Quando ci si trova di fronte alla doppia imposizione dei redditi percepiti all’estero, il nostro sistema tributario, insieme alle convenzioni internazionali, prevede una serie di disposizioni volte a mitigare questo fenomeno. Tra i metodi principali per ridurre la doppia imposizione troviamo l’applicazione del metodo dell’esenzione e il riconoscimento del credito per imposte assolte all’estero.
Il riconoscimento del credito per le imposte assolte all’estero è regolato dall’art. 165 del TUIR. Questa disposizione consente, a determinate condizioni, di “sterilizzare” o attenuare la tassazione subita nel Paese di residenza fiscale, in quanto il reddito è già stato tassato nel Paese della fonte. Il credito d’imposta consente quindi di evitare una doppia tassazione, riducendo le imposte da pagare in Italia di un importo equivalente alle imposte già versate all’estero.
Tuttavia, l’art. 165, comma 8, del TUIR stabilisce che il diritto al credito d’imposta non spetta in caso di omessa dichiarazione dei redditi esteri. In altre parole, se il contribuente non dichiara in Italia i redditi percepiti all’estero, non può beneficiare della detrazione delle imposte già versate all’estero.
La giurisprudenza, tuttavia, si è espressa in modo divergente rispetto alla normativa interna. Secondo le pronunce più recenti, il diritto al credito d’imposta non può essere negato qualora esista una convenzione internazionale contro la doppia imposizione che preveda esplicitamente il riconoscimento del credito. In altre parole, se esiste un accordo bilaterale tra l’Italia e il Paese estero che garantisce il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero, tale diritto non può essere limitato da normative interne più restrittive.
Credito per imposte estere nella disciplina nazionale e convenzionale
Con il termine “redditi prodotti all’estero” la disciplina tributaria nazionale accoglie il c.d. criterio della lettura “a specchio”. Si tratta di un criterio secondo cui:
Secondo l’articolo 23 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, il riconoscimento è previsto nel modo seguente:
La norma convenzionale non è riferita ai redditi “prodotti all’estero“. Bensì ai redditi che nell’altro Stato contraente sono imponibili “in conformità alle disposizioni della presente Convenzione“. Questo con la conseguenza che l’eventuale prelievo di imposte incompatibili con la Convenzione non comporta alcun obbligo per lo Stato di residenza. Per contro, lo Stato di residenza è tenuto a riconoscere il credito:
Anche le Convenzioni prevedono un limite quantitativo al riconoscimento di un credito, che:
L’aspetto cruciale della normativa internazionale, è che essa non prevede alcun adempimento formale per beneficiare della detrazione. La normativa convenzionale pone lo stesso limite quantitativo previsto dall’articolo 165, comma 1, del TUIR. Questo in quanto la ratio della norma è quella di evitare la doppia imposizione .
Credito per imposte estere in caso di omessa dichiarazione
La normativa nazionale, è piuttosto severa con i soggetti che, alternativamente:
- Omettono di indicare i redditi esteri in dichiarazione; oppure,
- Omettono proprio la presentazione della dichiarazione dei redditi che avrebbe dovuto contenere redditi esteri.
A questo proposito è interessante l’affermazione del comma 8 dell’articolo 165 del TUIR. Norma secondo cui:
Da una prima lettura di tale comma, si evince che:
- Nel caso in cui il contribuente non presentasse la dichiarazione dei redditi ovvero
- Nel caso in cui il contribuente non indicasse i redditi prodotti all’estero,
perderebbe il diritto alla detrazione d’imposta. Tale lettura non appare corretta in quanto non coerente con lo spirito della norma e con la volontà del legislatore. Tuttavia, la normativa è in vigore ed attuata in caso di accertamento.
La posizione di prassi della risoluzione n. 10/1429/1975
La stessa Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 10/1429 del 5 novembre 1976, ha fornito delle precisazioni importanti sul tema. Seppur con riferimento alla riportabilità delle perdite d’impresa non indicate dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, sancisce che:
Questa norma ha chiara valenza operativa ma non può, in ogni caso, comportare, in caso di inosservanza, il mancato riconoscimento del riporto che sarebbe dovuto essere esplicitamente previsto dal legislatore. Nel citato intervento l’Agenzia ha affermato che l’omessa indicazione in dichiarazione o un’omessa dichiarazione non possono di per sé comportare la decadenza di una detrazione. In questo caso una perdita, se ciò non è stato espressamente previsto dal legislatore. Nella stessa risoluzione l’Agenzia ha in aggiunta affermato che:
La posizione della giurisprudenza
Nel corso del tempo anche la giurisprudenza è intervenuta sulla concreta applicazione dell’art. 165, co. 8 del TUIR in merito alla possibilità di usufruire del credito per imposte estere in caso di omessa dichiarazione o in caso di mancata indicazione in dichiarazione di un reddito di fonte estera. Di seguito le principali indicazioni arrivate nel tempo.
Sentenza n. 58/2012 CTP Firenze
In aggiunta a quanto citato è utile segnalare la sentenza n. 58/2012 della Comm. Trib. Prov. di Firenze nella quale è stato affermato che:
In questo caso è stato affrontata l’ipotesi legata alle ritenute d’acconto. Tuttavia, possiamo affermare che questi principi esposti dalla Commissione di Firenze si possono benissimo applicare alle imposte estere.
Sentenza n. 47/05/2008 CTP Livorno
Stesso principio lo ritroviamo anche nella sentenza n. 47/05/2008 della Comm. Trib. Prov. di Livorno. Sentenza con la quale, in riferimento al comparto del commercio e del turismo ha affermato che:
Ordinanza n. 9725 del 2021 della Corte di cassazione
Tali principi non sono stati sempre accolti dalla Corte di Cassazione (ordinanza 9725 depositata il 14 aprile 2021) la quale si è espressa circa la possibilità di scomputare le imposte pagate all’estero anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi qualora con il paese della fonte e l’Italia sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni.
In questo caso il principio generale convenzionale che prevede in ogni caso la necessità di evitare la doppia imposizione tra i due Stati contraenti prevale sul dettato normativo interno rappresentato dall’articolo 165 comma 8 del TUIR. In particolare la Corte ha espresso che:
Con l’ordinanza n. 9725 depositata il 14 aprile 2021 la Corte di Cassazione si è espressa circa la possibilità di scomputare le imposte pagate all’estero anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi qualora con il paese della fonte e l’Italia sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni. In questo caso il principio generale convenzionale che prevede in ogni caso la necessità di evitare la doppia imposizione tra i due Stati contraenti prevale sul dettato normativo interno rappresentato dall’articolo 165 comma 8 del TUIR.
Questo approccio della Cassazione dovrebbe essere oggetto di rivisitazione alla luce di più recenti sentenze. Tra queste deve essere segnalata la n. 2944 del 27 marzo 2015 della Comm. trib. prov. di Milano. Pronuncia in cui si è affermato che l’articolo 165 comma 8 del DPR n 917/86 è una norma incostituzionale. Questo in quanto si pone in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Corte costituzionale, di uguaglianza (art. 3) e di capacità contributiva (art. 53).
Sul punto deve essere riportata anche una posizione contrastante della Cassazione. Il riferimento è all’ordinanza n. 23190 del 31 luglio 2023. In questo documento la Cassazione ha affermato il principio per cui il credito per le imposte assolte all’estero (art. 165 del TUIR) spetta solamente a fronte della presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.
Pertanto, questo è conseguentemente precluso nel momento in cui la dichiarazione è stata omessa, anche nelle situazioni in cui questo comportamento risulta legittimo. Posizione, questa, contrastante rispetto a quelle indicate in precedenza. Il caso analizzato riguarda ritenute operate da datore di lavoro italiano sulle prestazioni di lavoro dipendente rese in Congo da un lavoratore italiano.
Il lavoratore non aveva conseguito altri redditi rispetto a quelli di lavoro dipendente e non aveva conseguentemente presentato la dichiarazione dei redditi, essendo esonerato dal relativo obbligo (la Certificazione Unica rilasciata dal datore di lavoro aveva un pieno effetto sostitutivo della dichiarazione). In questo contesto l’Agenzia delle Entrate ha negato il riconoscimento del credito di imposta legato alla richiesta di rimborso delle ritenute da parte del lavoratore.
Secondo i giudici, il dato letterale dell’art. 165, co. 8 del TUIR non sembra superabile. La dichiarazione dei redditi è volta a porre in evidenza l’importo da accreditare. Non rileva se il contribuente sia o meno obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi, in quanto quest’ultima rappresenta una condizione per fruire del credito di imposta con riferimento al reddito estero, che quindi deve essere ricavabile dalla dichiarazione dei redditi. In altre parole, nel momento in cui l’imposta assolta all’estero diviene definitiva, il lavoratore, pur non essendone obbligato, sarebbe tenuto all’indicazione del reddito di fonte estera nella dichiarazione dei redditi, al fine di fruire della detrazione delle imposte.
In relazione a questa ordinanza deve essere rilevato che, probabilmente, ha influito sulla decisione la mancata presenza, all’epoca, della Convenzione contro le doppie imposizioni tra i due paesi. L’eventuale efficacia delle disposizioni convenzionali avrebbe potuto, infatti, condurre a esiti diversi circa la definitività dell’imposta assolta all’estero a seconda che siano verificate o meno le condizioni di esenzione nello Stato estero. Infatti, ai sensi dell’art. 15 della Convenzione l’esenzione dei redditi di lavoro dipendente nello Stato della fonte è applicabile se il datore di lavoro è italiano e la permanenza all’estero non eccede i 183 giorni. Ove la permanenza ecceda la soglia, il Congo avrebbe titolo a prelevare l’imposta, che diverrebbe quindi definitiva nella prospettiva italiana.
Ordinanza n. 23190 del 2023 Corte di Cassazione
Il caso analizzato dalla Corte è quello di una società che ha effettuato ritenute su attività di lavoro dipendente svolta da un lavoratore italiano che ha svolto lavoro all’estero. Tale lavoratore per quell’annualità non ha presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, non avendo altri redditi oltre a quelli per i quali la sua azienda gli aveva applicato le ritenute.
Secondo la Corte la presentazione della dichiarazione dei redditi sarebbe condizione indispensabile per la fruizione della detrazione delle imposte assolte all’estero. Nei casi di omessa presentazione, anche qualora il contribuente ne sia esonerato, non spetterebbe alcun credito di imposta, anche ricorrendone i requisiti sostanziali. La Corte, sul tema cita la precedente posizione tenuta dall’Ordinanza n. 20666 del 2021.
Sentenza n. 24160 del 9 settembre 2024 Corte di Cassazione
Con la sentenza n. 24160 del 9 settembre 2024, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che il contribuente ha diritto alla detrazione dell’imposta pagata all’estero, anche nel caso di omessa dichiarazione in Italia, purché esista una convenzione internazionale contro la doppia imposizione.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribadendo che, in presenza di una convenzione internazionale contro la doppia imposizione, lo Stato italiano si è impegnato a riconoscere la detrazione delle imposte pagate all’estero. Di conseguenza, il diritto del contribuente non può essere subordinato a ulteriori requisiti previsti dal diritto interno, come l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi.
Nella Convenzione italo-brasiliana (applicabile al caso specifico), infatti, è chiaramente stabilito che l’Italia è obbligata a: “dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Brasile, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo“.
La Corte ha chiarito che l’articolo 165, comma 8, del TUIR, che impedisce la detraibilità dell’imposta estera in caso di omessa dichiarazione, si applica esclusivamente in riferimento a imposte pagate in Stati con cui non è in vigore una convenzione contro la doppia imposizione. Nel caso in esame, essendo presente una convenzione bilaterale tra Italia e Brasile, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto al contribuente.
Quando si verificano ipotesi di imposte estere omesse in dichiarazione dei redditi?
La casistica principale in cui si riscontra la mancata indicazione di redditi esteri in dichiarazione si ha, per le persone fisiche, quando si ravvisano problematiche legate alla residenza fiscale. In particolare, il caso classico può riguardare un contribuente che ha percepito redditi di fonte estera, mantenendo residenza fiscale italiana (magari perché ha mantenuto in Italia legami familiari importanti, o per la mancata iscrizione AIRE). Nel caso, solitamente, il contribuente non indica i redditi di fonte estera in Italia determinando una irregolarità. In questi casi, quando si ravvisa l’ipotesi di omessa dichiarazione ecco che diventa applicabile la disposizione di cui all’art. 165, comma 8, che inibisce l’indicazione del credito per imposte estere in dichiarazione.
La stessa impostazione di omessa applicazione è quella che, di fatto, si ritrova anche negli accertamenti notificati dall’Agenzia delle Entrate, ove non si ritrova l’indicazione di imposte pagate all’estero in caso di accertamento legato all’omessa dichiarazione dei redditi.
Conclusioni e consulenza fiscale online
Il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR è norma attualmente in vigore e l’Amministrazione Finanziaria la utilizza nei propri accertamenti. Tuttavia, la posizione della giurisprudenza, permette al contribuente di poter far falere di diritto di spettanza del credito in caso di:
- Presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni applicabile, che prevede l’applicazione del credito al reddito percepito;
- La documentazione attestante l’effettiva esistenza del credito (imposta estera versata a titolo definitivo).
Nel caso il credito può trovare applicazione, sempre nel rispetto del limite quantitativo: la deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana proporzionalmente attribuibile ai predetti elementi di reddito. Pertanto, da un combinato disposto delle normative convenzionali e dell’articolo 169 del TUIR, il quale afferma che in caso di contrasto tra normativa domestica e quella internazionale si dovrebbe applicare la normativa più favorevole al contribuente, si può affermare che l’omessa dichiarazione o l’omessa indicazione dei redditi non comporta di per sé perdita del diritto per le per le imposte pagate all’estero.
Nella pratica è, spesso, compito del contribuente e e dei suoi consulenti, invitare l’Agenzia a riconoscere il credito fornendo la relativa documentazione.
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