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Lavoro dipendente di fonte estera: tassazione in Italia

Le modalità di tassazione in Italia dei redditi da lavoro dipendente di fonte estera: residenza fiscale e periodo di soggiorno. Retribuzioni convenzionali e credito di imposta per redditi di lavoro dipendente di fonte estera.

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Il criterio generale di tassazione del reddito da lavoro dipendente di fonte estera riguarda il luogo (Stato) Stato dove l’attività viene svolta, oltre che, in base ai principi generali, nello Stato di residenza del lavoratore. In ogni caso, devono essere analizzate: la residenza del lavoratore, la sua permanenza all’estero, le modalità concrete di svolgimento dell’attività.

Accade sempre più frequentemente che cittadini italiani vadano a lavorare all’estero, sia alle dipendenze di società italiane che alle dipendenze di datori di lavoro stranieri, mantenendo, tuttavia, la residenza fiscale in Italia. Per questo il problema legato alla tassazione dei redditi da lavoro dipendente di fonte estera è così importante.

Sul tema il nostro Legislatore ha previsto un differente meccanismo di tassazione di questi redditi da applicarsi nei confronti di un soggetto lavoratore dipendente residente da quello non residente. Il mantenimento della residenza in Italia comporta l’obbligo di pagare le imposte nel nostro Paese anche sui redditi prodotti all’estero. Questo sulla base del principio della “world wide taxation” (articolo 3 del DPR n. 917/86, TUIR), salvo previsioni particolari contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni (modello OCSE). Secondo la norma citata, infatti, i soggetti residenti pagano le imposte nel paese di residenza sulla base dei redditi ovunque prodotti. Mentre i soggetti non residenti pagano le imposte nel paese nel quale lavorano solo sull’ammontare dei redditi ivi prodotti (principio della fonte o della territorialità).

Di seguito andiamo ad analizzare i criteri di tassazione dei redditi da lavoro dipendente estero da parte di lavoratori fiscalmente residenti in Italia e come possono essere superate le problematiche legate alla doppia imposizione giuridica dei redditi.


La residenza fiscale dei lavoratori

La disciplina riguardante le modalità di tassazione del reddito da lavoro dipendente estero trova applicazione per tutti i lavoratori dipendenti che prestano lavoro all’estero. Per comprenderne le modalità applicative occorre soffermarsi su alcuni elementi chiave:

La legislazione fiscale italiana introduce la nozione di residenza nell’articolo 2 del TUIR. Norma, questa, che considera fiscalmente residenti in Italia le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, ossia per più di 183 giorni nell’anno, sono:

  • Iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o
  • Hanno nel territorio dello stato:
    • Il domicilio, ex art. 43 del c.c.;
    • La residenza, ex art. 43 c.c.

Tali requisiti sono alternativi e non concorrenti. Questo significa che è sufficiente che sussista uno solo di essi perché il contribuente sia considerato fiscalmente residente nel nostro paese.

Criterio di tassazione dei soggetti residenti in Italia

I soggetti residenti sono tassati su base mondiale, in applicazione del principio della “worldwide taxation“, ovvero sui redditi ovunque prodotti (ex art. 3 del TUIR). In applicazione di tale principio, un soggetto identificato come residente fiscalmente nel nostro Paese è assoggettato ad imposizione definitiva in Italia per tutti i redditi ovunque prodotti e allo stesso riferibili.

Criterio di tassazione dei soggetti non residenti in Italia

I soggetti non residenti sono tassati, invece, su base territoriale in virtù del cosiddetto principio della fonte. La tassazione avviene soltanto sui redditi prodotti nel territorio dello Stato (ex art. 3 del TUIR). In applicazione di tale principio, un soggetto identificato come non residente è assoggettato ad imposizione diretta in Italia solo per i redditi che produce in Italia.

Come viene tassato il lavoro dipendente svolto all’estero?

Se il lavoratore ha residenza fiscale in Italia e svolge attività lavorativa (come dipendente) all’estero, l’art. 23 del TUIR prevede che tale reddito debba essere imponibile anche in Italia. In questo caso, viene a crearsi una fattispecie di doppia imposizione del reddito. Questo, in quanto la prestazione è resa all’estero, ed ivi tassata, ma il soggetto mantiene la residenza fiscale italiana (ed ai sensi dell’art. 3 del TUIR anche in Italia). Questa disposizione, quindi, consente di effettuare alcune considerazioni, ovvero, le seguenti:

  • Il lavoratore residente che svolge la prestazione all’estero deve essere assoggettato a tassazione in Italia. Questo anche per il reddito di lavoro dipendente prodotto all’estero;
  • Il lavoratore non residente che svolge la prestazione all’estero non deve essere assoggettato a tassazione in Italia per il reddito prodotto all’estero;
  • Il lavoratore non residente che svolge la prestazione nel territorio dello Stato deve essere assoggettato a tassazione in Italia solo per il reddito di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato. Compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 50 del DPR n. 917/86.

Accanto a queste regole generali vi sono due disposizioni derogatorie che riguardano:

  • L’applicazione delle retribuzioni convenzionali: la prestazione di lavoro deve essere svolta all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, e deve essere svolta all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi;
  • I lavoratori frontalieri: Il lavoro dipendente deve essere svolto in zone di frontiera o in altri Stati limitrofi in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, e il lavoratore deve recarsi quotidianamente all’estero per lo svolgimento della prestazione.

Qualora non possano trovare applicazione queste due disposizioni si applica il regime ordinario sopra indicato.

Convenzioni contro le doppie imposizioni 

Le disposizioni nazionali devono essere coordinate anche con le disposizioni presenti nelle convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia. In particolare, il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero è disciplinato dal modello OCSE di Convenzioni contro le doppie imposizioni all’art. 15, secondo il quale:

  • In linea generale, il reddito di lavoro dipendente è tassato nello Stato dove l’attività viene svolta, oltre che, in base ai principi generali, nello Stato di residenza del lavoratore;
  • È però prevista la tassazione nel solo Stato di residenza del lavoratore se questo soggiorna nell’altro Stato per un periodo che non oltrepassa i 183 giorni nel corso di un periodo di 12 mesi e, contemporaneamente, le retribuzioni sono pagate da (o per conto di) un datore di lavoro non residente nello Stato dove viene svolta l’attività (e non sono pagate da una stabile organizzazione di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui viene svolta l’attività). 

Secondo l’Agenzia delle Entrate deve seguire questi criteri anche la tassazione del TFR (Risoluzione n. 341/08, Risposte ad interpello n. 343/E/2020, e n. 460/E/2020), salvo che le Convenzioni lo disciplinino in modo espresso (es. Convenzione Italia – Stati Uniti, che lo assimila alle pensioni).


Come si determina la base imponibile?

La prima cosa da fare, come avrai capito, se stai effettuando un’attività di lavoro dipendente all’estero è capire se devi dichiarare questo reddito anche in Italia. Puoi farlo sulla base delle regole che hai letto nel paragrafo precedente, oppure, se vuoi averne certezza, contatti per una consulenza personalizzata.

Una volta capito questo, se ti sei reso conto di dover dichiarare in Italia il reddito da lavoro dipendente percepito è necessario andare a determinare la base imponibile su cui applicare la tassazione Italiana. La tassazione del reddito da lavoro dipendente percepito all’estero avviene attraverso l’applicazione dell’IRPEF, presentando la dichiarazione dei redditi (modello Redditi P.F.). Per presentare correttamente la dichiarazione dei redditi in Italia è necessario essere in possesso di alcuni documenti. Ovvero:

  • La dichiarazione dei redditi presentata nello Stato estero ove il reddito è stato percepito;
  • La certificazione dei pagamenti delle imposte estere (anche attraverso le buste paga);
  • La certificazione del datore di lavoro con redditi erogati e ritenute fiscali e previdenziali trattenute.

Con questi documenti, ed un valido Commercialista italiano, sarai in grado di effettuare correttamente la dichiarazione dei redditi. Dovrai presentare il modello Redditi PF per la tassazione italiana del reddito da lavoro dipendente di fonte estera. Soltanto sulla base di questi documenti, infatti, è possibile individuare il reddito lordo annuo percepito, le imposte estere definitive e i contributi previdenziali versati. Sono questi gli elementi base da utilizzare per determinare la base imponibile su cui calcolare l’imposta italiana.


Contributi previdenziali esteri obbligatori deducibili

In caso di lavoro dipendente di fonte estera è necessario capire se e quali contributi previdenziali esteri possono essere dedotti dal reddito. La soluzione a questa problematica è data dall’analisi della Circolare n. 9/E/2015 dell’Agenzia delle Entrate. Con questo documento di prassi l’Amministrazione finanziaria si era preliminarmente soffermata sulla determinazione del credito per imposte versate all’estero. Tuttavia, vi è anche qualche riferimento alla deducibilità dei contributi previdenziali esteri. Successivamente, conferma di quanto indicato precedentemente, si è avuta con la Circolare n. 17/E/2015. Nella richiamata Circolare n. 9/E/2015, è stato indicato che:

“…il reddito estero deve essere assunto nell’ammontare determinato secondo le regole interne relative alle varie categorie. Con l’unica eccezione dei redditi dei terreni e dei fabbricati situati al di fuori del territorio italiano. Redditi che, invece, rilevano – ai sensi dell’articolo 70, comma 2, del TUIR – secondo la valutazione effettuata nello Stato estero”

Circolare n 17/E/2015 Agenzia delle Entrate

Pertanto, considerato che l’articolo 51, comma 2, lettera a), del DPR n. 917/86, in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, stabilisce, tra l’altro, che:

Non concorrono a formare il reddito: … i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge…

deve ritenersi che il reddito da lavoro dipendente estero debba essere dichiarato al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato estero.

Deduzione dei contributi previdenziali esteri non obbligatori

Divenuta pacifica la possibilità di deduzione dei contributi previdenziali esteri obbligatori per legge è opportuno chiedersi se è possibile dedurre i contributi non obbligatori. Sul punto ha chiarito la questione la Risoluzione n. 134/E/2018 dell’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia delle Entrate ammette che il reddito di fonte estera sia assunto al netto delle contribuzioni obbligatorie ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e) del DPR n. 917/86. La deduzione, sia dei contributi previdenziali obbligatori che di quelli facoltativi deve essere effettuata direttamente nel quadro RC della dichiarazione. Quadro che vede, quindi, il reddito di fonte estera già decurtato dei contributi versati da parte del lavoratore. Per le trattenute previdenziali non obbligatorie, invece, è ammessa la deduzione dal reddito lordo del contributo pensionistico e del contributo sanitario.

Questo come contribuzioni versate facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza. La deduzione dei contributi previdenziali obbligatori e facoltativi avviene direttamente nel quadro RC della dichiarazione dei redditi. Quadro che vede, quindi, il reddito di fonte estera già decurtato dei contributi. Quindi, non è corretto effettuare la deduzione dei contributi nel quadro RP. Allo stesso modo, possono essere detratte, a norma dell’articolo 15 comma 1 lettera f) del DPR n 917/86 le somme trattenute a titolo di assicurazione vita. Mentre, le somme trattenute per l’assicurazione vita del coniuge non sono state riconosciute quale onere detraibile in quanto quest’ultimo non è a carico del contribuente istante.


Quando è possibile applicare le retribuzioni convenzionali?

La retribuzione forfettaria, definita “retribuzione convenzionale” è applicabile se il lavoro dipendente è svolto all’estero:

  • In via continuativa;
  • Come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;
  • Durante un soggiorno superiore a 183 giorni.

In questo caso il reddito di lavoro dipendente di fonte estera percepito da soggetti fiscalmente residenti in Italia ed erogato da da datore di lavoro italiano, è determinato forfettariamente. L’importo del reddito tassabile non è determinato analiticamente. Ma bensì sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Tali retribuzioni convenzionali sono fissate in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai contratti collettivi nazionali dei vari settori di produzione. Quindi, in fase di calcolo delle imposte non si tiene conto della retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore poiché tutto ciò che viene corrisposto al lavoratore è assorbito dalla determinazione forfetaria. È bene sottolineare che rientrano nella disciplina compresa nelle retribuzioni forfetarie le retribuzioni annue lorde, ed anche eventuali fringe benefit corrisposti dal datore di lavoro.

Retribuzioni convenzionali per soggetti che lavorano per datore di lavoro estero

L’Agenzia delle Entrate permette l’applicazione delle retribuzioni convenzionali, anche per quei lavoratori fiscalmente residenti in Italia che operano per datori di lavoro esteri. In particolare, si faccia il caso di un soggetto italiano che va a lavorare in Germania, per datore di lavoro tedesco. Ebbene, qualora il lavoratore conservi la residenza fiscale italiana (magari perché moglie e figli restano in Italia), ha facoltà di applicare la retribuzione convenzionale. Retribuzione da applicare al posto del reddito effettivo da tassare in Italia. Tutto questo a condizione che tutte le altre condizioni richieste siano rispettate.

Base imponibile della retribuzione convenzionale

In merito alla determinazione del valore imponibile da dichiarare l’articolo 51, comma 8-bis del DPR n. 917/86 stabilisce che:

in tutte le ipotesi di reddito di lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che, nell’arco di dodici mesi, soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni il reddito di lavoro dipendente è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali

Articolo 51, comma 5-bis del DPR n 917/86

Retribuzioni definite annualmente con il decreto del ministro del Lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 4, comma 1 del D.L. n. 317 del 31 luglio 1987.

Chiarimenti INPS sulle retribuzioni convenzionali

In particolare, come affermato dall’INPS con la Circolare 72 del 21 marzo 1990, la fascia della retribuzione imponibile è determinata sulla base del raffronto con lo scaglione di retribuzione nazionale corrispondente. Intendendosi per “retribuzione nazionale” il trattamento mensile determinato dividendo per 12 il trattamento del contratto collettivo previsto per il lavoratore. Comprensivo degli emolumenti riconosciuti per accordo tra le parti, con esclusione “dell’indennità estero“. In presenza dei presupposti previsti dalla norma, la determinazione dell’imponibile sulla base della retribuzione convenzionale è indipendente dalla residenza in Italia del datore di lavoro soggetto erogante i redditi. Questo è quanto chiarito dalla Circolare n. 50/E/2002, Agenzia delle Entrate, risposta 18 “Redditi di fonte estera“.

Per quanto riguarda l’esclusività, il contratto (o l’accordo integrativo, nel caso di lavoratore già assunto in precedenza da distaccare all’estero) deve espressamente prevedere lo svolgimento in via esclusiva della prestazione di lavoro all’estero. In riferimento all’arco temporale, occorre valutare attentamente la situazione. Nel caso in cui un dipendente venga assunto con un contratto esclusivo estero, che prevede una permanenza all’estero per più di 183 giorni, il sostituto di imposta applicherà la tassazione su base convenzionale. Tale tassazione partirà dalla prima retribuzione erogata, salvo rettifica da effettuare in sede di conguaglio. Questo qualora vengano meno le condizioni richieste per l’applicazione del regime di favore.

Per approfondire: “Retribuzioni convenzionali per il lavoro estero“.


Come avviene l’applicazione del credito per imposte estere?

In tutti i casi in cui il lavoratore fiscalmente residente in Italia abbia versato imposte all’estero si pone il problema di evitare la doppia imposizione del reddito. Reddito che, come abbiamo visto è imponibile sia nello Stato della Fonte (ove è percepito), sia nello Stato di residenza fiscale. Sia per i lavoratori in distacco (con applicazione delle retribuzioni convenzionali), che per gli altri per l’eliminazione della doppia imposizione è prevista l’applicazione in Italia di un credito di imposta.

Come abbiamo visto, infatti, la normativa prevede la doppia imposizione del reddito di lavoro dipendente di fonte estera, sia nel Paese di residenza del dichiarante (Italia) oltre che nel Paese di produzione del reddito. Doppia tassazione che deve essere comunque neutralizzata. Neutralizzazione che avviene mediante l’applicazione dell’articolo 165 del DPR n. 917/86. Ovvero mediante l’applicazione delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. ù

In generale con riferimento ai redditi di lavoro dipendente, l’Italia nella maggior parte dei Trattati stipulati ha adottato l’articolo 15 del Modello Ocse, in virtù del quale, salve le disposizioni degli articoli 16, 18, 19, 20 e 21, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato.

Detrazione delle imposte pagate all’estero

Pertanto se l’attività di lavoro dipendente viene svolta in un altro Stato (Austria, Germania, Francia, Svizzera, etc.), il relativo reddito viene di regola tassato anche in detto altro Stato. L’eventuale doppia tassazione è attenuata con il meccanismo del credito d’imposta. L’articolo 165 del DPR n. 917/86 prevede, infatti, che le imposte pagate a titolo definitivo sui redditi prodotti all’estero sono ammesse in detrazione dall’imposta Italiana, scaturente dal conguaglio di fine anno o dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo.

Il credito per imposte estere è ammesso fino alla concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra redditi prodotti all’estero e reddito complessivo. La detrazione di tali imposte estere deve essere richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta estera. Questo a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione.

Per approfondire: “Credito per imposte estere: requisiti e calcolo“.


Criteri di tassazione per incentivi all’esodo e TFR

Un lavoratore dipendente che lavora all’estero, al momento della cessazione del rapporto di lavoro ha diritto di ricevere il TFR. Allo stesso modo può capitare che al lavoratore dipendente sia erogato l’incentivo all’esodo. Ebbene, anche in questi casi, è opportuno chiedersi la modalità di tassazione di questi redditi. In particolare ci si chiede se questi redditi siano imponibili in Italia, Paese di residenza fiscale del lavoratore. Tali somme non sono imponibili in Italia.

Questo in forza del disposto dell’art. 23 del DPR n 917/86 e della Convenzione OCSE. Tali somme, infatti, rientrano tra quelle percepite una tantum in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Questo ai sensi dell’articolo 17, comma 1 lettera a) del DPR n 917/86. Pertanto, tali somme se corrisposte da datore di lavoro estero si considerano per presunzione assoluta non imponibili in Italia, ma soltanto nello Stato della Fonte del reddito. Questo in quanto tali redditi sarebbero imponibili in Italia in capo a soggetti non residenti se corrisposti da un datore di lavoro residente in Italia. Questo, indipendentemente, dal fatto che la prestazione lavorativa sia resa in Italia o all’estero.


Lavoro dipendente di fonte estera: analisi di casi reali

Andiamo ad analizzare adesso alcuni esempi legati allo svolgimento di lavoro all’estero, per individuare i criteri di collegamento da adottare per la tassazione.

Esempio a)

Il primo esempio riguarda il caso di una persona fisica fiscalmente residente in Italia che ha conseguito nel corso dell’anno “n” redditi da lavoro dipendente in Francia:

  • 4 mesi di lavoro per 7.000 euro lordi. Il datore di lavoro è un soggetto residente in Francia;
  • Tale soggetto ha percepito anche altri redditi da lavoro dipendente conseguiti in Italia, 25.000 euro lordi da Certificazione Unica.

La prima cosa da fare è valutare la residenza fiscale del soggetto. Dato che è residente fiscalmente in Italia, in base a quanto abbiamo analizzato fino ad ora, deve tassare tutti i redditi ovunque prodotti (combinato disposto dell’art. 3 e 23 del TUIR). A questo punto analizziamo anche quanto previsto dalla Convenzione contro le doppie imposizioni in essere tra Italia e Francia, la quale prevede:

  • Come regola generale la tassazione nel Paese di svolgimento dell’attività lavorativa, con potestà impositiva anche dell’altro Stato (Italia) se il lavoratore ha ivi mantenuto la residenza fiscale (co. 1, art. 15);
  • La regola derogatoria del co. 2, non può trovare applicazione in quanto il datore di lavoro, nell’esempio, non è francese ma italiano.

Di conseguenza, i redditi devono essere tassati sia in Francia sia in Italia. Una volta appurato questo, è necessario valutare se è possibile applicare le retribuzioni convenzionali di cui all’articolo 51, comma 8-bis del TUIR. Il periodo di lavoro all’estero era di 4 mesi. Quindi, meno di 183 giorni. Di conseguenza non possono essere applicate le retribuzioni convenzionali. In questo caso:

  • E’ necessario tassare il reddito estero al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato estero;
  • Appurare l’applicazione del credito per le imposte pagate all’estero in base a quanto dispone l’articolo 165 del TUIR.

Nel quadro RC del Modello Redditi P.F. è necessario indicare sia i redditi conseguiti in Italia (25.000 euro) sia i redditi conseguiti in Francia (7.000 euro). Adesso dobbiamo capire come scomputare le imposte estere pagate. Le domande necessarie a cui ci si deve dare risposta sono:

  • Il reddito, concorre alla formazione del reddito complessivo?
  • Se si, concorre per intero o parzialmente?

Nel nostro esempio, il reddito in oggetto concorre interamente alla formazione del reddito complessivo. Di conseguenza, anche le imposte pagate all’estero. Nel caso in cui, invece, si fossero adottate le retribuzioni convenzionali, siccome non tutto il reddito estero avrebbe concorso alla formazione del reddito imponibile, non tutte le imposte estere potevano essere considerate nella determinazione del credito di imposta.

Si ipotizzi che in Francia il contribuente abbia pagato 1.200 euro di imposte. Tale importo è il credito potenzialmente scomputabile dal reddito da parte del contribuente. Per effettuare tali calcoli sarà necessario compilare il quadro CE del Modello Redditi P.F. Si ipotizzi:

  • Reddito complessivo: 33.000 euro;
  • Imposta lorda: 11.000 euro;
  • Imposta netta: 10.000 euro;

Il credito indicato è soltanto potenziale. Infatti, è necessario applicare la formula:

RE * imposta italiana / RCN

RE -> Reddito estero
RCN -> Reddito complessivo al netto delle perdite dei pregressi periodi d’imposta.

(7.000* 11.000) /33.000 = 2.333.

Il credito d’imposta utilizzabile da parte del contribuente è di 1.200 euro in quanto 2.333 > 1.200.

Esempio b) modifica del precedente

Analizziamo cosa succederebbe se il periodo di lavoro all’estero fosse superiore a 183 giorni. In tal caso, si potrebbero applicare le retribuzioni convenzionali. E’ necessario andare a vedere il D.M. pubblicato per l’anno di riferimento. Si tenga presente che in questo caso, il credito per le imposte pagate all’estero non è detraibile integralmente ma va ridotto in modo corrispondente per tenere conto che una parte del reddito effettivamente percepito non viene tassata. Si ipotizzi una persona fisica residente fiscalmente in Italia che ha conseguito nel corso dell’anno “n” redditi da lavoro dipendente in Germania. Tale soggetto ha lavorato all’estero per un totale di 195 giorni. Il datore di lavoro è un soggetto residente in Germania ed il contribuente non possiede altri redditi in relazione a tale anno.

La prima cosa da fare in tal caso è valutare la residenza fiscale di tale soggetto. Dato che è residente fiscale in Italia, in base a quanto abbiamo analizzato fino ad ora, deve tassare tutti i redditi ovunque prodotti. Il passo successivo risulta essere quello di analizzare la convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Germania:

  • Il comma 1, dell’articolo 15 prevede tassazione sia per lo Stato della fonte che per lo Stato della residenza;
  • Il comma 2, dell’art. 15 dispone che tassa soltanto lo Stato della residenza se:
    • La persona soggiorna per un periodo inferiore di 183 giorni all’estero;  
    • Le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente in Germania;  
    • L’onere della remunerazione non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha in Germania.

Nel caso concreto capiamo che il periodo di lavoro è limitato ma il datore di lavoro è straniero. Di conseguenza, tali redditi possono essere tassati sia in Germania sia in Italia. Una volta appurato questo, è necessario valutare se è possibile applicare le retribuzioni convenzionali di cui all’articolo 51, comma 8-bis del TUIR. In questo caso, essendo il periodo di lavoro dipendente di fonte estera è superiore a 183 giorni. Quindi, è possibile applicare la metodologia di tassazione prevista dall’articolo 51, comma 8-bis del TUIR.

Si ricorda, che è necessario inoltre prima verificare se il settore lavorativo del contribuente rientra tra quelli previsti dal decreto perché in caso contrario non è possibile applicare tale modalità di tassazione. Anche nel caso di applicazione dell’articolo 51, comma 8-bis del DPR n. 917/86, il contribuente può usufruire del credito per le imposte pagate all’estero, con l’accorgimento che lo stesso dovrà essere ridotto per tenere conto della parte del reddito percepito ma che non è stato tassato in Italia.

Documentazione per la predisposizione della dichiarazione dei redditi in Italia

Nel caso in cui i criteri di collegamento per la tassazione del reddito da lavoro dipendente di fonte estera portino alla dichiarazione dello stesso in Italia ci si deve interrogare sulla documentazione. Per la corretta predisposizione della dichiarazione dei redditi italiana (modello 730 o modello Redditi PF) è necessario essere in possesso della documentazione relativa al reddito da lavoro dipendente estero. In particolare, la documentazione occorrente, può essere così riassunta:

Per la compilazione del quadro relativo al reddito da lavoro dipendente (quadro C del modello 730 o RC del modello Redditi PF) è necessario essere in possesso di:

  • Contratto di lavoro estero;
  • Buste paga relative al periodo di imposta oggetto di dichiarazione;
  • Certificazione del reddito rilasciata annualmente dal datore di lavoro, con indicazione di eventuali ritenute fiscali e previdenziali effettuate.

Al fine di poter effettuare la compilazione del quadro relativo al credito per imposte assolte all’estero (rigo G4 del modello 730 o CE del modello Redditi PF) è necessario essere in possesso di:

  • Documentazione dei versamenti di imposta effettuati nel periodo di imposta;
  • Dichiarazione dei redditi presentata all’estero. Questo documento è fondamentale in quanto in grado di dimostrare le imposte estere assolte a titolo definitivo, utili per la determinazione del credito in Italia.

Per la documentazione in lingua straniera, occorre rifarsi ai chiarimenti forniti dalla Circolare n. 19/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate. Questa ha precisato che la traduzione dei documenti in lingua straniera può essere effettuato direttamente dal contribuente se il documento estero è redatto in una di queste quattro lingue: inglese, francese, tedesco o spagnolo. Per tutte le altre lingue è necessario avere una traduzione giurata, ossia un atto che ha carattere ufficiale e legale in quanto si attesta, attraverso apposita certificazione, la conformità del testo tradotto all’originale.


Consulenza fiscale online

In questo articolo ho cercato di riassumere, schematicamente, le principali informazioni che riguardano i criteri di collegamento per la tassazione di redditi da lavoro effettuato all’estero per un contribuente residente in Italia. Come hai visto le variabili in gioco sono molte:

  • La residenza fiscale del lavoratore;
  • Il Paese ove è svolta l’attività lavorativa;
  • Il periodo di permanenza all’estero;
  • La residenza dell’ente che eroga il compenso.

Le diverse variabili in gioco determinano l’emersione di molte possibilità diverse legate all’individuazione della potestà impositiva degli Stati coinvolti. Per questo motivo occorre prestare molta attenzione, anche perché si deve tenere in considerazione anche il coordinamento della normativa nazionale con quella convenzionale (ove esistente).

Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi sull’argomento. Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.

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