Adempimenti dichiarativi per trust residenti ed esteri: chi deve compilare il quadro RW e come evitare sanzioni.
Hai costituito un trust per proteggere il patrimonio familiare. O magari sei beneficiario di un trust istituito da un genitore. Forse sei stato nominato trustee. In tutti questi casi, c’è una domanda che prima o poi ti sei posto: devo dichiarare qualcosa al Fisco? La risposta breve è: dipende. Ma quella lunga può fare la differenza tra la tranquillità fiscale e una sanzione che può arrivare fino al 30% del valore non dichiarato.
Il monitoraggio fiscale dei trust è un terreno dove si intrecciano normative antiriciclaggio, fiscalità internazionale e prassi in continua evoluzione. Con la Circolare n. 34/E del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza su molti aspetti critici. Tuttavia, gli obblighi variano drasticamente in base al tipo di trust, alla residenza fiscale e alla tua posizione all’interno della struttura. E sbagliare compilazione del quadro RW non è più un’opzione indolore.
In questa guida scoprirai esattamente quando scatta l’obbligo di monitoraggio, chi deve compilare il quadro RW della dichiarazione dei redditi, quali sono le differenze fondamentali tra trust trasparenti e opachi, e come evitare sanzioni che potrebbero erodere proprio il patrimonio che volevi proteggere.
Indice degli argomenti
Residenza fiscale e attività estere
La normativa sul monitoraggio fiscale prevede che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici residenti debbano indicare nel quadro RW gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili nel territorio dello Stato. Questa disciplina trova fondamento nell’articolo 4 del D.L. 167/1990 ed è stata rafforzata nel tempo con l’introduzione del concetto di titolare effettivo, mutuato dalla normativa antiriciclaggio.
Quando parliamo di trust, la situazione si complica perché questo istituto può assumere diverse configurazioni fiscali. Un trust residente in Italia che detiene attività finanziarie in Svizzera è tenuto al monitoraggio. Ma anche un trust estero con beneficiari italiani può generare obblighi dichiarativi in capo a questi ultimi. Il discrimine fondamentale sta nel capire chi, all’interno della struttura fiduciaria, riveste la qualifica di titolare effettivo delle attività estere.
Il legislatore ha progressivamente affinato le regole per evitare che il trust potesse essere utilizzato come schermo opaco per sottrarre attività al controllo fiscale. Dal 2017, con il recepimento della IV Direttiva antiriciclaggio attraverso il D.Lgs. n. 90/2017, la nozione di titolare effettivo ai fini del monitoraggio fiscale viene fatta discendere direttamente da quella prevista dalla disciplina antiriciclaggio. Questo significa che non basta più la titolarità formale: conta chi ha il controllo sostanziale delle attività e chi può beneficiarne economicamente.
La conseguenza pratica è che il quadro RW diventa uno strumento di trasparenza attraverso cui il Fisco può tracciare i flussi patrimoniali che, pur transitando attraverso veicoli esteri, sono riconducibili a soggetti residenti nel territorio dello Stato. E questo vale sia per il monitoraggio delle attività sia per il calcolo delle imposte patrimoniali IVIE e IVAFE, quando dovute.
Titolare effettivo nel trust
L’art. 4 D.L. n. 167/90 (modificato dall’art. 8, co. 7 lett. e) D.Lgs. n. 90/17) prevede che:
Sono tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti […] che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 2 lettera pp) e dall’art. 20 del D.Lgs. n. 231/07 e successive modificazioni
Per quanto riguarda i trust sono individuati come titolari effettivi dell’istituto tutti i soggetti coinvolti, dal disponente, ai beneficiari al trustee e al guardiano. Inoltre, ai fini del monitoraggio fiscale, come chiarito dalla C.M. 14 maggio 2014, n. 10/E (§ 13.2): “deve sussistere una relazione giuridica (intestazione) o di fatto (possesso o detenzione) tra il soggetto e le attività estere oggetto di dichiarazione“.
Tuttavia, si può ritenere esonerato dal monitoraggio fiscale circa gli investimenti del trust, il trustee, ancorché soggetto qualificato come titolare effettivo, come precisato dalla Risposta a interpello n. 506/E/20. Nello stesso caso l’Agenzia delle Entrate ha anche escluso dall’obbligo di monitoraggio il guardiano.
Trust residenti in Italia: è il trust stesso a dichiarare
Partiamo dal caso più lineare. Un trust viene considerato fiscalmente residente in Italia quando, per la maggior parte del periodo d’imposta, ha almeno uno dei requisiti previsti dall’art. 73 del TUIR. Nella pratica professionale, la residenza fiscale si determina valutando dove il trustee esercita effettivamente i suoi poteri gestionali e dove vengono prese le decisioni strategiche relative al patrimonio segregato.
I trust non commerciali residenti in Italia sono equiparati agli enti non commerciali e, come tali, rientrano nell’ambito soggettivo degli obblighi di monitoraggio fiscale. Se durante il periodo d’imposta il trust residente ha detenuto, anche per un solo giorno, investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria, è tenuto a compilare il quadro RW del modello Redditi ENC. Questo vale indipendentemente dal fatto che tali attività abbiano effettivamente prodotto reddito.
Esempio
Facciamo un esempio concreto. Hai istituito un trust a Milano per tutelare il patrimonio aziendale della tua famiglia. Il trustee è un professionista italiano e il trust detiene un conto corrente in Lussemburgo con liquidità destinata a futuri investimenti, oltre a quote di un fondo comune di investimento domiciliato in Irlanda. In questo scenario, il trust dovrà compilare il quadro RW indicando sia il conto corrente (con il valore massimo raggiunto nel periodo d’imposta se supera i 15.000 euro) sia le quote del fondo (valorizzate al valore di mercato al termine dell’anno o del periodo di detenzione).
La compilazione del quadro RW da parte del trust residente assolve in via principale l’obbligo di monitoraggio, ma attenzione: questo non esaurisce necessariamente tutti gli obblighi dichiarativi. Come vedremo, i beneficiari individuati del trust possono avere ulteriori adempimenti, a seconda che il trust sia qualificato come trasparente o opaco.
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda la corretta valorizzazione delle attività estere. Per i prodotti finanziari quotati in mercati regolamentati, si fa riferimento al valore di mercato rilevato al termine del periodo d’imposta. Per le attività non quotate, invece, rileva il valore nominale o, in mancanza, il valore di rimborso. Questi criteri sono fondamentali non solo per il monitoraggio, ma anche per determinare correttamente l’IVAFE dovuta, che per le attività finanziarie diverse dai conti correnti si applica nella misura dello 0,2% annuo (con aliquote maggiorate per attività detenute in Paesi a fiscalità privilegiata).
Trust trasparenti, opachi e interposti
La distinzione tra trust trasparente, opaco e interposto non è un esercizio di nomenclatura tecnica, ma il fattore determinante per capire chi deve dichiarare cosa. Questa tripartizione, consolidata dalla prassi amministrativa e ora cristallizzata nella Circolare n. 34/E del 2022, definisce percorsi dichiarativi completamente diversi.
Trust trasparente
Il trust trasparente è quello in cui i beneficiari sono individuati e hanno un diritto soggettivo alla percezione dei redditi prodotti dal patrimonio segregato. In questa configurazione, i redditi vengono imputati direttamente ai beneficiari per trasparenza, indipendentemente dall’effettiva distribuzione. Il meccanismo è simile a quello delle società di persone: il trust produce reddito, ma la tassazione avviene in capo ai beneficiari proporzionalmente alle loro quote di partecipazione. Questa caratteristica ha conseguenze immediate sul monitoraggio fiscale.
Secondo quanto chiarito dalla Circolare n. 34/E del 2022, i beneficiari individuati di un trust trasparente sono tenuti a compilare il quadro RW indicando il valore complessivo degli investimenti e delle attività estere detenuti dal trust, nonché la percentuale del loro patrimonio nell’entità . Questo obbligo sussiste anche se il trust è residente all’estero, e si aggiunge all’eventuale obbligo del trust stesso quando residente in Italia. La ratio è evidente: essendo i beneficiari i veri titolari economici dei redditi, sono loro che devono fornire al Fisco italiano la completa visibilità sulle attività patrimoniali che generano tali redditi.
Trust opaco
Il trust opaco, al contrario, è quello privo di beneficiari di reddito individuati. Il trustee ha piena discrezionalità nelle distribuzioni e i beneficiari non vantano un diritto soggettivo alla percezione dei frutti. In questo caso, i redditi vengono tassati in capo al trust stesso, che è autonomo soggetto passivo d’imposta. Per quanto riguarda il monitoraggio fiscale, se il trust opaco è residente in Italia, sarà il trust a compilare il quadro RW per le attività estere detenute. I beneficiari, invece, hanno obblighi dichiarativi solo nel momento in cui il trustee decide di effettuare una distribuzione effettiva di redditi o capitali.
La Circolare n. 34/E del 2022 ha introdotto un importante elemento di semplificazione: i beneficiari non individuati di un trust opaco sono tenuti agli obblighi di monitoraggio solo quando ricevono comunicazione dal trustee della decisione di attribuire loro redditi o capitale. In tale circostanza, dovranno indicare nel quadro RW l’ammontare del credito corrispondente all’attribuzione. Questo approccio pragmatico evita di imporre adempimenti dichiarativi a soggetti che, di fatto, non hanno ancora alcuna disponibilità economica effettiva delle attività del trust.
Trust interposto
Il trust interposto rappresenta il terzo scenario, quello più complesso da gestire. Si verifica quando il trust è solo formalmente titolare di beni o attività , ma nella sostanza queste sono riconducibili a un soggetto diverso (tipicamente il disponente o il beneficiario) che mantiene il controllo effettivo. In caso di trust interposto, il reddito viene assoggettato a imposizione per imputazione diretta in capo all’interponente residente in Italia, e sarà quest’ultimo a dover assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale come se fosse direttamente titolare delle attività estere. La giurisprudenza e la prassi hanno sviluppato una serie di indici sintomatici per individuare l’interposizione fittizia: poteri di revoca ampi del disponente, vincoli nella gestione del trustee, predeterminazione rigida delle attribuzioni.
Trustee, guardiano e disponente
Una delle novità più rilevanti introdotte dalla Circolare n. 34/E del 2022 riguarda l’esonero dall’obbligo di monitoraggio fiscale per alcune figure chiave all’interno della struttura fiduciaria. Questo chiarimento ha risolto anni di incertezze operative e ha evitato la duplicazione di adempimenti dichiarativi che non avrebbero aggiunto alcun valore informativo per il Fisco.
Trustee
Il trustee, in quanto tale, non è tenuto alla compilazione del quadro RW della propria dichiarazione personale dei redditi con riferimento alle attività estere di proprietà del trust. La ratio di questo esonero è chiara: il trustee è un amministratore fiduciario che gestisce il patrimonio nell’interesse dei beneficiari, ma non ne è titolare economico. La sua posizione è assimilabile a quella dell’amministratore di una fondazione o del direttore generale di un ente: ha poteri gestionali, può avere deleghe operative sui conti, ma non ha diritto a ottenere utilità patrimoniali o reddituali dal trust.
Questo principio è stato ribadito dall’Agenzia delle Entrate anche attraverso specifici documenti di prassi. Ciò che rileva ai fini del monitoraggio fiscale è il diritto a ottenere benefici economici dal trust, non la mera capacità di gestirlo. Di conseguenza, anche se il trustee è firmatario sui conti correnti esteri del trust e può movimentare capitali, queste attività non devono comparire nel suo quadro RW personale.
Guardiano
Analogamente, anche il guardiano (o protector) e il disponente sono di norma esonerati dall’obbligo di compilazione del quadro RW, sempre che non rivestano contestualmente la qualifica di beneficiari effettivi. Il disponente, in particolare, una volta trasferiti i beni al trust perde la titolarità giuridica ed economica su di essi, a meno che non si configuri un’ipotesi di interposizione fittizia o di trust revocabile che, nella sostanza, non ha ancora perfezionato un effettivo trasferimento patrimoniale.
L’Agenzia delle Entrate ha motivato questo orientamento richiamando il principio di proporzionalità : non sarebbe coerente con le finalità del monitoraggio fiscale estendere l’obbligo a soggetti che non sono titolari effettivi delle attività , soprattutto quando l’obbligo già sussiste in capo al trust stesso o ai beneficiari. La sovrapposizione di dichiarazioni per le medesime attività creerebbe solo complessità burocratica senza migliorare la capacità di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
Tuttavia, questa semplificazione vale solo quando gli adempimenti sono correttamente assolti dal trust o dai beneficiari. Se il trust residente omette di compilare il quadro RW, o se i beneficiari individuati non lo fanno, questo non trasferisce automaticamente l’obbligo al trustee o al guardiano. Le sanzioni rimarranno a carico dei soggetti originariamente obbligati. Ma nella pratica professionale, il trustee ha un forte interesse a verificare che tutti gli adempimenti dichiarativi siano correttamente eseguiti, per evitare contestazioni che potrebbero coinvolgere la corretta gestione del trust.
Il ruolo del titolare effettivo
La definizione di titolare effettivo ai fini del monitoraggio fiscale è stata allineata a quella prevista dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 231/2007 in materia di antiriciclaggio. Nel caso dei trust, sono considerati titolari effettivi il disponente, il trustee o i trustees, il guardiano (se esistente), i beneficiari quando individuati o altrimenti la categoria di persone nel cui interesse principale è istituito il trust, e qualunque altra persona fisica che eserciti in ultima istanza il controllo sul trust attraverso la proprietà diretta o indiretta o attraverso altri mezzi.
Cosa significa questo in concreto? Se sei beneficiario individuato di un trust estero, anche se non risiedi nel Paese dove il trust è stabilito, sei considerato titolare effettivo delle attività detenute dal trust nella misura della tua quota di partecipazione. E di conseguenza hai l’obbligo di compilare il quadro RW della tua dichiarazione dei redditi italiana, indicando il valore proporzionale delle attività estere e la percentuale del tuo patrimonio nel trust.
Istruzioni modello Redditi
Le istruzioni al modello Redditi chiariscono che devono essere indicati gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria detenuti, anche indirettamente o per interposta persona, a titolo di proprietà o altro diritto reale. Il riferimento alla detenzione indiretta è proprio il gancio normativo che aggancia i beneficiari di trust esteri: non detengono direttamente le attività , ma ne sono titolari effettivi attraverso la struttura fiduciaria.
Un caso particolare riguarda i beneficiari non ancora individuati ma appartenenti a una classe determinabile. La Circolare n. 34/E del 2022 ha fornito un’interpretazione pragmatica: finché il beneficiario non è specificamente individuato e non ha una posizione giuridica che gli consenta di pretendere distribuzioni, non scatta l’obbligo di monitoraggio. Solo quando il trustee comunica la decisione di effettuare un’attribuzione, il beneficiario diventa obbligato a dichiarare l’importo che gli spetta.
Questa distinzione è cruciale nella pianificazione patrimoniale. Un trust puramente discrezionale, in cui i beneficiari sono indicati in modo generico e il trustee ha ampia libertà decisionale, può differire l’insorgenza degli obblighi dichiarativi in capo ai beneficiari fino al momento effettivo delle distribuzioni. Al contrario, un trust con beneficiari puntualmente individuati e diritti certi alla percezione di quote di reddito genera obblighi immediati e continuativi.
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Le sanzioni dal 3% al 30% del valore non dichiarato
Parliamo ora dell’aspetto che più preoccupa i contribuenti: le conseguenze della mancata o errata compilazione del quadro RW. Il sistema sanzionatorio in materia di monitoraggio fiscale è stato oggetto di continue modifiche legislative e interpretazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. La situazione attuale prevede sanzioni differenziate in base alla tipologia di violazione e alle caratteristiche delle attività non dichiarate.
La sanzione base per la violazione dell’obbligo di indicazione nel quadro RW delle attività estere è stabilita dall’articolo 5 del D.L. 167/1990. L’omessa o infedele indicazione delle attività estere è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria che va dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati. Questa sanzione proporzionale si applica quando la dichiarazione viene presentata ma il quadro RW è omesso o compilato in modo incompleto, e la regolarizzazione avviene dopo i primi 90 giorni dalla scadenza.
La misura sanzionatoria raddoppia quando l’omissione riguarda attività detenute in Stati o territori considerati a regime fiscale privilegiato. In questo caso, la sanzione sale dal 6% al 30% dell’ammontare degli importi non dichiarati. Fino al 2023, la Svizzera rientrava in questa categoria, ma il Decreto Ministeriale del 20 luglio 2023 l’ha esclusa dall’elenco dei Paesi a fiscalità privilegiata a decorrere dal 1° gennaio 2024, allineando così il trattamento sanzionatorio.
Dichiarazione tardiva con sanzione fissa
Esiste però un regime di favore per chi regolarizza tempestivamente. Se la dichiarazione contenente il quadro RW viene presentata entro 90 giorni dal termine ordinario, si applica una sanzione fissa di 258 euro, indipendentemente dal valore delle attività non dichiarate. Questo importo può essere ulteriormente ridotto attraverso il ravvedimento operoso a 28,67 euro (pari a 1/9 di 258 euro) se la regolarizzazione avviene spontaneamente.
Sanzioni per imposte patrimoniali
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda il cumulo con le sanzioni per le imposte patrimoniali IVIE e IVAFE. L’omessa dichiarazione delle attività estere può comportare anche la mancata liquidazione di queste imposte, con sanzioni specifiche che si sommano a quelle del monitoraggio fiscale. Per l’omesso versamento di IVIE o IVAFE, si applica la sanzione prevista per l’omessa dichiarazione delle imposte sui redditi, che dal 1° settembre 2024 è stata ridotta dal 120% al 240% dell’imposta dovuta a una percentuale del 120% grazie alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 87/2024.
La normativa prevede anche l’applicazione del principio del concorso e della continuazione delle violazioni. Se le omissioni riguardano più periodi d’imposta, la sanzione base viene aumentata dalla metà al triplo. Questo significa che chi per diversi anni non ha compilato il quadro RW rischia un aggravio sanzionatorio significativo, anche se l’Amministrazione finanziaria tende ad applicare criteri di ragionevolezza nella determinazione concreta delle sanzioni.
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Esempi di compilazione
Vediamo, di seguito, un paio di esempi che si riscontrano frequentemente nella pratica.
Trust interposto estero
Ipotizziamo un soggetto che ha istituito un trust regolato dalla legge del Jersey, e possieda un conto corrente Svizzero con valore di 150.000 euro al termine del periodo di imposta. Il trust è considerato interposto in quanto il disponente è anche il beneficiario finale dei beni.
In questo scenario il soggetto deve indicare nel quadro RW il conto corrente svizzero. Il trust interposto è considerato nullo fiscalmente e quindi il disponente dichiara direttamente l’investimento estero, con il pagamento della relativa imposta patrimoniale IVAFE.
Trust residente con beneficiari individuati
Ipotizziamo un trust residente che detiene investimenti esteri. I beneficiari del trust sono individuati in atto ed hanno la possibilità di pretendere i beni al 50%. I due beneficiari si qualificano come “titolari effettivi” del trust.
In questo scenario è il titolare effettivo delle attività estere a dover indicare nel quadro RW il valore delle attività estere nonché la percentuale di patrimonio ad esso riconducibile. Quindi, sussistendo titolari effettivi residenti dell’intero patrimonio dell’ente, quest’ultimo rimane esonerato dalla compilazione del quadro RW. Vedasi la Circolare n. 34/E/22. Per meglio dire, il trust resta esonerato dal monitoraggio fiscale (che incombe sui titolari effettivi), ma deve liquidare l’imposta patrimoniale (IVIE e/o IVAFE), e dichiarare eventuali redditi nel modello Redditi ENC.
Consulenza fiscale online
Dopo aver esaminato il quadro normativo e le sue complessità , è il momento di trasformare la conoscenza in azione. Gli obblighi di monitoraggio fiscale dei trust non sono questioni che si possono rimandare: i termini di accertamento sono ampi (fino a sette anni per le violazioni più gravi) e i meccanismi di scambio automatico di informazioni (CRS, FATCA) rendono sempre più difficile che attività estere non dichiarate passino inosservate.
Se sei coinvolto in un trust, il primo passo è determinare con precisione la tua posizione: sei trustee, disponente, guardiano o beneficiario? In quest’ultimo caso, sei beneficiario individuato con diritti certi alla percezione di redditi, oppure fai parte di una classe generica? Il trust è trasparente, opaco o interposto? È residente in Italia o all’estero? Le risposte a queste domande determinano i tuoi obblighi specifici.