Si torna a parlare di contratti a termine, in relazione alle ultime novità in merito proposte con il Decreto Sostegni bis. I contratti a termine con causale flessibile in particolare sono posti al centro dell’attenzione. I contratti a termine sono regolamentati in base a diverse casistiche relative ai rinnovi, come ad esempio la possibilità di prorogare ulteriormente il contratto oppure rinnovarlo, trasformandolo in un contratto a tempo indeterminato.

Avevamo visto che i rinnovi per i contratti a termine con le ultime misure del Decreto Sostegni bis sono diventati più flessibili. Questo vuol dire che per il rinnovo dei contratti si è deciso di andare oltre alle normali clausole che obbligavano l’azienda a presentare determinate condizioni per riproporre lo stesso tipo di contratto.

Vediamo in questo articolo quali sono le ulteriori novità in merito, analizzando i termini del rinnovo con causale flessibile.


Contratti a termine: la normativa

Un contratto a tempo determinato presuppone che l’azienda metta al corrente il lavoratore dipendente di qual è il termine stesso del contratto. Si parla di contratto a tempo determinato proprio perché il tempo è limitato, e il lavoratore dipendente conosce i termini fin dalla firma del contratto.

Per i contratti a termine è previsto un rinnovo a tempo indeterminato nel caso di inserimento effettivo in azienda, oppure un rinnovo tramite un altro contratto a tempo determinato.

I rinnovi di questo tipo di vincolo lavorativo sono stati più volte contestati dai sindacati che tutelano i lavoratori: troppi rinnovi causano al dipendente una continua incertezza lavorativa, e la legge inoltre prevede regole specifiche in materia di rinnovo contrattuale dei contratti a termine.

Esiste una precisa regolamentazione a proposito del numero di rinnovi che l’azienda può proporre ai dipendenti: il tempo complessivo lavorato non deve superare i 24 mesi tramite contratto a tempo determinato.

Tuttavia in condizioni normali l’azienda per proporre un ulteriore contratto a termine, deve comunicare una causale successivamente a 12 mesi. Questo passaggio normalmente è ritenuto essenziale per poter rinnovare di ulteriori mesi un contratto a tempo determinato allo stesso lavoratore. Tuttavia con il Decreto Sostegni bis sono state introdotte delle modifiche.

Rinnovo contratti a termine dopo 12 mesi

Successivamente alla decisione di rinnovare con un altro contratto a termine il lavoratore dipendente, dopo 12 mesi, l’azienda era obbligata a fornire motivazione specifica per il rinnovo con questa forma contrattuale, dovuta a situazioni contingenti.

Di fatto un’azienda in questo modo poteva rinnovare il contratto a termine unicamente se si trovava in fase riorganizzativa, per motivazioni temporanee o specifiche alla sostituzione di altri lavoratori dipendenti, o per un aumento della produzione dell’azienda non pianificato.

Intorno a queste causali l’azienda era tenuta a presentare motivazione per il rinnovo in forma a termine. Questo lo prevedeva il Decreto Dignità introdotto dal 2018. Successivamente, con il Decreto Sostegni bis, la causale è stata sospesa, per tanto l’azienda che intende rinnovare il contratto a termine non deve più necessariamente presentare una causale.

Ricordiamo che il Decreto Sostegni bis ha messo in campo diverse misure a sostegno dell’economia e della ripresa in Italia, a seguito dell’arrivo dell’emergenza sanitaria. Le nuove regole che prevedono la mancanza di causale per il rinnovo vengono applicate fino a dicembre.

Causale flessibile per i contratti a termine

Per i contratti a termine si è aperto il dibattito: soprattutto intorno alle causali con cui l’azienda può decidere di rinnovare con un ulteriore contratto di lavoro determinato il rapporto con il dipendente.

Il dibattito riguarda una maggiore flessibilità nelle causali, e di recente il Decreto Sostegni bis ha aggiunto una causale alla proroga verso i 24 mesi di un contratto a tempo determinato: “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi”.

Con questa causale flessibile si allargano quindi le possibilità per le aziende che vogliono rinnovare i dipendenti a tempo determinato. Possibilità che risponde alle esigenze specifiche della singola azienda, in base al tipo di lavoro, la mansione o altre specificità.

Tuttavia su questa decisione ci sono numerose critiche, perché si nominano i contratti collettivi nazionali e non quelli aziendali. Questa piccola differenza può diventare enorme nella pratica: per l’azienda potrebbe significare dover seguire nuove indicazioni di natura sindacale.

In ogni caso, fuori da ogni critica, la causale flessibile propone appunto una maggiore flessibilità nelle possibilità di rinnovo di questo tipo di contratti a termine, anche se in ogni caso non deve essere superato il limite preposto di 24 mesi, già stabilito inizialmente.

Lavoratori stagionali e contratti a termine

I contratti a termine per cui viene richiesta una causale per il rinnovo sono quelli per cui si richiede un impegno lavorativo superiore a 12 mesi per lo stesso dipendente. Questo vuol dire che i rinnovi contrattuali per durate inferiori non determinano la necessità di causali.

Questo però non vale per i lavoratori stagionali. Con lavoratori stagionali si intendono i lavoratori che operano specificatamente in una determinata stagione, che può essere quella estiva o quella invernale.

I lavoratori stagionali non rientrano nella specifica normativa che regola i rinnovi con causale dei contratti a tempo determinato, per la natura della mansione lavorativa svolta.

I lavoratori stagionali possono essere inseriti con contratti temporanei o a chiamata, oppure anche determinati. Tuttavia per questa categoria non si può parlare di rinnovo con causale, superiore ai 12 mesi, perché non è previsto dalla normativa.

Contratto a termine: vantaggi e svantaggi

Il contratto a termine può avere sia aspetti negativi che positivi dal punto di vista del datore di lavoro e del dipendente. Per il lavoratore che mira ad una assunzione a tempo indeterminato, i diversi rinnovi di questo tipo di contratto possono essere visti come aspetti negativi.

Non è così per i lavoratori che preferiscono un lavoro di tipo più flessibile. Per le aziende vale lo stesso, e con i contratti a tempo determinato si può avere maggiore flessibilità di gestione rispetto ai contratti indeterminati.

Come spiega il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, indubbiamente i contratti a termine sono strumenti più flessibili per regolamentare i rapporti di lavoro:

“I contratti a termine possono essere uno strumento più flessibile che viene incontro alle esigenze del datore di lavoro e del lavoratore, in determinate circostanze. Per questo l’utilizzo del contratto a tempo determinato prevede dei limiti ben precisi.”

Tra le limitazioni, prima di tutto c’è quella della durata massima di 24 mesi per le proroghe, che non devono superare le 4 di numero. La proroga inoltre deve essere strettamente correlata alla medesima attività lavorativa del primo accordo, e sono previste anche specifiche interruzioni temporali tra un contratto e il suo rinnovo.

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