Nel 2024, l’UE ha introdotto una serie di direttive con lo scopo di contrastare l’elusione fiscale e armonizzare il regime fiscale all’interno degli Stati membri. Queste direttive hanno delle conseguenze sulla fiscalità delle multinazionali imponendo di rivedere le proprie catene di approvvigionamento, modelli di distribuzione e decisioni di investimento.
Un esempio è la Global Minimum Tax stabilisce un’imposta minima del 15%, imponendo una revisione della pianificazione fiscale. Parallelamente, la direttiva ATAD 3 rafforza le misure contro le società di comodo, rendendo più complesso l’uso di entità interposte per ridurre il carico fiscale. Inoltre, la riforma delle norme IVA e doganali richiederà un adattamento delle operazioni transfrontaliere.
Indice degli Argomenti
- Direttiva (UE) 2022/2523 – Global Minimum Tax
- Conseguenze della Direttiva (UE) 2022/2523 sulle multinazionali
- Direttiva (UE) 2023/647 – ATAD 3 (Anti-Tax Avoidance Directive)
- Regolamento (UE) 2024/1083 – IVA e riforma doganale
- Direttive UE : riforma IVA e doganale e i loro effetti
- Direttiva (UE) 2024/139 -Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)
- Conseguenze del CSRD
Direttiva (UE) 2022/2523 – Global Minimum Tax
La Direttiva (UE) 2022/2523, conosciuta anche come Global Minimum Tax, attua il secondo pilastro dell’accordo OCSE/G20, che mira a stabilire una tassazione minima globale. Questa direttiva introduce un’imposta minima effettiva del 15% per i gruppi con ricavi superiori a 750 milioni di euro.
Se le filiali di una multinazionale pagano un’aliquota inferiore in un certo Paese, il Paese di origine della multinazionale può tassare ulteriormente per raggiungere il 15%. Entrata in vigore il 1° gennaio 2024, questa direttiva si inquadra nell’ambito del “Base Erosion and Profit Shifting” (BEPS), che mira a contrastare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili a giurisdizioni a bassa o nulla tassazione.
Meccanismo di funzionamento della Global Mimimum Tax
La Direttiva (UE) 2022/2523 si articola in tre meccanismi principali:
- Income inclusion rule (IIR): questa norma consente allo Stato in cui si trova la società madre del gruppo di applicare una tassazione integrativa sull’utile delle controllate estere se queste ultime sono tassate con un’aliquota inferiore al 15%;
- Undertaxed payments rule (UTPR): questa norma permette agli Stati membri di ridurre la deducibilità di certi pagamenti effettuati verso entità in giurisdizioni a bassa tassazione, come ulteriore misura contro il trasferimento di profitti;
- Switchover rule: si applica nei casi in cui un reddito sia soggetto a una tassazione inferiore al 15% in un Paese terzo e consente allo Stato membro di tassare tale reddito in modo complementare.
Conseguenze della Direttiva (UE) 2022/2523 sulle multinazionali
La catena di approvvigionamento, ovvero l’insieme delle fasi che un prodotto attraversa dal reperimento delle materie prime alla consegna finale, sarà fortemente influenzata dalla Global Minimum Tax.
In passato, ottimizzavano le loro catene di approvvigionamento scegliendo località in base a costi di produzione, tassazione, e accesso ai mercati. Ora, sarà necessario considerare anche la stabilità del regime fiscale e altri fattori come la vicinanza ai mercati, la qualità delle infrastrutture e la disponibilità di forza lavoro qualificata. Potrebbero essere costrette a rivedere la localizzazione delle loro attività, spostando o centralizzando operazioni in Paesi con un regime fiscale più stabile, anche se con un’aliquota fiscale leggermente superiore al 15%.
Conseguenze sugli investimenti diretti esteri (IDE)
Si riferiscono all’investimento di un’azienda in un Paese diverso dal proprio per stabilire operazioni commerciali come filiali, stabilimenti produttivi o uffici. Con l’introduzione della Global Minimum Tax, esse dovranno diversificare i loro IDE per non dipendere da poche giurisdizioni a bassa tassazione.
L’Europa, con una maggiore armonizzazione fiscale, potrebbe diventare una destinazione più attraente per gli investimenti a lungo termine, riducendo il rischio legato alle differenze di tassazione tra Paesi.
Direttiva (UE) 2023/647 – ATAD 3 (Anti-Tax Avoidance Directive)
Con l’introduzione delle Direttive UE 2024, la fiscalità delle multinazionali sarà soggetta a una regolamentazione più stringente. Infatti, la Direttiva (UE) 2023/647, nota come ATAD 3, rafforza le misure contro l’elusione fiscale già previste dalle precedenti direttive ATAD (1 e 2).
In particolare, introduce disposizioni che influenzano la tassazione delle società di comodo, ovvero quelle società che non hanno una reale sostanza economica. La direttiva prevede test di sostanza che le imprese devono superare per dimostrare di avere una reale attività economica. Le società che non superano i test di sostanza devono adempiere a specifici obblighi di rendicontazione, fornendo informazioni dettagliate sulle loro attività, entrate, costi, numero di dipendenti e il profilo di rischio fiscale.
Direttive UE: ATAD 3 cambia la fiscalità delle multinazionali e società di comodo
Le società riconosciute “di comodo” potrebbero essere escluse dai benefici delle convenzioni contro la doppia imposizione. Di conseguenza, le aliquote fiscali più favorevoli previste dai trattati non saranno applicabili ai redditi di queste società, con la conseguenza che i redditi transfrontalieri potrebbero essere tassati a tassi più elevati sia nello Stato di residenza che nello Stato della fonte. Inoltre, le società di comodo non avranno accesso alle esenzioni o riduzioni delle ritenute alla fonte previste dalle direttive europee, come la Direttiva Madre-Figlia – Direttiva 2011/96/UE . In pratica, i pagamenti di dividendi, interessi e royalties effettuati a queste società potrebbero sono soggetti a ritenuta alla fonte nello Stato di origine del reddito, secondo le aliquote standard, senza possibilità di esenzioni o riduzioni.
Conseguenze dell’ ATAD 3
La Direttiva (UE) 2023/647 (ATAD 3) avrà un notevole impatto su quelle che operano con complesse catene di approvvigionamento e distribuzione. Le riforme introdotte richiedono una maggiore trasparenza e una reale sostanza economica delle imprese coinvolte. Ciò significa che ogni entità all’interno della catena, sia essa una società di approvvigionamento, una holding o una società di distribuzione, deve dimostrare di svolgere attività economiche reali, con personale e infrastrutture adeguate. Perché, come visto, la mancanza di sostanza economica può portare alla negazione dei benefici fiscali, aumentando così il costo fiscale delle operazioni transfrontaliere.
Un siffatto contesto può influenzare negativamente le decisioni di investimento in Europa e i flussi di investimenti diretti esteri (IDE). Potrebbero riconsiderare la loro presenza in giurisdizioni europee con fiscalità più favorevole se il rischio di essere classificate come società di comodo supera i benefici fiscali previsti. Inoltre, la necessità di ristrutturare le catene di approvvigionamento per conformarsi alla ATAD 3 potrebbe indurre le imprese a spostare investimenti e attività verso mercati non UE o a optare per strutture più semplici ma fiscalmente meno efficienti, riducendo l’attrattiva dell’Europa come destinazione di IDE.
Regolamento (UE) 2024/1083 – IVA e riforma doganale
Il Regolamento (UE) 2024/1083 e la riforma doganale ad esso collegata introducono significative novità in ambito fiscale e doganale, in particolare riguardo l’IVA e le procedure doganali.
Riforma IVA all’importazione
L’obiettivo principale della riforma è semplificare e rendere più efficiente il processo di dichiarazione e pagamento dell’IVA. In particolare, con il Centro Doganale Digitale Europeo, le dichiarazioni IVA saranno integrate in un’unica piattaforma digitale, riducendo errori e tempi di elaborazione. Le imprese dovranno inserire le informazioni una sola volta, utilizzabili per più spedizioni, riducendo così il carico amministrativo.
L’accesso centralizzato ai dati doganali da parte di tutte le autorità degli Stati membri consentirà un monitoraggio più efficace delle transazioni commerciali e della corretta applicazione dell’IVA. Inoltre, la riforma prevede una revisione del regime sanzionatorio legato all’IVA e alle altre imposte indirette come le accise.
L’allineamento con il Codice Doganale dell’Unione comporta un inasprimento delle sanzioni per chi non rispetta le normative sull’IVA, in particolare in caso di dichiarazioni inesatte o fraudolente. La riforma introduce il concetto di operatori trust and check, che riguarda gli operatori economici considerati affidabili dalle autorità doganali. Questi operatori possono beneficiare di una maggiore fluidità nelle operazioni di importazione, con ridotti controlli doganali e semplificazioni nell’applicazione dell’IVA. Questa agevolazione può rappresentare un vantaggio competitivo significativo, riducendo i costi legati ai tempi di sdoganamento.
Direttive UE : riforma IVA e doganale e i loro effetti
Il Regolamento (UE) 2024/1083 e la riforma doganale avranno conseguenze importanti, specialmente per quanto riguarda la gestione delle catene di approvvigionamento e la distribuzione all’interno dell’UE.
Grazie al Centro Doganale Digitale Europeo, potranno centralizzare la gestione dei dati relativi alle importazioni, riducendo notevolmente i tempi necessari per lo sdoganamento delle merci. Questo è particolarmente vantaggioso per le aziende che operano con margini di tempo ridotti, dove il time-to-market è di grande importanza. Inoltre, coloro che otterranno lo status di operatori trust and check potranno beneficiare di un passaggio più fluido delle merci attraverso le frontiere europee, con controlli doganali ridotti o assenti.
Conseguenze sugli investimenti diretti esteri (IDE)
Le nuove regole possono rendere l’Europa più attraente per gli investimenti diretti esteri (IDE), poiché la digitalizzazione delle procedure riduce l’incertezza e i costi operativi legati all’importazione di beni. Potrebbero essere incentivate a localizzare nuovi impianti di produzione o centri di distribuzione in Europa per sfruttare queste semplificazioni. Ad esempio, un’azienda tecnologica potrebbe decidere di aprire un nuovo centro logistico in un Paese dell’UE, sapendo che le procedure doganali semplificate permetteranno una distribuzione rapida dei prodotti in tutta l’Unione
Direttiva (UE) 2024/139 -Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)
La Direttiva (UE) 2024/139, nota come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), mira a migliorare e standardizzare la rendicontazione delle informazioni relative alla sostenibilità da parte delle imprese, per favorire un’economia più sostenibile e trasparente. La nuova direttiva introduce obblighi di rendicontazione estesi, richiedendo alle imprese di fornire informazioni dettagliate su questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), seguendo standard comuni che verranno sviluppati dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG). Per quanto riguarda la tassazione, la CSRD introduce una serie di requisiti per la rendicontazione delle informazioni fiscali. Le aziende dovranno indicare le imposte sul reddito ed informazioni dettagliate sui pagamenti effettuati in ciascun paese in cui l’azienda opera. Le imprese, altresì, devono indicare la differenza tra l’aliquota fiscale effettiva pagata dall’azienda e l’aliquota nominale applicabile in ciascuna giurisdizione. Descrizione delle politiche fiscali adottate dall’azienda, inclusi eventuali accordi di ruling fiscale con le autorità fiscali.
Conseguenze del CSRD
Come visto, vi è l’obbligo per le imprese di divulgare informazioni sulle pratiche di sostenibilità lungo l’intera catena di fornitura, obbligandole a valutare e divulgare gli impatti ambientali, sociali e di governance (ESG) dei loro fornitori e distributori. Questo può comportare un aumento dei costi operativi, poiché le aziende dovranno monitorare in maniera più attenta le pratiche dei loro partner commerciali e, in alcuni casi, modificare le loro catene di approvvigionamento per conformarsi agli standard ESG imposti dalla direttiva. Inoltre, l’enfasi sulla trasparenza fiscale, che richiede una rendicontazione dettagliata delle imposte pagate in ciascun paese, potrebbe rendere meno attraenti le strategie che sfruttano giurisdizioni a bassa tassazione. Le multinazionali a riconsiderare i loro investimenti in queste aree.
Relativamente agli investimenti diretti esteri (IDE) e agli investimenti in Europa, le nuove regole della CSRD potrebbero influenzare le decisioni aziendali, incoraggiando le imprese a investire in paesi che offrono infrastrutture migliori per la sostenibilità e che favoriscono un’economia verde. Al contrario, le aziende potrebbero ritirare o ridurre gli investimenti in regioni che non soddisfano gli standard richiesti dalla CSRD, in quanto i rischi reputazionali e di non conformità potrebbero superare i benefici. Questo potrebbe portare a un riallineamento degli investimenti a favore di paesi europei con politiche più avanzate in materia di sostenibilità, influenzando il flusso di IDE e l’attrattività di specifiche aree geografiche in base alla loro capacità di supportare le iniziative di sostenibilità delle imprese.