La crescente globalizzazione ha portato molte aziende italiane ad espandere le proprie operazioni oltre confine, aprendo filiali e succursali in paesi stranieri (attraverso un processo di internazionalizzazione). Questa espansione offre opportunità di crescita, ma introduce anche complessità fiscali che possono rappresentare un onere non indifferente. Una delle principali problematiche riguarda la doppia tassazione dei profitti prodotti all'estero. In questo contesto, il regime della branch exemption si configura come uno strumento efficace per ottimizzare la gestione fiscale delle attività internazionali. In questo articolo esploreremo il funzionamento di questo regime, i requisiti necessari e le opportunità che può offrire alle imprese italiane.
Cosa è la Branch Exemption?
La branch exemption è un regime fiscale opzionale che permette alle aziende italiane di esentare dalla tassazione in Italia i redditi prodotti dalle proprie stabili organizzazioni situate all'estero. Il regime è disciplinato dall'art. 168 del TUIR e consente l'esenzione dei redditi e delle perdite delle stabili organizzazioni estere. Tali proventi o perdite restano imponibili nel solo Stato ove è localizzata la stabile organizzazione.
Si tratta di una deroga al regime ordinario in cui il reddito della stabile organizzazione è tassato sia all'estero si in Italia. Tale reddito, in via ordinaria, infatti, deve essere tassato prima nello Stato estero (c.d. "Stato della fonte") e poi in Italia con riconoscimento del credito per le imposte estere (ex art. 165 del TUIR).
In parole semplici, invece di essere tassati sia nel paese estero sia in Italia, i redditi della branch possono essere esentati dalla tassazione italiana, evitando la doppia imposizione. Questo regime è stato introdotto in Italia con il Decreto Legislativo n. 147/2015, noto anche come "Decreto Internazionalizzazione".
Obiettivo del regime della Branch Exemption
L'obiettivo principale di questo regime è quello di rendere più competitivo il sistema fiscale italiano, allineandolo a quelli degli altri paesi europei, offrendo una maggiore certezza e stabilità alle imprese che operano in ambito internazionale. In questo modo, le aziende possono concentrarsi sulla crescita e sull'espansione, senza essere ostacolate da una fiscalità troppo onerosa o complessa.
L'effetto fiscale che si viene a creare con questo regime fiscale è assimilabile a quello di avere tante subsidiary estere, tenute a pagare le imposte sui redditi esclusivamente nel Paese ove sono situate (e non anche in Italia).
In generale, non esiste una soluzione migliore dell'altra valida in assoluto. L'internazionalizzazione è una procedura complessa in cui le variabili da considerare sono molteplici e dove un peso rilevante lo riveste la struttura organizzativa dell'attività economica da svolgere all'estero.
Esempio numerico di applicazione
Partiamo ipotizzando una casa madre italiana "Alfa" che realizza un reddito pari a 10.000 euro. La stabile organizzazione...
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