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Lavoratore in distacco ed agevolazione impatriati

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La situazione dei lavoratori in rientro dal distacco estero in relazione al regime impatriati: distinzione tra le condizioni previste dal regime attuale rispetto al regime precedentemente in vigore.

Quando si parla di regime degli impatriati occorre prestare attenzione alle situazioni dei lavoratori in distacco all’estero. Questi sono quella categoria di lavoratori inviati all’estero da parte di una società italiana, per un certo periodo di tempo (solitamente due anni). L’obiettivo è quello di operare per conto di una società estera (solitamente dello stesso gruppo multinazionale), per poi rientrare in Italia al termine del periodo previsto.

La situazione dei lavoratori in distacco per l’agevolazione impatriati ha subito, nel tempo, delle modifiche rilevanti. Nella precedente versione dell’agevolazione, disciplinata dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/15 (valida per i rientri fino al 31 dicembre 2023), la situazione dei lavoratori in distacco è particolarmente complessa, con documenti di prassi da analizzare e valutare con attenzione. Proprio per superare questo tipo di problematiche l’attuale agevolazione, art. 5 del D.Lgs. n. 209/23, ha dettato un criterio oggettivo di applicazione dato dal numero di anni di presenza all’estero.

Vediamo, di seguito la situazione nell’attuale disposizione agevolativa ed in quella precedente.

Rientro da distacco all’estero nell’attuale regime impatriati

L’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23 ha riscritto l’agevolazione per i lavoratori impatriati in Italia. Tale disposizione prevede un requisito legato al numero di anni di residenza fiscale estera che varia in relazione alle seguenti casistiche:

  • 3 anni: condizione generale;
  • 6 anni: se il lavoratore al rientro presta attività lavorativa in Italia presso lo stesso soggetto o un soggetto appartenente al gruppo per il quale è stato impegnato all’estero prima del trasferimento;
  • 7 anni: se il lavoratore al rientro presta attività lavorativa in Italia presso lo stesso soggetto o un soggetto appartenente al gruppo per il quale il lavoratore aveva lavorato in Italia prima del trasferimento all’estero.

La condizione generale dei 3 anni di residenza estera pregressa rispetto al rientro riguarda tutti quei casi in cui il lavoratore rientrando in Italia cambia datore di lavoro. L’ipotesi di 6 anni di residenza estera pregressa riguarda i rientri in Italia dove viene mantenuto lo stesso datore di lavoro non residente (appartenente al gruppo estero dove il lavoratore era impegnato prima del trasferimento). Infine, l’ipotesi dei 7 anni è quella che riguarda ipotesi di rientro da distacco all’estero. Si tratta di quei casi dove il lavoratore prestava attività in Italia per un gruppo, ed ha proseguito l’attività all’estero rientrando sempre per un datore di lavoro rientrante nello stesso gruppo. Di fatto, quindi, le ipotesi di rientro dal distacco estero sono possibili, rispettando il requisito del numero di anni di residenza estera previsti, a seconda della fattispecie.

Rientro da distacco estero nel regime precedente ex art. 16 D.Lgs. n. 147/15

Per la precedente versione dell’agevolazione (ex art. 16 del D.Lgs. n. 147/15) la possibilità di applicare il bonus per il lavoratore in rientro da distacco passa attraverso la verifica di alcune specifiche condizioni. Questo è quanto riporta l’Agenzia delle Entrate nei suoi documenti (che vedremo). Di diverso avviso, appare la giurisprudenza, con le prime sentenze di senso opposto al parere dell’Agenzia delle Entrate.

Sul tema l’Amministrazione finanziaria è uscita con diverse con interpretazioni ondivaghe che non aiutano sicuramente il contribuente in rientro dal distacco ad avere una posizione chiara in merito all’applicazione dell’agevolazione impatriati. Di seguito le andiamo a riprendere con ordine.

Circolare n. 17/E/2017 – Niente agevolazione per il lavoratore di rientro dal distacco estero

Una prima posizione dell’Agenzia è quella che si può ricavare dalla Circolare n. 17/E/2017 (parte II, paragrafo 3.1). Con questo documento di prassi l’Agenzia sostiene una posizione non favorevole all’applicazione dell’agevolazione per i lavoratori in distacco. In particolare, viene escluso l’accesso all’agevolazione per i lavoratori che rientrano in Italia da posizioni di distacco all’estero:

in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma

Circolare n 17/E del 23 maggio 2017

L’Agenzia delle Entrate, sostanzialmente non ammette la possibilità di applicare il bonus impatriati in quanto il distacco all’estero non soddisfa la ratio della norma. Infatti, per l’Amministrazione finanziaria l’agevolazione si applica quando vi è una separazione tra lavoro svolto all’estero e lavoro avviato in Italia. Nel distacco questa separazione non trova riscontro, in quanto sostanzialmente siamo di fronte ad una ricollocazione del lavoratore da parte di uno stesso datore di lavoro.

Risoluzione n. 76/E/2018 – Lavoratori in distacco all’estero ammessi al bonus solo con affievolimento dei legami con l’Italia

Successivamente a questo documento di prassi l’Agenzia delle Entrate è tornata fornire chiarimenti in merito al bonus per i lavoratori in distacco. In particolare si segnala la Risoluzione n. 76/E/2018 (pubblicata il 5 ottobre 2018). In questo caso l’Agenzia modifica parzialmente la sua posizione. Essa, infatti, ammette la possibilità per il lavoratore in distacco di godere dell’agevolazione, ma ad alcune condizioni.

Il caso analizzato è quello di un lavoratore italiano, con titolo di laurea, iscritto AIRE, che aveva lavorato all’estero anche in posizione di distacco da parte di imprese italiane. Il lavoratore è stato fiscalmente non residente in Italia per 3 anni per poi spostare la propria residenza fiscale in Italia. Al momento del rientro il lavoratore ha assunto una funzione direttiva, con contratto di lavoro italiano. In questo scenario l’Agenzia non preclude la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia del lavoratore distaccato non sia conseguenza naturale del distacco. Per questo vengono previste alcune condizioni da rispettare:

  • Affievolimento dei legami con il territorio italiano: a causa del distacco più volte prorogato si assiste ad un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
  • Rientro in assenza di continuità con la precedente posizione lavorativa: il rientro del lavoratore in Italia deve avvenire per assumere un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario. Il nuovo ruolo deve essere attribuito a seguito delle maggiori competenze acquisite durante la permanenza lavorativa all’estero.

Affievolimento dei legami con il territorio italiano

L’Amministrazione finanziaria non è entrata nel merito di cosa si intenda per “affievolimento dei legami con il territorio italiano“. Quello che è possibile desumere dalla Risoluzione n. 76/E è che:

  • Deve esserci per il lavoratore in distacco una proroga prolungata dello stesso nel tempo. Nel caso in esame il lavoratore aveva avuto più periodi di distacco all’estero in Paesi differenti;
  • Tra un periodo e l’altro di distacco il lavoratore può avere periodi di assunzione da aziende estere.

Tutto questo deve avere come corollario il fatto di aver trasferito la propria residenza all’estero nel periodo estero. Pertanto, devono essere rispettati i requisiti dell’art. 2 del TUIR oppure della convenzione internazionale stipulata dall’Italia con il Paese ospitante. Infatti, per il lavoratore non devono esserci nel periodo estero legami familiari o economici con l’Italia.

Rientro in Italia in assenza di continuità lavorativa

Per quanto riguarda l’assenza delle continuità lavorativa, è necessario che non vi sia continuità della posizione lavorativa, tra quella svolta all’estero e quella prevista in Italia. In buona sostanza, un lavoratore che rientra da un distacco all’estero senza modificare il ruolo lavorativo presente nel contratto non rispetta il requisito del regime impatriati.

Nel documento di prassi viene riportato il caso di un lavoratore rientrato assumendo un ruolo apicale nell’impresa. Questo ruolo gli è stato assegnato in virtù dell’esperienza maturata nel periodo estero. Sono proprio questi elementi a determinare il rispetto dei requisiti per l’ottenimento dell’agevolazione. Non è sufficiente un cambiamento di mansioni, ma è necessario un ruolo diverso nell’azienda. Ad esempio, come nel caso proposto da “quadro” a “dirigente“. È consigliabile, per permettere all’Agenzia un migliore controllo di queste condizioni che vi sia specificato nel contratto di lavoro il nuovo ruolo e la motivazione dell’attribuzione dello stesso.

Circolare n. 33/E/2020 – Agevolazione in caso di rientro dal distacco ad attuazione limitata

L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 33/E/2020 è tornata a fornire chiarimenti in merito ai lavoratori di rientro da distacco o aspettativa non retribuita. Sostanzialmente, l’Agenzia parte confermando le condizioni già richiamate nella Risoluzione n. 76/E/2018, esplicitando nuove ed aggiuntive condizioni.

Viene richiesto che l’assenza di continuità rispetto alla posizione ante distacco risulti da un nuovo contratto di lavoro, con nuovi contenuti sia di forma che di sostanza. A titolo esemplificativo costituiscono titolo ostativo all’agevolazione il fatto che:

  • Al lavoratore rientrato in Italia siano riconosciute le ferie maturate prima della firma del contratto; oppure
  • Venga riconosciuta la medesima anzianità contributiva; o ancora
  • La mancanza di un periodo di prova; infine
  • La mancata liquidazione del TFR maturato nella precedente posizione lavorativa.

Questi ulteriori elementi da considerare complicano, di fatto, la situazione di molto lavoratori in rientro dal distacco. Questo in quanto, normalmente, la posizione del lavoratore rientrato, seppur con nuove mansioni non viene considerata come “nuova assunzione“.

Risposta ad interpello n. 683 del 7 ottobre 2021

L’Agenzia delle Entrate con risposta ad interpello n. 683 del 7 ottobre 2021 è tornata a ribadire che il beneficio fiscale, nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro in Italia, non spetta:

  1. In presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro; e
  2. Nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato anche se formalmente, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro (con nuovo ruolo aziendale), possa qualificarsi come “nuova” avvenga – in realtà – in una situazione di “continuità con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato.

Costituiscono indici di una situazione di continuità a mero titolo esemplificativo:

  • Il riconoscimento di ferie maturate con il precedente contratto;
  • Il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
  • La mancanza di un periodo di prova; e
  • Una su tutte la clausola volta a non liquidare i ratei di tredicesima e/o quattordicesima.

Dello stesso tenore devono essere segnalate le risposte ad interpello n. 42/E/21 e n. 136/E/21.

Risposta ad interpello n. 119 del 17 marzo 2022

L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 119 pubblicata il 17 marzo 2022 ha analizzato il caso di un soggetto, cittadino italiano, il quale a seguito di assunzione è stato distaccato, in qualità di dirigente all’estero (più precisamente negli Stati Uniti).

L’Agenzia, di fatto, riprende quanto già chiarito con i precedenti documenti di prassi, ovvero la Circolare n. 33/E/2020 confermando che “nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro (in Italia) il beneficio fiscale (…) non spetta, in presenza del medesimo contratto presso il medesimo datore di lavoro”. Pertanto, possiamo affermare che, nuovamente, l’Agenzia si è posta in continuità con quanto era già stato chiarito nella Risposta n. 42/E/21, n. 136/E/21 ed anche con la Risposta n. 683/E/21. Pertanto, anche in questa pronuncia è stata confermata la necessità che al lavoratore, rientrato in Italia, venga assegnato un nuovo ruolo aziendale con mansioni diverse da quelle precedenti facendo particolare attenzione affinché si verifichi quella “discontinuità” non solo formale rispetto alla precedente posizione lavorativa.

Risposta ad interpello n. 159 del 28 marzo 2022 – continuità contrattuale

L’Agenzia delle Entrate con al risposta ad interpello n. 159 del 28 marzo 2022 affronta il caso prospettato dalla branch italiana di una società non residente in relazione alla posizione di un proprio lavoratore. In particolare, il lavoratore è un cittadino italiano, coniugato, in possesso di un titolo di laurea. Il dipendente ha lavorato presso una società francese parte del gruppo. Successivamente il lavoratore è stato distaccato presso altra società francese del gruppo.

Il lavoratore, al termine del periodo di distacco, rientra presso la branch italiana della società francese. Il lavoratore ha un nuovo ruolo azienda, come quadro (ruolo assegnato in virtù dell’esperienza maturata nel corso dell’assegnazione internazionale, che il gruppo ha ritenuto di voler valorizzare richiamando in Italia il dipendente e portando alla branch italiana le maggiori competenze acquisite). In questa situazione l’Agenzia delle Entrate nell’esprimersi ha valutato sia la lettera di distacco che la lettera di riallocazione del lavoratore.

Pertanto, secondo l’Agenzia, “risulta evidente che, indipendentemente dal nuovo ruolo assunto dal dipendente al rientro in Italia, conferito anche in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero, e dalla revisione della retribuzione, i termini e le condizioni contrattuali, così come il datore di lavoro, rimangono di fatto immutati. La circostanza che continuino ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio, porta a considerare che la posizione lavorativa assunta al rientro del dipendente sia in “continuità” con la precedente posizione lavorativa, continuando ad applicarsi le medesime condizioni contrattuali“. Nel caso di specie, pertanto, non sembra potersi ravvisare il requisito della “discontinuità lavorativa“, in assenza del quale l’accesso al regime fiscale agevolativo deve considerarsi precluso.

Giurisprudenza sul rientro da distacco estero ed agevolazione

Riportiamo, di seguito, alcune sentenze sul tema del distacco del lavoratore che si pongono in contrapposizione ai chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria.

Sentenza n. 1479 del 2022 della CTP di Milano

Dopo aver analizzato la posizione dell’Agenzia delle Entrate sul rientro da distacco estero è interessante analizzare la prima sentenza su queste fattispecie. Si tratta della sentenza n. 1479/11/2022 della CTP di Milano, la quale ha previsto che l’agevolazione spetti anche se il richiedente, a seguito del rientro in Italia dopo un periodo di distacco estero, non stipuli con il datore di lavoro un nuovo contratto di lavoro.

Si tratta, quindi, di una posizione importante assunta dai giudici che valorizza la ratio dell’agevolazione, ovvero quella di incentivare il rientro in Italia dei lavoratori dopo un periodo di presenza all’estero. Di fatto, la norma non prevede come requisito per l’accesso al regime la discontinuità formale e sostanziale con il lavoro svolto all’estero e quello legato al rientro in Italia. Tale tesi, invece, è quella che, come visto nei paragrafi precedenti, è tenuta dall’Agenzia delle Entrate.

Il caso analizzato è quello di un lavoratore dipendente con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, dopo un periodo in Italia, è stato distaccato presso una società del gruppo sita all’estero. Il lavoratore era rientrato in Italia, mutando mansione senza stipulare un nuovo contratto di lavoro, richiedendo l’agevolazione. L’Ufficio ha negato l’applicazione del regime agevolato, ritenendo il distacco in continuità contrattuale come ipotesi non agevolabile. La CTP di Milano ha (giustamente) rilevato che il regime agevolato non prevede tra i requisiti (ricavabili dal tenore letterale della norma) la discontinuità contrattuale. Pertanto i giudici hanno ammesso la possibilità di usufruire dell’agevolazione. Si tratta di una prima posizione giurisprudenziale importante su cui, eventualmente, basare futuri possibili ricorsi in caso di contestazioni su questo punto dell’agevolazione.

Sentenza n. 2816 del 2023 della CTR della Lombardia

La questione affrontata dai giudici riguarda la richiesta di un rimborso IRPEF a fronte di un contribuente che ha chiesto l’agevolazione (ex art. 16 del D.Lgs. n. 147/15). Con la sentenza n. 2816/9/2023 ha confermato il diritto all’agevolazione impatriati per i lavoratori che rientrano in Italia dopo un distacco all’estero (confermando la posizione di primo grado, sentenza n. 2003/2023). La disciplina in commento, non contempla espressamente il caso del distacco (a differenza della Legge n. 238/2010). Aspetto che secondo i giudici rappresenta una scelta consapevole del legislatore, facendo propendere per le ragioni del contribuente. Inoltre, i giudici hanno evidenziato come non sussista sul piano normativo alcun riferimento alla necessità di formalizzare, al rientro in Italia, un nuovo contratto di lavoro in discontinuità rispetto al rapporto precedentemente instaurato.

Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano – sentenza 1938/2024

La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano con la sentenza n. 1938/2024 ha accolto il ricorso di un contribuente avverso il rifiuto dell’Agenzia delle Entrate di riconoscere l’applicazione del regime degli impatriati a seguito di rientro da distacco estero.

Il contribuente, tornato in Italia a seguito di distacco estero durato oltre il periodo minimo biennale, preso atto dell’orientamento restrittivo delle Entrate, ha presentato istanza di interpello all’Agenzia per richiedere conferma circa l’applicabilità del regime. Ricevuta risposta negativa, ha contestato in giudizio l’interpretazione fornita dall’ufficio, impugnando il silenzio-rifiuto al rimborso. La Corte ha accolto la tesi del contribuente, sul presupposto che, se il legislatore avesse voluto escludere l’ipotesi del distacco, l’avrebbe espressamente specificato nel testo della norma. A nulla rileva la posizione già assunta con la risposta all’interpello, posto che, secondo i giudici, le risoluzioni e le circolari ministeriali, in quanto subordinate nella gerarchia delle fonti, non possono modificare o integrare la legge.

Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia – sentenza 1118/2024

La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia conferma la sentenza della Corte di Milano (2410/2023). Il caso deriva dal diniego a un’istanza di rimborso da parte della contribuente che distaccata in Spagna (con contratto prorogato due volte) aveva trasferito la residenza iscrivendosi all’Aire per (almeno) due periodi di imposta prima del rientro in Italia. Al rientro assumeva – con nuovo contratto di lavoro – la qualifica di dirigente, mentre era inquadrata con il ruolo di quadro durante il distacco estero.

Dopo una risposta negativa all’interpello presentato alla competente Dre (904-983/2021) e nell’indisponibilità del sostituto di imposta di applicare le ritenute su base ridotta per gli impatriati, la contribuente presentava istanza di rimborso all’Agenzia e, a seguito di diniego, ricorso alla Corte di Milano che riteneva legittima la richiesta di rimborso e ne accoglieva il ricorso.

In secondo grado l’Agenzia insiste sulla non spettanza del rimborso per supposta carenza della discontinuità tra nuovo e vecchio contratto di lavoro, sottolineando che l’agevolazione, quando non procede il datore di lavoro, è fruibile soltanto in dichiarazione. Aspetti tutti non confermati dai giudici i quali evidenziano che la prassi non sia vincolante ne per il contribuente ne per il giudice.

Conclusioni

L’applicazione del bonus impatriati ai lavoratori in rientro da periodi di distacco estero appare non semplice. Tuttavia, le ultime pronunce della giurisprudenza lasciano aperta la questione, sperando che anche l’Agenzia delle Entrate cambi la propria posizione nell’attività di accertamento sull’agevolazione.

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