La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una stretta significativa sui requisiti per accedere alla Naspi, mirata a contrastare pratiche elusive.
A partire dal 1 gennaio 2025 i lavoratori che hanno lasciato spontaneamente un lavoro a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti hanno diritto alla Naspi in caso di licenziamento da un nuovo impiego soltanto se hanno almeno 13 settimane di contribuzione dalla mansione per la quale si richiede l’indennità.
Si tratta della modifica del requisito delle 13 settimane di contribuzione che il lavoratore deve aver maturato per l’accesso all’indennità di disoccupazione. Fino allo scorso anno queste 13 settimane dovevano essere maturate anche guardando ad attività lavorative dei quattro anni precedenti. Adesso, invece, le 13 settimane contributive devono riguardare l’ultima attività lavorativa, ovvero quella per la quale si richiede l’indennità.
A prevederlo è la Legge n. 207/24 (Legge di Bilancio 2025), la quale ha introdotto questo tipo di disposizione avente natura “antielusiva”, come ha chiarito la Ministra del Lavoro, Marina Calderone, secondo la quale con questa misura si cerca di contenere la tendenza a dimettersi e cercare nuove occupazioni di breve durata o intermittenti per ottenere la Naspi o evitare alle aziende di pagare il ticket di licenziamento.
Di fatto, quindi, l’accesso alla Naspi diventa più difficile in quanto il requisito delle 13 settimane contributive deve sussistere a partire dalle dimissioni o risoluzioni consensuali intervenute presso il precedente datore di lavoro.
Cos’è la Naspi?
Si tratta di una misura di sostegno al reddito, erogata mensilmente in favore dei lavoratori con rapporto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato.
Possono beneficare della disoccupazione:
- Lavoratori dipendenti del settore privato;
- Apprendisti;
- Soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito un rapporto di lavoro in forma subordinata, ed il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
- Operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti dalle cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci.
La Naspi è erogata mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive degli ultimi quattro anni. L’importo è commisurato alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni. Il valore deve essere diviso per il numero di settimane di contribuzione. Il risultato va moltiplicato per 4,33.
Se la retribuzione mensile che si ottiene risulta inferiore a 1.352,19 euro mensili, l’importo del trattamento sarà pari al 75% della retribuzione stessa. Se è superiore, la prestazione è pari al 75% dell’importo di riferimento a cui si somma il 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo.
L’importo dell’indennità non può superare il limite massimo, che per il 2024 è 1.550,42 euro.
Esempi pratici delle 13 settimane contributive
Esempio 1: Accesso negato alla Naspi
- Scenario: Tizio si dimette il 1° gennaio 2025, dopo quattro anni di lavoro ininterrotto. Trova una nuova occupazione il 1° febbraio 2025, ma viene licenziato il 15 marzo dello stesso anno.
- Esito: Con la normativa precedente, Tizio avrebbe avuto diritto alla Naspi, potendo contare sui contributi del quadriennio precedente. Con la nuova normativa, non avendo maturato 13 settimane di contributi nel nuovo rapporto di lavoro, non soddisfa il requisito e non può accedere alla Naspi.
Esempio 2: Accesso confermato alla Naspi
- Scenario: Caio si dimette il 1° gennaio 2025 e viene assunto il 1° febbraio. Viene licenziato il 15 ottobre 2025.
- Esito: In questo caso, Caio ha maturato 9 mesi e mezzo di lavoro (circa 36 settimane di contributi) presso il nuovo datore di lavoro, superando il requisito minimo. Può quindi accedere alla Naspi.
Considerazioni sulla disposizione
La misura mira a prevenire situazioni di abuso in cui un lavoratore, in accordo con un datore di lavoro compiacente, simula un licenziamento per ottenere l’indennità di disoccupazione. Tuttavia, potrebbe finire per penalizzare i lavoratori genuinamente intenzionati a riposizionarsi nel mercato del lavoro, ma sfortunati nel non superare periodi di prova o nell’affrontare contesti lavorativi instabili.
Allo stesso modo, la modifica potrebbe creare disparità, trattando allo stesso modo situazioni di abuso e casi legittimi di perdita del lavoro, senza offrire margini di valutazione per le particolari circostanze individuali.
Conclusioni
La modifica ai requisiti per l’accesso alla Naspi, pur avendo un obiettivo condivisibile, rischia di avere un impatto sproporzionato su alcune categorie di lavoratori. Un bilanciamento più equo tra la lotta agli abusi e la tutela dei diritti dei lavoratori sarebbe auspicabile per evitare conseguenze sociali indesiderate.