Pignoramento dello stipendio: meccanismi e limiti

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Il pignoramento dello stipendio è un processo legale disciplinato dal Codice di Procedura Civile, attraverso il quale un creditore può recuperare un debito prelevando una parte dello stipendio del debitore. Scopriamo il funzionamento, limiti legali e implicazioni per i lavoratori.

Il pignoramento dello stipendio, regolato dagli articoli 543 e seguenti del Codice di Procedura Civile, è una procedura legale che permette a un creditore di riscuotere un debito tramite il sequestro di una parte dello stipendio del debitore. Si tratta di pignoramento dello stipendio verso terzi, ovvero il creditore mira a pignorare i beni del debitore, ovvero lo stipendio del lavoratore, che sono sotto la custodia di terzi, come il datore di lavoro, la banca o l’ufficio postale.

La procedura ha ad oggetto beni del debitore (lo stipendio del lavoratore) che sono nella disponibilità di terzi (il datore, la banca o l’ufficio postale). Nella pratica, si tratta di uno strumento tra i maggiormente utilizzati dai creditori in quanto è diretto, sicuro e difficilmente aggirabile. Una volta avviata la procedura il debitore non ha più possibilità di intervenire, se non trovare una soluzione alternativa prima della sua definitività.

La procedura

Nello specifico, la procedura di pignoramento inizia con una richiesta formale da parte del creditore, che deve essere in possesso di un titolo esecutivo, come una sentenza, un decreto ingiuntivo o un altro atto esecutivo. L’Art. 543, che disciplina la forma del pignoramento, stabilisce quanto segue:

Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di  cose  del debitore che sono in possesso  di  terzi,  si  esegue  mediante  atto notificato al terzo e al  debitore a  norma  degli  articoli  137  e seguenti.

Successivamente, il creditore deve notificare al debitore un atto di precetto, intimandogli di adempiere al pagamento entro 10 giorni. Se il debitore non effettua il pagamento entro il termine stabilito, il creditore può procedere con l’atto di pignoramento, che viene notificato sia al debitore sia al datore di lavoro del debitore. Una volta effettuato il pignoramento, il giudice fissa un’udienza per decidere sull’assegnazione delle somme pignorate.

Questa ordinanza viene notificata al datore di lavoro del debitore, il quale deve iniziare immediatamente a trattenere l’importo stabilito dallo stipendio del lavoratore. Questa trattenuta continua fino al completo soddisfacimento del debito o fino a una nuova disposizione del tribunale. È importante notare che il datore di lavoro non può rifiutarsi di eseguire l’ordinanza, pena sanzioni legali. Se il debitore dovesse cambiare o perdere il lavoro, la procedura deve ripetersi da capo.

Al creditore è richiesto di notificare sia al debitore che al soggetto terzo (datore di lavoro o istituto di credito) l’avvenuta iscrizione al ruolo, e depositare l’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione.

Esistono, tuttavia, limiti e procedure precise da seguire durante il processo di pignoramento, concepiti per garantire un equilibrio tra i diritti dei creditori e la tutela dei debitori.

La quota di stipendio pignorabile

L’importo che può essere pignorato dallo stipendio è determinato dalla legge e dipende dalla situazione economica del debitore. Questa regolamentazione include dei limiti, concepiti per garantire al lavoratore un reddito minimo vitale. In pratica, una quota corrispondente a questo “minimo vitale” è intoccabile, mentre la parte eccedente può essere soggetta a pignoramento.

In generale, la legge stabilisce che non può essere pignorato più di un quinto dello stipendio netto (quota non superiore al 20%), con eccezioni per debiti alimentari o fiscali, dove la percentuale può essere più alta. Per le obbligazioni alimentari dovute per legge, le somme pignorate non possono, infatti, eccedere un terzo dello stipendio.

Pignoramenti effettuati dall’agente della riscossione

Per i tributi dovuti a Stato, province e comuni, il limite pignorabile resta un quinto della retribuzione. Tuttavia, per i pignoramenti effettuati dall’agente della riscossione, la soglia varia:

  • Un decimo per importi fino a 2.500 euro;
  • Un settimo per importi da 2.500 a 5.000 euro;
  • Un quinto per importi superiori a 5.000 euro.

Questi limiti si applicano al reddito netto del dipendente, una volta detratte le ritenute fiscali e previdenziali a suo carico, che comprendono i contributi previdenziali e assistenziali, nonché le trattenute fiscali come l’IRPEF e le addizionali regionali e comunali.

Nel caso in cui i pignoramenti siano correlati alla stessa causa, il limite è stabilito al 20% dello stipendio. Questa procedura coinvolge tutti gli aspetti retributivi del rapporto di lavoro, inclusi eventuali emolumenti aggiuntivi come la tredicesima e la quattordicesima mensilità. Tuttavia, se i pignoramenti riguardano le stesse cause, si applica il limite di un quinto dello stipendio. Questa procedura coinvolge tutte le componenti della busta paga relative al rapporto di lavoro, inclusi gli emolumenti aggiuntivi come la tredicesima e, se prevista, la quattordicesima mensilità. Allo stesso tempo, risultano, invece, esclusi alcuni importi, tra cui:

  • Rimborsi spese;
  • Trasferte;
  • Assegni familiari;
  • Buoni pasto;
  • Indennità di maternità e malattia.

Da notare che il trattamento integrativo, come l’ex Bonus Renzi, non è soggetto a pignoramento in quanto di natura fiscale.

Quota pignorata: come varia l’importo nei casi specifici

L’ambito del pignoramento dello stipendio è regolato da precise normative che ne definiscono i limiti e le procedure. In caso di pignoramenti multipli derivanti da diverse cause, la somma trattenuta complessivamente non può superare la metà del netto.

Un ulteriore caso da tenere presente è quando lo stipendio è accreditato su un conto bancario o postale intestato al debitore, le regole per il pignoramento sono diverse. In questo caso, il pignoramento coinvolge solo l’importo che supera il triplo dell’assegno sociale. Questo limite viene aggiornato annualmente in base all’assegno sociale e viene rivalutato ogni anno in base all’inflazione accertata dall’INPS.

Di conseguenza, per le somme accreditate prima del pignoramento, può essere pignorato solo l’importo che supera il triplo dell’assegno sociale, fissato per il 2025 a 538,69 euro. Per le somme accreditate dopo il pignoramento, si applicano i limiti generali precedentemente descritti.

Il meccanismo di pignoramento

Sotto il profilo operativo il pignoramento dello stipendio, trattandosi di una forma di pignoramento verso terzi, può avvenire in due modi:

  • Può essere trattenuta una quota direttamente dal datore di lavoro, per ogni mensilità di stipendio percepita dal debitore, nel limite massimo previsto, sino al saldo dell’obbligazione. Nel caso la soglia trattenuta non può superare 1/5 dell’entrata;
  • Può essere previsto di pignorare la quota di stipendio già incassata ed accreditata sul conto corrente. Nel caso la somma prelevata non può eccedere il valore dell’assegno sociale moltiplicato per tre.

Nel caso in cui vengano notificati più pignoramenti nello stesso momento si deve procedere saldando il credito in modo progressivo. Pertanto, il creditore riceverà la quota spettante solo una volta che è stato saldato il debito del primo creditore.

Nel caso in cui lavoratore vada in pensione, la procedura passa prima dal TFR e poi alla pensione.

Le tutele per il debitore

Il debitore, per tutelarsi, ha la possibilità di effettuare opposizione. In particolare, esistono due tipi di opposizione che possono essere effettuate, in particolare:

  • Opposizione all’esecuzione: il debitore contesta il diritto del creditore a procedere al pignoramento dello stipendio;
  • Opposizione agli atti esecutivi: il debitore può effettuarla quando ritiene che vi sia stata qualche irregolarità a livello della procedura, ad esempio, in presenza di un vizio di notifica.

Inoltre, il debitore ha la possibilità di bloccare il pignoramento dello stipendio effettuando il pagamento delle somme nelle mani dell’ufficiale giudiziario, oltre alle relative spese (ex art. 494 c.p.c.). Si tratta del c.d. “pagamento tardivo“, che consente comunque il blocco del pignoramento.

L’opposizione può essere presentata:

  • In via preventiva, da quando viene notificato l’atto di precetto sino a che non viene compiuto il primo atto di esecuzione;
  • Successiva, può essere presentata dopo che sia iniziata l’esecuzione sino all’ordinanza di assegnazione o di vendita emessa dal giudice dell’esecuzione.

Procedura di sovraindebitamento

Nel caso in cui il debitore che ha ricevuto la notifica dell’atto di pignoramento dello stipendio può trovarsi in una situazione in cui deve far fronte ad altre situazioni debitorie. In questi casi il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, prevede una specifica procedura dedicata al sovraindebitamento del debitore. Attraverso questa procedura il debitore può cristallizzare la sua posizione debitoria complessiva ed affrontarla.

Il saldo e stralcio

In alternativa, è possibile, comunque raggiungere un accordo di saldo e stralcio. Si tratta di un accordo tra debitore e creditore legato al pagamento immediato di una somma di denaro inferiore rispetto al debito originario. Nel caso in cui la procedura venga attivata, si evita il pignoramento, si ottiene l’estinzione del debito (tramite alla rinuncia agli atti) ed è possibile ottenere la cancellazione dal CRIF o da qualsiasi altra banca dati in cui il debitore sia stato segnalato come cattivo pagatore.

Le differenze con la cessione del quinto

Il pignoramento dello stipendio e la cessione del quinto non sono la stessa cosa, anche se entrambi implicano la trattenuta di una parte dello stipendio. Si tratta di due procedure legali distinte, ognuna con le proprie finalità e modalità. Il primo è un provvedimento coercitivo per recuperare crediti non pagati, autorizzato dal tribunale. La cessione del quinto, invece, è un prestito personale in cui il rimborso avviene tramite una trattenuta diretta sulla busta paga o sulla pensione del debitore.

Le differenze principali non si limitano solamente agli aspetti procedurali e ai limiti, ma si concentrano principalmente sui seguenti due aspetti:

  • Volontarietà: la cessione del quinto è un accordo volontario , mentre il pignoramento è un’azione decisa dal tribunale;
  • Finalità: la cessione del quinto è utilizzato per ottenere un prestito, mentre il pignoramento è per recuperare un debito non pagato.

Comprendere queste differenze è essenziale per una gestione finanziaria informata.

Per approfondire: Pignoramento della prima casa: quando è possibile.

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    Elisa Migliorini
    Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
    Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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