Una questione a volte assai complessa attiene al regime fiscale degli enti. Con essi si intende soggetti non necessariamente dotati di personalità giuridica. Nel linguaggio giuridico con il termine persona si indica tanto l’uomo come persona fisica quanto le organizzazioni collettive. Non tutte le organizzazioni però sono dotate di personalità giuridica.
Gli enti si possono distinguere in due macro gruppi:
- le fondazioni;
- le associzioni.
E’ consuetudine distinguere le fondazioni, quali universitas bonorum, caratterizzate dalla prevalenza dell’elemento patrimoniale. Mentre le associazioni, le universitas personarum, sono invece connotate dalla prevalenza dell’elemento soggettivo.
Tuttavia, il regime fiscale degli enti si distingue, non in base alla categoria di appartenenza, ma alla distinzione tra enti commerciali e non commerciali. I secondi, ove posseggano i requisiti previsti dalla legge, possono accedere ad una serie di benefici fiscali.
Vediamo insieme qual è il regime fiscale degli enti.
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Le associazioni
Prima di procedere all’esame del regime fiscale degli enti, intendiamo individuare le caratteristiche e le differenze che contraddistinguono le associazioni e le fondazioni, le quali costituiscono le principale forma di enti.
L’associazione è l’ente collettivo a base personale volto al perseguimento di uno scopo di natura ideale. L’associazione ha una duplice rilevanza giuridica.
Le fondazioni
Tradizionalmente, entro il novero delle istituzioni di carattere privato riconosciute come persone giuridiche rientrano sia le associazioni che le fondazioni, dotate del peculiare regime fiscale degli enti.
E’ consuetudine distinguere le fondazioni, quali universitas bonorum, caratterizzate dalla prevalenza dell’elemento patrimoniale. Mentre le associazioni, le universitas personarum, sono invece connotate dalla prevalenza dell’elemento soggettivo.
Proprio rispetto alle fondazioni che si è posto il problema di enucleare il concetto di persona giuridica, di ammettere l’esistenza di un ente, benché privo di membri, potesse essere titolare di rapporti giuridici.
Il concetto di fondazione, quale autonomo soggetti di diritto cui attribuire la proprietà di un patrimonio è già stata elaborata all’inizio dell’Ottocento. Prima di allora, la figura era delineata a prescindere dal concetto di persona giuridica, quale insieme di beni destinati da una persona, il fondatore, ad uno scopo determinato.
La dottrina successiva, tuttavia evidenzia come la fondazione non sia propriamente un complesso di beni, ma anche essa un’organizzazione collettiva di individui per la quale il patrimonio non è che un mezzo per attuare lo scopo.
Associazioni e fondazioni rientrano dunque nella medesima categoria, da qui anche la tendenziale unicità del regime fiscale degli enti.
Differenze fondazioni e associazioni
Nonostante la comune qualificazione quale collettività organizzata, sia fondazioni che associazioni si distinguono per alcuni elementi fondamentali.
L’atto costitutivo delle fondazioni, infatti, a differenza dell’atto costitutivo dell’associazione che è un contratto, è sempre un atto unilaterale, sua quando il fondatore sia un’unica persona sia quando la fondazione prende vita da una pluralità di persone. In questo secondo caso, a fronte di una pluralità di persone si avranno una pluralità di atti unilaterali.
Quanto ai modi di esecuzione, invece, le differenze rispetto all’associazione si colgono in ciò che il fondatore, una volta destinati i beni allo scopo, si spoglia di questi e non partecipa alla loro amministrazione. Differentemente avviene nel caso delle associazioni, dove l’associato partecipa sempre alla gestione dell’ente se non direttamente, quanto meno in sede assembleare.
Nella fondazioni, all’opposto, l’amministrazione è affidata a persone distinte dal fondatore, che si trovano in posizione diversa rispetto ai membri di un’associazione.
Nell’associazione gli associati sono liberi di determinare le scelte organizzative sulla base del principio di autonomia contrattuale. Nella fondazioni gli amministratori sono all’opposto meri organi serventi. Per essi l’esecuzione dell’atto di fondazione costituisce l’adempimento di un ufficio.
Gli amministratori delle fondazioni differiscono dagli stessi amministratori dell’associazione, perché una volta investiti dell’ufficio sono liberi nella determinazione dei criteri di gestione. Questi, dunque, non subiscono il controllo né da parte dell’assemblea né da parte dell’autorità governativa.
Enti del terzo settore
Peculiare è, invece, il regime fiscale degli enti del terzo settore.
Accanto al sistema di consecuzione della personalità giuridica, è stato introdotto dal decreto legge 361 del 2000 il codice del terzo settore. Quest’ultimo si occupa delle organizzazioni no profit che operano nell’ambito del terzo settore, prevedono un sistema alternativo di riconoscimento della personalità per queste organizzazioni, che possono farsi riconoscere anche utilizzando questo sistema alternativo.
L’art. 22 del decreto 117 del 2017 prevede, in deroga alla procedura descritta dal dr 261 del 2000, la possibilità di ottenere la personalità anche attraverso l’iscrizione nel registro unico nazionale del terzo settore seguendo la procedura seguendo la procedura disciplinata nel codice del terzo settore.
Le attività elencate all’articolo 5 del Codice del Terzo Settore si considerano non commerciali. Questi enti sono di interesse generale, in quanto svolgono la loro attività a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi. Ovviamente, si dovrà tener conto anche degli apporti economici degli enti interessati e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento.
Sono tali gli enti i cui ricavi non superano il 5% costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre due periodi d’imposta consecutivi.
Iscrizione al registro del terzo settore
E’ una procedura simile a quella delle società. Si prevede che il notaio debba redige l’atto pubblico costitutivo dell’ente. Vuoi che sia un’associazione, vuoi che sia una fondazione, egli segue il controllo sulla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per essere iscritti nel registro e procede all’iscrizione dell’ente nell’ambito del registro unico nazionale del terzo settore.
E’ una procedura simile all’omologa societaria dove il controllo non viene affidato alla PA, ma al notaio che redige l’atto costitutivo dell’ente, che può ottenere la personalità iscrivendosi
Il soggetto potrebbe voler operare nel terzo settore senza iscrizione. Questa procedura presuppone non solo la scelta dell’atto pubblico come forma dell’atto costitutivo, ma ha anche un’esplicita richiesta in tal senso, il notaio effettuati i controlli di legge iscrive l’ente che se chiede di operare come persona giuridica.
E’ un sistema alternativa per gli enti che operano nel terzo settore che presuppone un’apposita domanda di parte.
Regime fiscale enti
Il regime fiscale degli enti muta a seconda che essi abbiano o meno natura commerciale. Il criterio, necessario da verificare, concerne l’attività che gli organismi collettivi svolgono e la loro prevalenza ai fini della qualificazione tributaria dell’ente stesso.
Lo spartiacque fra un ente commerciale e uno non commerciale è rappresentato dall’esercizio, come è ovvio, di attività commerciale e dall’incidenza di tal categoria di attività nell’ambito delle attività istituzionalmente esercitate
Nel presente paragrafo possiamo semplicisticamente affermare che gli enti commerciali sono quelli che esercitano principalmente o esclusivamente un’attività commerciale.
Un Ente del Terzo Settore perderà dunque la qualifica di ente non commerciale. In tal caso opera lo speciale regime fiscale degli enti del terzo settore. Questo, invero, comporta una serie di benefici fiscali, ove nel corso di un anno fiscale i proventi dell’attività commerciale saranno superiori ai proventi dell’attività non commerciale.Affinché sia applicabile questo regime di favore la legge fiscale (TUIR) prevede due requisiti fondamentali:
- l’attività deve essere svolta a favore degli associati, essendo quella svolta a favore di terzi non soci normale attività commerciale;
- l’attività deve essere svolta nell’ambito dell’attività istituzionale dell’ente.
Requisiti dell’ente per accedere al regime fiscale
L’ente del terzo settore deve essere in possesso di alcuni requisiti sostanziali, per accedere al regime fiscale degli enti agevolato. Questi devono essere inseriti obbligatoriamente nello statuto sono i seguenti:
- divieto di distribuzione, anche in modo indiretto, di utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitali, salvo che la loro destinazione o distribuzione siano imposte dalla legge;
- obbligo, in caso di scioglimento per qualsiasi causa, di devolvere il patrimonio dell’ente ad altra associazione con finalità analoghe o di pubblica utilità;
- disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità di adesione finalizzate a garantire l’effettività del rapporto instaurato, escludendo con volontà espressa la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo che gli associati abbiano il diritto di voto per l’approvazione, modificazione dello statuto e dei regolamenti;
- obbligo di redigere e approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo lo statuto;
- eleggibilità libera degli organi amministrativi, sovranità dell’assemblea dei soci, pubblicità delle convocazioni assembleari ecc.;
- in trasmissibilità della quota associativa, a parte i trasferimenti a causa di morte.
Regime fiscale degli Enti: sistema forfettario
A tal proposito ricordiamo che predetti enti sono assoggettati ad un regime forfettario. Possiamo a tal proposito operare alcune distinzioni che caratterizzano il regime fiscale.
Quest’ultimo infatti assume caratteristiche diverse a seconda dell’attività che viene svolta. Ad esempio per lo svolgimento di attività di prestazioni di servizi:
- per ricavi fino a 130.000 euro, un coefficiente del 7 %;
- per ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, un coefficiente del 10 %;
- e per ricavi oltre 300.000 euro, un coefficiente del 17 %;
E’ previsto, invece, un diverso coefficiente per lo svolgimento di altre attività:
- per ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente del 5 %;
- per ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente del 7 %;
- e per ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente del 14 %.
Per gli enti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività, il coefficiente si determina con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.
Le esenzioni
I benefici per gli enti del terzo settore sono invero molteplici. A tal proposito possiamo anche ricordare alcune importanti esenzioni fiscali:
- Imposta di registro su modifiche dello statuto obbligatorie per legge e su altre modifiche statutarie: esenzione o misura fissa dell’imposta che colpisce la registrazione (e quindi il deposito presso l’Ufficio delle entrate) dello statuto;
- Imposta di bollo: esenzione totale per qualsiasi tipologia di atto;
- Imposte di registro, ipotecarie e catastali per acquisto immobili: dovute in misura fissa;
- Imu: in relazione all’IMU non cambia rispetto al regime precedente e pertanto l’esenzione è prevista solo in caso di svolgimento di particolari attività comunque rese in forma non commerciale;
- Altri tributi locali:gli enti locali possono disporre la riduzione o l’esenzione per questa categoria di imposte;
- Esenzione da imposte dirette per beni immobili: beneficio riconosciuto alle Organizzazioni di Volontariato (compresi gli Enti Filantropici se già ODV) e alle Associazioni di Promozione Sociale;
- Esenzione da tasse sulle concessioni governative.