Le joint venture internazionali costituiscono uno strumento strategico per le aziende che desiderano espandere la propria presenza globale. Con la globalizzazione crescente, le imprese si trovano spesso a dover affrontare gli ostacoli legati all’ingresso in nuovi mercati, dove le normative locali, le barriere culturali e la concorrenza rendono difficile un’entrata autonoma.
Sono partnership tra due o più imprese di diverse nazionalità, offrono una soluzione efficace per superare tali barriere, permettendo alle aziende di combinare risorse, competenze e conoscenze di mercato. Questo modello di collaborazione è particolarmente vantaggioso in mercati emergenti, dove le restrizioni agli investimenti esteri possono essere significative.
Tuttavia, la sua costituzione internazionale non è priva di complessità, soprattutto dal punto di vista fiscale. La gestione delle imposte può diventare estremamente complicata, dato che ogni partner deve conformarsi non solo alle normative fiscali del proprio paese, ma anche a quelle del paese ospitante.
Cos’è una joint venture internazionale?
Si tratta di un accordo di cooperazione tra due o più entità di diverse nazionalità, finalizzato a realizzare un progetto comune o a condurre attività commerciali congiunte in un mercato estero. Questo tipo di partnership è progettato per combinare le risorse, le competenze e le conoscenze di mercato delle imprese partecipanti, creando sinergie che possono risultare vantaggiose per tutte le parti coinvolte. Può essere costituita attraverso un accordo contrattuale o mediante la creazione di una nuova entità giuridica (una “NewCo“), in cui ciascun partner detiene una partecipazione azionaria.
Tali accordi vengono solitamente creati per una serie di motivi che variano a seconda del contesto aziendale e del mercato di riferimento. Le aziende spesso utilizzano questo progetto come mezzo per entrare in mercati esteri difficili da penetrare autonomamente. Un partner locale può offrire un accesso più rapido e meno costoso a infrastrutture, canali di distribuzione e relazioni con i clienti, riducendo significativamente il rischio di fallimento.
Inoltre, la cooperazione permette di condividere i costi e rischi legati a nuovi progetti, soprattutto in settori ad alta intensità di capitale o in mercati instabili. Esse permettono alle aziende di sfruttare le competenze complementari dei partner. Ad esempio, un’impresa tecnologica può collaborare con un partner locale che possiede una profonda conoscenza del mercato, delle normati consumatori.
Tipologie e caratteristiche
Joint venture contrattuali: questi accordi, spesso definiti partnership strumentali o occasionali, non comportano la creazione di una nuova entità giuridica. Si tratta di un contratto di collaborazione che definisce i diritti e i doveri delle parti coinvolte, i termini della cooperazione e le modalità di ripartizione dei profitti. Tali accordi sono più flessibili e facilmente dissolvibili, rendendole ideali per progetti a breve termine o per collaborazioni in cui non sono richiesti significativi. Un esempio comune è la costituzione per un singolo progetto di costruzione o di sviluppo tecnologico, dove le parti collaborano fino al completamento del progetto, dopo di che l’accordo può essere sciolto .
Joint venture societarie: in questo tipo di accordo, le parti creano una nuova entità giuridica, solitamente una società di capitali, in cui ciascun partner detiene una quota di partecipazione. La struttura societaria è indicata per attività a lungo termine e rappresenta una soluzione più stabile rispetto a quella contrattuale. Questa struttura permette una gestione più organizzata.
Conseguenze fiscali
L’aspetto fiscale rappresenta uno degli aspetti più complessi nella costituzione e gestione. La natura transnazionale di queste collaborazioni implica che le aziende coinvolte debbano confrontarsi con normative fiscali di diversi paesi. La mancata gestione di questi aspetti può portare a conseguenze finanziarie significative, come la doppia imposizione o sanzioni fiscali.
Tassazione dei profitti
La tassazione dei profitti generati dipende in gran parte dalla struttura legale e dalle normative fiscali del paese in cui opera. Per le joint venture societarie, i profitti sono generalmente soggetti a imposte sul reddito delle società nel paese di costituzione. Tuttavia, la distribuzione degli utili ai partner può essere soggetta a ulteriori tassazioni sotto forma di imposte sui dividendi.
- Tassazione nei paesi di costituzione: se costituita come entità giuridica separata, i profitti saranno tassati nel paese in cui l’entità è registrata. Ad esempio, se è costituita in un paese con una tassazione favorevole, come l’Irlanda, i profitti possono essere tassati a un’aliquota relativamente bassa rispetto ad altri paesi. Tuttavia, se la cooperazione opera in un paese con una tassazione elevata, come gli Stati Uniti, i profitti potrebbero essere soggetti a un’aliquota più alta.
- Tassazione dei dividendi: i dividendi distribuiti ai partner essere soggetti a imposte nel paese di origine e nel paese di destinazione. Ad esempio, un’impresa italiana che riceve dividendi dal Brasile potrebbe dover pagare imposte sia in Brasile che in Italia, a meno che non esista una convenzione contro le doppie imposizioni tra i due paesi.
Ritenute fiscali sui dividendi
Le ritenute fiscali sono un altro elemento da considerare. Queste imposte sono trattenute alla fonte sui pagamenti effettuati ai partner stranieri, come dividendi, interessi o royalties. Le aliquote di ritenuta variano notevolmente da paese a paese e possono avere un impatto significativo sul flusso di cassa. Molti paesi applicano ritenute fiscali sui pagamenti effettuati a non residenti.
Ad esempio, i dividendi pagati da una joint venture negli Stati Uniti a un partner straniero possono essere soggetti a una ritenuta fiscale del 30%, a meno che non sia applicabile una convenzione contro le doppie imposizioni che preveda una riduzione di questa aliquota. Le imprese possono mitigare l’impatto delle ritenute fiscali attraverso la pianificazione fiscale e l’uso di convenzioni internazionali.
Trattamento fiscale delle royalties e interessi
Le royalties e gli interessi rappresentano spesso flussi di reddito importanti, soprattutto quando l’accordo prevede lo sfruttamento di proprietà intellettuali o il finanziamento da parte di uno dei partner. Le royalties pagate a un partner straniero sono generalmente soggette a ritenute fiscali.
L’aliquota applicabile dipende dal paese in cui la joint venture è costituita e dalla natura dell’accordo. In molti casi, le convenzioni contro le doppie imposizioni possono ridurre l’aliquota di ritenuta o addirittura esentarla. Gli interessi pagati su prestiti concessi dai partner possono essere dedotti come spese nel paese di origine, riducendo così l’imponibile.
Doppia imposizione fiscale
La doppia imposizione si verifica quando gli stessi redditi sono tassati in due (o più) giurisdizioni. Questo è un rischio comune. La maggior parte dei paesi ha stipulato convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione per evitare che i redditi vengano tassati due volte. Queste convenzioni stabiliscono quale paese ha il diritto di tassare determinati redditi e prevedono meccanismi per l’accredito delle imposte pagate all’estero.
Una joint venture in Francia distribuisce dividendi a un partner tedesco, la convenzione tra Francia e Germania potrebbe prevedere che le imposte pagate in Francia possano essere detratte dalle imposte dovute in Germania. Le aziende possono utilizzare diversi strumenti per evitare o attenuare la doppia imposizione, come il credito d’imposta estero o l’esenzione dei redditi.
Normative anti-abuso e transfer pricing
Le normative anti-abuso e le regole di transfer pricing sono strumenti finalizzati a prevenire l’evasione fiscale e garantire che le transazioni internazionali siano condotte a condizioni di mercato. Le normative anti-abuso impediscono alle imprese di sfruttare le lacune fiscali tra diverse giurisdizioni ed evitare il pagamento delle imposte.
Il transfer pricing si riferisce ai prezzi a cui le imprese trasferiscono beni, servizi o proprietà intellettuale tra entità correlate in diverse giurisdizioni. Le regole di transfer pricing assicurano che queste transazioni siano condotte a condizioni di mercato, evitando la manipolazione dei prezzi per ridurre la base imponibile in giurisdizioni ad alta tassazione.
Esempi
Un esempio rilevante è la collaborazione tra un’azienda europea e un partner asiatico, specificamente nel settore manifatturiero. Supponiamo che un produttore di macchinari tedesco (Azienda A) e un’azienda cinese (Azienda B) abbiano costituito una cooperazione per produrre e distribuire macchinari industriali in Cina. La joint venture è stata strutturata come una società di capitale in Cina, con ciascun partner che detiene il 50% delle azioni.
In questo caso, i profitti generati sono tassati in Cina con l’aliquota standard dell’imposta sulle società del 25%. Per minimizzare l’impatto fiscale, i partner hanno scelto di ridistribuire una parte significativa degli utili sotto forma di dividendi. Tuttavia, questi dividendi sono soggetti a una ritenuta alla fonte del 10% in Cina, riducibile al 5% grazie alla convenzione fiscale bilaterale tra Germania e Cina. Per ridurre ulteriormente le ritenute fiscali, i partner hanno deciso di reinvestire una parte degli utili , beneficiando degli incentivi fiscali cinesi per gli investimenti in capitale. Questo ha permesso di ridurre l’ammontare dei dividendi distribuiti, minimizzando così l’impatto delle ritenute.
Joint venture nei mercati emergenti
Un esempio può essere tratto dal settore delle telecomunicazioni in India, dove una multinazionale europea (Azienda C) ha costituito con un partner locale (Azienda D) per espandere i servizi di telecomunicazione nel paese. L’India è nota per la complessità del suo sistema fiscale, inclusi i frequenti cambiamenti nelle normative e la rigorosa applicazione delle regole di transfer pricing.
In questo caso, l’accordo tra imprese ha dovuto affrontare problemi legati alla doppia imposizione dei profitti, poiché i dividendi distribuiti a Azienda C in Europa erano soggetti a ritenute alla fonte in India, oltre a essere tassati nel paese di residenza della multinazionale europea. Per affrontare queste complessità, le imprese hanno introdotto una struttura di holding attraverso un paese terzo con trattati fiscali favorevoli sia con l’India che con il paese europeo di residenza di Azienda C. Questo ha permesso di ridurre significativamente le ritenute alla fonte e di ottimizzare la distribuzione degli utili.
Gestione del deadlock e soluzione delle dispute
Uno degli aspetti critici della governance è la gestione del deadlock decisionale, ossia la situazione in cui i partner non riescono a raggiungere un accordo su questioni fondamentali, inclusi aspetti fiscali. Ai fini della prevenzione del deadlock decisionale, devono essere previste clausole specifiche nei loro accordi. Queste clausole possono includere la “move up clause“, che trasferisce la decisione ai livelli più alti della governance aziendale, o meccanismi come l’arbitrato obbligatorio. In alcuni casi, può essere prevista la possibilità per uno dei partner di acquistare la quota dell’altro (put/call options) per risolvere lo stallo. L’arbitrato è spesso preferibile per risolvere le dispute, poiché offre un forum neutrale e può essere più rapido rispetto al contenzioso nei tribunali nazionali.
Conclusioni
Guardando al futuro, le normative fiscali stanno iniziando a riflettere un crescente focus sulle questioni ambientali e sociali. In futuro, le imprese potrebbero dover affrontare nuove imposte ambientali o incentivi fiscali legati alla sostenibilità. Ad esempio, le carbon tax stanno diventando comuni in molti paesi e potrebbero avere un impatto significativo nei settori industriali e dell’energia. Le joint venture che investono in tecnologie verdi o in progetti sostenibili potrebbero beneficiare di incentivi fiscali, ma dovranno anche adattarsi a normative ambientali più rigide.
Le autorità fiscali di diversi paesi stanno aumentando la cooperazione internazionale per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale. Questa tendenza potrebbe portare a una maggiore condivisione di informazioni tra paesi e a una più rigorosa applicazione delle normative fiscali internazionali. Le imprese anche in cooperazione devono prepararsi a un ambiente fiscale in cui la trasparenza e la conformità sono di primaria importanza, con un’attenzione crescente alle pratiche di buona governance fiscale.
In conclusione, sono uno strumento utile per le imprese che cercano di espandere la propria presenza globale, accedere a nuovi mercati e condividere risorse e competenze con partner stranieri. Tuttavia, come discusso, tali collaborazioni comportano una serie di complessità fiscali e normative che richiedono un’attenta pianificazione e gestione. Uno degli elementi che occorre gestire è il sistema di doppia imposizione, la conformità alle normative locali e internazionali, la pianificazione delle ritenute fiscali sui dividendi, interessi e royalties, e l’applicazione di politiche di transfer pricing coerenti con le linee guida OCSE.