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Disciplina convenzionale prevale nel trasferimento di residenza

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La disciplina convenzionale rappresenta il punto cardine per individuare il Paese di residenza fiscale del contribuente. La norma nazionale (articolo 2 del TUIR) sul trasferimento di residenza è norma antielusiva da far valere soltanto in situazioni di apparente trasferimento all’estero.

Quando si parla di residenza fiscale, non è importante soltanto capire come applicare concretamente la normativa nazionale. Nonostante la prassi consolidata dell’Agenzia è necessario conciliare la norma interna con quanto previsto dalle convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia.

Per capire concretamente come applicare questi concetti è interessante capire anche come la giurisprudenza applica questi concetti nelle controversie, sotto forma di contenzioso, che si formano con i contribuenti. Di seguito andiamo a riprendere le sentenze di merito e di legittimità che vanno nella direzione di dare prevalenza alla normativa convenzionale rispetto alla normativa interna, ovvero l’applicazione delle c.d. “tie breaker rules” rispetto alla mancata iscrizione AIRE del contribuente trasferito all’estero.

Prevalenza della norma convenzionale: giurisprudenza di merito

Sentenza n. 1482/08/15 CTR Bari

La sentenza che vado a descrivere e commentare riguarda il caso di un contribuente trasferitosi all’estero, in Romania, al quale è arrivato un avviso di accertamento, impugnato, sul quale è stata chiamata ad esprimersi la Commissione Tributaria Regionale, CTR di Bari.

L’ufficio accertatore aveva accertato l’esistenza di redditi prodotti e percepiti da essa parte appellante in Romania, aveva recuperato gli stessi a tassazione. Secondo il contribuente, erroneamente i Giudici di primo appello avevano limitato l’individuazione del petitum nella sola presunta eccepita inesistenza del presupposto impositivo ai sensi dell’articolo 2 del TUIR. Sostanzialmente, come prassi consolidata, gli uffici accertatori, avevano basato gli avvisi di accertamento sulla presunzione legale dell’articolo 2 del TUIR. Il tutto senza considerare l’articolo 4, paragrafo 1 e 2 della Convenzione contro la doppia imposizione Italia Romania. Norma che prevede la valorizzazione dei criteri di collegamento funzionale dettati per la determinazione della residenza fiscale.

Secondo i giudici per la determinazione della residenza fiscale di un contribuente deve essere presa in considerazione anche la convenzione internazionale contro la doppia imposizione (ove applicabile). Infatti, la disciplina convenzionale prevale sulla disciplina interna – e quindi anche sul citato articolo 2 – a norma dell’articolo 75 del DPR n. 600/73, secondo il quale: “Nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia”. Nello specifico, la convenzione Italia-Romania (in quanto stipulata secondo il modello OCSE) prevede specifiche regole (c.d. “tie breaker rules“).

Si tratta di una disciplina convenzionale da applicare ove i due Stati, secondo le proprie disposizioni interne, affermino entrambi i presupposti della residenza fiscale di un determinato soggetto. Tali avrebbero innegabilmente dovuto applicarsi da parte dei giudici aditi, ai quali la residenza formale in Italia del contribuente era stata opposta anche sulla base degli accordi bilaterali tra i due Stati,

Ciò per sottolineare che nella formazione del loro convincimento i giudici non avrebbero potuto esentarsi dal dare un giusto rilievo a quei criteri di collegamento la cui sola applicazione avrebbe loro consentito di determinare con certezza la residenza “convenzionale” del contribuente.

L’Ufficio ha erroneamente fondato il proprio convincimento sul presupposto accertativo con il mero richiamo delle risultanze dell’attività di indagine e di analisi compiuta dalla Guardia di Finanza, contestando:

  1. Sul piano dei legami familiari, l’innegabilità degli stessi sul territorio nazionale. Questo atteso che il contribuente non era stato in grado di esibire un documento a supporto della separazione di fatto con il coniuge italiano ed ancora l’inefficacia del certificato cumulativo di residenza e di stato di famiglia rilasciato dall’autorità rumena, in quanto documento riferito ad un dato palesemente attuale e non in grado di smentire per il periodo antecedente all’iscrizione all’AIRE il dato certo ed inequivocabile dell’iscrizione del contribuente all’anagrafe della popolazione residente;
  2. Sul piano dei legami sociali, l’irrilevanza della certificazione depositata dalla quale risultava un suo coinvolgimento diretto nella partecipazioni alle riunioni di Confindustria Romania. Questo mancando, a detta dell’Ufficio, un riferimento specifico ai giorni atto a poter valutare come costante e duratura la presenza nel territorio rumeno;
  3. Sul piano degli interessi economici, la loro sussistenza in Italia comprovata della volontà di stabilirvi ivi il centro dei propri affari tenuto conto della stipulazione nell’anno 2009 di un contratto di mutuo nel quale era stato riportato quale eletto domicilio il Comune di Molfetta (con individuazione in quest’ultimo ai sensi dell’articolo 43 c.c. della sede degli affari e degli interessi, centro dei propri interessi, prescindendosi dalla presenza effettiva nel luogo).

Tutto ciò per ritenere, in sintesi, come il ricorrente, “alla luce dei forti legami familiari, sociali ed economici intrattenuti in Italia e dalla volontà dallo stesso espressa in tal senso con l’atto notarile di cui sopra” dovesse considerarsi ivi fiscalmente residente, avendovi “mantenuto negli anni di interesse fiscale il centro degli interessi vitali“.

Il ragionamento su cui si è basato l’ufficio accertatore è basato su dati meramente fattuali. Da questo punto di vista non può che ritenersi necessario rapportarsi con i criteri di collegamento imposti dalla convenzione tra Italia e Romania. È proprio attraverso i criteri di collegamento funzionali indicati dalla convenzione che si può determinare la residenza convenzionale del contribuente (abitazione permanente, centro degli interessi vitali, luogo di abituale soggiorno).

Pur sempre richiamandosi ai criteri di collegamento stabiliti sul piano convenzionale, la determinazione della residenza fiscale estera del ricorrente trova riscontro, oltreché sulla conclamata preminenza di legami personali e professionali, anche nell’innegabile sussistenza di interessi patrimoniali radicati sul territorio estero. Interessi patrimoniali quantitativamente e qualitativamente ben superiori a quelli del tutto residuali sussistenti in Italia. Paese ove, di fatto, il contribuente si era limitato ad effettuare, quale ultima forma di investimento, l’acquisto, con un mutuo ipotecario, dell’abitazione destinata al coniuge e alla figlia.

Un quadro indiziario dal quale si può assumere la sussistenza di una residenza convenzionale dell’appellante nello Stato estero, prescindendo da un’acritica applicazione dell’articolo 2 del TUIR e cosi dalla mera rilevanza della conservata iscrizione all’anagrafe italiana.

CTP Treviso sentenza 44/2/2023

La questione oggetto di analisi è quella di una persona fisica considerata dall’Agenzia delle Entrate fiscalmente residente in Italia sulla base del fatto che lo stesso risultasse iscritto alle liste anagrafiche di un comune italiano (quindi non iscritto AIRE). L’accertamento da parte dell’ufficio nasce dall’attività di cooperazione amministrativa nel settore fiscale prevista dalla direttiva 2011/16/UE.

Il principio sancito dai giudici è che non può essere considerata fiscalmente residente in Italia la persona fisica che nello Stato estero dispone di una abitazione permanente, di un permesso di soggiorno, che svolge la propria attività lavorativa documentata dalle certificazioni fiscali rilasciate dai datori di lavoro, dalle quali risulta la tassazione nel Paese estero ed il versamento di contributi previdenziali. Allo stesso modo rappresentano elementi a favore del contribuente il fatto che questi abbia il proprio centro degli interessi vitali nel Paese estero, rappresentato dal coniuge e dai figli che frequentano le scuole dell’obbligo nel paese estero. Di contro, non rileva la circostanza che la persona fisica abbia la disponibilità di una abitazione in Italia utilizzata durante le brevi vacanze in Italia, ne il fatto che lo stesso non sia iscritto AIRE.

Posizione della Cassazione

Ordinanza del 6 giugno 2022, n. 18009 la Corte di Cassazione

Anche la Cassazione è intervenuta in relazione alla prevalenza della normativa convenzionale sulla residenza, rispetto a quella nazionale. Il caso è quello affrontato nell’ordinanza n. 18009 del 6 giugno 2022, dove per l’individuazione della residenza fiscale di un cittadino trasferito in Svizzera, assume rilevanza l’individuazione del centro degli interessi vitali.

Il caso affrontato è quello di un contribuente residente in Svizzera ed iscritto AIRE, che lavorava (come dirigente) per conto di una società italiana. Secondo gli uffici tale situazione poteva rappresentare una presenza stabile in Italia del contribuente, tale da rettificare la residenza in Italia. Sul caso, a giudizio della CTR, il contribuente aveva prodotto una serie di documenti che, di fatto, potevano dimostrare la permanenza in Svizzera del centro degli interessi vitali del contribuente. Tali elementi possono essere così riassunti: la residenza in Svizzera assieme alla moglie e al figlio; la stipula di un mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale in Svizzera; lo svolgimento di attività lavorativa e scolastica di moglie e figlio in Svizzera; il fatto di recarsi giornalmente in Italia per lavoro come dimostrato dagli estratti Telepass. Da siffatti elementi ne era derivato che il trasferimento in Svizzera non aveva avuto natura fittizia.

La Cassazione ha affermato che il contribuente aveva prodotto una serie di elementi di fatto rilevanti ai fini della prova contraria in modo conforme rispetto alla Circolare n. 140/E/1999. Per quanto riguarda i vari elementi dedotti e provati dal contribuente ai fini della residenza è stato indicato quanto segue: “evidenziando alla loro luce che da molti anni la parte abbia stabilito il proprio centro di interessi vitali in Svizzera (…) e che non vi fossero altri elementi gravi, precisi e concordanti di segno contrario”. Decisiva è anche la considerazione per cui la vicinanza tra luogo di residenza e sede di lavoro non impedisce di considerare il centro di interessi vitali in Svizzera. I giudici hanno fatto anche espresso richiamo alla Convenzione tra Italia e Svizzera: secondo le considerazioni effettuate di giudici regionali deve ritenersi sussistente in Svizzera la condizione di ”abitazione permanente”. Pertanto, risulta integrato il primo criterio di risoluzione dei conflitti sulla residenza stabilito dall’art. 4, par. 2, della Convenzione.

Discipline convenzionale prevalente per la Corte di Giustizia CE

La preminenza della disciplina convenzionale e dei legami personali è sancita anche dalla Corte di Giustizia CE. Sul punto è importante la sentenza 12.07.2001 causa c-262/99. Secondo la giurisprudenza, infatti:

ai fini della determinazione del luogo di residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l’art. 7, n. 1, comma 2, della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali. Nell’ambito della valutazione dei legami personali e professionali dell’interessato – prosegue la Corte – tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione, vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest’ultimo nonché dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo di esercizio delle attività professionali e quello in cui vi siano interessi patrimoniali

Riscontro della norma interna solo ai fini antielusivi

A parere di chi scrive, un accertamento volto a rideterminare la residenza fiscale di un contribuente non può basarsi soltanto su un mero richiamo all’articolo 2 del TUIR. La ratio di questa disposizione, difatti è preliminarmente di tipo antielusivo. Si vuole individuare parametri che rompano il meccanismo dell’elusione fiscale attraverso la migrazione, solo formale, della residenza in Paesi di favore. Infatti, nel comma 2-bis della norma vi è una presunzione legale molto forte a favore dell’Amministrazione finanziaria. Norma secondo la quale:

Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministero dell’economia e della finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale“.

L’applicazione di questa norma in sede contenziosa deve trovare riferimento ogni volta che il contribuente, in relazione alla sua situazione di fatto, abbia effettuato un trasferimento solo apparente. In tutti gli altri casi, ove la situazione di fatto del contribuente vede una prevalenza di interessi familiari ed economici all’estero, è sulla disciplina convenzionale che occorre fare riferimento. Infatti, qualora vi siano idonei criteri di collegamento riscontrati con il Paese estero di espatrio, la norma interna (TUIR) appare inidonea ad individuare la residenza fiscale del contribuente. Tutto questo, non trova ancora perfettamente riscontro nella giurisprudenza. Tuttavia, ci si auspica la formazione di un orientamento costante, in modo da rendere più agevole la vita dei nostri connazionali espatriati.

Consulenza fiscale online

In conclusione possiamo dire che la valutazione giudiziale di criteri attributivi della residenza fiscale, qual è il domicilio, deve essere sempre ed inevitabilmente determinata attraverso un approccio caso per caso, andando a valutare il peso che ciascun elemento in concreto assume. Come ad esempio, le abitudini, le dotazioni patrimoniali ed altri elementi fattuali di collegamento che connotano la vita del contribuente in ciascuno degli Stati che si contendono la residenza.

Sulla questione legata alla prevalenza dei criteri convenzionali su quelli interni deve essere evidenziato che il disegno di legge delega fiscale prevede una revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche al fine di renderla coerente con la prassi internazionale.

La situazione di un contribuente espatriato all’estero non è mai semplice. Considerati i tempi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per l’accertamento fiscale è opportuno agire d’anticipo. Per questo motivo se desideri che un Commercialista esperto valuti la tua situazione personale per capire come prepararsi ad un accertamento fiscale, contattami. Individueremo insieme la migliore soluzione per la tua situazione.

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