Le fatture false sono quei documenti che vengono emessi a fronte di operazioni o fatti che nella realtà non sono mai avvenute. Solitamente si parla di fatture per operazioni inesistenti nel caso in cui vi siano cessioni di beni o prestazioni di servizi fatturati ma mai effettuati.
Da sempre, infatti, la falsa fatturazione, costituisce elemento essenziale di tutte le più rilevanti frodi tributarie.
Se pensi che questa fattispecie non possa accaderti, ti assicuro che ti sbagli. Se lavori con l’estero è molto più frequente di quanto tu possa credere. In questo contributo scoprirai come tutelarti da un possibile concorso di colpa nella frode.
Mi viene in mente, tanto per citare una situazione pratica, la frode carosello. Si tratta di una frode messa in piedi al fine di evadere l’Iva attraverso la costituzione di società all’estero, che si passano fatture inesistenti al solo fine di permettere il rimborso dell’Iva da parte di una società.
In questo contributo andrò ad analizzare l’istituto del ravvedimento operoso come strumento utile per dimostrare la non frode del cessionario committente che ricevere una fattura falsa. In questo modo si evitano sanzioni penali e l’indebita detrazione dell’Iva.
Fatture per operazioni inesistenti: le conseguenze per i soggetti coinvolti
L’aspetto su cui voglio concentrare la mia attenzione riguarda le conseguenze di una falsa fatturazione. Ovviamente, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti nascono contestazioni in capo al soggetto emittente i documenti fiscali. Tuttavia, la questione può specularmente coinvolgere anche il soggetto cessionario o committente. Questo quando tale soggetto sia del tutto all’oscuro delle violazioni commesse dalla controparte.
Pensa alla tua azienda, che potrebbe benissimo ricevere una fattura per una operazione mai richiesta. Cosa fare in questi casi? Come evitare che ci possano essere conseguenze?
In queste situazioni l’Amministrazione Finanziaria può sostenere che il soggetto committente sia comunque un frodatore. Anche se questi magari ha solo avuto la sfortuna di imbattersi, a sua insaputa, in una fattura falsa. Ovvero, un documento emesso da un evasore fiscale. A quel punto incombe sul committente l’onere di fornire la prova negativa della sua buona fede e della non consapevolezza della frode.
Questo sia per tutelare la detrazione dell’IVA corrisposta per quella fattura, ma anche evitare conseguenze penali. Vediamo come il ravvedimento operoso possa venire in aiuto del committente. Prima di proseguire tuttavia, è necessario effettuare una puntualizzazione sulle operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti.
Operazioni oggettivamente inesistenti
Con il termine fatture per operazioni oggettivamente inesistenti si intende quelle operazioni che in tutto o in parte sono prive di riscontro nella realtà. Trattasi, quindi di documenti che attestano un fatto mai avvenuto, che può essere la cessione di un bene o la prestazione di un servizio (operazioni fittizie o simulate).
Questa ipotesi di condotta implica, in ragione della totale o parziale inesistenza di un’operazione documentata con fattura, una sicura responsabilità sia tributaria che penale dei soggetti che la pongono in essere. Pertanto, risulta essere precluso il diritto alla detrazione dell’imposta sul committente dell’operazione fittizia (per assenza dei requisiti di cui all’art. 19, co. 1 del DPR n. 633/72).
Tabella: profili tributari dell’operazione per il committente
Nella tabella seguente i profili tributari dell’operazione di fatturazione oggettivamente inesistente per il committente.
Deducibilità del costo | Indeducibile |
Detraibilità dell’IVA | Indetraibile |
Operazioni soggettivamente inesistenti
Con il termine fatture per operazioni soggettivamente inesistenti si fa riferimento ad operazioni che sono realmente avvenute, anche se nei confronti di soggetti diversi da quelli indicati in fattura. In questo caso, il diritto alla detrazione dell’imposta sul committente è legata alla prova della sua buona fede. Il diritto alla detrazione è precluso dove sia provato che il cessionario sapeva (o non poteva non sapere) di essere coinvolto nell’operazione illecita del prestatore. Spetta al committente, quindi, dimostrare di non essere a conoscenza della natura fittizia del prestatore.
Per raggiungere questo obiettivo, vi sono una serie di precauzioni operative per cercare di eliminare questo tipo di fattispecie, in cui ogni contribuente potrebbe incappare. Mi riferisco, in particolare alla possibilità di sfruttare il ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. n. 472/97).
Tabella: profili tributari dell’operazione per il committente
Nella tabella seguente i profili tributari dell’operazione di fatturazione soggettivamente inesistente per il committente.
Deducibilità del costo | Deducibile1 |
Detraibilità dell’IVA | Indetraibile2 |
1 Se realmente sostenuto ed inerente all’attività svolta, è comunque deducibile.
2 Il tributo sarebbe stato versato ad un soggetto non legittimato ad effettuare la rivalsa, né assoggettato all’obbligo di pagamento. Il versamento dell’IVA ad un soggetto che non sia l’effettiva controparte dell’operazione fa si che l’Amministrazione finanziaria possa contestare a chi paga l’indebita detrazione del tributo. In questo modo l’onere di fornire la prova della bontà dell’operazione è dell’incolpevole committente pagatore. Si tratta di una dimostrazione molto spesso impossibile da fornire.
Le conseguenze di un accertamento sull’ignaro committente
Nella prassi non sono rari i casi di accertamenti fiscali notificati a committenti di fatture false. In questi casi il contribuente inconsapevole di una frode altrui crede di non avere nulla da temere. Tuttavia l’indagine fiscale molto spesso si può tramutare in un vero e proprio incubo.
Dover dare prova negativa di una partecipazione ad una frode non è semplice. Alcune volte, infatti, contribuenti si sono arresi dal difendersi, vedendosi contestare la detrazione dell’IVA pagata. Hanno scelto questa soluzione piuttosto che andare di fronte ad un processo tributario. Senza contare poi che spesso questo tipo di accertamenti tributari innesca anche procedimenti penali.
Reato di falsa fatturazione per il committente
Un’operazione soggettivamente inesistente è quella che è realmente avvenuta ma tra soggetti diversi rispetto a quelli presenti in fattura. In questi casi il committente di un’operazione economica si trova del tutto all’oscuro delle violazioni commesse dal suo apparente/disonesto fornitore. Tuttavia, questo, non toglie all’Amministrazione Finanziaria la possibilità di qualificare come un frodatore fiscale anche chi, a sua insaputa, sia meramente controparte della fattura soggettivamente falsa.
Tale tipo di contestazione provoca non poche problematiche all’onesto committente dell’operazione. Questo, in quanto potrebbe rivelarsi non semplice dimostrare agli organi accertatori che non aveva alcuna responsabilità in merito all’etica ed al comportamento del prestatore. Sotto il profilo della disciplina penale tributaria l’art. 2 del D.Lgs. n. 74/00 punisce con la:
reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
Ai fini del procedimento penale è indifferente aver utilizzato fatture soggettivamente o oggettivamente inesistenti. Questo poiché la predetta pena detentiva resta invariata.
Onere della prova in caso di falsa fatturazione
Quello che ti starai chiedendo a questo punto è come sia posto l’onere della prova in queste fattispecie.
È posto a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere della prova sulla inesistenza dell’operazione contestata. Tuttavia, in caso di insussistenza dell’operazione e quindi della frode, e delle false fatture si riversa sul contribuente la dimostrazione della sua buona fede.
L’aspetto importante è che quando un soggetto sapeva o avrebbe potuto sapere di partecipare ad una frode e quindi non può essere ritenuto incolpevole, se non ha adottato tutte le misure idonee per evitare la propria partecipazione ad un danno erariale.
In pratica, possiamo dire che risulta provata la buona fede di quel contribuente che provvede ad acquisire diligenti informazioni che gli possano consentire di escludere ipotesi di frode a catena. Naturalmente nei limiti delle sue possibilità non essendo possibile demandare ad un contribuente una attività di accertamento.
Al fine di poter dimostrare la buona fede è richiesta una informale attività di controllo sulla documentazione e i comportamenti della controparte dell’operazione. Spetterà poi ai verificatori e successivamente al giudice valutare se la condotta del cessionario risponda ad una diligenza ragionevole. Ovvero se egli abbia adottato ogni controllo utile per poter provare l’estraneità dell’illecito.
Come gestire l’onere della prova del committente
Da quanto detto quindi è importante comporre una raccolta di elementi opponibili nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che volesse contestare la non estraneità ai fatti nella frode altrui. Per questo motivo, la documentazione che consiglio di predisporre per ogni attività commerciale è la seguente:
- Verifica di esistenza della partita IVA;
- Acquisizione della visura camerale del soggetto passivo;
- Verifica della presenza di una struttura organizzativa, sedi e personale;
- Ove possibile una acquisizione dei bilanci societari;
- Identificazione anagrafica dei rappresentanti del soggetto passivo, con ruolo di ognuno;
- Acquisire dal fornitore un certificato dei carichi tributari pendenti. Eventualmente documento da aggiornare nel tempo in caso di rapporti continuativi.
Si tratta di documenti da cui trarre essenziali informazioni per poter stabilire se la controparte di una operazione economica abbia una struttura idonea a realizzare le operazioni descritte nelle fatture.
Allo stesso tempo può essere importante acquisire documentazione per provare l’esistenza effettiva dell’operazione economica ed identificare anche come essa sia stata eseguita. Pensa a tutte le cessioni di beni che possono essere facilmente provate anche tramite mezzi fotografici.
L’obietto è quello di fornire prova di aver fatto tutto il possibile per accertare che la controparte dell’operazione economica non fosse già un frodatore seriale. Inoltre, in questo modo si può dimostrare anche di aver fatto il possibile per controllare che l’IVA corrisposta sia stata correttamente liquidata da una persona che anche per l’Amministrazione finanziaria non aveva pendenze. Vedi per questo il certificato dei carichi pendenti.
Comportamento del committente decisivo
In sostanza non vi è nessuna norma che impone a chi riceve una fattura di dover effettuare particolari verifiche sui suoi fornitori. Si tratta però di un comportamento che a mio avviso deve essere predisposto quando vi sono elementi che possano portare a pensare che siamo di fronte ad una frode.
Operativamente, è opportuno che per ogni nuova transazione economica si predisponga una sorta di adeguata verifica del fornitore. Questo per cercare di evitare i profili problematici per anticipare una eventuale fraudolenza della controparte. Dimostrare di aver fatto il massimo sotto questo punto di vista può fare la differenza nel caso in cui si venga chiamati a doversi difendere da ipotesi di concorso in frode fiscale.
In definitiva, infatti, risulta fondamentale poter dimostrare che chi ha ricevuto la fattura non ha tratto alcun vantaggio economico o fiscale dall’operazione. Ed in particolare di non aver tratto vantaggio dalla disonestà altrui.
Elementi indice di frode del fornitore
Ma cosa può portare a farti pensare che la controparte possa essere parte di una frode fiscale?
Il caso più frequente è quello che riguarda la richiesta, o meglio la condizione di utilizzare nella transazione mezzi di pagamento non tracciati, come i contanti, per saldare le fatture. Questo sia per importi superiori o inferiori rispetto alla soglia massima consentita per il pagamento in contanti.
Altro elemento importante che vale sia per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi è l’assenza di contratti che regoli le prestazioni economiche e obbligatorie tra le parti.
Altro aspetto che può insospettire è quello che si vede spesso nel momento in cui avete a che fare, ad esempio con fornitori extra UE. Ovvero la richiesta di pagamento della fattura in Paesi diversi rispetto a quello di residenza del fornitore. Anche questo aspetto se non documentato può essere indice di una possibile frode.
Infine, altro elemento indice di frode è un prezzo per la prestazione che si pone in forte disequilibrio rispetto al mercato. Aspetto questo, che potrebbe insospettire non poco. Se il cliente riesce a dimostrare che il prezzo praticato è in linea con il mercato, sicuramente si trova in posizione di tutela rispetto all’operazione effettuata.
Il ravvedimento per sanare la non frode del committente
Nonostante quanto indicato, delle precauzioni e degli elementi che possono portarti a pensare che potresti essere coinvolto in una frode a tua insaputa l’eventualità di venire in contatto con queste fattispecie è elevata. Di conseguenza anche la possibilità di trovarsi a dover dimostrare il proprio non coinvolgimento nell’operazione, va di pari passo.
Trovarsi di fronte ad una fattura falsa e ad una operazione soggettivamente inesistente è possibile. Con essa anche la necessità di dover fornire una prova negativa di non aver partecipato alla frode.
Non di rado capita che un acquirente di beni o servizi assuma tardiva consapevolezza che un’operazione economica è stata posta in essere da una controparte diversa da quella indicata in fattura come fornitore. Magari tale cognizione arriva soltanto dopo aver presentato al dichiarazione all’Amministrazione finanziaria. Oppure solo dopo che siano iniziate le prime attività di controllo fiscale. Attività istruttorie che sono inibitrici della possibilità di usufruire del ravvedimento operoso.
Se sei in questa fattispecie, è sicuramente troppo tardi per fare qualsiasi cosa, anche perché trovare la documentazione di una operazione economica a distanza di anni non è semplice.
Ravvedimento e dichiarazione IVA integrativa
Un contribuente consapevole delle difficoltà di poter dimostrare la liceità dell’operazione anche a distanza di anni può pensare di operare in modo diverso. Se hai dubbi sulla liceità di una operazione e non vuoi rischiare possibili accertamenti futuri e tutta la disciplina che ti ho spiegato fino ad ora, esiste una soluzione.
Si tratta di rinunciare a difendere una posizione legittima a detrarre il tributo, procedendo anche a ravvedere, prima di un accertamento, una indebita detrazione dell’IVA. Se crediti di aver ricevuto fatture false, questa procedura ti metterà al riparo dal contestazioni.
Contestazioni che possono essere l’infedele dichiarazione fraudolenta. Sanzione che è sicuramente meglio evitare in origine. Sanzione che secondo la Risoluzione n 36/E/2018 è quella da applicare nei casi di detrazione e/o utilizzo di crediti IVA derivanti da Falsa Fatturazione.
In questi casi l’applicazione del ravvedimento operoso è sicuramente una possibilità con cui il contribuente può dimostrare un errore colposo e non doloso. Aspetto che è fondamentale per escludere responsabilità penali.
Quindi, in queste situazioni utilizzare il ravvedimento operoso, per sanare l’utilizzo di un credito inesistente e/o l’indebita detrazione dell’IVA pagata può fare davvero la differenza. Naturalmente accompagnando il tutto con la presentazione di una dichiarazione IVA integrativa a sfavore.
Conclusioni
Se hai letto questo articolo molto probabilmente stai pensando di essere coinvolto a tua insaputa in una possibile frode fiscale a seguito di fatture false. Se è così le opportunità che hai a disposizione sono due. La prima è porre in essere una adeguata verifica del tuo fornitore, come ti ho indicato nell’articolo. Tuttavia, questa soluzione è difficilmente gestibile, soprattutto a distanza di anni. Ovvero quando l’Amministrazione finanziaria potrebbe venirti a chiedere conto di quella operazione.
Molto più semplice, invece, è utilizzare lo strumento del ravvedimento operoso per ravvedersi e considerare non più detraibile l’IVA a suo tempo pagata al fornitore. In questo modo la buona fede del contribuente non può che essere eccepita. Questo in quanto con l’indetraibilità dell’IVA pagata non c’è alcun vantaggio per il contribuente nell’operazione effettuata.
In ogni caso, ti consiglio di prestare la massima attenzione a tutte queste fattispecie e di approfondire il tutto con dottore Commercialista esperto.