Le segnalazioni bancarie antiriciclaggio si trasformano sempre più spesso in controlli fiscali mirati. Ecco cosa rischia chi trasferisce denaro all’estero (o lo riceve) e come gestire gli inviti al contraddittorio dell’Agenzia delle Entrate.
Il trasferimento di denaro verso paesi esteri, anche per motivi legittimi, può oggi scatenare un meccanismo a doppio binario: prima la segnalazione della banca per finalità antiriciclaggio, poi l’utilizzo di queste informazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate per controlli fiscali mirati.
Questo fenomeno si è intensificato dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 90/2017, che ha modificato radicalmente le regole del gioco. Il legislatore ha infatti introdotto la possibilità per la Guardia di Finanza di utilizzare direttamente le informazioni raccolte durante i controlli antiriciclaggio anche per accertamenti tributari, creando un ponte diretto tra vigilanza bancaria e controllo fiscale.
La conseguenza pratica? Un contribuente che trasferisce 50.000 euro verso gli Emirati Arabi per l’acquisto di un immobile può ritrovarsi, mesi dopo, con un invito al contraddittorio dell’Agenzia delle Entrate che chiede di giustificare la provenienza e la natura fiscale di quella somma.
Indice degli argomenti
- Dall’antiriciclaggio al controllo fiscale
- Le soglie e i meccanismi di segnalazione: chiarimenti normativi
- Gli indicatori di anomalia
- Come funziona il meccanismo: dal bonifico alla segnalazione
- L’utilizzabilità delle informazioni a fini fiscali
- Gli accertamenti fiscali: tipologie e modalità di intervento
- Strategie difensive: come gestire i controlli
- Consulenza fiscale online in caso di controlli
Dall’antiriciclaggio al controllo fiscale
L’art. 9, comma 9, del D.Lgs. n. 231/2007, modificato dal D.Lgs. n. 90/2017, rappresenta una svolta epocale. La norma stabilisce che: “i dati e le informazioni acquisite nell’ambito delle attività svolte ai sensi del presente articolo sono utilizzabili ai fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti”.
Questa disposizione segna un cambio di paradigma rispetto al passato. Mentre il previgente art. 36, comma 6, limitava l’utilizzo fiscale ai soli dati registrati nei sistemi antiriciclaggio, oggi il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza può utilizzare tutte le informazioni acquisite durante i controlli antiriciclaggio per finalità tributarie.
Questa evoluzione normativa non è casuale, ma risponde alle raccomandazioni del GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) e alla direttiva UE n. 849/2015. Gli organismi internazionali hanno infatti evidenziato la stretta connessione tra evasione fiscale e riciclaggio, spingendo gli Stati membri verso una maggiore integrazione tra i sistemi di controllo.
La direttiva del Consiglio dell’Unione Europea n. 2011/16/UE, modificata nel 2016, consente alle autorità fiscali di avere accesso sistematico alle informazioni antiriciclaggio per le proprie funzioni di monitoraggio.
Le soglie e i meccanismi di segnalazione: chiarimenti normativi
È importante chiarire che non esiste una soglia generale di 5.000 euro per le segnalazioni di operazioni sospette. La confusione nasce dal fatto che dal 1° gennaio 2023 è stato introdotto il limite di 5.000 euro per l’utilizzo del contante, ma questo non si applica alle segnalazioni di operazioni sospette.
Le segnalazioni di operazioni sospette (SOS) non hanno soglie fisse: dipendono dal giudizio dell’operatore bancario che valuta l’anomalia dell’operazione. Come chiarito dalle nuove linee guida UIF (Unità di Informazione Finanziaria) del luglio 2025, l’approccio è cambiato verso una segnalazione consapevole e responsabile, dove ogni decisione deve essere documentata e giustificata.
Secondo l’art. 41 del D.Lgs. n. 231/2007, la segnalazione deve essere effettuata quando:
- Si è in presenza di operazioni che si sa o si sospetta siano collegate a riciclaggio o finanziamento del terrorismo;
- Sussistono elementi di sospetto basati su indicatori di anomalia.
Per le segnalazioni antiriciclaggio aggregate (SARA) il limite è stato effettivamente abbassato a 5.000 euro nel 2020, ma questo riguarda solo aggregazioni di dati per analisi statistiche territoriali.
Per i prelievi di contante, invece, la soglia per la segnalazione alla UIF rimane 10.000 euro nel mese solare. Superando questa soglia, anche attraverso operazioni frazionate superiori a 1.000 euro ciascuna, scatta automaticamente la registrazione e la successiva segnalazione
Gli indicatori di anomalia
Gli indicatori di anomalia per le segnalazioni di operazioni sospette sono stati completamente rinnovati dall’UIF con il provvedimento del 12 maggio 2023, applicabile dal 1° gennaio 2024. I nuovi indicatori sono 34 complessivi, suddivisi in tre sezioni principali:
Sezione A – Comportamenti e caratteristiche del soggetto
Indicatori che attengono al comportamento o alle caratteristiche qualificanti del soggetto cui è riferita l’operatività . Comprende i primi 8 indicatori, tra cui:
- Riluttanza a fornire informazioni: il cliente si rifiuta o si mostra ripetutamente riluttante a fornire adeguate informazioni sull’origine del denaro, soprattutto quando proviene dall’estero o da paesi a fiscalità privilegiata;
- Rinuncia all’operazione: il cliente rinuncia all’operazione o richiede di svolgerne una differente quando gli viene richiesta documentazione;
- Documentazione anomala: difficoltà di acquisire documentazione contabile o fiscale e dati aggiornati utili alla corretta individuazione del Titolare Effettivo;
- Documenti contraffatti: presentazione di documenti evidentemente contraffatti o tra loro contraddittori, o documentazione evidentemente alterata circa la situazione economica.
Sezione B – Caratteristiche dell’operativitÃ
Indicatori attinenti alle caratteristiche e alla configurazione dell’operatività . Include gli indicatori dal 9 al 32, come:
- Operazioni sproporzionate: la volontà di compiere un’operazione economicamente dispendiosa da un soggetto che, in base al suo normale giro di affari, non potrebbe ragionevolmente permettersela;
- Prezzi anomali: operazioni a un prezzo evidentemente esagerato rispetto ai normali valori di mercato;
- Operazioni specifiche: indici attinenti a specifiche operazioni come leasing, factoring, trust, e trading di criptovalute.
Sezione C – Finanziamento del terrorismo
Indicatori che attengono a operatività connesse al finanziamento del terrorismo e a programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa.
Caratteristiche applicative
La mera ricorrenza di una o più anomalie elencate negli indicatori non è motivo di per sé sufficiente per qualificare l’esistenza di un ragionevole motivo di sospetto, che deve necessariamente fondarsi su una valutazione compiuta e ponderata.
I soggetti obbligati sono chiamati a svolgere un’analisi partendo dall’indicatore generale e scendendo verso i sub-indici specifici. Gli indicatori non sono da intendersi né esaustivi, né tassativi. Determinate fattispecie possono essere considerate anomale anche se non trovano corrispondenza negli indicatori.
Come funziona il meccanismo: dal bonifico alla segnalazione
Gli istituti bancari sono soggetti obbligati ai sensi del D.Lgs. n. 231/2007 e devono segnalare all’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) della Banca d’Italia tutte le operazioni che presentano profili di sospetto. I trasferimenti verso paesi ad alto rischio o i movimenti di importi significativi senza apparente giustificazione economica rientrano tipicamente in questa categoria.
Il sistema bancario nazionale è particolarmente sensibile ai trasferimenti verso paesi come Emirati Arabi Uniti, Svizzera, Singapore e altri centri finanziari internazionali, specialmente quando coinvolgono importi significativi o presentano caratteristiche anomale rispetto al profilo del cliente.
Tabella riassuntiva dei Paesi maggiormente attenzionati
L’utilizzabilità delle informazioni a fini fiscali
Una volta acquisite le segnalazioni, la Guardia di Finanza può utilizzare questi dati per verificare la coerenza fiscale delle operazioni. Come chiarito dalla prassi, queste informazioni sono particolarmente utili per identificare:
- Casi di interposizione fittizia attraverso l’analisi dei dati identificativi del cliente e del titolare effettivo;
- Operazioni elusive basate sulle informazioni relative allo scopo e alla natura dei rapporti professionali;
- Violazioni del monitoraggio fiscale per trasferimenti verso paradisi fiscali non dichiarati;
- Redditi non dichiarati che emergono da operazioni immobiliari o societarie non giustificate dai redditi ufficiali.
Nell’esperienza pratica, è possibile affermare che:
- I trasferimenti frazionati spesso attirano maggiore attenzione rispetto a un unico bonifico di importo elevato;
- La tempistica delle operazioni può essere rilevante (es. trasferimenti subito dopo la percezione di redditi straordinari);
- La coerenza tra dichiarazioni fiscali e capacità di spesa è fondamentale;
- La documentazione estera deve essere tradotta e legalizzata secondo quanto previsto dalla normativa.
Gli accertamenti fiscali: tipologie e modalità di intervento
L’evoluzione normativa degli ultimi anni ha creato un sistema sempre più integrato tra controlli antiriciclaggio e verifiche fiscali. I contribuenti che effettuano trasferimenti verso l’estero devono essere consapevoli che queste operazioni possono innescare controlli fiscali, anche quando sono perfettamente legittime.
L’Agenzia delle Entrate, ricevute le informazioni dalla Guardia di Finanza, generalmente procede con un invito al contraddittorio ex art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997. Questo strumento consente al contribuente di fornire chiarimenti prima dell’eventuale emissione di un avviso di accertamento.
L’invito tipicamente richiede:
- Documentazione sulla provenienza delle somme trasferite;
- Giustificazione economica dell’operazione;
- Prova della dichiarazione fiscale dei redditi utilizzati per il trasferimento;
- Eventuale documentazione sull’investimento estero effettuato.
I poteri istruttori e le presunzioni applicabili
Un aspetto cruciale riguarda l’applicabilità delle presunzioni legali ai dati acquisiti attraverso i poteri di polizia valutaria. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8766/2009, ha chiarito che le informazioni bancarie acquisite con poteri di polizia valutaria non possono essere poste a base del meccanismo presuntivo previsto dagli artt. 32 del DPR n. 600/1973 e 51 del DPR n. 633/1972.
Questo significa che gli estratti conto acquisiti in sede antiriciclaggio mantengono valore probatorio, ma non beneficiano della presunzione legale che invece si applica ai dati bancari acquisiti con le procedure tributarie ordinarie.
Il rispetto delle garanzie procedurali
È importante ricordare che il divieto di comunicazione previsto dall’art. 38 del D.Lgs. n. 231/2007 impedisce alle banche di informare il cliente dell’avvenuta segnalazione. Questo significa che spesso il contribuente scopre dell’esistenza della segnalazione solo quando riceve l’invito dall’Agenzia delle Entrate.
Il trasferimento delle informazioni dal Nucleo di Polizia Valutaria agli uffici dell’Agenzia avviene solo dopo la conclusione delle attività antiriciclaggio e nel rispetto delle garanzie processuali previste.
Strategie difensive: come gestire i controlli
La migliore strategia difensiva inizia prima del trasferimento. È proprio in questa fase che occorre chiedersi la motivazione dell’operazione e la sua possibile giustificazione futura (in caso di accertamenti). A questi fini diventa importante conservare (a titolo esemplificativo):
- Dichiarazioni fiscali che documentino la disponibilità dei redditi utilizzati;
- Contratti e documentazione che giustifichino l’operazione (acquisto immobile, investimento, etc.);
- Movimentazioni bancarie che dimostrino la tracciabilità dei fondi;
- Eventuali dichiarazioni di monitoraggio fiscale se dovute.
La risposta all’invito al contraddittorio
Ricevuto l’invito, è essenziale fornire una risposta documentata e completa. L’esperienza dimostra che le Agenzie delle Entrate sono spesso disposte a chiudere il procedimento quando il contribuente dimostra:
- Piena tracciabilità  delle somme dal conto corrente di origine;
- Legittima provenienza attraverso redditi regolarmente dichiarati;
- Finalità economica lecita dell’operazione;
- Rispetto degli obblighi di monitoraggio fiscale, se applicabili.
Le problematiche principali, in questi casi, provengono quando questo tipo di segnalazione è corredata da segnalazioni di scambio automatico di informazioni, soprattutto se l’omissione riguarda Paesi non collaborativi, dove possono entrare i gioco le presunzioni a favore dell’Agenzia delle Entrate (vedasi Attività in paradisi fiscali non dichiarate: presunzioni del Fisco).
La dimostrazione della lecita provenienza
Nel caso di un trasferimento verso gli Emirati Arabi per l’acquisto di un immobile, la documentazione difensiva dovrebbe includere:
- Estratti conto che dimostrino l’accumulo graduale delle somme;
- Dichiarazioni dei redditi degli anni precedenti;
- Contratto preliminare di acquisto dell’immobile;
- Documentazione bancaria del paese di destinazione;
- Eventuale perizia di stima dell’immobile.
Le problematiche arrivano quando si è in mancanza di questo tipo di documentazione o quando l’immobile o il conto corrente estero finiscono per non essere dichiarati in Italia. Allo stesso modo, e con conseguenze ancora peggiori, se vi fossero redditi esteri non dichiarati in Italia.
I tempi e le modalità di controllo
L’esperienza dimostra che generalmente trascorrono 6-18 mesi tra l’operazione segnalata e l’eventuale invito al contraddittorio. Questo lasso di tempo può essere utilizzato strategicamente per:
- Organizzare la documentazione giustificativa;
- Verificare la completezza degli adempimenti fiscali;
- Valutare strategie di regolarizzazione spontanea se necessarie;
- Preparare una difesa strutturata e documentata.
La chiave per una gestione efficace di questi scenari sta nella pianificazione preventiva e nella capacità di documentare adeguatamente ogni operazione. L’approccio proattivo, che prevede la conservazione sistematica della documentazione giustificativa, rimane la migliore strategia per affrontare con serenità eventuali richieste di chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.
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