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Piano transizione 5.0: credito d’imposta e investimenti agevolabili

NewsPiano transizione 5.0: credito d'imposta e investimenti agevolabili

Il Piano Transizione 5.0 è un piano di incentivi per la digitalizzazione e la sostenibilità delle imprese italiane. È stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2024 e si inserisce nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Nel biennio 2024-2025 le imprese potranno utilizzare gli incentivi, sottoforma di credito d’imposta, del piano Transizione 5.0. Lo scorso 26 febbraio il Mimit ha infatti approvato il decreto Legge Pnrr (D.L. n. 19/2024) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 2 marzo 2024 con una serie di importanti misure per le imprese finalizzate ad incentivare l’efficientamento dei loro processi produttivi, riducendo i consumi energetici ed orientando le stesse verso la sostenibilità e lo sviluppo green, concetti fino ad ora rimasti spesso sulla carta. L’agevolazione è disciplinata nello specifico dall’articolo 38 del citato decreto legge. Con la conversione del Decreto PNRR in Legge n. 56, del 29 aprile 2024, contenente ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), si dà il via al nuovo “Piano Transizione 5.0”.

E’ finanziato da fondi pari a 6,3 miliardi di euro ed è in vigore dal 2 marzo 2024. La finalità della misura è sostenere il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese.

Il 7 agosto è stata aperta la piattaforma per la prenotazione degli incentivi rientranti nel Piano. Il 16 agosto 2024 è stata pubblicata dal Mimit una circolare operativa in cui sono indicate le linee guida.

Piano transizione 5.0: di cosa si tratta

Esso è il risultato della proposta che l’Italia ha portato in seno all’Ue che è stata approvata dalla Commissione il 24 novembre e dal Consiglio l’8 dicembre. Si tratta di novità strutturali che impattano il Pnrr italiano, passato intanto da 191,5 a 194,4 miliardi di euro, a 614 da 527 obiettivi, da 6 a 7 missioni, con l’introduzione del capitolo Repower Ue. Le riforme che l’Italia dovrà attuare passano da 69 a 66. Il nuovo Pnrr stanzia 2,9 miliardi di euro a supporto del sistema produttivo per la transizione ecologica, tecnologie net zero e competitività e resilienza delle filiere produttive strategiche. Tutti gli investimenti sono tesi ad agevolare l’efficienza energetica dei processi produttivi, l’autoconsumo di elettricità, l’economia circolare e l’uso efficiente delle risorse, ma tutte queste misure dipendono dai decreti attuativi che ancora non sono stati pubblicati.

La novità più dirompente è l’introduzione di tre nuovi crediti di imposta per una capienza di 6,3 miliardi di euro nel biennio 2024-25, che si sommano al piano transizione 4.0. Mentre quest’ultimo continuerà a incentivare l’acquisto di beni e software 4.0; il 5.0 invece introdurrà nuove misure per tutti gli investimenti in beni e attività che genereranno risparmi energetici o apporteranno efficienza energetica. I tre crediti in particolare agevolano:

  • L’acquisto di beni strumentali materiali o immateriali 4.0 per 3,78 miliardi di euro;
  • L’acquisto di beni necessari per l’autoproduzione e l’autoconsumo da fonti rinnovabili ad esclusione delle biomasse per 1,8 miliardi di euro;
  • Le spese per la formazione del personale in competenze per la transizione verde per 630 milioni di euro.

Efficienza e risparmio di energia

Le attività oggetto dell’agevolazione dovranno produrre dei risultati misurati in termini di efficienza energetica e risparmio di energia. A tal fine sarà necessario rispettare una delle seguenti due condizioni: nel caso degli investimenti in beni 4.0, il risparmio energetico conseguito nei processi target dovrà essere pari ad almeno il 5% rispetto ai consumi precedenti per gli stessi processi; mentre nel caso di attività non legate a specifici processi target, la riduzione del consumo finale di energia dovrà essere di almeno il 3%. L’intensità del beneficio sarà modulata su almeno una determina tre aliquote in base ai risultati conseguiti. Il progetto dovrà essere accompagnato da certificazione ex ante da un professionista che attesta la validità dell’opera ed ex post un’ulteriore certificazione dovrà verificare che i parametri siano effettivamente rispettati. Il decreto attuativo dovrà arrivare nei primi mesi del 2024.

Obiettivi

Gli obiettivi sono:

  • Incrementare l’efficienza energetica e promuovere l’adozione dell’autoproduzione di energia rinnovabile nelle imprese, con l’obiettivo di conseguire un risparmio cumulativo di 0,4 Mtep nei consumi energetici nel periodo 2024-2026.
  • Sostenere la digitalizzazione delle imprese, attraverso l’adozione di tecnologie innovative, come la robotica avanzata, l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things, la stampa 3D e il cloud computing.
  • Promuovere la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali.

Da dove nasce il piano transizione 5.0?

La pandemia prima, con i suoi effetti globali, il ripresentarsi poi di drammatici conflitti con la loro scia di crisi economiche, energetiche e sociali, l’aggravarsi delle due grandi emergenze date dai cambiamenti climatici e dalla crescita delle disuguaglianze hanno messo in luce però la necessità di un ripensamento dello sviluppo, e quindi dei modelli di business, verso una maggiore sostenibilità sociale ed ambientale. È da questa istanza sociale che nasce la “transizione 5.0” che coinvolge sia il sistema produttivo sia, in generale, tutte le componenti della società e, quindi, in primis, anche la sua politica e la sua amministrazione.

Rappresenta, perciò, quello che si potrebbe definire un nuovo paradigma che integra l’automazione avanzata, la collaborazione uomo-macchina e la sostenibilità. L’intento di tale transizione è, quindi, quello di rendere le imprese e le organizzazioni qualitativamente migliori, creando un ambiente di lavoro innovativo, fondato su una migliore commistione tra le capacità umane e le tecnologie digitali.

Secondo la visione dell’Unione europea, è in grado di apportare benefici alle imprese, ai lavoratori e alla società ed è caratterizzata da essere “umanocentrica”, sostenibile e resiliente. Tale transizione riguarda ovviamente anche l’amministrazione pubblica. Si tratta infatti di un paradigma che nasce proprio da una diversa concezione della società, la “società 5.0”. Una società che mira a trovare un equilibrio tra lo sviluppo economico e la soluzione dei problemi sociali e ambientali. In questa società l’obiettivo principale non è semplicemente la crescita economica, ma il benessere di ogni individuo. In questo contesto, la tecnologia e l’innovazione digitale sono fattori determinanti per migliorare la qualità della vita delle persone e ampliarne le possibilità; per risolvere le sfide ambientali e sociali; per creare una società più equa e sostenibile di fronte alla attuale crescita delle disuguaglianze e all’emergenza climatica.

Centralità dell’essere umano

Già l’attuale tendenza del processo di riforma della pubblica amministrazione, mettendo al centro le persone, coglie la prima delle caratteristiche, ossia la centralità dell’essere umano nei processi di produzione ed erogazione dei servizi. Una centralità che riguarda sia i dipendenti pubblici, che tuttora soffrono spesso di un’organizzazione rigida, basata più sulle regole che sulle potenzialità di ciascuno, sia gli utenti dei servizi, lasciati a volte soli di fronte ad una digitalizzazione delle interfacce poco attenta all’effettiva fruibilità, specie delle fasce più deboli.

Sostenibilità

La seconda caratteristica di questa transizione è quella della sostenibilità che impatta fortemente sia sulle imprese che sulla PA. Anche le amministrazioni devono fare la loro parte sia attuando con coraggio, lungimiranza e creatività le politiche di regolazione tese a ridurre le emissioni, sia divenendo esse stesse più sostenibili riducendo il consumo di energia e le emissioni di gas serra, comprando prodotti e servizi ecocompatibili, efficientando gli edifici pubblici e promuovendo comportamenti virtuosi dei dipendenti. Tecnologie come l’intelligenza artificiale e la produzione additiva possono svolgere un ruolo importante in tal senso, ottimizzando l’efficienza delle risorse e riducendo al minimo gli sprechi.

Resilienza

La resilienza costituisce il terzo pilastro della transizione 5.0 e vale, anch’essa, sia per le imprese sia per la PA e si riferisce alla necessità di sviluppare attività e organizzazioni più solide e meglio preparate a far fronte a malfunzionamenti. I cambiamenti geopolitici e le catastrofi naturali, come la pandemia di Covid-19, evidenziano l’importanza di assetti adattabili e processi aziendali flessibili, soprattutto dove le catene del valore sono al servizio dei bisogni fondamentali dell’uomo, come nel campo dell’assistenza sanitaria e della sicurezza.

Supera quindi il concetto dell’impresa 4.0, ma non per questo diminuisce l’importanza dell’innovazione e della trasformazione digitale che, sempre più, costituiscono gli strumenti fondamentali per uno sviluppo giusto e per contrastare quel “sonnambulismo diffuso” denunciato dall’ultimo rapporto del Censis e a cui non possiamo e non vogliamo rassegnarci.

Beneficiari

Destinatarie delle agevolazioni sono tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito.

La normativa elenca nel dettaglio i casi di esclusione tra cui, oltre ai professionisti, troviamo le imprese che versano in liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa e concordato preventivo senza continuità aziendale. A queste si aggiungono quelle destinatarie di sanzioni interdittive previste dal D.Lgs. n. 231/2001.

Tutti le imprese ammesse devono essere in regola con gli adempimenti in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro. Requisito che deve essere rispettato costantemente e non solo al momento di effettuazione dell’investimento. 

Tipologie di investimenti agevolabili

Gli investimenti agevolabili dal Piano sono quelli finalizzati a:

  • Incrementare l’efficienza energetica, attraverso l’acquisto di beni strumentali nuovi che consentano di migliorare l’efficienza energetica dei processi produttivi.
  • Adottare tecnologie innovative, come la robotica avanzata, l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things, la stampa 3D e il cloud computing.
  • Promuovere la sostenibilità, attraverso l’adozione di soluzioni innovative per la produzione e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili.

Si tratterà di un credito d’imposta incrementativo rispetto a quello già previsto da Transizione 4.0. Le aliquote agevolative non sono ancora definite, ma secondo le anticipazioni fornite arriveranno a un massimo del 20% e potranno sommarsi a quelle di Transizione 4.0. Pertanto l’aliquota massima per le imprese che potranno sommare i due incentivi sarà del 40%, a cui potrebbero aggiungersi due ulteriori aliquote minori per un massimo complessivo del 45%.

L’intensità del beneficio e quindi la percentuale di credito d’imposta riconosciuto varieranno in base ai miglioramenti conseguiti in termini di efficienza energetica a livello di impresa (almeno del 3%) o a livello di processo produttivo interessato (almeno del 5%).

Aliquote di incentivo

L’incentivo previsto è un credito d’imposta, che può essere utilizzato in compensazione con le imposte a debito o in forma di sconto sul corrispettivo dovuto al fornitore dei beni strumentali.

L’aliquota varia a seconda della tipologia di investimento e del grado di risparmio energetico o di innovazione conseguito.

In particolare, le aliquote sono le seguenti:

  • Investimenti in beni strumentali per l’efficienza energetica
    • 50% del costo, se il risparmio energetico è almeno del 30%
    • 30% del costo, se il risparmio energetico è almeno del 20%
  • Investimenti in beni strumentali per l’innovazione
    • 40% del costo, se il bene rientra nella categoria dei beni 4.0
    • 20% del costo, se il bene non rientra nella categoria dei beni 4.0
  • Investimenti in beni strumentali per la sostenibilità
    • 30% del costo, se il bene è finalizzato alla produzione di energia da fonti rinnovabili

Requisiti

E’ necessario che gli investimenti siano realizzati entro il 31 dicembre 2026. Inoltre, i beni strumentali devono essere nuovi e acquistati da fornitori stabiliti in Italia.

I pannelli fotovoltaici

Un’importante novità è quella della maggiorazione del credito d’imposta (che può raggiungere il 63% del costo) per l’acquisto di pannelli fotovoltaici finalizzati all’autoproduzione e all’autoconsumo di energia rinnovabile. Sono escluse le biomasse.

Inizialmente per ottenere il credito d’imposta era stato previsto che l’investimento iniziale fosse maggiore di € 40.000,00. Tale limite minimo di investimento, inserito nella bozza del decreto, non è stato confermato nel D.L. 19 del 2 marzo 2024.

Gli unici moduli ammissibili, sono quelli previsti dall’articolo 12 del D.L. 181/2023:

  1. moduli fotovoltaici prodotti negli Stati membri dell’Unione Europea con un’efficienza a livello di modulo almeno pari al 21,5%;
  2. moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione Europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5%;
  3. moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione Europea composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem con un’efficienza di cella almeno pari al 24%.

Nel caso in cui vengano inseriti moduli di cui al punto 2) o al punto 3), ci sarà una maggiorazione del costo rispettivamente pari al 120% o al 140%.

Ciò si tradurrà in un maggior credito d’imposta che, per queste categorie di spesa, sarà pari al 54% o 63%. 

Transizione 5.0 software e formazione

L’elenco dei software eleggibili viene esteso a quelli che monitorano i consumi energetici, l’energia autoprodotta o l’efficienza energetica, nonché se acquistati congiuntamente a questi ultimi quelli per la gestione d’impresa (in pratica, i software di tipo ERP, che sta per Enterprise Resource Planning, usati dalle organizzazioni per gestire le diverse attività di business). Infine, le imprese dovranno presentare una doppia certificazione, una ex ante sulla riduzione dei consumi conseguibili e una ex post sull’effettiva realizzazione degli investimenti.

Per quanto riguarda la formazione, sulla quale si era perso dal primo gennaio 2023 qualsiasi tipo di incentivo contenuto nel piano Transizione 4.0, il piano Transizione 5.0 prevede spese agevolabili purché non superiori al 10% degli investimenti totali ed entro un tetto massimo di 300.000 euro. La formazione dovrà essere assicurata da soggetti esterni dotati di determinati requisiti (specificati da un decreto attuativo).

Gli investimenti agevolabili

Entrando nel merito delle spese ammissibili all’agevolazione, queste dovranno essere sostenute tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2025. Quindi, tutte le aziende che hanno già effettuato investimenti da inizio 2024 ad oggi, se in possesso dei requisiti previsti dalla norma, possono stare tranquille: potranno richiedere il credito d’imposta.

Gli investimenti saranno quelli aventi i requisiti del piano nazionale Industria 4.0, cioè quelli che soddisfano gli ormai noi 5+2 requisiti obbligatori.

Ma tali requisiti non saranno sufficienti per ottenere il beneficio. Infatti, gli investimenti devono obbligatoriamente (pena l’esclusione), garantire un risparmio energetico minimo del 3% se rapportato all’intera struttura produttiva o del 5% se rapportato ad un  determinato processo produttivo interessato dall’investimento. 

Nella seguente tabella, vediamo quali sono le aliquote.

Investimenti fino a 2,5 milioni di euroAliquota di credito spettante del 45% se il risparmio energetico raggiunge la terza fascia riducendo i consumi energetici in misura superiora al 10% per l’unità produttiva o in misura superiora al 15% per il processo.

Aliquota di credito spettante del 40% se il risparmio energetico raggiunge la seconda fascia riducendo i consumi energetici dal 6 al 10% per l’unità produttiva o dal 10 al 15% per il processo.

Aliquota di credito spettante del 35% se il risparmio energetico raggiunge la prima fascia riducendo i consumi energetici dal 3 al 6% per l’unità produttiva o dal 5 al 10% per il processo.
investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni di euroAliquota di credito spettante del 25% se il risparmio energetico raggiunge la terza fascia riducendo i consumi energetici in misura superiora al 10% per l’unità produttiva o in misura superiora al 15% per il processo.

Aliquota di credito spettante del 20% se il risparmio energetico raggiunge la seconda fascia riducendo i consumi energetici dal 6 al 10% per l’unità produttiva o dal 10 al 15% per il processo.

Aliquota di credito spettante del 15% se il risparmio energetico raggiunge la prima fascia riducendo i consumi energetici dal 3 al 6% per l’unità produttiva o dal 5 al 10% per il processo.
investimenti compresi tra 10 e 50 milioni di euroAliquota di credito spettante del 15% se il risparmio energetico raggiunge la terza fascia riducendo i consumi energetici in misura superiora al 10% per l’unità produttiva o in misura superiora al 15% per il processo.

Aliquota di credito spettante del 10% se il risparmio energetico raggiunge la seconda fascia riducendo i consumi energetici dal 6 al 10% per l’unità produttiva o dal 10 al 15% per il processo.

Aliquota di credito spettante del 5% se il risparmio energetico raggiunge la prima fascia riducendo i consumi energetici dal 3 al 6% per l’unità produttiva o dal 5 al 10% per il processo.

Gli adempimenti

Per ottenere il credito d’imposta sarà necessario riportare sui documenti di trasporto, sulle fatture e su tutta la documentazione inerente gli investimenti, il riferimento normativo all’art. 38 comma 15 del D.L. Pnrr del 02/03/2024.

Rispetto alla bozza, il D. L. n. 19 assegna un ruolo di primo piano al Gse. Prima di avviare concretamente il progetto, sarà necessario effettuare una comunicazione al Gestore dei servizi energetici e nominare un perito indipendente che dovrà certificare la riduzione dei consumi delle varie percentuali. 

Certificazione del perito

A conclusione degli investimenti andrà effettuata una nuova comunicazione, con una seconda certificazione del perito, adempimenti finalizzati a certificare il completamento degli investimenti.

A queste certificazioni ex ante ed ex post, il D.L. n. 19 aggiunge tra gli adempimenti necessari la comunicazione concernente la descrizione del progetto di investimento. Tale comunicazione sarà poi inoltrata dal Gse al Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

A corredo, sarà inoltre necessaria una relazione del revisore legale dei conti, così come avvenuto fino ad oggi per le attività di Ricerca e sviluppo e Formazione 4.0.

Riepilogando saranno dunque necessari i seguenti documenti:

  • 2 comunicazioni al Gse (prima e dopo l’effettuazione degli investimenti);
  • 2 certificazioni peritali (prima e dopo l’effettuazione degli investimenti);
  • 1 relazione del revisore (al completamento degli investimenti).

Appare chiaro che la volontà del Legislatore sia stata quella di rendere più controllabile questo nuovo credito d’imposta e ciò si è tradotto in una più complessa gestione dell’intero iter. 

Fortunatamente è stato previsto un credito d’imposta aggiuntivo fino ad € 10.000,00 per le certificazioni del perito e, per le imprese non obbligate alla revisione legale dei conti, un ulteriore credito d’imposta fino ad € 5.000,00 per la relazione del revisore. 

Focus sulle certificazioni per ottenere gli incentivi

Per ottenere l’incentivo sarà inoltre necessario il conseguimento di una certificazione “ex ante”, rilasciata da un valutatore indipendente che dovrà attestare che il progetto rispetti i criteri di ammissibilità relativi alla riduzione del consumo totale di energia. Una seconda certificazione “ex-post”, a investimento ultimato, attesterà l’effettiva realizzazione degli investimenti in conformità alle disposizioni della certificazione ex-ante.

I soggetti autorizzati al rilascio delle certificazioni dovrebbero essere gli stessi abilitati a produrre la certificazione tecnico-economica prevista dal Fondo per il sostegno alla Transizione Industriale per la parte relativa all’efficientamento energetico:

  • EGE (Esperto in Gestione dell’Energia) accreditate UNI CEI 11339
  • ESCO accreditate UNI CEI 11352
  • Organizzazioni accreditate ISO50001
  • Geologi, ingegneri e periti industriali iscritti all’ordine professionale di riferimento, ovvero facenti parte dell’organico della società richiedente la diagnosi energetica.

In quest’ultimo caso, ingegneri e periti industriali sarebbero autorizzati a redigere sia le perizie per il credito d’imposta 4.0 sia quelle per il 5.0, mentre gli altri sarebbero abilitati solo alle perizie 5.0. Il tetto massimo agevolabile per ciascun investimento, dovrebbe ammontare a 50 milioni di euro.

Le risorse messe in campo

Transizione 5.0 è dotato di risorse pari a 6,3 miliardi di euro, di cui però solo 3,78 miliardi di euro per i beni strumenti e 630 milioni per la formazione. Il resto (1,89 miliardi di euro) va ad autoconsumo e autoproduzione dovrebbero andare ai beni necessari per l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili. I 4,4 miliardi di euro effettivamente disponibili per progetti che includono l’innovazione digitale vanno inoltre suddivisi per i due anni di durata del programma.

È vero che nel frattempo si potrà continuare a godere dei benefici del programma Transizione 4.0 ma la riduzione delle aliquote e il venir meno di varie misure (in particolare, i crediti alla R&S e la formazione 4.0) rende quel piano decisamente più spuntato rispetto al passato.

Quanto all’utilizzo del credito d’imposta 5.0, questo non concorre alla base imponibile e si potrà utilizzare in compensazione con debiti fiscali e contributivi a decorrere dal quinto giorno dalla trasmissione della documentazione da parte del Gse all’Agenzia delle Entrate. Per cui la misura non sarà più totalmente automatica come avveniva in passato.  

Sul fronte dei tempi di utilizzo, il credito maturato, si potrà compensare in un’unica soluzione entro il 31 dicembre 2025. L’eventuale quota residua che non sarà stata compensata entro tale data, si potrà utilizzare in 5 rate annuali di pari importo a partire dall’anno 2026, fermo restando che la prima compensazione dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2025. 

Un aspetto da rimarcare è che il credito d’imposta 5.0 non sarà cedibile. I controlli sui crediti d’imposta compensati saranno effettuati dal Gse.

Cumulabilità con altre agevolazioni

Il credito d’imposta 5.0 non è cumulabile con il credito d’imposta 4.0 e con il credito Zes unica 2024. Per il resto, è cumulabile con altre agevolazioni, a condizione che non venga superato il costo dei beni oggetto di investimento.

Per la piena operatività della misura si rimane in attesa del decreto attuativo previsto dall’art. 17 del D.L. n.19 del 2 marzo 2024, che dovrà disciplinare modalità e tempi di invio della comunicazione, requisiti dei soggetti indipendenti a rilasciare la certificazione e soggetti che potranno erogare la formazione. Il decreto attuativo dovrebbe arrivare entro la fine del mese di marzo 2024. 

Differenze col piano transizione 4.0

Per capire meglio la portata delle novità introdotte dal piano Transizione 5.0, appare utile riepilogare la situazione antecedente, che continuerà peraltro parallelamente al nuovo programma di incentivi nei casi in cui chi vorrà accedervi, non sarà in grado di mettere in campo interventi che producano un risparmio energetico almeno pari al 3% della struttura produttiva o al 5% dei processi interessati dal progetto.

Il piano Transizione 4.0 è stato finanziato nell’ambito della Missione 1 – Componente 2 “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo” del PNRR, con una dotazione finanziaria di 13,381 miliardi di euro (a cui si aggiungono 5,08 miliardi di euro del Fondo complementare) e l’obiettivo di sostenere la trasformazione digitale delle imprese incentivando gli investimenti privati in beni e attività a sostegno della digitalizzazione attraverso il riconoscimento di un credito di imposta a fronte di: acquisto di beni materiali; acquisto di beni immateriali 4.0 (es. software avanzati); acquisto di beni immateriali tradizionali (es. software di base); attività di R&D&I; attività di formazione 4.0. I beni materiali e immateriali 4.0 soggetti al regime di incentivazione sono specificati nei due Allegati (A e B) predisposti dall’allora Ministero dello Sviluppo economico.

Piano nazionale industria 4.0

Nello specifico, le forme di sostegno ricomprese nel piano Transizione 4.0 affondano le loro radici nel 2016, con il lancio del Piano Nazionale Industria 4.0, poi diventato Impresa 4.0 prima di essere ribattezzato con il nome attuale, prima dell’ulteriore evoluzione verso il paradigma 5.0.

Dando seguito al décalage previsto dal PNRR, dal primo gennaio 2023 è scaduto tout court sia il regime di favore per l’acquisto di beni materiali e immateriali tradizionali che per le attività di formazione 4.0. Allo stesso tempo, sono stati previsti tagli significativi per l’acquisto di beni strumentali 4.0 (sia materiali che immateriali) così come per le attività di ricerca, sviluppo e innovazione.

Per i beni materiali 4.0, si è stabilito un dimezzamento per tutte le classi di investimento: dal 40% al 20% fino a 2,5 milioni di euro; dal 20% al 10% da 2,5 a 10 milioni di euro e dal 10% al 5% da 10 a 20 milioni di euro (che è il tetto massimo ammissibile). Il taglio è stato ancora maggiore per i beni immateriali 4.0, dal 50 al 20% (fino a un tetto di 1 milione di euro). Mentre è intervenuta ancora la regola del dimezzamento (dal 20 al 10%) per le attività di ricerca di base, industriale e sperimentale. La scure è stata più lieve (ma su aliquote di partenza più ridotte) solo per le attività di innovazione tecnologica “green”, alle quali si applica un credito d’imposta sceso “solo” dal 15% al 10%.

Vantaggi e svantaggi

Rispetto agli obiettivi della transizione ecologica la struttura di Transizione 5.0 sembra essere vantaggiosa. E l’incentivazione economica è assolutamente robusta, considerato il beneficio economico ulteriore che deriva dal risparmio di energia in termini di minori costi. Che peraltro, oltre a potersi cumulare con i crediti d’imposta nel biennio 2024-25, rimarranno anche successivamente.

Anche rispetto alla formazione, la misura prevista ha un senso rispetto alla transizione ecologica. Dati gli investimenti previsti al fine di conseguire una riduzione dei consumi o una maggiore autoproduzione da energia rinnovabile, gli interventi di formazione saranno con ogni probabilità molto mirati, rivolti al ristretto numero di quanti interagiranno con le tecnologie clean tech. E anche qualora, per alcune applicazioni, verrà tirato in causa un numero superiore di dipendenti l’intervento formativa sarà con ogni probabilità di durata e costo limitato.

Le lacune del piano

Non possono non essere considerate anche le lacune. Dal punto di vista della transizione digitale, intanto, non è affatto detto che l’intervento porti a una riduzione accertabile dei consumi energetici. Peraltro, la confrontabilità rispetto a una situazione esistente di fatto, se non ben congegnata o comunque sterilizzata in maniera efficace, può portare paradossalmente a scoraggiare l’innovazione. E in ogni caso non è affatto detto che dal punto di vista della transizione digitale e dell’innovatività tout court di un progetto uno che porti a una maggiore riduzione dei consumi sia preferibile rispetto a un altro che magari li lascia inalterati o comunque li riduce.

Ma è passando alla formazione che emergono le lacune peggiori del piano, così come possiamo capirne le modalità applicative ad oggi. È vero che nelle prime versioni del Piano veniva indicato un limite del 5% dell’investimento complessivo e inoltre tra le spese ammissibili venivano unicamente considerate quelle per l’acquisizione o il rafforzamento delle skill richieste per la transizione ecologica (con tanti saluti a quella digitale).

Ma le nuove previsioni, per quanto rese meno penalizzanti, continuano a rimanere del tutto inadeguate. Intanto immaginare che gli unici progetti di formazione che possano godere di crediti d’imposta siano quelli collegati a risparmi energetici (o a interventi destinati all’autoconsumo) appare incredibilmente limitativo, anche per i motivi sopra ricordati. Inoltre, limitarli al 10% degli investimenti totali riflette o una sfiducia esagerata o una concezione vecchio stile dell’innovazione, basata su grandi investimenti di capitale.

Laddove cloud e intelligenza artificiale generativa ci insegnano che la spesa maggiore per perseguire l’innovazione in azienda come in qualsiasi altra organizzazione (con forse le sole eccezioni della manifattura e dell’agricoltura) è ormai quella in capitale umano.

Conclusioni

Il piano mira a incentivare l’efficientamento energetico delle imprese apportando migliorie rispetto alla precedente transizione 4.0. Si rivolge a tutte le imprese presenti sul territorio nazionale senza distinzioni, e prevede un sistema di aliquote differenziato a seconda del tipo di intervento che si vuole mettere in atto.

Nonostante i vantaggi superino gli svantaggi, non mancano alcune lacune, soprattutto con riguardo alla digitalizzazione, e specialmente sul fronte della formazione.

Domande frequenti

Cos’è la transizione 5.0?

La transizione 5.0 è un piano di incentivi per la digitalizzazione e la sostenibilità delle imprese italiane. È stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2024 e si inserisce nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Quali sono gli obiettivi della transizione 5.0?

Gli obiettivi sono:
Incrementare l’efficienza energetica e promuovere l’adozione dell’autoproduzione di energia rinnovabile nelle imprese, con l’obiettivo di conseguire un risparmio cumulativo di 0,4 Mtep nei consumi energetici nel periodo 2024-2026.
Sostenere la digitalizzazione delle imprese, attraverso l’adozione di tecnologie innovative, come la robotica avanzata, l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things, la stampa 3D e il cloud computing.
Promuovere la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali.

Quali sono le tipologie di investimenti agevolabili?

Gli investimenti agevolabili dalla transizione 5.0 sono quelli finalizzati a:
Incrementare l’efficienza energetica, attraverso l’acquisto di beni strumentali nuovi che consentano di migliorare l’efficienza energetica dei processi produttivi.
Adottare tecnologie innovative, come la robotica avanzata, l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things, la stampa 3D e il cloud computing.
Promuovere la sostenibilità, attraverso l’adozione di soluzioni innovative per la produzione e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili.

Qual è l’incentivo previsto?

L’incentivo previsto è un credito d’imposta, che può essere utilizzato in compensazione con le imposte a debito o in forma di sconto sul corrispettivo dovuto al fornitore dei beni strumentali.

Qual è l’aliquota del credito d’imposta previsto?

L’aliquota varia a seconda della tipologia di investimento e del grado di risparmio energetico o di innovazione conseguito.

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    Sara Bellanza
    Sara Bellanza
    Classe 1995, ho una laurea triennale in Filosofia e Storia e una laurea magistrale in Scienze Storiche. Appassionata di scrittura online da sempre, collaborando per la redazione di articoli in materia di diritto, fiscalità e lavoro.
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