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Interpello probatorio società di comodo per le immobiliari

Le società immobiliari di gestione si trovano a dover effettuare il test di operativa per la disciplina sulle società di comodo (non operative). La valutazione tra interpello e difesa in sede di accertamento, in relazione ai casi dove l'interpello ha portato a fattispecie dove è stata riconosciuta la disapplicazione della disciplina in commento.

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Quali sono le situazioni oggettive richieste dall’Agenzia delle Entrate per l’accoglimento di un istanza di interpello disapplicativo sulle società di comodo presentata da una società immobiliare?

I soggetti che si qualificano come società di comodo (societànon operative), ex art. 30 Legge n. 724/94, possono disapplicare la relativa disciplina in presenza di alcune, tassative, cause di esclusione. Nel caso in cui tale clausole non trovino applicazione è possibile valutare la presentazione una specifica istanza di interpello probatorio, in base a quanto previsto dall’art. 11, co. 1, lett. b), della Legge n. 212/00. In questa situazione vengono a trovarsi, sovente, molte società immobiliari che si trovano in difficoltà a superare il c.d. “test di operatività” delle società non operative.

Le società di comodo che non superano il test di operatività

La disciplina sulle società di comodo è stata introdotta nel nostro ordinamento al fine di disincentivare il ricorso all’utilizzo dello strumento societario come schermo per nascondere l’effettivo proprietario dei beni (che peraltro continuano a rimanere nella disponibilità dei soci o dei loro familiari) e dedurre dal reddito di impresa della società una serie di costi altrimenti indeducibile dal reddito personale dei soci stessi. In altri termini, l’impianto normativo in esame intende penalizzare quelle società che, al di là dell’oggetto sociale dichiarato, sono state costituite essenzialmente per gestire il patrimonio nell’interesse dei soci anziché per esercitare un’effettiva attività commerciale. Per questo motivo le società commerciali devono superare, in dichiarazione dei redditi, uno specifico test di operatività.

Il test di operatività

Come detto le società commerciali devono effettuare test di operatività teso a verificare la redditività degli asset aziendali. In particolare, il test, legato alla presentazione della dichiarazione dei redditi, si sostanzia nel confronto tra:

  • Ricavi minimi presunti;
  • Ricavi effettivi.

Se il primo valore eccede il secondo la società si considera non operativa. Quando la società non supera il test, in dichiarazione dei redditi viene automaticamente imputato un reddito minimo sul quale la società è chiamata al calcolo ed al versamento delle imposte sui redditi. Entrando nel dettaglio del calcolo, l’individuazione dell’importo dei ricavi minimi è ottenuto applicando determinate percentuali al costo fiscalmente riconosciuto di alcune categorie di assets aziendali:

  • Partecipazioni e crediti finanziari;
  • Immobili e navi;
  • Altre immobilizzazioni.

Le percentuali applicabili ai fini del calcolo dei ricavi minimi presunti sono riassunte nella seguente tabella:

PERCENTUALE REDDITIVITA’TIPOLOGIA DI BENI AZIENDALI
2%Partecipazioni, titoli e crediti finanziari
6%Immobili ed altri beni
5%Immobili A/10
4%Immobili abitativi acquisiti o rivalutati nell’esercizio e nei due precedenti
1%Immobili ubicati nei Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti
15%Altre immobilizzazioni

Negli ultimi anni, il superamento di tale test è diventato particolarmente ostico soprattutto per le società immobiliari di gestione. A rendere difficile il superamento del suddetto test di operatività non è soltanto legato ad una possibile contrazione degli affitti registrata nell’anno (in termini sia di ammontare dei canoni di locazione che di numero di immobili locati), ma anche la circostanza che, per le società che hanno effettuato negli anni operazioni di rivalutazione degli immobili, il calcolo dei ricavi minimi presunti si basa, sui maggiori valori rivalutati e non più su quelli storici. Per questo motivo l’imprenditore ha la possibilità di valutare l’opportunità di presentare apposita istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate per la richiesta di disapplicazione della disciplina delle società non operative.

L’istanza di interpello probatorio per disapplicare la disciplina sulle società non operative

Di fatto, una società che non ha la possibilità di sfruttare alcuna causa di esclusione o di disapplicazione automatica della disciplina in commento si trova di fronte a due strade:

  • Presentare istanza di interpello probatorio ai sensi dell’art. 11 co. 1 lett. b) della Legge n. 212/00;
  • Non presentare istanza di interpello, se si ritiene che sussistano le condizioni oggettive che hanno reso impossibile il rispetto del “test di operatività” o il conseguimento di redditi positivi e che le stesse condizioni possano essere dimostrate ex post in sede di accertamento.

Questo tipo di valutazione deve essere effettuata con particolare attenzione tenendo presenti i tempi (90 giorni) a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per fornire risposta all’interpello. Inoltre, deve essere anche valutata la possibilità di poter dimostrare le condizioni esimenti in sede di accertamento, ed anche i potenziali rischi che ne potrebbero conseguire nel caso in cui le istanze non vengano accolte in sede di controllo.

La presentazione dell’istanza di interpello

L’istanza di disapplicazione, rivolta al Direttore Regionale delle Entrate, deve essere spedita tramite il servizio postale, in plico raccomandato A/R, all’Ufficio finanziario territorialmente competente in base al domicilio fiscale del contribuente.

Tenendo conto che la Direzione Regionale è tenuta a rispondere entro 90 giorni dalla ricezione dell’istanza da parte dell’Ufficio locale e che è evidentemente interesse della società istante conoscere la risposta in tempo utile per il versamento delle imposte, è facile prevedere che la maggior parte delle istanze di interpello disapplicativo verrà presentata nei mesi di marzo e aprile, non appena saranno disponibili i dati economici e patrimoniali di bilancio necessari per la verifica preliminare con riferimento all’esercizio scorso. In ogni caso è possibile comunque presentare successivamente l’istanza almeno nei termini che consentano di avere risposta prima del termine ultimo per la presentazione della dichiarazione dei redditi (30 novembre).

Effetti dell’accoglimento dell’istanza

L’accoglimento dell’istanza da parte dell’Agenzia delle Entrate ha come effetto la disapplicazione della normativa antielusiva in rassegna, con la conseguenza che la società istante:

  1. Ai fini delle imposte sul reddito dichiarerà il reddito effettivamente conseguito;
  2. Ai fini Irap dichiarerà il valore della produzione netta effettivamente realizzato;
  3. Ai fin Iva non subirà alcuna limitazione in materia di utilizzo o di rimborso dell’eventuale credito risultante dalla dichiarazione annuale.

Disapplicazione totale o parziale della disciplina

L’istanza di interpello deve essere  supportata da riferimenti relativi a situazioni oggettive che hanno impedito il normale svolgimento dell’attività economica dell’azienda, non consentendo il raggiungimento dei ricavi minimi. Generalmente l’interpello è finalizzato ad ottenere la disapplicazione integrale delle disposizioni antielusive sulle società di comodo. Tuttavia, il contribuente può chiedere che la predetta disciplina non trovi applicazione anche quando le situazioni oggettive si riferiscano ad alcuni soltanto degli elementi patrimoniali considerati ovvero riguardino solo parte del triennio rilevante per la determinazione dei ricavi presunti. In tal caso l’Agenzia potrà emanare un provvedimento di disapplicazione parziale per consentire alla società istante di escludere i suddetti asset dal calcolo del test di operatività, con l’avvertenza che nel test non si dovrà tener conto nemmeno dei correlati ricavi.

Situazioni che possono portare all’accoglimento dell’interpello

Per le società immobiliari che hanno per oggetto la realizzazione e la successiva locazione di beni immobili, con la Circolare n. 5/E/2007, l’Agenzia delle Entrate ha individuato alcune circostanze di carattere oggettivo che, se adeguatamente dimostrate, possono condurre all’accoglimento dell’interpello sulle società di comodo. Tali situazioni sono state individuate:

  1. La società immobiliare ha iscritto in bilancio esclusivamente immobili in corso di costruzione o di ristrutturazione, da destinare successivamente alla locazione ma, al momento, non suscettibili di generare ricavi. A tal proposito è bene sottolineare che gli immobili in corso di realizzazione, in quanto non idonei a produrre alcun provento, devono essere esclusi dal test di operatività, evitando, in questo caso, l’onere della presentazione dell’istanza di interpello;
  2. La società immobiliare si trova nella impossibilità di praticare o modificare canoni di locazione sufficienti per superare il test di operatività o per conseguire un reddito effettivo superiore a quello minimo presunto;
  3. La società immobiliare si trova nella temporanea inutilizzabilità dell’immobile per cause indipendenti dalla volontà dell’imprenditore (es. immobile che non ha ottenuto il certificato di agibilità).

Inoltre, la disciplina delle società di comodo deve essere disapplicata in tutti i casi in cui i canoni di locazione degli immobili, ancorché inferiori agli importi minimi, siano in linea con quelli mediamente praticati nella medesima zona per fabbricati similari e risultino perciò congrui rispetto alle quotazioni immobiliari riportate nella banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare (“OMI“) consultabile sul sito web dell’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 25/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate).

All’esame delle circostanze che possono essere invocate in sede di interpello dalle società immobiliari, è altresì dedicato il paragrafo 2 della Circolare n. 44/E/2007, nella quale l’Agenzia delle Entrate si sofferma su alcune fattispecie, tra le quali, quella di una società che acquista un fabbricato subentrando in un contratto di locazione in corso da anni precedenti, con canoni annuali non congrui. Con riferimento a tale ipotesi viene affermato che l’interpello disapplicativo può essere accolto, considerato che la società istante si ritrova ad essere parte contraente di un contratto le cui condizioni sono state pattuite da altri, senza possibilità di modificarle prima della relativa scadenza.

Situazioni che non portano all’accoglimento dell’interpello

Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria non può invece essere accolto l’interpello disapplicativo allorquando una società di comodo sia parte locatrice di immobili dati in affitto ad un canone inferiore ai valori di mercato ad altra società che presenta la medesima compagine sociale, in quanto non si sarebbe in presenza di contratti di locazione non modificabili.

Ulteriore ipotesi nella quale non é ammissibile la disapplicazione della disciplina delle società di comodo é quella in cui una società detiene come unico asset un terreno agricolo che, per disinteresse dei soci, non viene coltivato. Per contro, legittima la suddetta disapplicazione il possesso di immobili che, in quanto non agibili e in attesa di essere ristrutturati, non sono produttivi di reddito.

Più in generale, è necessario ricordare, sulla scorta delle più recenti linee interpretative dell’Amministrazione finanziaria, che non è idoneo a giustificare l’assenza o l’insufficienza di ricavi il mero e generico riferimento all’attuale situazione di crisi del mercato immobiliare, dovendosi invece rappresentare in modo puntuale le specifiche circostanze oggettive che legittimano, con riguardo alla fattispecie rappresentata nell’istanza, la disapplicazione della normativa antielusiva.

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