La crescente globalizzazione ha portato molte aziende italiane ad espandere le proprie operazioni oltre confine, aprendo filiali e succursali in paesi stranieri (attraverso un processo di internazionalizzazione). Questa espansione offre opportunità di crescita, ma introduce anche complessità fiscali che possono rappresentare un onere non indifferente. Una delle principali problematiche riguarda la doppia tassazione dei profitti prodotti all’estero. In questo contesto, il regime della branch exemption si configura come uno strumento efficace per ottimizzare la gestione fiscale delle attività internazionali. In questo articolo esploreremo il funzionamento di questo regime, i requisiti necessari e le opportunità che può offrire alle imprese italiane.
Indice degli Argomenti
- Cosa è la Branch Exemption?
- Come si esercita l’opzione per la Branch Exemption?
- Come funziona l’esenzione da tassazione del reddito della stabile organizzazione estera?
- Localizzazione della branch: i criteri
- Aspetti fiscali e dichiarativi del regime della Branch Exemption
- La valutazione tra Branch Exemption o controllata estera?
- Come sfruttare a proprio vantaggio il regime della Branch Exemption?
- Pianificazione fiscale nel regime branch exemption
- Consulenza fiscale online
Cosa è la Branch Exemption?
La branch exemption è un regime fiscale opzionale che permette alle aziende italiane di esentare dalla tassazione in Italia i redditi prodotti dalle proprie stabili organizzazioni situate all’estero. Il regime è disciplinato dall’art. 168 del TUIR e consente l’esenzione dei redditi e delle perdite delle stabili organizzazioni estere. Tali proventi o perdite restano imponibili nel solo Stato ove è localizzata la stabile organizzazione.
Si tratta di una deroga al regime ordinario in cui il reddito della stabile organizzazione è tassato sia all’estero si in Italia. Tale reddito, in via ordinaria, infatti, deve essere tassato prima nello Stato estero (c.d. “Stato della fonte“) e poi in Italia con riconoscimento del credito per le imposte estere (ex art. 165 del TUIR).
In parole semplici, invece di essere tassati sia nel paese estero sia in Italia, i redditi della branch possono essere esentati dalla tassazione italiana, evitando la doppia imposizione. Questo regime è stato introdotto in Italia con il Decreto Legislativo n. 147/2015, noto anche come “Decreto Internazionalizzazione“.
Obiettivo del regime della Branch Exemption
L’obiettivo principale di questo regime è quello di rendere più competitivo il sistema fiscale italiano, allineandolo a quelli degli altri paesi europei, offrendo una maggiore certezza e stabilità alle imprese che operano in ambito internazionale. In questo modo, le aziende possono concentrarsi sulla crescita e sull’espansione, senza essere ostacolate da una fiscalità troppo onerosa o complessa.
L’effetto fiscale che si viene a creare con questo regime fiscale è assimilabile a quello di avere tante subsidiary estere, tenute a pagare le imposte sui redditi esclusivamente nel Paese ove sono situate (e non anche in Italia).
In generale, non esiste una soluzione migliore dell’altra valida in assoluto. L’internazionalizzazione è una procedura complessa in cui le variabili da considerare sono molteplici e dove un peso rilevante lo riveste la struttura organizzativa dell’attività economica da svolgere all’estero.
Esempio numerico di applicazione
Partiamo ipotizzando una casa madre italiana “Alfa” che realizza un reddito pari a 10.000 euro. La stabile organizzazione di “Alfa” situata in Francia, realizza un reddito imponibile di 5.000 euro, sul quale ha versato un’imposta esterea (definitiva) per 1.000 euro. Nella tabella seguente ho riportato gli effetti legati alla tassazione di questi redditi utilizzando il regime ordinario di tassazione ed il regime opzionale della branch exemption.
Tabella: confronto regime ordinario e regime delle branch exemption per le stabili organizzazioni estere
DESCRIZIONE | REGIME ORDINARIO DI IMPUTAZIONE DEL REDDITO | OPZIONE PER LA BRANCH EXEMPTION |
---|---|---|
Reddito di Alfa (A) | 10.000 | 10.000 |
Reddito stabile organizzazione (B) | 5.000 | 5.000 |
Imposte estere definitive versate (C) | 1.000 | 1.000 |
Reddito imponibile in Italia (D) | 15.000 (A + B) | 10.000 (A) |
IRES lorda (E) | 3.600 (D * 24%) | 2.400 (D * 24%) |
IRES netta (F) | 2.600 (E – C) | 2.400 (E) |
Onere fiscale complessivo | 3.600 (F + C) | 3.400 (F + C) |
Sostanzialmente, a fronte di una stessa situazione di partenza, con il regime ordinario di imputazione del reddito della stabile organizzazione estera l’importo finanziariamente uscito dall’impresa (nel suo complesso) è di 3.600 (2.600 + 1.000). Mentre, con il regime di esenzione della branch è di 3.400 (2.400 + 1.000). In questo esempio, il regime della branch exemption è vantaggioso, in quanto, di fatto, la tassazione subita dalla branch estera è meno elevato rispetto a quello in Italia.
Nell’esempio l’aliquota di tassazione estera è ipotizzata al 20%, contro il 24% in Italia. L’esempio, quindi, ipotizzando un’aliquota estera più elevata di quella italiana produrrebbe un risultato ribaltato, con una tassazione ordinaria più favorevole di quella opzionale.
Come avrai capito utilizzare questo regime può essere davvero vantaggioso ma è necessario effettuare un’attenta valutazione di convenienza in relazione alla localizzazione delle branch estere.
Se sei interessato, di seguito puoi trovare le disposizioni attuative di questo regime fiscale, contenute nel Provvedimento n. 165138/2017 dell’Agenzia delle Entrate.
Come si esercita l’opzione per la Branch Exemption?
L’opzione per l’applicazione della Branch Exemption deve essere esercitato dalla casa madre residente in Italia e presenta le seguenti caratteristiche:
- Deve riguardare tutte le stabili organizzazioni estere. Si tratta di tutte le branch esistenti al momento dell’esercizio dell’opzione. L’opzione è valida anche per le stabili organizzazioni costituite successivamente senza che sia necessaria una nuova opzione;
- È irrevocabile. La scelta liberamente esercitata dall’impresa non può essere revocata con un ripensamento a posteriori. Si vuole evitare che criteri di convenienza maturati successivamente possano revocare la scelta (attraverso una integrativa a sfavore e versamento di interessi e sanzioni). Sul punto vedasi la Circolare n 13/E/2018.
L’esercizio dell’opzione per il regime in commento deve essere valutata con attenzione. Infatti, tale opzione deve riguardare necessariamente tutte (e non solo alcune) le stabili organizzazioni estere. A norma dell’art. 2.6 del provv. Agenzia delle Entrate 28.8.2017 n. 165138, quindi, l’opzione ha effetto:
- Per tutte le stabili organizzazioni esistenti all’atto dell’esercizio dell’opzione stessa;
- Per tutte le stabili organizzazioni costituite successivamente.
Inoltre, tale regime una volta scelto diventa irrevocabile nel futuro. Questo significa che la scelta, una volta esercitata non può essere revocata con un ripensamento a posteriori sulla base di criteri di convenienza maturati successivamente, il quale si estrinsecherebbe attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa a sfavore e il versamento della differenza di imposta, unitamente a interessi e sanzioni. Per questo motivo occorre sempre pianificare questa scelta con attenzione, guardando non solo alle esigenze momentanee dell’azienda, ma anche al futuro.
L’opzione è esercitata nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta in cui viene costituita la branch (prospetto di cui al rigo RF130, per i soggetti in contabilità ordinaria), ed è efficace da tale periodo d’imposta. L’opzione può, comunque, essere esercitata in un momento successivo, all’atto della costituzione di nuove stabili organizzazioni.
Come funziona l’esenzione da tassazione del reddito della stabile organizzazione estera?
In presenza dell’opzione per la Branch Exemption il reddito della stabile organizzazione deve essere determinato con le regole dell’articolo 152 del TUIR. Sostanzialmente anche in presenza dell’opzione le regole di determinazione del reddito della branch non cambiano. I componenti di reddito (in esenzione e non) attribuibili alla stabile organizzazione esente derivanti dalle transazioni e dalle operazioni intercorse tra:
- La branch e la casa madre;
- La branch e le altre stabili organizzazioni,
sono rilevanti al valore di cui all’articolo 110, comma 7 del TUIR. Sostanzialmente, queste operazioni sono rilevanti ai fini della disciplina sui prezzi di trasferimento (transfer price). Sul punto vedasi il Provvedimento n 165138/2017 (§ 7.5.).
Nel caso di trasferimento di attività, passività, funzioni e rischi dalla branch esente alla casa madre o alle altre sue stabili organizzazioni, anche l’impresa nel complesso adegua tali attività, passività, funzioni e rischi acquisiti al predetto valore. Le disposizioni relative ai prezzi di trasferimento si applicano anche alle transazioni e alle operazioni intercorse tra la branch esente e le altre imprese residenti nel territorio dello Stato del medesimo gruppo.
Localizzazione della branch: i criteri
L’opzione per la Branch Exemption può essere esercitata soltanto se la stabile organizzazione estera è localizzata in uno degli Stati o territori che non rientrano tra quelli a fiscalità privilegiata. È opportuno precisare che sono considerati Paesi a fiscalità privilegiata (ex articolo 167, comma 4 del TUIR) quelli che soddisfano le condizioni previste dall’articolo 167, comma 8-bis del TUIR. Tuttavia, in ogni caso, l’opzione per il regime in commento torna però praticabile se sussistono le condizioni per la disapplicazione della disciplina CFC (“Controlled Foreign Company“). Ricordo, a questo fine che, per disapplicare la disciplina CFC, è necessario verificare:
- Lo svolgimento, da parte della branch, di un’attività industriale o commerciale nello Stato o territorio estero. Ovvero insussistenza dell’effetto di localizzare i redditi nello Stato a fiscalità privilegiata (per gli Stati a fiscalità privilegiata);
- L’insussistenza dell’intento di costituire all’estero una costruzione artificiosa (per gli Stati diversi da quelli a fiscalità privilegiata).
In assenza dell’esimente CFC, il reddito della branch è determinato secondo le disposizioni dell’art. 167 del TUIR, dopo avere attribuito alla branch gli utili e le perdite come se fosse un’entità separata. Se le stabili organizzazioni sono localizzate nel medesimo Stato, esse si considerano singole branch CFC, alla quale applicare tale procedimento. Se, invece, nello stesso Stato sussistono branch CFC e branch non CFC, le seconde si considerano una unica stabile organizzazione. Sul punto vedasi quanto disposto dall’articolo 8 del Provvedimento n 165138/2017 dell’Agenzia delle Entrate.
Aspetti fiscali e dichiarativi del regime della Branch Exemption
Andiamo ad analizzare, adesso, come deve essere gestita fiscalmente nel modello Redditi SC il regime fiscale della Branch Exemption.
Determinazione del reddito in dichiarazione
I soggetti che intendono aderire al regime di branch exemption devono come pilare l’apposito modulo del quadro RF del modello REDDITI SC, SP e PF (rigo RF130). Nonché del quadro RG di REDDITI SP e PF (rigo RG41). Secondo l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n 4/E/2018), in ossequio agli obblighi previsti dal § 7.4 del provv. n. 28.8.2017, in caso di esercizio dell’opzione, il soggetto che presenta la dichiarazione deve compilare:
- Un primo modulo del quadro RF “intitolato” all’impresa nel suo complesso;
- Tanti ulteriori moduli dello stesso quadro per determinare, in modo autonomo, i redditi o le perdite delle singole stabili organizzazioni.
Una volta operato questo procedimento, nel quadro RF del modulo dell’impresa nel suo complesso occorre riportare la somma algebrica dei redditi o delle perdite delle branch esenti rispettivamente
- Nel rigo RF55 (codice 41), tra le variazioni in diminuzione, se positiva;
- Nel rigo RF31 (codice 45), tra le variazioni in aumento, se negativa.
Recapture delle perdite pregresse
Se nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello di efficacia dell’opzione, la stabile organizzazione ha conseguito perdite fiscali imputate all’impresa, i redditi realizzati dalla stabile organizzazione in regime di branch exemption partecipano alla formazione del reddito imponibile della casa madre. Questo, fino a concorrenza delle perdite fiscali nette pregresse prodotte dalla medesima stabile organizzazione. Non rilevano, invece, le eventuali perdite fiscali conseguite dalla stessa branch in vigenza dell’opzione.
Le perdite sono oggetto di recapture solo per l’ammontare delle stesse effettivamente utilizzato (le perdite si considerano utilizzate quando hanno compensato in tutto o in parte il reddito imponibile di casa madre. In caso di conseguimento di perdite fiscali sia da parte dell’impresa sia da parte della branch si considerano prioritariamente utilizzate quelle dell’impresa).
La parte non utilizzata non concorre a formare le perdite fiscali della casa madre riportabili da quest’ultima ai sensi dell’art. 84 del TUIR, che dovranno essere conseguentemente ridotte di pari importo. In base al provv. n. 165138/2017 (§ 4.4), il recapture avviene non in modo globale, ma Stato per Stato: per ciascuna giurisdizione estera si assume, ai soli fini del recapture, che esista una S.O., il cui reddito o perdita è rappresentato dalla sommatoria dei redditi e delle perdite delle varie S.O. presenti in questo territorio.
A tali fini, le istruzioni ai modelli Redditi prevedono l’indicazione, a scelta, del codice identificativo attribuito a una qualsiasi delle branch del medesimo Stato. A tale principio fanno eccezione le branch residenti in Stati per i quali sussistono i presupposti di applicazione della disciplina CFC. Infatti, laddove il sito produttivo, il cui codice è stato selezionato come identificativo della stabile organizzazione esente, integri i presupposti applicativi della CFC, l’impresa dovrà selezionare un diverso codice identificativo di altro sito produttivo per identificare la branch in esenzione (Risoluzione n. 4/E/2.18 dell’Agenzia delle Entrate).
Cessazione degli effetti dell’opzione
L’efficacia dell’opzione cessa a seguito della chiusura, anche per liquidazione o cessione, di tutte le branch esenti, oltre che nei casi di operazioni straordinarie e cessioni che coinvolgono le stabili organizzazioni esenti. Fatte salve le ipotesi in cui l’avente causa sia già in regime di branch exemption o scelga di esercitare l’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di efficacia giuridica dell’operazione straordinaria (si veda il § 10 del provvedimento n. 165138/2017).
La successiva costituzione di altre stabili organizzazioni richiede l’esercizio di una nuova opzione, ove l’impresa scelga di ricominciare ad applicare il medesimo regime. Dopo la cessazione di efficacia dell’opzione, la costituzione nei tre periodi d’imposta successivi di una o più branch nei medesimi Stati o territori esteri da parte dell’impresa, in assenza di una nuova opzione, viene valutata ai sensi della disciplina antiabuso di cui all’art. 10-bis della L. 212/2000. L’impresa può presentare interpello ai sensi dell’art. 11 co. 1, lett. c) della L. 212/2000, per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto.
Trasferimento di attivi a S.O. cui si applica il regime
L’art. 166 del TUIR individua, tra le operazioni che danno luogo a plusvalenze, il trasferimento, da parte di un’impresa residente in Italia, di attivi ad una propria stabile organizzazione estera alla quale si applica la branch exemption. In tale ipotesi, nel momento in cui si considera effettuato il trasferimento alla S.O. estera emerge un reddito pari alla differenza tra il valore di mercato e il costo fiscalmente riconosciuto degli attivi trasferiti alla S.O. estera. Inoltre, nel caso di trasferimento, da parte di un soggetto residente in Italia che ha una stabile organizzazione all’estero a cui si applica la branch exemption, di attivi facenti parte della S.O. alla sede centrale italiana, i beni in entrata sono valorizzati ai fini fiscali con il criterio del valore di mercato avviene se lo Stato in cui si trova la stabile organizzazione appartiene all’Unione europea o è incluso nella white list.
La valutazione tra Branch Exemption o controllata estera?
La normativa sulla Branch Exemption è sicuramente molto interessante. Questa infatti, può essere esercitata e pienamente produttiva di effetti anche se esercitata da un impresa che in Italia svolge mere funzioni direttive o amministrative con una struttura minima (holding di partecipazioni). In questi casi un grande gruppo internazionale può dislocare in Italia una controllata (sub-holding di partecipazioni) le cui branch possono scontare l’esenzione da tassazione in Italia. In questi casi, infatti, il risultato non è dissimile da quello che si otterrebbe creando, in luogo di una branch, una controllata e rimpatriando i dividendi.
Proviamo a fare un esempio pratico. Poniamo sia 100 il reddito di una struttura estera e 18 la tassazione subita alla fonte sul reddito. Ipotizziamo che sia creata (per semplicità) nell’Unione Europea, in modo che non vi siano ritenute in uscita sugli utili prodotti (in virtù delle disposizioni della c.d. “Direttiva madre/figlia“). Le possibilità a disposizione per questo investimento sono le seguenti:
- Investimento effettuato da una controllata. La casa madre italiana sconta l’IRES sul 5% del dividendo netto di 82 (netto frontiera), per un totale di 0,98. La tassazione complessiva è di 18,98;
- Investimento effettuato con una branch in regime ordinario. La casa madre italiana tassa il reddito di 100 con IRES (il risultato è 24) e sconta il credito per imposte estere di 18, pagando un netto di 6, con una tassazione complessiva di 24;
- Oppure, investimento effettuato un una branch in regime di esonero (art. 168-ter del TUIR). In questo caso non ci sono oneri per la casa madre italiana. L’imposta estera di 18 è l’unico onere a carico del gruppo. In caso di passaggio dell’utile alla casa madre, l’effetto è identico a quello dei dividendi di una controllata (punto 1).
Come sfruttare a proprio vantaggio il regime della Branch Exemption?
Attraverso il regime della Branch Exemption si potrebbe arrivare alla situazione in cui vi sia una tassazione nulla in Italia e molto ridotta all’estero. Tuttavia, come abbiamo visto questa fattispecie è scongiurata dal fatto che se gli utili derivano da Stati o territori in cui il livello di tassazione è inferiore al 50% di quello italiano tali redditi concorrono in modo integrale alla formazione del reddito imponibile dell’impresa all’atto della distribuzione ai soci della casa madre. Vi è poi una disposizione generale antielusiva (che ricalca quella contenuta nell’art. 10, paragrafo 1 della Convenzione Multilaterale BEPS) per cui, se dall’opzione emergono fenomeni di doppia esenzione o di doppia deduzione, i relativi effetti vengono sterilizzati ai fini dell’imposizione italiana.
Detto questo il regime di esenzione in commento presenta per gli imprenditori italiani un vero e grande vantaggio. Questo consente di bypassare i rischi di accertamento di esterovestizione che, invece, si avrebbero se l’investimento estero fosse effettuato costituendo una controllata locale. Accertamento che, tipicamente, gli Uffici basano sulla dimostrazione della sussistenza in Italia della sede dell’amministrazione. Questo Istituto, infatti, è volto a migliorare la competitività delle imprese italiane nei mercati stranieri. Non solo per il fatto che consente di sterilizzare il livello più basso di tassazione previsto dal Paese estero, ma anche perché combatte il fenomeno dell’esterovestizione. Naturalmente, questa conclusione deve tenere conto dei sopra richiamati vincoli a cui obbliga l’opzione per la Branch Exemption, ponendo la necessità di pianificare se possibile nel medio periodo vantaggi e possibili controindicazioni del regime opzionale.
Vantaggi del regime di esenzione
La stabile organizzazione sita all’estero non rappresenta un soggetto giuridico autonomo, ma piuttosto un braccio della casa madre incorporato sullo Stato estero. Questo aspetto determina, ordinariamente, l’immediata attribuzione dei redditi (o delle perdite) della stessa in capo alla casa madre. Di conseguenza, se non si opera con la Branch Exemption, operare attraverso una stabile organizzazione non presenta opportunità di risparmio fiscale nel Paese dove è collocata la stabile organizzazione. Il reddito va, infatti, imputato alla casa madre italiana, la quale può beneficiare di un credito per le imposte pagate all’estero. I vantaggi si presentano se la stabile genera delle perdite. Le stesse, infatti, sono acquisite immediatamente nel reddito della casa madre italiana.
Il regime di esenzione, che segue il principio c.d. “all in all out”, offre interessanti opportunità per la stabile organizzazione che genera utili (che rimangono all’estero). I vantaggi, tuttavia, non finiscono qui.
La stabile organizzazione risolve anche alla radice il problema dell’esterovestizione, ossia il problema della dissociazione tra la sede legale di una società e la sede dell’amministrazione effettiva della stessa. Si tratta di una situazione patologica che si verifica ogniqualvolta la società estera è gestita nella sostanza da amministratori che operano in Italia. Le conseguenze sono dirompenti, perché la società estera viene trattata in Italia alla stregua di un evasore totale. Nel caso della stabile organizzazione all’estero il problema non si pone, in quanto si tratta di un ramo dell’attività che per definizione non può avere una gestione del tutto autonoma.
Pianificazione fiscale nel regime branch exemption
Uno degli aspetti fondamentali del regime della branch exemption è il suo carattere totalitario. Se da una parte l’esercizio dell’opzione comporta l’esenzione degli utili, dall’altro vi è l’impossibilità di imputare le perdite della branch alla casa madre. La norma delimita in maniera chiara il principio totalitario a tutte le stabili organizzazioni all’estero della singola impresa residente.
Nel medesimo gruppo societario, alcuni soggetti potranno quindi optare per l’esenzione e altri rimanere nel regime di default del credito di imposta. E’ evidente la necessità di un’attenta valutazione degli impatti fiscali correlati alla scelta di tale regime. Scelta, questa, che viene resa ancor più delicata dall’irrevocabilità dell’opzione. Verosimilmente, il carattere totalitario dell’opzione rischia di essere un freno all’applicazione di un istituto finalizzato a migliorare la competitività delle imprese italiane operanti all’estero.
Scissione o conferimento della holding in una sub-holding
Detto questo è da ritenersi ammissibile un’attenta attività di “pianificazione” fiscale da parte di un’entità giuridica residente in Italia. In quest’ottica privo a valutare una specifica ipotesi che può consentire ad una società holding residente in Italia, di poter sfruttare contemporaneamente il regime di tassazione ordinario per le stabili organizzazioni ed il regime della branch exemption.
Prendiamo il caso di una holding, la “Alfa Srl“, che detiene varie branch situate in paesi esteri. Al fine di ottimizzare la propria situazione Alfa potrebbe costituire una società di nuova costituzione, la “Beta Srl“, sempre residente in Italia (attraverso scissione o conferimento). Beta risulterà così titolare di alcune delle branch precedentemente detenute da Alfa. In questo modo Beta subentra nella posizione di Alfa in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo delle stabili organizzazioni estere.
In questo modo le stabili organizzazioni rimaste nella titolarità di Alfa possono continuare a godere del regime fiscale ordinario, mentre le stabili organizzazioni di Beta possono applicare il regime della Branch Exemption. Questo tipo di attività di pianificazione non dovrebbe essere preclusa allo stesso modo di quanto è già plausibile effettuare in merito al regime fiscale del c.d. “patent box“. Tuttavia, occorre sempre valutare la propria situazione societaria con attenzione in modo da valutare possibili situazioni di abuso del diritto (che potrebbero essere contestate dall’Amministrazione finanziaria).
Consulenza fiscale online
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