Uno degli istituti più discussi è quello della conciliazione giudiziale. In occasione delle controversie, è uno dei principali strumenti disponibili. Esso consiste nel definire una controversia davanti alla Commissione tributaria di primo grado, dopo che le parti del processo si sono accordato.

La conciliazione giudiziale è entrata a far parte dell’ordinamento italiano con l’art. 2- sexies della legge 30 novembre 1994 n. 656.

La normativa in questione è stata definita, successivamente, con l’approvazione del D. Lgs n. 218/1997.

L’istituto tanto chiacchierato può essere richiesto sia da parte del contribuente sia dall’Amministrazione finanziaria, quando vi è un contenzioso tributario pendente. La finalità è quella di definire il contenzioso ponendo fine al conflitto tra le parti. La conciliazione giudiziale può essere richieste da:

  • Contribuente
  • Ufficio tributario
  • Commissione tributaria provinciale.

La proposta di conciliazione può essere totale o parziale. Ciò è definito a seconda se essa abbia come oggetto la controversia, nel suo insieme, oppure soltanto una parte di essa.

Inoltre, la proposta può avvenire solo da parte della commissione provinciale, a patto che sia presentata entro la prima udienza e mai dopo. Se la conciliazione, per motivi tecnici, non può avvenire durante la prima udienza allora è possibile attribuire un termine per formulare una proposta di conciliazione. Il termine massimo però non deve mai superare i 60 giorni.

Nel caso in cui la conciliazione venga proposta durante l’udienza, allora essa prende il nome di conciliazione giudiziale. Se ciò invece la proposta viene effettuata prima dell’udienza allora viene denominata conciliazione extragiudiziale. Per avere una panoramica dei vari casi, andiamo ad analizzare quali sono le caratteristiche di ognuno.

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Conciliazione giudiziale: la guida completa

Che cos’è la conciliazione giudiziale?

Si tratta di un accordo di conciliazione, in forma scritta, che deve essere firmato dalle parti. Esso deve essere depositato, nel termine massimo di dieci giorni precedenti la controversia, presso la segreteria della Commissione.

Se la conciliazione è proposta dal giudice, essendo egli super partes, non può effettuare valutazioni nel merito. Quest’ultima infatti spetta soltanto alle parti.

Il giudice, nella sua posizione, esamina soltanto gli aspetti di legittimità della controversia e della conciliazione. Una volta che le parti arrivano ad un accordo, a quel punto viene redatto un apposito processo verbale, in sede di udienza. Tale documento presenta vari elementi:

  • i termini;
  • i modi di conciliazione;
  • gli importi dovuti.

Inoltre, esso rappresenta il titolo necessario per la riscossione delle somme dovute.

Conciliazione extragiudiziale

In questo caso, l’obiettivo è sempre raggiungere un accordo. Che cosa lo differenzia da quello giudiziale? Il fatto che l’intesa viene raggiunta esternamente al processo.

Quindi, vi è un atto già sottoscritto dalle parti, che viene rilasciato dall’Ufficio finanziario presso la segreteria della Commissione tributaria, antecedentemente alla data di fissazione dell’udienza.

Anche nella conciliazione giudiziale, il giudice controlla soltanto la legittimità della conciliazione. Se egli, per sbaglio, stabilisce la non ammissibilità dell’accordo, allora la sentenza è viziata e quindi risulta impugnabile davanti all’autorità giudiziaria di appello.

Caratteristiche fondamentali della conciliazione giudiziale

Prima di procedere con la conciliazione giudiziale, è bene conoscere alcune sue caratteristiche. Tale strumento raggiungere il suo completamento solo quando vi è il versamento degli importi dovuti.

Quest’ultimo deve essere effettuato in una sola soluzione oppure a rate, nel caso di somme importanti.

La controversia, una volta raggiunta la conciliazione, è definita con una sentenza. A quel punto, le sanzioni amministrative subiscono una riduzione fino a un terzo di quelle irrogabili, in funzione dell’onere stabilito con la conciliazione.

Le sanzioni previste però non possono essere inferiori, per ogni imposta, a un terzo delle quote minime previste per la violazione più grave. L’accordo conciliativo provoca degli effetti anche sull’eventuale procedimento penale, che si viene a creare dopo l’accertamento.

Se la conciliazione avviene prima della dichiarazione di apertura del dibattito di primo grado, il contribuente può ottenere anche il dimezzamento della pena irrogata per la violazione o comunque una sua riduzione. Sono escluse invece le pene accessorie.  

Conciliazione giudiziale e istituto deflattivi del contenzioso

Un altro caso in cui si può ricorrere alla conciliazione giudiziale è quello in cui vi è il raggiungimento di un accordo tra l’amministrazione finanziaria e il contribuente per estinguere del tutto o in parte una controversia presso le Commissioni tributarie.

Questo istituto rappresenta uno strumento con cui il contribuente, evitando tempi lunghi, può risolvere un contenzioso attuale o potenziale, beneficiando di una riduzione delle sanzioni amministrative.

Con le disposizioni contenute all’articolo 9 si apportano notevoli modifiche all’articolo 48 del D.lgs. del 31 dicembre 1992 n.546, che sono entrate in vigore a partire dal primo gennaio 2016. L’obiettivo di tali modifiche è quello di offrire una maggiore attrazione dell’istituto attraverso la coordinazione con l’articolo 17-bis del D.lgs. 542/1992 che disciplina il reclamo e la mediazione nonché con l’articolo15 che regola le spese di giudizio secondo quelle che sono le linee guida dettate dalla legge delega per la riforma del sistema fiscale (11 marzo 2014 n.23).

Le principali novità hanno riguardato:

  • L’ambito operativo, prevedendo la possibilità di effettuare la procedura in sede di appello, nelle situazioni di mediazione o reclamo;
  • Ambito sanzionatorio, prevedendo un cambiamento della sanzione a seconda del grado di giudizio in cui si raggiunge l’accordo;
  • Il perfezionamento della procedura, quindi viene veno il vincolo al versamento dell’importo indicato nell’accordo ma si fa riferimento alla redazione del processo verbale di conciliazione;
  • Le somme possono essere rateizzate che è stato riformato dal decreto “semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione”

La disciplina della conciliazione è contenuta nei seguenti articoli:

  • art. 48 che disciplina la conciliazione esterna all’udienza
  • l’articolo 48 bis che disciplina la conciliazione in udienza
  • l’articolo 48 ter che prescrive la definizione e il pagamento degli importi da versare.

La finalità, i benefici e i caratteri della conciliazione giudiziale

Andiamo ad analizzare adesso quali sono gli scopi di tale strumento ma anche i suoi punti di forza.

La conciliazione giudiziale evita un lungo e incerto contenzioso.

Un accordo conciliativo può ridurre i tempi e abbattere i costi rispetto alle procedure ordinarie di risoluzione del contenzioso. Per questo, essa interviene solo sul quantum debeatur e non sull’an cioè solo quando l’ufficio considerala pretesa tributaria del tutto illegittima. A quel punto, l’ufficio ha l’obbligo di provvedere in autotutela a ritirare l’atto impositivo.

Quindi, con la conciliazione il Fisco riduce il contenzioso tributario, in quanto definisce la lite prima di arrivare a qualsiasi trattazione. Di conseguenza vi è una rapida liquidazione delle entrate dell’Erario, riconducendo il settore nelle condizioni di efficienza dell’attività impositiva.

Il contribuente gode di vari vantaggi grazie all’istituto della conciliazione giudiziale. Innanzitutto, egli beneficia della conclusione parziale o totale della controversia (come previsto dall’articolo 48, comma 1).

Inoltre, egli beneficia di un altro grande vantaggio: la riduzione delle sanzioni amministrative. A ciò si aggiunge la compensazione delle spese di giudizio e il vantaggio della definizione delle vertenze riguardanti il rimborso degli importi delle tasse già versate.

Il contribuente può usufruire anche del pagamento degli importi a rate, offrendo però una garanzia idonea oppure attraverso una garanzia qualificata dall’1/1/2005 (polizza fideiussoria o fideiussione bancaria).

La conciliazione conclude una vertenza già avviata con il Fisco davanti alla Commissione tributaria provinciale.

Ciò evita i tempi del classico processo e gli oneri legati alle spese di giudizio. Inoltre, il legislatore ha previsto anche l’ipotesi della risoluzione parziale della controversia. A ciò segue il proseguimento del giudizio per la parte restante in cui viene esaminata, nel merito, la controversia.

Anche il giudice può effettuare un tentativo di conciliazione (in base a quanto previsto dall’articolo 48, comma 2), anche se le parti conservano il potere di decidere la convenienza dell’accordo. Nel caso in cui essa decidano di portarlo a conclusione, devono specificare l’oggetto della conciliazione e i metodi per effettuare il pagamento.  

Conciliazione giudiziale e processo tributario

Tale strumento può essere applicato anche ai processi tributari, scopriamo in quali casi.

Si può ricorrere alla conciliazione giudiziale per tutte le controverse, anche quelle oggetto di mediazione per le quali non si è arrivati a un accordo in primo e in secondo grado. Il legislatore, per favorire il ricorso alla conciliazione giudiziale, ha previsto la possibilità di applicarlo anche alle controversie oggetto di mediazione e a quelle giunte in secondo grado, prima escluse.

La conciliazione può essere proposta, nell’ambito del processo tributario, da vari soggetti:

  • Commissione tributaria provinciale presso cui è aperto il contenzioso;
  • Agenzia delle Entrate, dal contribuente o dall’Ente di riscossione.

La conciliazione può essere totale, se riguarda l’intera somma contestata, oppure parziale, se l’accordo viene raggiunto solo per una parte di essa.

Riduzioni delle sanzioni e rateizzazione nella Conciliazione giudiziale

La riduzione delle sanzioni, a carico del contribuente possono essere pari al 40% in primo grado e al 50% in secondo grado.

In caso di pagamento a rate, il primo versamento dee essere effettuato entro 20 giorni e le rate possono essere al massimo otto per ogni trimestre, fino a un importo massimo di 50.000 euro.

Nel caso in cui il debito superi tale soglia, allora il numero massimo di rate raddoppia, salendo a sedici. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi. Questi vengono determinati dalla data successiva alla scadenza del termine per il versamento della prima rata.

Quando il contribuente decide di rateizzare deve osservare determinate tempistiche per evitare che la rateizzazione decada.

Ad esempio, la essa viene meno quando la prima rata non viene saldata entro 20 giorni dalla firma e quando le rate successive alla prima non vengono versate entro la data di scadenza della rata successiva. In tale situazione, vengono iscritte a ruolo gli importi rimanenti, le sanzioni e gli interessi. Infine, il vantaggio della rateizzazione non viene meno nei seguenti casi:

  • La prima rata viene pagata dopo la scadenza dei 20 giorni ma entro i 7 giorni successivi alla scadenza
  • Il pagamento della rata non supera l’importo del 3% ed è al di sotto dei 10.000 euro
  • Le rate successive alla prima vengono saldate entro il termine di scadenza della rata successiva.

Con il principio del lieve inadempimento il contribuente non perdere la rateizzazione quando l’irregolarità è minima. Quindi, gli basta regolarizzare il pagamento versando la rata o la parte mancante, includendo la sanzione ridotta per via del ravvedimento e gli interessi entro la data ultima per il versamento della rata successiva o entro 90 giorni, nel caso in cui si tratti dell’ultima rata.

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Raffaele Zanfardino
Giornalista pubblicista e laureato in Scienze della Comunicazione nel 2011, ho avuto la fortuna (e la caparbietà) di fare il lavoro che mi piace. Curioso di ciò che mi circonda. 'Dubito ergo sum', parafrasando Cartesio. Faccio parte, forse, dell'ultima generazione analogica essendo del 1988. Senza dati, non riesco a dare opinioni. Non a caso, odio la fuffa e contesto ciò che non è dimostrabile. L'ho scritto anche sul mio profilo LinkedIn: "Un'opinione senza fatti, resta un'opinione".

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