licenziamento senza una giusta causa, sarà il datore di lavoro a richiedere il risarcimento. La somma verrà trattenuta direttamente dalla busta paga e dipenderà dall’azienda.

Non è detto che l’importo di tale rimborso sia uguale alla quota degli stipendi del lavoratore, dal momento del licenziamento fino al termine del rapporto lavorativo. Infatti, qualora il danno arrecato all’azienda venisse considerato grave per pessima tempistica, potrebbe venir richiesta una somma molto più alta.

Come deve comportarsi il datore di lavoro

Partendo dal presupposto di quello che l’azienda dovrà ricevere o dare nel momento della ricezione delle dimissione del contratto a tempo determinato del lavoratore, il datore di lavoro dovrà comunicarle entro 5 giorni al Centro per L’impiego tramite il modello Unilav.

Nel modello deve essere indicato se le dimissioni sono ordinarie o per giusta causa, insieme all’ultimo giorno di lavoro effettuato dal dipendente.

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