Analisi di diverse strutture societarie per le immobiliari di compravendita, sia con struttura nazionale che internazionale. L’utilizzo di holding UE, in modo diretto o indiretto o utilizzo del trust.

La gestione di immobili detenuti da società in Italia risulta particolarmente onerosa in quanto l’alienazione degli stessi determina plusvalenze tassabili in capo alle società. Tali plusvalenze rientrano, nelle società di capitali e nelle società di persone (esclusa la società semplice), tra i redditi di impresa e sono soggette a tassazione.

La pianificazione fiscale internazionale può tuttavia offrire alternative che permettono di alleggerire il carico fiscale. Ed è di questo che voglio parlarti in questo articolo. Ricordo che effettuare un’attività di pianificazione fiscale significa ottenere il massimo risparmio possibile dalla normativa esistente. Il tutto tenendo conto anche della disciplina antielusiva italiana. Infatti, chiunque si occupi di pianificazione fiscale sa che effettuare un’operazione potenzialmente elusiva porta a vedersi disconoscere i vantaggi indebitamente conseguiti. Classico caso è quello legato all’attrazione in Italia della residenza fiscale di società palesemente esterovestite. Detto questo, andiamo ad analizzare come possiamo modificare il carico fiscale derivante dal possesso di immobili detenuti da società residenti.

Presta molta attenzione, le informazioni che trovi in questo articoli non riuscirai a trovarle altrove sul web.


Immobili societari: limiti della disciplina nazionale

La gestione dei beni immobili in ambito nazionale da parte di società non offre molte opportunità di ottimizzazione del carico fiscale. Intanto, è opportuno distinguere l’attività immobiliare legata alla messa a reddito degli immobili, dove la forma societaria può essere utile sia per la segregazione patrimoniale, e permette di scegliere tra:

  • Società di persone, che prevedono la tassazione per trasparenza sui soci, con reddito imponibile IRPEF;
  • Società di capitali, che prevedono tassazione proporzionale del reddito ai fini IRES.

Accanto alle immobiliari di gestione vi sono anche le società immobiliari che si occupano di acquisire e rivendere beni immobili. In questo caso, occorre effettuare qualche valutazione ulteriore. Infatti, la vendita di un bene immobile da parte di un’impresa può generare una plusvalenza integralmente tassabile ai sensi dell’articolo 86 del DPR n. 917/86 (TUIR). Qualora, in luogo della cessione, si optasse per ipotesi alternative quali l’assegnazione ai soci, il corrispettivo verrebbe sostituito dal valore normale (ex art. 9 del TUIR) con tutti i connessi margini di incertezza per la determinazione dello stesso. Per quanto attiene l’aspetto finanziario, inoltre, l’assegnazione dei beni evita il flusso di denaro ma comporta spesso una tassazione in capo ai soci. Questo in quanto l’articolo 47, comma 1, ultimo periodo del DPR n. 917/86 prevede che, indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitali per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta.

Per questo motivo, per le società immobiliari che si occupano di compravendita di beni immobili è possibile individuare delle alternative alla generazione della plusvalenza legata alla cessione dell’immobile. Le alternative a disposizione, che abbiamo individuato, sono le seguenti:

  • Cessione delle quote societarie al posto della cessione del bene immobile, in caso di soci persone fisiche;
  • Cessione delle quote societarie al posto della cessione del bene immobile, in caso di socio società di capitali (sfruttando la disciplina “PEX”);
  • La possibilità di sfruttare una società holding Comunitaria (UE), che controlla la società immobiliare italiana, oggetto di cessione.

Andiamo ad analizzare meglio le diverse opzioni a disposizione.

Cessione di quote societarie dell’immobiliare detenuta da persone fisiche

La prima possibilità per effettuare un’attività di compravendita di beni immobili è quella di costituire una società per ogni operazione immobiliare. In questo modo i soci, persone fisiche, al momento della cessione del bene immobile, possono optare per la cessione delle quote della società immobiliare al posto dell’immobile. Questa operazione permette di realizzare una plusvalenza da cessione di partecipazioni (capital gain), in luogo di una plusvalenza da vendita di un cespite. Sul punto, appare utile ricordare che la plusvalenza generata, indipendentemente che la partecipazione sia qualificata o meno, sconta un’imposta sostitutiva del 26%.

In relazione a questa opzione deve essere tenuto presente che per le persone fisiche si sono presentate diverse opportunità nel corso degli ultimi anni per rivalutare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione versando una imposta sostitutiva di importo variabile a seconda che le partecipazioni siano qualificate o no. Attraverso la rivalutazione delle quote è possibile ridurre la plusvalenza generata dalla vendita delle quote. Detto questo, tuttavia, occorre anche evidenziare che la possibilità di cessione delle quote societarie al posto dell’immobile è ipotesi che riguarda più direttamente gli immobili strumentali, rispetto agli immobili abitativi.

Cessione di quote societarie dell’immobiliare detenuta da società di capitali (regime PEX)

Una seconda alternativa, simile alla precedente, è data sempre dalla cessione di quote societarie dell’immobiliare, questa volta detenuta da altra società di capitali (e non da persone fisiche). In questo caso, la società che detiene le quote della società immobiliare oggetto di cessione, a determinate condizioni, ha la possibilità di sfruttare il regime di esenzione parziale dettato dalla c.d. “partecipation exemption” di cui all’art. 87 del TUIR. Per le società immobiliari, tuttavia, ci sono alcune problematiche da superare. Infatti, se la società immobiliare è detenuta da una società di capitali non è possibile beneficiare dell’esenzione al 95% (del capital gain) qualora la società figlia non soddisfi il requisito della commercialità. Sul punto, l’articolo 87, comma 1, lettera d) del TUIR afferma che le società a prevalente costituzione immobiliare non presentano il requisito della commercialità. In particolare, viene disposto quanto segue:

senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa“.

articolo 87, comma 1, lettera d) del DPR n 917/86

Per questo motivo, questa seconda opzione è sicuramente di difficile realizzazione, a meno che la cessione non riguardi una società commerciale che contiene al suo interno anche beni immobili (ma non è questa la casistica trattata in questo articolo).

Detto questo andiamo ad analizzare, con maggiore dettaglio la terza opzione che abbiamo individuato, ovvero quella di utilizzare una holding comunitaria per la detenzione e la successiva cessione di beni immobili.


Utilizzo di una holding comunitaria per la compravendita di beni immobili

Una soluzione interessante per la gestione di immobili detenuti da società consistere nel far detenere la società immobiliare italiana da una holding costituita in un Paese UE. Occorre considerare, infatti, che l’art. 23, comma 1, del TUIR prevede per i non residenti l’assoggettamento a tassazione in Italia delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti. Questo con la sola esclusione di quelle non qualificate e negoziate in mercati regolamentati.

Sul punto, tuttavia, occorre sempre valutare se la Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore e stipulata con l’Italia, contiene una disposizione di maggiore favore. In particolare, l’art. 13 del Modello OCSE del 15 luglio 2005 regolamenta la fattispecie al paragrafo 5, riservando la potestà impositiva esclusivamente allo stato di residenza della società alienante, ossia della holding estera. Questo significa, indirettamente, che collocando la controllante (holding) in un Paese convenzionato che riconosce la participation exemption anche per le società non operative è possibile, di fatto, di superare le limitazioni previste dall’articolo 87 del TUIR per le holding residenti in Italia (vedi le problematiche dell’opzione precedente). All’interno di questa casistica è possibile individuare a sua volta due opzioni, di cui soltanto una di essa porta ad una ottimizzazione fiscale. In particolare, si tratta delle seguenti opzioni:

  • Soci italiani che detengono partecipazioni in holding UE che detiene quote della società immobiliare italiana;
  • Soci italiani che detengono partecipazioni in holding UE, che detiene direttamente l’immobile in Italia.

Soci italiani di holding UE con quote della società immobiliare italiana

Si consideri il caso descritto di seguito:

Soci Italiani –> Holding UE –> Società immobiliare italiana

Il caso è quello di soci italiani che detengono quote di una holding residente nella UE, che detiene le quote di una società immobiliare residente in Italia. La struttura descritta deve essere valutata alla luce della disciplina antielusiva contenuta nell’articolo 37-bis del DPR n. 600/73 e con le disposizioni in materia di società esterovestite introdotte ad opera dell’articolo 35, comma 13, D.L. 4 luglio 2006 n. 223. Secondo tale disciplina, articolo 73 comma 5-bis del TUIR, vi è una presunzione relativa di residenza in Italia. Si tratta di una presunzione in base alla quale, nel rispetto di alcune condizioni, le società e gli enti non residenti, che detengono partecipazioni di controllo in Spa, Sapa, Srl, società cooperative, società di mutua assicurazione, enti pubblici e privati diversi dalle società che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali sono considerati avere la sede dell’amministrazione in Italia. Questo significa che tali società sono considerate, salvo prova contraria del contribuente, fiscalmente residenti in Italia. Quindi i redditi sono tassati nel nostro Paese se la predetta società estera:

  • E’ controllata, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
  • Risulta amministrata da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

Se la presunzione dovesse operare, la plusvalenza realizzata dalla holding UE risulterebbe comunque tassata in Italia. Per questo motivo siamo di nuovo di fronte ad una soluzione non efficiente da un punto di vista fiscale.

Per approfondire: “Esterovestizione societaria: come evitarla“.

Disciplina antielusiva convenzionale

Talvolta le disposizioni antielusive possono essere rinvenute anche nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. Nella Convenzione del modello OCSE nel paragrafo 13, viene descritta la disciplina sulla tassazione delle plusvalenze. La norma stabilisce che le plusvalenze conseguite da un soggetto estero a seguito dell’alienazione di quote che derivano oltre il 50 per cento del loro valore da beni immobili situate nell’altro stato, sono tassabili in questo Stato. Ciò significa che l’alienazione delle azioni di società il cui principale valore deriva da beni immobili situati nello Stato della società figlia sono ivi tassabili come se si trattasse di beni detenuti senza lo schermo societario. È evidente l’intento di evitare arbitraggi tra la cessione dei beni di primo livello (gli immobili) o la vendita di beni di secondo livello (le partecipazioni) nel caso in cui l’operazione sia sostanzialmente equivalente.

Prima di implementare una operazione di conferimento transnazionale bisognerà quindi valutare attentamente la convenzione in vigore tra l’Italia e lo stato di residenza della società conferitaria (holding estera). Questo per vedere se l’accordo prevede una clausola analoga a quella presente nel modello di Convenzione OCSE.

Soci italiani di holding UE con detenzione diretta dell’immobile in Italia

Una soluzione alternativa molto interessante è rappresentata dall’immobile detenuto in Italia da una società estera senza il tramite di una società residente. La struttura di questa fattispecie è, in sostanza, quella illustrata nella successiva descrizione:

Soci italiani –> Holding UE –> Immobile in Italia

In questo caso, rispetto alla casistica analizzata in precedenza la holding UE non detiene quote di una società residente in Italia, ma diviene proprietaria diretta di un immobile in Italia. Questa soluzione è molto interessante in quanto la società estera detenendo solo immobili in Italia e non partecipazioni societarie gli consente di superare la fattispecie di esterovestizione.

I vantaggi di questa soluzione non finiscono qui. Ci sono importanti vantaggi anche da un punto di vista delle imposte dirette. Infatti, anche se l’immobile italiano viene affittato, la R.M. 13 dicembre 1989, prot. n. 460196 ha precisato che non si configura l’ipotesi della stabile organizzazione. Questo in quanto la mera detenzione di un bene patrimoniale non avente distinzione organizzativa e contabile dalla casa madre non configura l’emersione di una branch.

Redditi fondiari in Italia prodotti società non residente

I redditi prodotti in Italia da soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel nostro paese devono essere tassati secondo le disposizioni previste per le diverse categorie di reddito (ex art. 6 del TUIR).Quindi, in questo caso la locazione di un immobile strumentale o abitativo rientra nella categoria dei redditi fondiari. Sostanzialmente, si va a tassare il reddito non come società ma come se lo stesso fosse percepito da una persona fisica (articolo 152, comma 2, TUIR). Ciò significa quindi che:

  • I canoni di locazione sono tassati limitatamente al 95% del loro ammontare;
  • Il rinvio alla disciplina prevista per le persone fisiche fa sì che la rivendita di un fabbricato posseduto per un periodo maggiore di 5 anni non genera una plusvalenza tassabile. Questo ai sensi dell’articolo 67 del TUIR.

Detto questo dobbiamo analizzare anche la disciplina convenzionale in materia che, di fanno, non esclude imponibilità dei canoni di locazione in Italia. L’articolo 6 del modello di Convenzione OCSE, prevede che i redditi ricavati da un non residente da beni immobili situati in Italia sono imponibili nel nostro paese. Analogamente l’articolo 13 comma 1 del Modello di Convenzione OCSE stabilisce che la plusvalenza derivante dall’alienazione di beni immobili situati in Italia da parte di un non residente sono tassati nel nostro Paese.

Ottimizzazione del carico fiscale per la holding UE

Se decidi di applicare questa opzione puoi pensare di individuare una holding UE residente in un Paese che tassa in modo mite le plusvalenze realizzate all’estero. Oppure deve trattarsi di un Paese che ha una convenzione contro le doppie imposizioni che riserva la tassazione esclusivamente all’Italia. In questo caso la normativa antielusiva sulle esterovestizioni delle società, introdotta dell’articolo 35, comma 13, D.L. n. 223/2006, non può operare in quanto la società estera detiene solamente beni immobili e non partecipazioni sociali.

L’ultimo aspetto, non meno importante, da tenere in considerazione è che per evitare l’ipotesi di esterovestizione sulla holding UE è necessario fare in modo che tale società non sia gestita o amministrata dall’Italia. Per questo motivo è di fondamentale importanza che vi sia una gestione societaria dall’estero. Il socio italiano deve fungere esclusivamente dal socio di capitale, lasciando la gestione societaria a manager residenti nello Stato di residenza della società. Senza rispettare questo elemento le ipotesi di esterovestizione sulla holding diventano rilevanti e potrebbero vanificare tutta l’operazione. Per questo motivo occorre prestare attenzione agli aspetti gestori della società estera.

Costituzione di un trust estero per gli immobili in Italia

Una soluzione interessante per la gestione di immobili detenuti da società è costituita anche dalla disposizione di beni immobili in un trust estero. In sostanza il proprietario dei beni immobili (disponente) li attribuisce al trust perdendo in questo modo la proprietà degli stessi e realizzando quindi una interessante securizzazione del proprio patrimonio.

Il trust avrà un proprio gestore, il trustee, che amministrerà i beni immobili per tutta la durata del trust sino al momento in cui gli stessi saranno attribuiti ai beneficiari individuati dall’atto di trust o in altra maniera. Il trust è conveniente soprattutto se il disponente è una persona fisica. Questo in quanto la disposizione di beni in trust, essendo assimilata ad una donazione, non sconta imposte dirette. Mentre se il trasferimento riguarda beni relativi all’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali), questi fuoriescono dalla disponibilità dell’imprenditore in quanto destinati a finalità estranee all’impresa. Ciò comporta per il disponente imprenditore il conseguimento di componenti positivi di reddito da assoggettare a tassazione. Questo secondo le disposizioni del DPR n. 917/86, nonché l’assoggettamento ad Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 2 n. 5 del DPR n. 633/1972.

La disposizione di beni non sconta imposizione indiretta, almeno fino a quando non si arriva all’attribuzione dei beni ai beneficiari. In questo caso si sconta una imposta di donazione del 8%.

Il trust è un modo per securizzare il patrimonio, organizzare il proprio passaggio generazionale e trasferire i frutti del trust ai beneficiari senza che questi siano tassati in Italia. Anche l’utilizzo del trust deve essere attentamente vagliato alla luce della disciplina antielusiva italiana che tende ad attrarre nel nostro Paese la residenza di trust offshore. Oppure di trust che hanno esclusivamente beni immobili italiani.


Conclusioni e consulenza fiscale

Come abbiamo visto la gestione di immobili detenuti da società sconta una diversa tassazione a seconda del veicolo utilizzato per la detenzione dell’immobile. In questa analisi abbiamo visto la convenienza di una holding estera, di un trust e quelli di una detenzione diretta. Individuare in modo assoluto quale sia la soluzione migliore è difficile, ogni caso deve essere valutato in modo accurato. Molto dipende, come abbiamo visto sia dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con l’Italia, sia dalla forma giuridica utilizzata per la gestione di immobili detenuti da società.

In questi casi non è possibile improvvisare ma è sempre opportuno rivolgersi ad un professionista esperto che sappia indirizzarti verso la soluzione migliore per la tua società. L’obiettivo è quello di farti ottenere la miglior pianificazione fiscale internazionale possibile. Se avete dubbi o volete confrontarvi con noi, contattateci attraverso l’apposito servizio di consulenza fiscale online.

2 COMMENTI

  1. Perdonami per il disturbo.
    Una srl che effettua esclusivamente l’attività di Centro Elaborazione Dati acquista un immobile abitativo e lo adibisce a tale attività (computer ecc.) può dedurre l’ammortamento sull’immobile e gli altri costi?

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