La SCIA edilizia è un istituto introdotto per sostituire il tradizionale provvedimento autorizzatorio a regime vincolato. Come è tutelato il vicino di casa, se leso?

La SCIA edilizia, ossia la segnalazione certificata di inizio attività, è una figura introdotta per sostituire il tradizionale provvedimento autorizzatorio a regime vincolato. E’ stato dunque previsto dal legislatore un istituto ispirato al principio di liberalizzazione delle attività privatistiche. Alla presenza dei presupposti richiesti dalla legge, infatti, il privato, effettuata la segnalazione, è automaticamente autorizzato a costruire, senza che sia necessario ottenere l’atto amministrativo.

Una delle questioni più dibattute in giurisprudenza attiene, non tanto alle modalità di presentazione della SCIA, quanto alla tutela offerta al privato terzo.

Infatti, in caso di SCIA edilizia, infatti, potrebbero esserci dei vicini di casa che restino lesi dalla costruzione della nuova opera. Sul punto, invero, sono intervenuti sia la giurisprudenza, con l’Adunanza plenaria 15 del 2011, poi in seguito il legislatore, introducendo il co. 6-ter all’art. 19 della l. 241 del 1990. I due interventi, invero, tendono a seguire due orientamenti opposti.

Infatti, l’interesse primario del legislatore era proprio quello di garantire una maggior stabilità della SCIA edilizia, anche a garanzia dell’intento di liberalizzazione delle attività privatistiche.

Vediamo, insieme, cosa c’è da sapere.

Cos’è la SCIA Edilizia?

La SCIA edilizia è una figura introdotta per sostituire il tradizionale provvedimento autorizzatorio a regime vincolato. E’ stato dunque previsto dal legislatore un istituto ispirato al principio di liberalizzazione delle attività privatistiche. Alla presenza dei presupposti richiesti dalla legge, infatti, il privato è automaticamente autorizzato a costruire, senza che sia necessario ottenere l’atto amministrativo.

Con SCIA si intende la c.d. Segnalazione di Inizio Attività. Questa deve essere effettuata sovente ove sia necessario avviare degli interventi di ristrutturazione all’esterno o all’interno di una struttura.

In alcune ipotesi, essa è anche obbligatoria, ad esempio per:

  • Ristrutturazione edilizia leggera, che è tale quando non deve essere aumentata la volumetrica, superficie o modificato il prospetto e la sagoma dell’edificio;
  • Restauro e risanamento conservativo, questa attività è quella di ristrutturazione nel senso classico del termine. E’ posta in esser per conservare un bene immobile, e si sostanzia in attività di manutenzione. Anche in tal caso, non devono esser modificati gli elementi essenziali dell’opera;
  • Manutenzione straordinaria con modifiche strutturali e aumento dei parametri urbanistici;
  • Cambio destinazione d’uso dell’immobile, in tal caso l’attività è volta alla modifica della funzionalità dell’immobile.

Come si effettua la SCIA edilizia?

La SCIA edilizia è una segnalazione effettuata dall’immobile, sebbene in genere è un onere di cui si fa carico il professionista chiamato a realizzare il progetto o eseguire i lavori.

La segnalazione è presentata al Comune, il quale ha dalle 2 settimane a 2 mesi di tempo per rispondere. Il Comune è quello del luogo ove dovrà esser realizzata l’opera. L’ente provvederà ad avviare i controlli rispetto ai requisiti dichiarati.

A tal fine, provvederà ad analizzare la visura di tutti gli atti abitativi inerenti l’immobile. Deve esser verificata la regolarità di tutti i Permessi di costruire concessi. In tal modo provvederanno a valutare la presenza di abusi.

Laddove, si accerti che non sussistano i requisiti, l’amministrazione adotterà un provvedimento inibitorio.

La SCIA ha una validità di 3 anni. Se scaduto il termine, il cantiere non avesse ancora concluso i lavori, la Segnalazione non potrà essere prorogata. Tuttavia, può esser richiesta una proroga.

La segnalazione implica dei costi:

  • 70 euro per diritti di segreteria;
  • 15 euro per la cartella di corredo;
  • contributo di costruzione, se previsto. In questo caso il richiedente deve allegare alla Scia la ricevuta del versamento, nella misura autodeterminata dal progettista delle opere, in relazione alle opere da eseguire in base alle tabelle vigenti e al disciplinare.

Poteri del Comune

Il Comune, in assenza dei requisiti richiesti dalla legge e dichiarati nella SCIA edilizia, può esercitare uno dei seguenti poteri: inibitorio e di autotutela impropria.

Il primo potere è sottoposto a termine perentorio, di 60 giorni, trascorso il quale l’amministrazione non può più esercitare predetta facoltà.

Mentre, con riferimento al secondo potere può essere esercitato secondo le norme del 21 nonies della l. 241 del 1990. Dunque, può esser esercitato “entro un termine ragionevole non superiore a 12 mesi”. Questo è un potere che prima o poi si estinguerà, è un termine certamente più lungo, inoltre esso non è un potere vincolato e doveroso, ma discrezionale. 

La PA potrà quindi esercitare il potere se:

  • sussiste un interesse generale, che non sia esclusivamente il ripristino della legalità,
  • sia valutato l’affidamento del privato, che in questa ipotesi ha comunicato la SCIA edilizia.

Tutela del terzo

Con l’introduzione della SCIA muta radicalmente il sistema di tutela del soggetto terzo. In questo caso, in genere, si tratta di un vicino di casa insoddisfatto della nuova costruzione, che potrebbe arrecargli un pregiudizio.

Con il processo di liberalizzazione delle attività privatistiche, si garantisce una maggior stabilità dell’atto, non tanto nei rapporti con la PA, che può fare comunque autotutela sia in caso di provvedimento autorizzatorio che di SCIA.

La PA può comunque vietare l’attività di costruzione, se ricorrono gli stessi presupposti della autotutela.

Invece, la scia assume una forza maggior, rispetto al potere autorizzatorio, nel rapporto con i terzi che sono controinteressati.
Se il Comune ha emesso un’autorizzazione espressa e il terzo si sente leso dal provvedimento, può impugnare l’atto davanti al giudice amministrativo. Il ricorso può esser fatto nel termine di 60 gg da quando entra a conoscenza del provvedimento.

Il GA, se l’atto è illegittimo lo annulla. Dunque, il vicino può impugnare e ha un termine di decadenza che decorre da quando ha conoscenza dell’atto.

Con l’introduzione della SCIA muta sensibilmente il regime della tutela del terzo vicino di casa, ciò in quanto la SCIA è un atto privatistico e non pubblicistico, come il provvedimento. Dunque, la SCIA non è soggetta ad impugnazione.


Prima tesi giurisprudenziale

Sugli strumenti di tutela del terzo, invero, è intervenuta in un primo momento la giurisprudenza amministrativa. Questa ha tentato di riprodurre il sistema che era previsto in costanza del vecchio regime autorizzatorio.

Il dibattito giurisprudenziale ( AD. Plen. 15 del 2011) aveva previsto una sorta di azione di accertamento autonoma di adempimento pubblicistico, la quale consentiva di dare un rimedio equivalente a quello che avrebbe avuto se ci fosse stato un provvedimento espresso autorizzatorio. Era un rimedio non annullatorio, ma che consentiva al terzo di pretendere che il giudice accertasse l’illegittimità della SCIA edilizia, ordinando alla PA di rimuoverla.

Era, quindi, un metodo di accertamento del giudizio per verificar se ci fossero i presupposti della SCIA. Tuttavia, non sussistendo un termine certo per impugnare, si poneva il problema del dies a quo. La giurisprudenza ha quindi sostenuto che tale termine per proporre l’azione decorresse dalla scadenza del primo termine del controllo della pa. Ciò in quanto, secondo la prima interpretazione, da quel momento si formava silenzio diniego della PA.

Dunque, secondo questa prima impostazione, il terzo poteva impugnare il silenzio diniego.


Quella impugnazione era il veicolo per introdurre azione di accertamento e condanna. Nonostante l’ambiguo riferimento  della Adunanza Plenaria 2011 al silenzio diniego,questo non era previsto dalla legge. Tuttavia il silenzio qualificato può esser tale solo se espressamente previsto. 

Intervento del legislatore

Tuttavia, dopo appena due settimane dalla pubblicazione della sentenza del 2011, è intervenuto il legislatore con l’art. 6 del D.L. 13 agosto 2011 n. 138, che ha novellato l’art. 19 della l. 241 del 1990, inserendo il co 6-ter. Tale disposizione, pur confermando la natura privatistica della SCIA, ha superato le conclusioni a cui era giunta la precedente giurisprudenza sulle modalità di tutela del privato.

Il legislatore ha previsto espressamente che il terzo che si ritenga leso può solo sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione. Come abbiamo evidenziato in uno dei precedenti paragrafi, la Pa ha disposizione due poteri, uno inibitorio ed una specie di autotutela impropria.

Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, il privato può sollecitare solo il secondo potere, ossia quello di autotutela impropria.

È un potere, doveroso nell’an, cioè se sollecitato l’amministrazione deve esercitarlo, ma discrezionale nell’esito secondo la tradizionale ricostruzione. Presentata la scia, l’amministrazione ha un primo termine di 60 giorno entro il quale deve verificare i requisiti. Se questo termine scade, ne decorre un secondo termine, che è quello dell’annullamento d’ufficio. Non si tratta tecnicamente di annullamento d’ufficio perché la scia è un atto del privato, ma per intervenire su questa scia occorrono comunque i presupposti dell’annullamento di ufficio. 

A differenza dell’autotutela che è “facoltativa nell’an”, questo potere, che con l’autotutela condivide solo i presupposti, nell’an è doveroso. Ciò significa che se il privato chiede di esercitare questo potere, la PA deve comunque comunicare una risposta.

Quindi, il Comune deve assumere una determinazione, in quanto tale impugnabile.

Cosa accade se la PA non risponde?

Normalmente rispetto al silenzio sull’istanza di autotutela, esso è silenzio giuridicamente irrilevante perché l’amministrazione non ha l’obbligo di rispondere sull’istanza di autotutela. Infatti, se l’amministrazione avesse l’obbligo di rispondere, verrebbe elusa l’inoppugnabilità del provvedimento oggetto dell’autotutela che sollecito.

Mentre, l’art. 19 co 6 ter prevede che se l’amministrazione non risponde,è possibile esercitare l’azione avverso al silenzio, di cui all’art. 31 c.pa..

Nel giudizio contro il silenzio, il giudice condanna l’amministrazione a provvedere. Nel caso in cui la PA resti ancora inerte, allora il giudice nomina il commissario ad acta che provvede.

Tuttavia, si sostiene che tale rimedio non sia efficiente. Infatti, la PA puà esercitare un potere discrezionale, il giudice del silenzio potrà condannare l’amministrazione a provvedere, ma non predeterminare il contenuto del provvedimento.

Invero, la Corte Costituzionale, chiamata a sindacare la legittimità costituzionale della disposizione, ha sostenuto che tale art. 19 co 6-ter, risponde al principio di effettività ed efficienza. Infatti, il privato, ossia il vicino di caso, laddove sia leso nei propri diritti avrà anche a disposizione altri strumenti di tutela, tra cui le azioni a tutela della proprietà.

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