Cashback: quando costituisce reddito tassabile? Una delle recenti introduzioni, volta a contrastare l’evasione di piccole e medie imprese, è il cashback, ma i rimborsi sulle spese sono tassabili? Vediamo cosa c’è da sapere.

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta mediante una circolare circa una delle numerose questioni che sul controverso istituto costituente il cashback. Da quanto è stato introdotto, con la finalità di disincentivare l’evasione fiscale soprattutto tra piccole e medie imprese, è stato foriero di non poche incertezza interpretative. All’ordine del giorno vi è la questione sulla tassabilità dei rimborsi ottenuti mediante il sistema del cashback.

In particolare, la soluzione a tale interrogativo si pone a cavallo delle scadenze per presentare il modello 730 e le dichiarazioni fiscali. Tale questione diventa, allora, determinante in quanto esso dovrà essere eventualmente indicato tra le voci costituenti reddito.

Tuttavia, al fine di fare chiarezza, oggetto della questione non è il cashback di Stato. Quest’ultimo, secondo quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2021, è sempre esente da tassazione e non concorre alla formazione del reddito di chi lo riceve.

Diverso è invece il trattamento fiscale del cashback riconosciuto a scopo promozionale, ad esempio con la formula “porta un amico”.

Sul punto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 338 del 12 maggio 2021.

Vediamo cosa c’è da sapere sul punto.


Cos’è il cashback?

Preliminarmente sembra opportuno individuare cos’è il cashback.  Questo  è un metodo, sostanzialmente, di rimborso, in vigore per il periodo a partire da dicembre 2020. Tale sistema, oltre a favorire i controlli fiscali,  dovrebbe anche incentivare gli acquisti nei negozi fisici, che siano muniti di terminale, i quali quindi garantiscano i pagamenti elettronici.

Per accedere al predetto sistema, è necessario effettuare almeno 10 operazioni cashless, rispetto alle quali sarà riconosciuto il 10% di rimborso, su un massimo di 1.500 euro. Quindi potrai ottenere, in pratica, un ristoro pari ad un massimo di 150 euro.

Invero, lo strumento introdotto inizialmente in via sperimentale, oggi sta diventando una prassi consuete. Stanno aumentando in maniera esponenziale il numero dei pagamenti elettronici e digitali effettuati dagli utenti che mirano a scalare questa speciale classifica. La soglia utile ad aggiudicarsi il bonus, infatti, sta salendo a una media di 5-6 transazioni al giorno ed è prevedibile che di questo passo il loro numero potrà aumentare.

L’impiego sempre crescente di questo strumento ha indotto il sorgere di alcune prassi alternative. Sono frequenti le formule “porta un amico”, che consentono all’utente di un determinato servizio di ricevere una somma in cambio della promozione di un determinato portale.

Quindi è una forma promozionale di utilizzo del cashback, sul quale si è sviluppato il dibattito circa la tassabilità. Sono, quindi escluse eventuali forme di tassazione rispetto al cashback vero e proprio.

Cashback da indicare in dichiarazione dei redditi?

Come spesso accade sono state effettuate richieste di chiarimenti all’Agenzia delle entrate circa la tassazione dei rimborsi ottenuti mediante il sistema in questione.

In questo caso a chiedere chiarimenti sul trattamento tributario relativo ai rimborsi erogati è sono state le stesse società di e-commerce, che sono ricorse al sistema promozionale della pubblicazione sul proprio sito di inserzioni per l’acquisto di beni o servizi offerti dalle stesse.

Questo sistema prevede il riconoscimento di uno sconto per gli utenti ogniqualvolta si procede all’inserzione pubblicata sul portale. Questo potrà essere ottenuto o in sede di acquisto oppure sotto forma di cashback.

Tale sistema di incentivazione è utilizzato anche come indurre l’utente a procacciare ulteriori clienti, che accedano alla piattaforma, secondo il sistema “porta un amico”.

Le due prassi sono distinte dall’Agenzia delle entrate in tema di tassazione nella circolare in questione.

Incentivi alle vendite

Per la prima tipologia di impiego del cashback ai fini promozionali, l’Agenzia delle entrate ha specificato che non sono somme oggetto di dichiarazione di redditi. Questi sono ritenuti degli incentivi alle vendite posti in essere dai siti e-commerce.  In sostanza chi si registra sul portale ha la possibilità di fare acquisti su siti affiliati ottenendo uno sconto o il cashback.

Tale incentivo ha natura essenzialmente personale, comunque costituisce una sorta di restituzione all’acquirente di quanto pagato al momento dell’acquisto. Predette somme, infatti, non rientrano  in nessuna delle categorie reddituali previste dall’articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

Cashback “porta un amico”

Diversa, invece, è l’ipotesi del cashback porta un amico. Tale seconda categoria di introiti, infatti, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate costituisce reddito tassabile:

“Diversa è l’ipotesi in cui, invece, venisse riconosciuto dalla Società all’utente una somma per incentivare l’utilizzo del Portale da parte di altri utenti (ad esempio, con la formula “porta un amico”), sia in misura fissa che in misura percentuale, in base agli acquisti dagli stessi effettuati. In tale ipotesi, infatti, le somme corrisposte costituirebbero un reddito diverso rientrante tra quelli di cui all’articolo 67, comma 1,lettera l), del Tuir.”

Tuttavia, l’affermazione lascia dei dubbi insoluti. Ci si potrebbe chiedere se ad esempio a predette somme vada applicata la ritenuta IRPEF.

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Clelia Tesone
Avvocato "Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II" e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente concluso la pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord".

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