Il congedo di maternità è un diritto garantito dalla legge a tutte le lavoratrici dipendenti, autonome e parasubordinate. Questo periodo di astensione obbligatoria dal lavoro è finalizzato a tutelare la salute della madre e del bambino, offrendo al contempo un sostegno economico durante la gravidanza e il post-parto.
Nel 2024, le regole non cambiano e i cinque mesi disponibili complessivi si devono utilizzare, a discrezione, prima o dopo il parto. Accanto al congedo maternità obbligatorio, c’è anche il congedo di paternità, obbligatorio e facoltativo.
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Cos’è il congedo di maternità?
Il congedo di maternità (D.Lgs. n. 151/01 e s.m.i.) è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio. Si tratta di un periodo di tempo pari a 5 mesi a cavallo del parto, fruibile in modo diverso:
- Due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo;
- Un mese precedente la data presunta del parto e quattro dopo (scelta della lavoratrice a condizione che vi sia un attestato medico del SSN che certifichino l’assenza di rischio alla salute della lavoratrice e alla corretta prosecuzione della gravidanza);
- Tutti e cinque i mesi da fruire dopo il parto (anche in questo caso libera scelta a condizione che vi sia una specifica autorizzazione da parte del medico del SSN avallato dal medico competente che attesti l’assenza di rischi per la madre e per il nascituro).
Da evidenziare che, in nessun caso, l’astensione da lavoro non può essere oggetto di rinuncia, nemmeno di fronte ad una certificazione medica attestante le condizioni di buona salute della lavoratrice.
Solo in presenza di determinate condizioni che possono impedire alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità).
Maternità prima del parto
Il periodo comincia 2 mesi prima della data presunta del parto. Questo, a meno che non sia prevista la possibilità di flessibilità o l’opzione di usufruire dei cinque mesi dopo il parto.
Il periodo di astensione può essere anche anticipato qualora si tratti di periodi di gravidanza anteriori ai due mesi, in conformità con una delle due situazioni seguenti:
- Scatta l’interdizione anticipata a causa di rischi per la gravidanza, su decisione dell’Azienda Sanitaria Locale;
- Le mansioni svolte sono incompatibili con lo stato di gravidanza, su indicazione dell’Ispettorato territoriale del lavoro.
Maternità dopo il parto
In seguito all’evento del parto, si possono verificare quattro differenti scenari che influenzano la durata del periodo di di maternità obbligatorio:
- Astensione di tre mesi dopo il parto, con l’aggiunta dei giorni compresi tra la data presunta del parto e quella effettiva, qualora il parto avvenga dopo la data prevista. Questo avviene a condizione che la flessibilità non sia applicata;
- Parto prematuro o anticipato: in questa situazione, dura tre mesi, con l’aggiunta dei giorni non ancora goduti. Questo è valido anche se la somma dei tre mesi successivi al parto e dei giorni tra la data effettiva e quella presunta del parto supera il limite di cinque mesi;
- Adesione da parte della lavoratrice all’opzione di astensione dal lavoro esclusivamente dopo il parto: la durata è di cinque mesi consecutivi dal momento del parto. Tuttavia, questa opzione richiede una valutazione medica effettuata da uno specialista del Servizio Sanitario Nazionale o da un medico convenzionato, insieme al parere di un medico esperto in salute sul luogo di lavoro. Tali professionisti devono confermare che questa decisione non arreca danno alla salute della madre e del nascituro, seguendo quanto indicato dalla circolare INPS datata 12 dicembre 2019, numero 148;
- L’intero periodo di interdizione verrà considerato parte del congedo se è stata emessa un’interdizione prolungata dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro a causa di condizioni lavorative o ambientali che possano risultare dannose per la salute della donna e del bambino, oppure se la lavoratrice non può essere assegnata a compiti diversi.
È importante sottolineare che nel caso di parto gemellare, la durata non subisce variazioni.
A chi spetta?
Spetta alle lavoratrici dipendenti. È richiesta quindi la sussistenza di un rapporto di lavoro. Nello specifico, il congedo obbligatorio è esteso alle seguenti categorie, che devono però rispettare determinati requisiti:
- Lavoratrici dipendenti coperte dall’assicurazione presso l’INPS, inclusi i casi in cui l’assicurazione riguarda anche la maternità. Questa inclusione si estende anche alle lavoratrici precedentemente assicurate presso l’IPSEMA;
- Apprendiste, operaie, impiegate e dirigenti che mantengono un rapporto di lavoro in corso all’atto dell’avvio del periodo di congedo;
- Donne disoccupate o momentaneamente sospese dalla propria occupazione: si richiede che il periodo di astensione venga avviato entro un limite di 60 giorni dall’ultima giornata lavorativa;
- Lavoratrici agricole con contratti a tempo determinato o indeterminato, che nell’anno di inizio del periodo di astensione, abbiano la qualifica di braccianti agricole e risultino iscritte negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giorni di lavoro agricolo (conformemente all’articolo 63 del Testo Unico);
- Lavoratrici impiegate nei settori dei servizi domestici e dell’assistenza familiare, tra cui colf e badanti, a cui sono richiesti 26 settimane contributive nell’anno precedente l’inizio del periodo di astensione oppure 52 settimane contributive nei due anni precedenti l’inizio del congedo;
- Lavoratrici che svolgono la propria attività lavorativa presso il proprio domicilio (come indicato dall’articolo 61 del Testo Unico);
- Donne impegnate in lavori di utilità sociale (LSU) e attività di pubblica utilità (APU)§;
- Dipendenti della Pubblica Amministrazione.
La flessibilità: le soluzioni a favore delle neomamme
Nel caso in cui la lavoratrice scelga di adottare la flessibilità, prevista dall’art. 20 del D.Lgs. n. 151/01, le opzioni disponibili includono la possibilità di lavorare fino a 1 mese prima della data presunta del parto e fino a 4 mesi dopo il parto, oppure di iniziare direttamente il periodo di cinque mesi dopo il parto.
È obbligatorio presentare due certificazioni mediche: una rilasciata dal ginecologo del Servizio Sanitario Nazionale o da un ginecologo in convenzione con il SSN, e un’altra certificazione medica rilasciata dal medico aziendale responsabile della sorveglianza sanitaria. Nel caso in cui il medico aziendale non sia disponibile, è necessario ottenere una dichiarazione dal datore di lavoro che attesti l’assenza di obblighi di sorveglianza sanitaria in azienda o per le attività svolte.
Trasferimento all’estero del nucleo familiare (AIRE)
Il trasferimento all’estero del nucleo familiare, con contestuale iscrizione AIRE, deve essere valutato in relazione al congedo di maternità. Sul punto, l’art. 32 del D.Lgs. n. 151/01 prevede nel caso in cui il rapporto di lavoro in atto cessi all’inizio o durante il periodo di fruizione del congedo, il diritto all’indennità viene meno dal momento in cui è cessato il rapporto di lavoro.
In nessun modo la fruizione del beneficio può essere inficiata dal trasferimento di residenza all’estero del soggetto beneficiario, dal momento in cui l’indennità è stata concessa. Tuttavia, deve essere tenuto in considerazione che la condizione della residenza fiscale in Italia deve essere verificata al momento della presentazione della domanda. Questo, in relazione al fatto che il beneficio è condizionato da una soglia di ISEE del nucleo familiare.
Diritti della lavoratrice
Particolare attenzione deve essere prestata ai diritti della lavoratrice o del lavoratore durante il periodo di astensione da lavoro. Questo anche in relazione ai comportamenti che potrebbe avere il datore di lavoro. Proviamo di seguito a schematizzare i punti principali.
Divieto di licenziamento
Il datore di lavoro non può licenziare la lavoratrice, dal momento di inizio del periodo di gravidanza e fino al compimento di 1 anno di età del bambino. Nel caso il licenziamento è nullo. L’unica deroga riguarda il licenziamento per giusta causa, come ad esempio per cessazione dell’attività aziendale, scadenza del contratto o esito negativo del periodo di prova.
Dimissioni della madre
La madre lavoratrice ha diritto, in caso di dimissioni, alle indennità previste per il caso di licenziamento. Inoltre, non è tenuta a dare preavviso. Tali dimissioni o le risoluzioni consensuali presentate durante il periodo di gravidanza ovvero durante i primi 3 anni di vita del bambino sono soggette a convalida presso l’Ispettorato del lavoro a pena di inefficacia.
Diritto alla conservazione del posto
La madre lavoratrice ha diritto alla conservazione del posto di lavoro e di rientrare nella stessa unità produttiva dove era occupata. Questo, per restarvi fino all’anno di età del figlio. Inoltre, la lavoratrice ha diritto ad essere adibita alle mansioni che svolgeva prima ovvero ad altre mansioni equivalenti.
Limitazioni al lavoro notturno
Dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino, è vietato adibire le donne al lavoro notturno. Questo nel periodo che va dalle ore 24 alle ore 6. Successivamente, fino al 3° anno del bimbo, la madre o il padre convivente non sono obbligati a svolgere lavoro notturno.
Importo dell’indennità spettante
La lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera. L’indennità viene anticipata dal datore di lavoro attraverso la retribuzione mensile. Spetta anche alle lavoratrici assicurate precedentemente presso l’IPSEMA e che ora dipendono da datori di lavoro che hanno adottato il metodo di pagamento tramite conguaglio CA2G (come specificato nella circolare INPS datata 23 ottobre 2015, numero 173).
Tuttavia, esistono diverse categorie di lavoratrici a cui l’indennitàviene erogata direttamente dall’INPS tramite bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale, come ad esempio:
- Lavoratrici stagionali;
- Operaie agricole (con la possibilità, per i datori di lavoro, di anticipare l’indennità in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
- Lavoratrici occasionali o a termine del settore dello spettacolo (conformemente alla circolare INPS del 10 dicembre 2021, numero 182);
- Lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari, come colf e badanti;
- Lavoratrici disoccupate o sospese dall’attività lavorativa;
- Lavoratrici che non hanno optato per il metodo di pagamento tramite conguaglio CA2G.
È importante notare che i periodi trascorsi all’estero sono riconosciuti e indennizzati a titolo di maternità solo se seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento riconosciuto legalmente in Italia.
Infine, il termine per il diritto all’indennità è soggetto a prescrizione entro un anno, a partire dal giorno successivo alla conclusione del periodo di congedo (o di paternità alternativo). Al fine di evitare la decadenza di tale diritto, la lavoratrice o il lavoratore deve presentare all’INPS, prima della scadenza dell’anno, una richiesta scritta con data certa, volta a ottenere il pagamento dell’indennità.
Come presentare la domanda
La lavoratrice deve rispettare determinati requisiti per poter presentare la domanda di maternità obbligatoria, ovvero:
- La richiesta deve essere inoltrata prima dei due mesi precedenti la data presunta del parto;
- Certificato medico che attesti la gravidanza: la donna lavoratrice deve farlo pervenire all’INPS prima dell’inizio del periodo di astensione. Questo certificato può essere emesso da un medico del Servizio Sanitario Nazionale o da uno convenzionato, e sarà trasmesso telematicamente;
- Comunicazione all’INPS della data di nascita e informazioni relative al neonato: la mamma lavoratrice deve effettuare tale comunicazione entro 30 giorni dalla nascita del figlio.
Inoltre, la domanda può essere presentata tramite CAF o commercialista abilitato. In alternativa, le lavoratrici interessate possono procedere in autonomia tramite contact center INPS o il servizio dedicato online.
In caso di domanda online, si accede al servizio sul sito dell’INPS mediante autentificazione con SPID, CIE o CNS ed è necessario inserire le seguenti informazioni e allegati:
- Carta d’identità e codice fiscale del richiedente;
- Ultima busta paga;
- Certificato di gravidanza telematico;
- Certificato di nascita, adozione o affido preadottivo;
- Modello INPS SR14 o Modello SR01 forniti dal medico di base;
- Coordinate bancarie qualora non venga anticipato dal datore di lavoro;
- Consenso del medico del Servizio Sanitario Nazionale, a conferma dell’assenza di rischi per la salute della mamma e del bambino, per le lavoratrici che restano a lavoro fino al nono mese.
Lavoratrici iscritte alla Gestione Separata Inps
Le lavoratrici parasubordinate e le autonome iscritte alla Gestione Separata hanno diritto a beneficiare del congedo di maternità.
Quanto dura? Anche nel loro caso, è prevista una durata di cinque mesi, ma l’indennità all’80% del reddito medio giornaliero dei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo, è riconosciuta se risulta attribuita nella Gestione Separata almeno una mensilità di contribuzione con aliquota piena.
L’indennità può essere richiesta anche altri 3 mesi e, quindi, per un totale di 8 mesi, a patto che, durante l’anno precedente l’inizio del periodo di astensione, risulti un reddito inferiore a 8.145 euro.
Dobbiamo fare una differenziazione:
- Le libere professioniste non hanno il divieto assoluto di lavorare;
- Le lavoratrici parasubordinate non possono svolgere attività lavorativa.
Lavoratrici autonome
L’ultimo caso che analizzeremo è quello delle lavoratrici autonome, ovvero:
- Artigiane;
- Commercianti;
- Coltivatrici dirette;
- Colone;
- Mezzadre;
- Imprenditrici agricole a titolo principale;
- Pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne.
Le suddette hanno diritto a cinque mesi di congedo, durante i quali devono essere retribuite anche qualora continuino a lavorare.
Alle lavoratrici autonome si applica l’estensione della durata di ulteriori 3 mesi, solo quando il reddito dichiarato sia inferiore a 8.145 euro. Quanto spetta? Viene riconosciuto un importo pari all’80% del reddito giornaliero.
Si deve far presente una tutela più estesa, come previsto dal Decreto n. 105/22. L’indennità può essere richiesta anche per i periodi di maternità anticipati, prima dei 2 mesi dalla data del parto, dovuti a complicanze della gravidanza. Come usufruirne? È necessario un accertamento medico ASL
Congedo di paternità alternativo: come funziona
Il congedo di paternità alternativo, disciplinato dagli articoli 28 e successivi del Testo Unico e modificato dall’articolo 2 del decreto legislativo 105/2022, è concesso in situazioni che coinvolgono la madre del bambino e si applica nei seguenti casi:
- Morte o grave infermità della madre;
- Abbandono del figlio da parte della madre;
- Affidamento esclusivo del figlio al padre;
Nel contesto di adozione o affidamento di minori, oltre alle situazioni sopra menzionate, può essere richiesto dal padre se la adre lavoratrice rinuncia totalmente o parzialmente al proprio congedo garantito per legge. Questa rinuncia deve essere attestata attraverso la compilazione online di una dichiarazione di responsabilità.
Il periodo inizia dalla data in cui si verifica una delle situazioni precedentemente elencate e si estende per la durata che la madre lavoratrice non ha fruito. Nel caso in cui la madre non sia lavoratrice, il congedo di paternità alternativo termina dopo tre mesi dalla nascita del bambino.
Fonti
- Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita’ e della paternita’, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”, G.U. Serie Generale n. 96 del 26-04-2001; Link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2001/04/26/001G0200/sg.