L’assegno di mantenimento, viene richiesto in sede di separazione dal coniuge economicamente più debole. Il giudice predispone, attraverso l’emanazione di una sentenza, l’assegnazione dell’assegno di mantenimento al coniuge e/o ai figli, qualora ci siano i presupposti tali che lo prevedono. Il coniuge che versa l’assegno solitamente corrisponde con il soggetto che all’interno della famiglia abbia una capacità reddituale superiore rispetto all’altro. La parte soccombente viene condannata a versare all’altra una somma di denaro ogni mese. Il coniuge che riceve la somma di denaro, viene definita come coniuge beneficiario o avente diritto. L’avente diritto potrebbe essere oltre al coniuge anche il figlio maggiorenne della ormai ex coppia.
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Quando l’assegno di mantenimento è versato direttamente ai figli maggiorenni?
Il nostro ordinamento si è pronunciato in materia, facendo presente che i genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli anche se maggiorenni finché non autosufficienti economicamente.
Questo non significa che l’obbligo in capo ai genitori permane in ogni situazione, certo è però che l’obbligo non decade con il raggiungimento della maggiore età
L’art 147 c.c., ci dice che il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni, naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’art. 315 bis c.c.. Per cui quando parliamo di mantenimento dei figli, non ci riferiamo solo ed esclusivamente ad un tipo di mantenimento economico, si parla anche di sussidio e di affiancamento ai figli durante la loro crescita personale fino all’età più adulta.
I genitori che si rifiutano di assolvere all’obbligo di responsabilità, fanno sorgere una responsabilità extracontrattuale e il conseguente obbligo di risarcire il danno provocato.
Il principio di auto-responsabilità
Sono molte le sentenze che si sono pronunciate in materia, e soprattutto in questi ultimi anni è stato sottolineato un principio importante che riguarda l’auto-responsabilità dei figli maggiorenni. Questo principio sancisce un aspetto cardine che sta alla base di molti cambiamenti sotto l’aspetto dell’obbligo di mantenimento da parte dei genitori. Il figlio maggiorenne non può abusare del diritto di essere mantenuto dal genitore oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura. Questi limiti di tempo e di misura, vengono rilevati dalla capacità del figlio di potersi mantenere in maniera autosufficiente, facendo venire meno l’obbligo di mantenimento in capo ai genitori.
Qualora il figlio sia stato posto nella concreta posizione di poter essere autosufficiente, ma non ne abbia colpevolmente tratto profitto, viene meno l’obbligo di mantenimento.
In questo caso, il figlio avrebbe potuto soddisfare i suoi bisogni senza alcun aiuto, e senza gravare economicamente sui propri genitori, ma ha deciso, per quanto di non voler dipendere autonomamente sotto l’aspetto economico. Esempi di questo tipo si evincono spesso qualora ci siano casi in cui il figlio si rifiuta di iniziare un nuovo lavoro che gli viene offerto.
Il rifiuto è una manifestazione implicita di sottrazione all’obbligo di auto-responsabilità, ed è per questo motivo che non sussiste l’obbligo di responsabilità nei confronti dei genitori. L’obbligo in capo ai genitori potrebbe però manifestarsi nei casi in cui il figlio si trovi in una condizione di non autosufficienza incolpevole e dimostri di esserlo.Tale condizione si manifesta quando il figlio intraprende ad esempio un corso formativo, oppure privo di un’occupazione nonostante la ricerca attiva e costante da parte del soggetto. In questo caso la situazione non dipende dalla volontà del figlio.
Onere della prova della non autosufficienza
L’onere di provare la non autosufficienza del figlio, inizialmente doveva essere in capo al genitore.
A seguito del rinnovato schema dell’onere della prova, a dover provare di aver fatto tutto il possibile al fine di rinvenire un’occupazione lavorativa è il figlio stesso e non il genitore obbligato.
Qualora il figlio abbia superato l’età conclusiva degli studi di formazione, si ritiene che in mancanza di ragioni individuali specifiche, la mancanza di una stabile attività lavorativa e la capacità di provvedere a se stessi in maniera autonoma, viene considerata una forte inerzia colpevole.
Assegno in caso di separazione consensuale o giudiziale
Il mantenimento viene determinato a seconda che i genitori siano separati in maniera consensuale o giudiziale. Nella separazione consensuale, si ha un accordo tra i genitori, questo si manifesta quando si ha un rapporto stabile tra i coniugi nonostante la separazione in corso.
In maniera autonoma determinano la misura dell’assegno per i figli, stabilendo quali sono le spese a cui entrambi devono farsi carico, comprese quelle straordinarie.
Nella separazione giudiziale invece spetta al giudice determinare l’importo dell’assegno spettante, comprese le ripartizioni delle spese straordinarie.
Assegno di mantenimento per figli maggiorenni portatori di handicap
Il figlio portatore di handicap è considerato tale quando sia limitata la sua autonomia personale, rendendo necessario un intervento assistenziale permanente, da parte in questo caso dei genitori.
I genitori potrebbero non versare alcun sussidio economico se il figlio portatore di handicap, percepisce una pensione di invalidità o un’indennità di accompagnamento tale da essere sufficiente a far fronte alle sue esigenze.
Calcolo dell’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento viene calcolato, prendendo in considerazione alcuni elementi che caratterizzano la vita del figlio. Il tenore di vita e le sue esigenze fanno carico sul valore che l’assegno di mantenimento dovrà avere, si pensi ad un figlio che frequenta l’università e dovrà sostenere un certo carico di spese.
Certamente sarà opportuno tenere di conto anche il reddito di entrambi i genitori, quindi la disponibilità che possono garantire al sostentamento del figlio.
Qualora il figlio non ha più diritto a ricevere l’assegno di mantenimento ha sempre titolo per richiedere un assegno alimentare, qualora previsto.
Una sentenza della Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n. 18608/2021, ha definito la possibilità che l’assegno di mantenimento possa variare nel tempo e mutare in aumento o in diminuzione, senza la presenza di automatismi.
La Cassazione ha determinato che “il provvedimento di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli, sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti, nati fuori dal matrimonio, presuppone come per le analoghe statuizioni patrimoniali pronunciate nei giudizi di divorzio e separazione, non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, ma anche la sua idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, ma nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione originaria, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione all’eventuale nuova situazione patrimoniale”.
In conclusione la responsabilità genitoriale persiste, ma si attenua di fronte all’auto-responsabilità che i figli maggiorenni dovrebbero avere arrivati ad una certa età.
L’ordinamento si pone sempre in una posizione di favorevole comprensione per garantire protezione nei confronti dei soggetti più deboli.
Non escludono la possibilità di poter sollevare da questa responsabilità i genitori qualora il figlio, per propria volontà, manifesti un distacco alla ricerca di una propria indipendenza, non impegnandosi in nessun tipo di attività che possa permettere a lui di avere una propria responsabilità economica.