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Dividendi verso soggetti non residenti: tassazione

Regimi di tassazione legati alla distribuzione di dividendi da parte di società italiana a soggetti non residenti. Criteri di collegamento su dividendi di fonte italiana percepiti da soggetti non residenti: le ritenute da applicare e la normativa "madre/figlia".

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La normativa fiscale prevede l’applicazione di una ritenuta in uscita (di importo variabile a seconda dei casi) sui dividendi in uscita corrisposti da ente residente verso controllante non residente. In alcuni casi, al verificarsi dei requisiti, è possibile sfruttare le disposizioni di favore contenute nella c.d. “direttiva madre-figlia” in caso di incasso del dividendo da parte di società madre residente nella UE.


Quando una società italiana residente distribuisce dividendi a soggetti non residenti deve interrogarsi sul corretto trattamento fiscale applicabile. Le problematiche che potrebbero sorgere riguardano la ritenuta in uscita (c.d. “withholding tax“) e le regole di applicazione della stessa, ma anche l’applicazione di direttive UE che, al rispetto di determinati requisiti, ne possono esentare l’applicazione.

Come vedremo possono venirsi a creare delle casistiche interessanti, dove la normativa interna e la normativa convenzionale (ove applicabile si intrecciano) fino ad arrivare alle particolari disposizioni legate all’applicazione della direttiva “madre-figlia” (direttiva n. 90/435/CE). Inoltre, deve essere tenuta in considerazione la possibilità di chiedere il rimborso della ritenuta in uscita applicata dalla società residente che eroga il dividendo. Queste casistiche oggi sono molto più frequenti e se non gestite correttamente possono portare a commettere errori. Per questo motivo, in questo articolo, puoi trovare indicazioni pratiche per la gestione di queste casistiche.

Dividendi italiani verso soggetti non residenti: le casistiche

Sostanzialmente, occorre distinguere fra quattro possibili categorie di non residenti che possono andare a percepire dividendi di fonte italiana. Si tratta delle seguenti:

  • Non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia, diversi dalle società “madri” con sede nella comunità europea;
  • Non residenti con stabile organizzazione in Italia;
  • Società non residenti con sede nell’Unione europea;
  • Società “madri” non residenti con sede nell’Unione europea.

Per ognuna di queste categorie è necessario verificare la disciplina legata alla tassazione dei dividendi percepiti da soggetti residenti in Italia. Infatti, quando una società residente corrisponde a soggetti non residenti delle somme, esse sono soggette ad una ritenuta alla fonte. Il sostituto d’imposta, quindi, all’atto di corresponsione delle stesse, dovrà trattenerne una parte, per poi versarla all’erario, esaurendo così completamente il rapporto tributario.

Per quanto riguarda la distribuzione di utili di partecipazione da parte di società ed enti residenti a soggetti non residenti, la modalità impositiva stabilita dal DPR n. 600/73 prevede l’applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta pari al 26%.

Dividendi percepiti da socio non residente privo di stabile organizzazione in Italia (diversi da società madri UE)

La distribuzione di utili da partecipazione effettuata da società ed enti residenti verso soggetti non residenti è disciplinata dall’art. 27, co. 3, DPR n. 600/73. La società residente che eroga dividendi ad un soggetto non residente (privo di stabile organizzazione in Italia) deve applicare una ritenuta a titolo d’imposta all’atto del pagamento pari al 26%. L’applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d’imposta deve essere operata ai soggetti diversi da quelli indicati dal co. 3-ter, dell’art. 27, ovvero dai soggetti diversi dalle società ed enti con sede nell’UE o nell’SEE e diversi dalle società che rientrano nella Direttiva europea “madre/figlia“.

Caso classico è quello di una SRL italiana che distribuisce il dividendo ad una società controllante non residente, priva di stabile organizzazione in Italia. In questo caso la società residente deve applicare la ritenuta del 26% sul dividendo corrisposto, ex art. 27, co. 3 del DPR n. 600/73. Questa ritenuta si applica a condizione che la partecipazione da cui il dividendo deriva non sia relativa alla stabile organizzazione in Italia soggetto estero. L’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta evita per la società non residente, l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.

La società non residente che percepisce il dividendo ha la possibilità di ridurre la ritenuta del 26% attraverso una delle seguenti modalità:

  • Richiesta di applicazione della normativa convenzionale: il percettore estero del dividendo ha la possibilità di chiede l’applicazione di una diversa ritenuta (se di importo inferiore), qualora questo venga previsto da una Convenzione contro le doppie imposizioni siglata con l’Italia. Solitamente, le aliquote presenti nelle convenzioni (c.d. “withholding tax“) variano dal 5% al 15%;
  • Richiesta di rimborso in caso di pagamenti a titolo definitivo all’estero sul dividendo italiano: il percettore estero del dividendo, in alternativa, ha la possibilità di chiedere il rimborso dell’imposta italiana assolta sul dividendo, sino a concorrenza degli 11/26 della ritenuta. Il rimborso può essere richiesto a condizione di aver pagato all’estero imposte a titolo definitivo sui dividendi italiani. Il rimborso si ottiene mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero. Per il rimborso delle ritenute subite in Italia dai soggetti non residenti, deve essere avanzata una istanza al Centro operativo di Pescara entro i 48 mesi successivi. La modulistica di riferimento è stata predisposta con il provv. Agenzia delle Entrate del 10.7.2013 n. 84404.

Queste casistiche riguardano i percettori non residenti (UE) che non hanno stabile organizzazione in Italia e che sono residenti fuori dalla UE. Tuttavia, questa casistica può riguardare anche il percettore UE persona fisica (in quanto in questo caso la disciplina di cui agli art. 27, co. 3-ter e dell’art. 27-bis del DPR n. 600/73 non può trovare applicazione).

Dividendi percepiti da società ed enti esteri con stabile organizzazione in Italia

La seconda casistica da considerare è quella che riguarda società ed enti esteri con stabile organizzazione in Italia. Caso classico è quello di una SRL italiana che distribuisce il dividendo ad una società controllante non residente, dotata di stabile organizzazione in Italia, che interviene nell’incasso del dividendo.

Sul punto occorre precisare che per gli enti commerciali non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati nell’articolo 23. Tuttavia, per i redditi d’impresa si tiene conto anche degli utili distribuiti da società di capitali o enti commerciali residenti in Italia. Questo è quanto prevede ai sensi dell’articolo 151comma 2, del TUIR. Per quanto riguarda la distribuzione di dividendi da parte di società residente in Italia ad una stabile organizzazione di società non residente possiamo avere le seguenti casistiche:

  • La partecipazione nella società figlia italiana è riferibile direttamente alla società controllante estera. In questo caso non vi è l’intervento della stabile organizzazione italiana nell’incasso del dividendo. La normativa, in questo caso, prevede che il dividendo (come nel caso precedente) venga assoggettato alla ritenuta a titolo d’imposta del 26% così come disciplinato dall’articolo 27, comma 3, del DPR n. 600/73. La società controllante estera non ha obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi in Italia;
  • La partecipazione nella società figlia italiana è riferibile alla stabile organizzazione in Italia della società controllante estera. Il dividendo concorre alla formazione del reddito complessivo in Italia (nel limite del 5%) della stabile organizzazione, senza l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta. In questo caso la stabile organizzazione italiana subirà una tassazione dell’1,2% del dividendo. Naturalmente, lo stesso reddito percepito dovrà essere assoggettato a tassazione secondo la normativa dello Stato estero di residenza (con eventuale applicazione del credito per imposte estere al fine di evitare la doppia imposizione).

Ritenuta 1,2% su dividendi percepiti da società di capitali UE o SEE

L’erogazione di dividendi di fonte italiana percepiti da enti esteri residenti nella Comunità Europea è peculiare. In questo caso, infatti, ai sensi dell’articolo 27co. 3-ter del DPR n. 600/73, deve essere operata la ritenuta a titolo di imposta con l’aliquota dell’1,20%. Questa ritenuta deve essere applicata sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società:

  • Residenti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo;
  • Che sono inclusi nella lista nella “white list” di cui al DM 4.9.96.

L’applicazione della ritenuta del 1,2% è alternativa rispetto all’applicazione della Direttivamadre-figlia” che analizzeremo con dettaglio di seguito. Occorre precisare, comunque, per chiarezza che la possibilità di applicare l’aliquota dell’1,20% sul dividendo in uscita dall’Italia non compete nei confronti di:

  • Persone fisiche;
  • Società di persone;
  • Associazioni o trusts,

se non soggetti all’imposta sulle società nello Stato di residenza. In altri termini, al fine di applicare la disciplina di cui all’art. 27, co. 3-ter, DPR n. 600/73 è necessario che il percettore sia una società o un ente soggetto ad imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’UE o dello SEE, incluso nella white list. In questo caso non è previsto alcun rimborso e, detta disciplina, non si applica in presenza dei presupposti della direttiva madre/figlia.

L’impatto della direttiva madre-figlia

In presenza dei requisiti previsti dall’art. 27-bis del DPR n. 600/73, è possibile beneficiare del regime c.d. “madre-figlia” e non applicare la ritenuta in uscita sui dividendi erogati a soggetti non residenti. Tuttavia, affinché possa trovare applicazione la c.d. “disciplina madre-figlia” è necessario che la società controllante UE:

  1. Sia una società costituita in una delle forme giuridiche indicate nell’allegato della direttiva 2011/96/UE (di fatto una società di capitali);
  2. Risieda, ai fini fiscali, in uno Stato UE;
  3. Risulti assoggettata ad una delle imposte indicate nella medesima direttiva 2011/96/UE, senza fruire di regimi di opzione o di esonero (salvo quelli territorialmente o temporalmente limitati).

Inoltre, affinché possa trovare applicazione la c.d. “disciplina madre-figlia” è inoltre necessario che:

  • La partecipazione dalla quale il dividendo promana sia una partecipazione diretta non inferiore a una determinata soglia del capitale della società che distribuisce gli utili (10% dall’1.1.2009);
  • La partecipazione dalla quale il dividendo deriva sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

Se si verificano queste condizioni, la società estera dovrà compilare il modello E introdotto dal provv. Agenzia delle Entrate 10.7.2013 n. 84404 per fornire alla società residente (e sostituto di imposta) la documentazione necessaria per ottenere l’esenzione della ritenuta. In alternativa, è possibile comunicarla al Centro Operativo di Pescara per ottenere il rimborso della ritenuta operata dalla società erogante il dividendo.

Sul punto occorre evidenziare alcuni aspetti operativi importanti. Prima di tutto, l’onere documentazione dei primi due presupposti sopra segnalati devono essere certificati direttamente dall’autorità fiscale estera. L’ultimo requisito (detenzione minima della partecipazione di un anno) deve risultare da una dichiarazione scritta della società partecipante. Sia la dichiarazione dell’autorità fiscale estera sia quella del soggetto percipiente devono essere presentata attraverso la compilazione del modello E.

Dividendi corrisposti da società italiana verso holding UE di enti non residenti

L’ultima casistica da prendere in considerazione in questa analisi è quella di una società controllata italiana che eroga un dividendo ad una società controllante intermedia (residente UE) di casa madre non residente. Si tratta, in buona sostanza, di una situazione ove viene a costituirsi una holding intermedia UE nella catena di controllo.

Le holding passive localizzate in Stati comunitari hanno titolo a beneficiare sia delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, sia della direttivamadre-figlia” (direttiva n. 90/435/CE), anche se non dotate di una struttura organizzativa particolare. Gli accertamenti che fanno leva sulla natura fittizia della holding intermedia comunitaria non possono, quindi, dirsi sufficientemente motivati se presumono in modo semplicistico tale natura per il solo fatto che la holding non ha una struttura organizzativa particolare e che riversa gli utili ad un altro soggetto. Al contrario, è l’Amministrazione finanziaria a dovere dimostrare (con onere della prova a suo carico) la costruzione anomala della struttura di gruppo, se questa è finalizzata alla fruizione di vantaggi fiscali indebiti.

Per approfondire: “Pianificazione fiscale aggressiva: esempi pratici e conseguenze“.

Accordo UE/Svizzera sull’incasso dei dividendi

L’art. 15, paragrafo 1, dell’Accordo tra la Comunità e la Confederazione svizzera pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE del 29.12.2004 (integralmente sostituito dal protocollo di modifica approvato con Decisione UE 8.12.2015 n. 2400), stabilisce che i dividendi corrisposti dalle società figlie alle società madri non sono soggetti ad imposizione fiscale nello Stato d’origine. Questo se, contestualmente:

  • La società madre detiene direttamente almeno il 25% del capitale della società figlia per un minimo di 2 anni;
  • Una delle due società ha la residenza fiscale in uno Stato membro e l’altra ha la residenza fiscale in Svizzera;
  • Nessuna delle due società ha la residenza fiscale in uno Stato terzo sulla base di un accordo in materia di doppie imposizioni con tale Stato terzo;
  • Entrambe le società sono assoggettate all’imposta diretta sugli utili delle società senza beneficiare di esenzioni ed entrambe adottano la forma di una società di capitali.

Questo tipo di accordo, a prima vista, potrebbe essere confuso con una riproposizione della direttiva “madre-figlia” recepita nell’ordinamento nazionale con l’art. 27-bis del DPR n. 600/73 soprattutto con riferimento a due punti:

  • Il primo è quello che richiede una partecipazione almeno del 25%, anziché del 10%;
  • Il secondo è la previsione di un possesso per almeno 2 anni, anziché di 1 anno.

Queste differenze derivano dagli adeguamenti che la disciplina valida per gli Stati membri dell’Unione Europea ha avuto nel corso del tempo. Ho approfondito questo argomento in un articolo dedicato al quale ti rimando: “Holding svizzera: esenzione da ritenuta sui dividendi dcella controllata italiana“.

Conclusioni e consulenza fiscale online

La tassazione dei dividendi erogati verso l’estero rappresenta un argomento di fondamentale importanza nell’ambito della pianificazione fiscale internazionale. La globalizzazione e l’intensificarsi degli scambi commerciali e finanziari tra paesi hanno reso sempre più frequente la distribuzione di dividendi oltre confine. Tuttavia, la tassazione di tali dividendi varia notevolmente a seconda delle normative nazionali e dei trattati bilaterali stipulati tra i paesi. Mentre alcuni paesi prevedono aliquote di tassazione ridotte o esenzioni per i dividendi erogati all’estero, altri applicano aliquote standard, a meno che non intervengano specifici accordi

Le casistiche legate alla tassazione dei dividendi di fonte italiana percepiti da soggetti non residenti dipendono essenzialmente da due variabili:

  • La presenza di una stabile organizzazione in Italia della società controllante non residente;
  • La residenza in Paese “white list” della società controllante UE per l’applicazione della direttiva “madre-figlia“.

Sostanzialmente è necessario verificare diversi aspetti per la non applicazione della ritenuta fiscale italiana. Inoltre, qualora la società erogante il dividendo applichi (anche erroneamente) la ritenuta in uscita del 26% l’ente non residente, attraverso la predisposizione del modello E ha la possibilità di ottenere il rimborso della ritenuta operata. Sul punto, deve essere evidenziato che tale procedura è sicuramente complessa, anche in relazione al fatto che parte del modello E deve essere compilato e firmato dall’autorità fiscale del Paese di residenza della società controllante. Per questo motivo è sicuramente più conveniente verificare in anticipo le possibilità di riduzione o esenzione dall’applicazione della ritenuta sui dividendi in uscita dall’Italia.

Negli anni abbiamo maturato esperienza sugli aspetti di fiscalità internazionale connessi all’erogazione di dividendi verso l’estero. Per questo motivo, se hai dubbi riguardanti la disciplina dei dividendi percepiti da soggetti non residenti, contattaci!

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Domande frequenti

Come viene tassato un dividendo erogato da una società italiana a un socio residente all’estero?

In generale, l’Italia applica una ritenuta alla fonte sui dividendi erogati a soci non residenti. Tuttavia, l’aliquota può essere ridotta o eliminata in base ai trattati contro le doppie imposizioni stipulati con il paese di residenza del socio.

Cosa sono i trattati contro le doppie imposizioni?

Sono accordi bilaterali tra due paesi volti a evitare che un reddito venga tassato due volte, sia nel paese in cui viene prodotto sia in quello di residenza del beneficiario.

Come posso sapere se esiste un trattato contro le doppie imposizioni tra l’Italia e un altro paese?

L’Agenzia delle Entrate italiana fornisce un elenco aggiornato dei trattati in vigore. Inoltre, è sempre consigliabile consultare un esperto fiscale per avere informazioni dettagliate e aggiornate.

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