L’Agenzia delle Entrate attraverso la pubblicazione della risposta interpello 12.1.2022 n. 17 offre importanti chiarimenti riguardo la possibile applicazione dei benefici contenuti nella Convenzione contro le doppie imposizioni, in relazione alla distribuzione di dividendi da parte di società italiana nei confronti di una partnership localizzata, al pari dei suoi partners, nel Regno Unito ed ivi fiscalmente residente. La particolarità di questa fattispecie è dettato dal fatto che la partnership è una entità fiscalmente trasparente nel Regno Unito, il cui reddito viene imputato pro quota ai partners (a loro volta residenti nel Regno Unito). Le conclusioni a cui arriva l’Agenzia appaiono sicuramente condivisibili, in quanto al verificarsi di determinate condizioni, l’applicazione della ritenuta convenzionale sui dividendi può riguardare i partners residenti nel Regno Unito della società. Di seguito andiamo ad analizzare la situazione di partenza e la domanda posta all’Agenzia delle Entrate e la relativa risposta, con le condizioni richieste per beneficiare delle disposizioni convenzionali sulla ritenuta in uscita dall’Italia dei dividendi transfrontalieri.

Il quesito: distribuzione di dividendi a società trasparente nel Regno Unito

Il caso prospettato è quello della società Alfa LP (Limited Partnership) istituita secondo la normativa del Regno Unito. La Partnership è una entità che non è soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi, in quanto il reddito prodotto viene dichiarato da ciascun partecipate pro quota. Si tratta, in pratica, di una società assimilabile alla società in accomandita semplice italiana, con un socio accomandatario (il general partner) illimitatamente responsabile, al quale spettano i poteri di gestione, ed uno o più soci accomandanti (i limited partners) responsabili limitatamente al capital conferito, senza poteri di gestione. L’organigramma del gruppo societario è quello riportato nell’immagine seguente:

Organigramma
Organigramma

La fondazione (socio di Alfa LP) è una charity filantropica considerata come soggetto fiscalmente residente nel Regno Unito ai sensi dell’art. 4 della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore con l’Italia. Il quesito posto dall’istante riguarda il trattamento tributario da applicare ai dividendi corrisposti da società italiana ad Alfa LP.

Risposta dell’Agenzia delle Entrate sul trattamento dei dividendi in uscita a partnership UK

L’Agenzia delle Entrate parte dal presupposto che Alfa LP, non può essere considerata soggetto passivo tributario, pertanto non può essere considerata una “persona residente” nel Regno Unito ai fini della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra i due paesi. Tale conclusione è avvalorata dal Partnership Manual pubblicato dall’Amministrazione finanziaria britannica, in cui si precisa che la partnership non hanno soggettività tributaria. Pertanto, prosegue l’Agenzia, che i benefici convenzionali sui dividendi di fonte italiana possono essere riconosciuti in capo al Limited Partner di Alfa.

Il Partnership Report del 1999, mutuati dal Commentario al Modello OCSE, prevedono che la partnership fiscalmente trasparente non può essere trattata come persona residente, ma che, in tal caso, si riconosce ai soci della stessa la legittimazione a invocare la Convenzione in vigore, in relazione alla quota di reddito loro imputata, a condizione che tale reddito sia agli stessi attribuito ai fini dell’imposizione nel rispettivo Paese di residenza.

Nelle risoluzioni n. 17/E/2006 e n. 167/E/2008 sono state indicate le condizioni in presenza delle quali la trasparenza economica può ritenersi equiparata alla nozione di trasparenza fiscale vigente nel nostro ordinamento. Questi documenti trattano specificatamente dell’applicazione della ritenuta convenzionale, prevista da ciascun Trattato in vigore con il Paese di residenza dell’investitore, su dividendi di fonte italiana che transitano attraverso un fondo interposto. A tal fine è stato chiarito che i partecipanti ad un fondo che investe in Italia possono godere del trattamento convenzionale previsto dal Trattato concluso con il Paese in cui gli stessi risiedono, purché gli utili di gestione siano loro imputati ai fini dell’imposizione nel rispettivo Stato di residenza. Tale condizione si ritiene verificata sia nel caso in cui quest’ultimo Stato qualifichi il fondo come fiscalmente trasparente e assoggettati a imposizione gli utili in capo agli investitori, indipendentemente dall’effettiva percezione (c.d. “trasparenza fiscale“), sia nel caso in cui il fondo abbia natura di mero veicolo, attraverso cui i flussi di reddito transitano in favore dei sottoscrittori, a cui sono distribuiti con cadenza almeno annuale in base a vincoli statutari e in capo ai quali sono sottoposti a imposizione nello Stato di residenza.

In relazione al caso prospettato, in base alla legislazione britannica, il reddito di una partnership è imputato ai soci della stessa, prescindendo dalla distribuzione. Pertanto:

  • Il reddito conseguito da una partnership (che sia limited o meno) è considerato come pagato o (a seconda dei casi) maturato in capo al partner, in proporzione alla partecipazione nella partnership;
  • Il reddito mantiene il proprio carattere in capo al partner, che quindi non riceve distribuzioni della partnership, ma al partner sono attribuiti dividendi italiani, come se l’investitore avesse direttamente ricevuto i redditi in questione;
  • La tassazione del partner sulla propria quota di reddito della partnership prescinde da una eventuale distribuzione di tale reddito al partner stesso.

Questi elementi di trasparenza fiscale delle partnership britanniche, sono confermate dal Partnership manual, il quale chiarisce che:

  • Ai fini fiscali una partnership non è considerata come un’entità separata e, pertanto, trova applicazione un approccio look through rispetto ai soci della stessa;
  • La partnership non ha soggettività tributaria passiva. Il reddito viene calcolato a livello della partnership prima di essere attribuito ai soci che sono assoggettati a imposizione in relazione alla rispettiva quota.

Sostanzialmente, l’Agenzia afferma che verificando le condizioni sopra indicate di trasparenza fiscale, il trattamento convenzionale dei dividendi transfrontalieri può essere riconosciuto a condizione che i partecipanti integrino i requisiti di:

  • Treaty entitlement – Presuppone il requisito dell’assoggettamento a imposizione, inteso conformemente al significato convenzionale, ossia come attribuzione del reddito ai fini della assoggettabilità a tassazione, anche solo potenziale. Ne consegue che il vantaggio convenzionale è sempre subordinato al riscontro della qualifica di residente ai fini del Trattato, ed il fatto che il percettore sia anche il beneficiario effettivo del reddito; e
  • Beneficial ownership – Tale requisito richiede l’esame di profili fatturali che esulano dal riscontro in sede di interpello.

L’Agenzia delle Entrate chiude affermando che, al ricorrere delle menzionate condizioni, il socio illimitatamente responsabile, può beneficiare del trattamento previsto dall’art. 10, paragrafo 2, lettera b) della Convenzione. Tale disposizione prevede l’applicazione di una ritenuta in uscita italiana pari al 15% dell’ammontare dei dividendi. Tale ritenuta del 15% trova applicazione in mancanza di un rapporto almeno pari al 10% dei diritti di voto nella società erogante. Naturalmente, (risoluzioni n. 183/E/2003 e n. 68/E/2000 e n. 95/E/1999) l’applicazione della ritenuta ridotta prevista dal Trattato costituisce una facoltà e non un obbligo per il sostituto d’imposta italiano.

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